mercoledì 23 dicembre 2015

Da Adamo a Cristo, negli inni di Sant’Efrem il Siro
Questa è la notte in cui veglia l’intera creazione
          Le diverse tradizioni liturgiche cristiane, di Oriente e di Occidente, nella domenica o nei giorni che precedono immediatamente la celebrazione della nascita del Figlio di Dio, leggono come pericope evangelica la Genealogia di Cristo secondo il vangelo di Matteo. Efrem il Siro nel primo dei suoi 28 inni sul Natale, una vera e propria lectio divina del primo capitolo di Matteo. Si tratta di un inno assai lungo, novantanove strofe, nelle quali Efrem mette in scena dei personaggi e dei fatti veterotestamentari per arrivare all’ultima delle strofe in cui canta l’incarnazione del Verbo di Dio. Il carattere cristologico di tutto l’inno viene scandito anche dal versetto ritornello cantato tra una e l’altra delle strofe: “Gloria a te, Figlio del nostro Creatore”. Un primo gruppo di strofe, da 1 a 11, propone la figura dei diversi profeti che hanno annunciato l’incarnazione e la nascita del Figlio di Dio: Isaia, Michea, Giacobbe, Davide, diventano per Efrem l’inizio della lunga serie di personaggi e di fatti veterotestamentari che portano a Cristo; in qualche modo Efrem mette per primi della lunga schiera che guarda a Cristo coloro che già nell’Antico Testamento furono ispirati dallo Spirito per annunciarlo nella profezia: “Questo giorno ha fatto gioire, Signore, i re, i sacerdoti e i profeti, perché in esso si compirono le loro parole… La vergine infatti ha oggi partorito l’Emmanuele a Betlemme. La parola proferita da Isaia oggi è divenuta realtà… Oggi è nato un bimbo, il suo nome è Meraviglia. È proprio una meraviglia di Dio che si sia manifestato come un infante”. Quindi lungo quasi una cinquantina di strofe, dalla 12 alla 60, Efrem snoda il canto a una serie di figure e di fatti presi dall’antica alleanza che sono la prefigurazione, il tipo di Cristo; ed il poeta lo fa mettendo in parallelo il fatto avvenuto nel libro biblico da una parte con l’«oggi» che fa presente la salvezza che si adempie in Cristo stesso: “Adamo aveva posto la corruzione sulla donna uscita da lui. Oggi ella ha sciolto la sua corruzione partorendogli il Salvatore… Una terra vergine aveva partorito Adamo, capo della terra. Oggi una vergine ha partorito l’Adamo capo del cielo…”. Efrem quasi senza soluzione di continuità collega i personaggi biblici, specialmente presi dalla Genesi, con l’opera salvifica di Cristo, di cui essi sono la vera prefigurazione: “Set, preso il posto di Abele, guardava verso il Figlio ucciso, che mediante la propria uccisione spuntò la spada introdotta nella creazione… I due fratelli che coprirono Noè guardavano verso l’unigenito di Dio, che sarebbe venuto a coprire la nudità di Adamo…”. E nel suo percorso attraverso le figure bibliche, nel suo mettere in parallelo antica e nuova alleanza, Efrem riporta Mosè ed Elia alla scena della Trasfigurazione di Cristo: “Mosè ed Elia videro il Figlio. Il mite ascese dalle profondità, e lo zelota scese dall’alto: videro il Figlio nel mezzo. Essi furono simbolo della sua venuta. Mosè fu tipo dei morti ed Elia tipo dei vivi, che voleranno incontro a lui nella sua venuta”. L’inno di Efrem, quasi in un avanti indietro, dopo Elia ritorna ad Adamo ed Eva e ai primi capitoli della Genesi, per riproporne una lettura chiaramente cristologica ed ecclesiologica: Adamo cacciato e riportato nel paradiso; l’arca di Noè tipo della Chiesa: “Adamo attese lui, poiché è lui il Signore del cherubino, e solo lui avrebbe potuto farlo entrare e abitare sotto i rami dell’albero della vita… Anche l’arca degli animali, il suo tipo guardava verso il nostro Signore, che avrebbe costruito la santa Chiesa nella quale trovano rifugio le anime.”. Efrem sottolinea come è lo Spirito Santo a illuminare la lunga schiera di figure bibliche affinché loro guardino verso il Cristo che viene: “È lo Spirito Santo che in loro, quietamente contemplando per loro, li spingeva a vedere, grazie a lui, il Salvatore che essi bramavano”.
          Dalle strofe 61 alla 81, Efrem introduce nell’inno il tema della veglia che dovrebbe segnare la vita dei cristiani in attesa del Salvatore, che è il vero vigilante, che non dorme mai. Efrem svilupperà delle immagini veramente belle in cui mette in parallelo il fatto dell’attesa, della veglia, con coloro e Colui che sono i veri vigilanti: Cristo è il vero vegliante sui cristiani, sulla Chiesa; gli angeli, i pastori, i monaci, tuti i cristiani sono coloro che nella veglia attendono “il vero vegliante”: “I vigilanti oggi sono nella gioia, poiché è venuto il Vigilante a svegliarci. Chi dormirà in questa notte nella quale veglia l’intera creazione? Adamo introdusse nella creazione il sonno della morte mediante il peccato… è sceso oggi il Vigilante a svegliarci dal torpore del peccato”. Efrem nell’ultima serie di strofe presenta tutta una serie di virtù proprie del cristiano, in una lunga lista introdotta di nuovo dalla parola «oggi»: “Oggi Maria nasconde in noi i lievito di Abramo. Amiamo anche noi i poveri come lui li amò… Oggi cade in noi il fermento di Davide, il clemente. Ciascuno sia misericordioso come lui lo fu verso Saul…”. E quindi lungo le dieci ultime strofe dell’inno, Efrem in questo «oggi» della nascita del Figlio di Dio incarnato dipinge la vita nuova che ne sgorga: “Oggi… non ci sia né buio, né ira, né orgoglio… ma rediamo partecipi i poveri dei propri beni… Oggi è impressa la divinità nell’umanità, affinché anche l’umanità fosse intagliata nel sigillo dell’a divinità”.


