A
proposito del motu proprio “Aperuit illis”
di papa
Francesco
Il
giorno 30 settembre 2019 papa Francesco pubblicò il motu proprio “Aperuit
illis” con cui istituiva la III domenica del tempo per annum nel
rito latino come “Domenica della Parola di Dio”. Scrivo qua alcune note
personali dopo la lettura del testo pontificio. Sono delle note a un testo che
mi sembra bello e pieno di spunti importanti per la vita della Chiesa.
Tutte le
liturgie di Oriente e di Occidente danno un ruolo importante e fondamentale
alla Parola di Dio nelle celebrazioni liturgiche. Il libro dei Vangeli viene
portato in processione prima della proclamazione della pericope evangelica
nella Divina Liturgia e nei sacramenti. Col libro dei Vangeli si riceve il
vescovo alla porta della chiesa. Il libro dei Vangeli viene baciato assieme
all’altare.
Alcuni
punti di riflessione.
Dall’inizio
delle mie note confesso e lo dico per onestà intellettuale e direi personale e
spirituale, che sono molto restio e mi creano difficoltà (quasi prurito
spirituale e liturgico!) le domeniche “tematizzate”. Cioè le solite
affermazioni: “il tema di questa domenica è… le missioni… le comunicazioni
sociali… i poveri… i profughi…”. L’unico tema domenicale, se si tratta di temi,
è la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo e quindi la celebrazione dei
Santi Misteri in cui si ascolta la Parola di Dio e si fa la comunione ai Santi
Doni del su Corpo e del suo Sangue. “Poveri li avete sempre con voi, me non
sempre mi avrete” (Mc 14,6-9), afferma il Signore stesso nel vangelo.
È Cristo
ed unicamente Cristo che celebriamo, che ascoltiamo nella sua Parola, che
riceviamo nel suo Corpo e nel suo Sangue. E celebrando Cristo celebriamo la
nostra fede, celebriamo anche la carità. Sempre, però ed unicamente a partire
di Cristo, Parola di Dio fattosi carne, fattosi uno di noi.
Il testo
del papa inizia con un paragrafo in cui mette in rilievo come per la comunità
dei credenti, sempre è Cristo stesso che spiega la Parola di Dio, il senso che
la Sacra Scrittura ha per la vita delle Chiese cristiane. Cristo stesso è
l’esegeta per la Chiesa: “«Aprì loro la mente per comprendere le Scritture» (Lc 24,45). È
uno degli ultimi gesti compiuti dal Signore risorto, prima della sua
Ascensione. Appare ai discepoli mentre sono radunati insieme, spezza con loro
il pane e apre le loro menti all’intelligenza delle Sacre Scritture… e promette
lo Spirito Santo che darà loro la forza di essere testimoni di questo Mistero
di salvezza. La relazione
tra il Risorto, la comunità dei credenti e la Sacra Scrittura è estremamente
vitale per la nostra identità. Senza il Signore che ci introduce è impossibile
comprendere in profondità la Sacra Scrittura, ma è altrettanto vero il
contrario: senza la Sacra Scrittura restano indecifrabili gli eventi della
missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo. Giustamente San Girolamo poteva
scrivere: «L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”.
A
proposito del paragrafo 3 del motu proprio: “…la III Domenica del
Tempo Ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione
della Parola di Dio. Questa Domenica della Parola di Dio verrà così a
collocarsi in un momento opportuno di quel periodo dell’anno, quando siamo
invitati a rafforzare i legami con gli ebrei e a pregare per l’unità dei
cristiani… celebrare la Domenica della Parola di Dio esprime una valenza
ecumenica, perché la Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in ascolto il
cammino da perseguire per giungere a un’unità autentica e solida”. Insisto
su un punto che mi sembra fondamentale, cioè che i cristiani leggiamo la Parola
di Dio perché essa ci parla di Cristo, del suo mistero di incarnazione,
passione, morte e risurrezione, perché essa annunciata nella liturgia deve
incarnarsi nei nostri cuori. Non leggiamo la Parola di Dio e facciamo una
domenica dedicata ad essa per rafforzare legami o amicizie con gli ebrei o con
le altre confessioni cristiane che sembrerebbe abbiano più in stima o in centro
la Parola di Dio. Noi cattolici leggiamo e celebriamo la Parola di Dio, come
d’altronde tutti i cristiani dovremmo farlo, perché la Parola si è fatta carne.
Unicamente e per nient’altro che per questo. Non per un ecumenismo con le
comunità riformate o dialogo interreligioso con gli ebrei, in cui non troviamo
certamente al centro della professione di fede la Parola di Dio fatta carne.
Nella
tradizione bizantina non si intronizza mai una Bibbia in nessuna parte della
chiesa o durante la liturgia. L’Evangeliario si trova sempre e rimane
sull’altare, sia prima che dopo la proclamazione del Vangelo nella liturgia. E
nella prima parte della liturgia l’evangeliario lo si porta in processione
“dall’altare all’altare” si può dire, in quello che viene chiamato “piccolo
ingresso” o “ingresso con l’evangeliario”. Esso, l’evangeliario rimarrà sempre
sull’altare che simbolicamente è la tomba di Cristo, da dove lui il Risorto e
vincitore dalla morte ci dà, ci elargisce la sua Parola, ed il suo Corpo ed il
suo Sangue. L’altare quindi come tomba/sepolcro fonte di vita. In questo senso,
nella tradizione bizantina, la domenica nell’ufficiatura del mattutino,
l’evangeliario viene aperto sull’altare stesso ed il vangelo che si legge è
sempre una pericope della risurrezione e viene proclamato come dicevo dall’altare
stesso, dai piedi del Risorto, e poi l’evangeliario è presentato ai fedeli che,
in processione come per la Santa Comunione, si avvicinano per la sua
venerazione.
Il motu
proprio è un testo bello e profondo e in diversi paragrafi fa una rilettura
della costituzione Dei Verbum del Vaticano II, un testo da riscoprire
assieme all’esortazione apostolica Verbum Domini di Benedetto XVI pubblicata
dopo il sinodo del 2008. Anche in diverse parti del testo del motu proprio
del papa si fa un bel riferimento alla lectio divina con cui ci si
approccia anche alla Parola di Dio.
Il papa
mette in risalto un tema caro ai Padri della Chiesa, cioè la ricchezza
multiforme della Parola di Dio, e cita un bel testo di Sant’Efrem nel suo
Commentario al Diatessaron: “…far rivivere alla Chiesa il gesto del Risorto che
apre anche per noi il tesoro della sua Parola perché possiamo essere nel mondo
annunciatori di questa inesauribile ricchezza. Tornano alla mente in proposito
gli insegnamenti di Sant’Efrem: «Chi è capace di comprendere, Signore, tutta la
ricchezza di una sola delle tue parole? È molto di più ciò che sfugge di quanto
riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono a una
fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come numerose sono le
prospettive di quanti la studiano. Il Signore ha colorato la sua parola di
bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che
preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di
noi trovi una ricchezza in ciò che contempla» (Commenti sul Diatessaron, 1, 18)”.
Nel
paragrafo 4 il papa mette giustamente in guardia contro l’appropriazione ed
eventuale manipolazione della Sacra Scrittura: “La Bibbia non può
essere solo patrimonio di alcuni e tanto meno una raccolta di libri per pochi
privilegiati. Essa appartiene, anzitutto, al popolo convocato per ascoltarla e
riconoscersi in quella Parola. Spesso, si verificano tendenze che cercano di
monopolizzare il testo sacro relegandolo ad alcuni circoli o a gruppi
prescelti. Non può essere così. La Bibbia è il libro del popolo del Signore che
nel suo ascolto passa dalla dispersione e dalla divisione all’unità. La Parola
di Dio unisce i credenti e li rende un solo popolo”.
Nel paragrafo 6 del
testo, il papa riprende in modo bello il paragrafo 1, cioè come Cristo stesso è
il primo a fare l’esegeta del testo sacro, a farne l’omelia ai discepoli cammino
di Emmaus (cf., Lc 24): “Prima di raggiungere i discepoli, chiusi in casa, e
aprirli all’intelligenza della Sacra Scrittura il Risorto appare a due di loro
lungo la via che porta da Gerusalemme a Emmaus… il giorno stesso della
Risurrezione… Con discrezione, il Risorto stesso si avvicina e cammina con i
discepoli, ma quelli non lo riconoscono… li chiama «stolti e lenti di cuore» e
«cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture
ciò che si riferiva a lui». Cristo è il primo esegeta! Non solo le Scritture antiche
hanno anticipato quanto Egli avrebbe realizzato, ma Lui stesso ha voluto essere
fedele a quella Parola per rendere evidente l’unica storia della salvezza che
trova in Cristo il suo compimento”.