venerdì 11 dicembre 2015



(Manifestazione dell'angelo nel sogno a Giuseppe. Evangeliario siriaco, XIII secolo.)
I vigilanti oggi sono nella gioia,
poiché è venuto il Vigilante a svegliarci.
Chi dormirà in questa notte
nella quale veglia l’intera creazione?
 (Efrem il Siro. Inno I sulla Natività)

Vi auguro a tutti un Santo Natale.

Arch. P. Manuel Nin osb, Rettore
Pontificio Collegio Greco
Roma, Natale 2015





       La Parola di Dio in questi giorni ci prepara come una pedagoga alla manifestazione del mistero della nostra fede: l’Incarnazione del Verbo eterno di Dio. E come avviene questa pedagogia? Lasciamo riecheggiare nel nostro cuore tre pericope che scandiscono la liturgia di questi giorni. Nella Domenica degli Antenati, ascoltiamo la genealogia di Matteo, quella lunga lista di nomi, forse conosciuti ed importanti in se stessi? Sicuramente importanti per Colui a cui essi guardavano, per Colui verso cui andavano e ci portavano: Gesù Cristo. Nel vespro del giorno di Natale ascoltiamo la pericope di Luca, l’annuncio della nascita nella povertà, nella piccolezza, del Verbo di Dio, quella povertà della grotta, del bimbo neonato, fragile, messo in una mangiatoia. E l’annuncio ai pastori, a gente anch’essa povera, magari neanche proprietaria del proprio gregge, ma gente che sa ascoltare, che è capace ancora di meraviglia, che sa accogliere, che sa correre… verso dove? Verso che cosa? Verso chi? Verso un bambino neonato, povero fragile. Infine la terza pericope: quella di Matteo ascoltata nella Divina Liturgia del giorno 25: i magi, gente lontana, ma che pure sa accorgersi ed accogliere un segno, e sa cercare… cercare che cosa? Cercare chi? Seguire nella fiducia un segno che gli porterà non ad una grande teofania, non ad un grande prodigio, ma ad un bambino neonato. O se volete sì ad una grande teofania, sì ad un grande prodigio: il nostro Dio che si manifesta nella povertà di una stalla, nella piccolezza di un neonato. Gli antenati, i pastori, i magi… sono i testimoni di questo grande prodigio. Sono per noi modelli di speranza, di fiducia, di un cuore capace di sperare, di ascoltare, di adorare.

        P. Manuel Nin