Il rapporto stretto
tra Sacra Scrittura ed Eucaristia, lo troviamo nel paragrafo 8 del testo. La
Parola viene proclamata durante la celebrazione eucaristica e durante la
celebrazione dei sacramenti, mai gli uni senza l’altra. Le letture fatte nella
celebrazione della Divina Liturgia e dei sacramenti non sono una sorta di
“complemento testuale o storico” a quello che si celebra, ma l’annuncio della
Parola che si incarna nel Corpo e nel Sangue di Cristo, nell’acqua del
battesimo, nell’olio che unge: “Comprendiamo da questa scena (discepoli di Emmaus) quanto sia
inscindibile il rapporto tra la Sacra Scrittura e l’Eucaristia. Il Concilio Vaticano II insegna: «La Chiesa ha sempre
venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non
mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita
dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai
fedeli» (Dei Verbum, 21). La frequentazione costante
della Sacra Scrittura e la celebrazione dell’Eucaristia rendono possibile il
riconoscimento fra persone che si appartengono. Come cristiani siamo un solo
popolo che cammina nella storia, forte della presenza del Signore in mezzo a
noi che ci parla e ci nutre… perché abbiamo urgente necessità di diventare
familiari e intimi della Sacra Scrittura e del Risorto, che non cessa di
spezzare la Parola e il Pane nella comunità dei credenti… Sacra Scrittura e Sacramenti
tra loro sono inseparabili. Quando i Sacramenti sono introdotti e illuminati
dalla Parola, si manifestano più chiaramente come la meta di un cammino dove
Cristo stesso apre la mente e il cuore a riconoscere la sua azione salvifica”.
Nel
paragrafo 9 troviamo tre aspetti che in qualche modo spiegano e direi
giustificano la proclamazione della Parola di Dio nella celebrazione dei
sacramenti ed anche nella lectio divina fata da ogni cristiano: “Nella
Seconda Lettera a Timoteo… l’Apostolo è convinto che «tutta la Sacra Scrittura,
ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed
educare» (3,16). Questa raccomandazione di Paolo a Timoteo costituisce una base
su cui la Costituzione conciliare Dei Verbum affronta il grande tema
dell’ispirazione della Sacra Scrittura, una base da cui emergono in particolare
la finalità salvifica, la dimensione spirituale e il principio
dell’incarnazione per la Sacra Scrittura… la Dei Verbum sottolinea che «i libri della
Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio,
per la nostra salvezza… le verità contenute in esse servono per la nostra
salvezza. La Bibbia non è una raccolta di libri di storia, né di cronaca, ma è
interamente rivolta alla salvezza integrale della persona… Per raggiungere tale
finalità salvifica, la Sacra Scrittura sotto l’azione dello Spirito Santo
trasforma in Parola di Dio la parola degli uomini scritta in maniera umana... Il
ruolo dello Spirito Santo nella Sacra Scrittura è fondamentale… Lo Spirito
Santo, dunque, trasforma la Sacra Scrittura in Parola vivente di Dio, vissuta e
trasmessa nella fede del suo popolo santo… L’azione dello Spirito Santo non
riguarda soltanto la formazione della Sacra Scrittura, ma opera anche in coloro
che si pongono in ascolto della Parola di Dio”.
Nel
paragrafo 10 sembra che il papa citi senza dirlo l’affermazione di Origene: “Lo
stesso Spirito (Santo) che ha ispirato l’agiografo, deve ispirare l’esegeta”.
Nel
paragrafo 11 si insiste nel legame inscindibile tra Sacra Scrittura e
Tradizione della Chiesa. “È in questo evento
che prende forma la Tradizione, che è anch’essa Parola di Dio… Spesso si corre il
rischio di separare tra loro la Sacra Scrittura e la Tradizione, senza
comprendere che insieme sono l’unica fonte della Rivelazione. Il carattere
scritto della prima nulla toglie al suo essere pienamente parola viva; così
come la Tradizione viva della Chiesa, che la trasmette incessantemente nel
corso dei secoli di generazione in generazione, possiede quel libro sacro come
la «regola suprema della fede»… La fede biblica, pertanto, si fonda sulla
Parola viva, non su un libro.”
Duplice
aspetto di dolcezza ed amarezza della Parola di Dio. Essa è consolazione ma è
anche spada a doppio taglio: “La dolcezza
della Parola di Dio ci spinge a parteciparla a quanti incontriamo nella nostra
vita per esprimere la certezza della speranza che essa contiene. L’amarezza, a
sua volta, è spesso offerta dal verificare quanto difficile diventi per noi
doverla vivere con coerenza, o toccare con mano che essa viene rifiutata perché
non ritenuta valida per dare senso alla vita. È necessario, pertanto, non
assuefarsi mai alla Parola di Dio, ma nutrirsi di essa per scoprire e vivere in
profondità la nostra relazione con Dio e i fratelli.”
La Parola
di Dio ha sempre questo duplice aspetto che il testo del motu proprio chiama
dolcezza/amarezza, cioè consolazione e spada a doppio taglio potremo dire.
Testi chiari ed evidenti a tutti, e testi che rimangono oscuri, difficili,
testi di lode e testi di imprecazione contro il male ed il peccato, mai contro
il peccatore che il Signore perdona e redime. L’evangeliario viene collocato
sull’altare, come se la liturgia cristiana volesse indicare la sua dimensione
sacra e il suo essere annunciato, dato e commentato da colui -il vescovo, il
prete o il diacono- che la Chiesa ha ordinato a questo ministero. Evitiamo, e mi
si consenta l’espressione, un “self service” biblico. Il lezionario nelle
liturgie ci viene dato dalla Chiesa, non a gusto di colui che celebra. La
Parola di Dio incarnata, il Vangelo, giace sull’altare, mai, assolutamente mai,
portato sottobraccio ad uso personale.
Il 13 è un paragrafo radicato nel Vangelo e allo stesso tempo
molto proprio da papa Francesco, cioè il legame Sacra Scrittura e carità: “Un’ulteriore provocazione che proviene dalla Sacra
Scrittura è quella che riguarda la carità. Costantemente la Parola di Dio
richiama all’amore misericordioso del Padre che chiede ai figli di vivere nella
carità. La vita di Gesù è l’espressione piena e perfetta di questo amore divino
che non trattiene nulla per sé, ma a tutti offre sé stesso senza riserve… Ascoltare
le Sacre Scritture per praticare la misericordia: questa è una grande sfida
posta dinanzi alla nostra vita. La Parola di Dio è in grado di aprire i nostri
occhi per permetterci di uscire dall’individualismo che conduce all’asfissia e
alla sterilità mentre spalanca la strada della condivisione e della solidarietà”.
Infine, nel paragrafo 15 troviamo presentato il modello di Maria
come donna di accoglienza nel cuore e nel grembo della Parola di Dio. Cita di
sant’Agostino che conclude il motu proprio: “Nel
cammino di accoglienza della Parola di Dio, ci accompagna la Madre del Signore,
riconosciuta come beata perché ha creduto nell’adempimento di ciò che il
Signore le aveva detto. La beatitudine di Maria precede tutte le beatitudini
pronunciate da Gesù per i poveri, gli afflitti, i miti, i pacificatori e coloro
che sono perseguitati, perché è la condizione necessaria per qualsiasi altra
beatitudine. Nessun povero è beato perché povero; lo diventa se, come Maria,
crede nell’adempimento della Parola di Dio. Lo ricorda un grande discepolo
e maestro della Sacra Scrittura, Sant’Agostino: «Qualcuno in mezzo alla folla,
particolarmente preso dall’entusiasmo, esclamò: “Beato il seno che ti ha
portato”. E lui: “Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio, e la
custodiscono”. Come dire: anche mia madre, che tu chiami beata, è beata appunto
perché custodisce la parola di Dio, non perché in lei il Verbo si è fatto carne
e abitò fra noi, ma perché custodisce il Verbo stesso di Dio per mezzo del
quale è stata fatta, e che in lei si è fatto carne» (Sul Vang. di Giov., 10, 3)”.
Domenica dedicata alla Parola di Dio? Esiste, dobbiamo chiederci,
una domenica in cui essa, la Parola di Dio proclamata, celebrata, luogo di
mistagogia nell’omelia, Parola incarnata, non sia al centro della nostra
professione di fede?
Riprendendo il motu proprio nel suo paragrafo 9: ogni domenica
celebriamo e viviamo la Parola che proclamata, annunciatala ed accolta
nella sua finalità salvifica, la sua dimensione spirituale e il
suo principio dell’incarnazione.
+P.
Manuel Nin
Esarca
Apostolico
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