sabato 23 gennaio 2021

 


Note personali all’Exapsalmos del mattutino bizantino.

          I cristiani, di Oriente e di Occidente, preghiamo con i salmi. Molti o pochi che essi siano nelle diverse ufficiature delle Chiese cristiane, costituiscono una parte fondamentale delle ore di preghiera cristiana, una parte veramente importante. Gesù appeso alla croce prega i salmi; i testi del Nuovo Testamento sono pieni di citazioni dei salmi interpretati già dai primi cristiani diciamo in chiave cristologica. E seguendo questo esempio neotestamentario, i cristiani continueranno a pregare i salmi e pregare con i salmi fino ai nostri giorni.

Dal quarto secolo in poi sarà il monachesimo che farà di questa raccolta di centocinquanta preghiere il suo libro di preghiera, lo strumento e la base della preghiera di quegli uomini e donne che si ritirano nella solitudine, nel deserto per pregare. Abbiamo delle testimonianze, in testi monastici dal quarto secolo in poi di questo uso abbondantissimo dei salmi da parte dei monaci, uso diario, settimanale, a seconda di ogni monastero o gruppo monastico si tratti. San Benedetto poi tra il quinto e sesto secolo, nella sua Regola per i monaci, distribuisce i salmi in modo preciso lungo le ore di preghiera dei suoi monaci, in una distribuzione che lui stesso insiste che deve essere settimanale, una distribuzione però che può essere rimessa sempre in discussione, a condizione che la preghiera del salterio settimanale venga sempre osservata. San Benedetto ritorna lungo la sua Regola sul ruolo centrale dei salmi e addirittura prevede che in quei monasteri dove, per debolezza o malattia si debba abbreviare l’ufficiatura, siano le letture o i responsori ma non siano mai i salmi a dover essere ridotti o magari soppressi (Regola XI).

Dopo il Concilio Vaticano II e l’arrivo delle lingue moderne nella liturgia, soprattutto per quanto riguarda la tradizione latina, ma anche per le diverse tradizioni orientali, cattoliche o ortodosse che esse siano, il ruolo del salterio è stato riproposto, e soprattutto il salterio come preghiera e come strumento per la preghiera. L’uso delle lingue moderne nelle liturgie però ha sollevato anche dei “problemi” in quanto i testi sacri ormai vengono capiti sì dai fedeli, ma non sempre sono compresi da tutti. Tradurre i testi liturgici, dare in mano ai fedeli questi testi antichi e venerabili, suppone da parte dei pastori delle Chiese cristiane l’assumersi l’onere -e l’onore se volete anche- di fare per i fedeli una catechesi, una mistagogia, un portare per mano alla comprensione di questi testi -e penso soltanto adesso al salterio ma si potrebbe parlare anche di altri testi liturgici-, non sempre facili, belli e poetici sicuramente, ma insisto non sempre facili.

I salmi sono dei testi che Cristo stesso pregò, e che la grande tradizione cristiana ha letto e ha pregato sempre in chiave cristologica. Per questo, ripeto, i pastori delle Chiese cristiane, come fecero già i grandi Padri della Chiesa da Origene ad Ambrogio e ad Agostino, abbiamo, mi si permetta l’espressione, l’obbligo di fare per i nostri fedeli una catechesi sui salmi, una vera e propria mistagogia, ripeto, che permetta i fedeli, ci permetta tutti di continuare a pregare con questi testi e pregare questi testi. Coscienti, sia chiaro, che il giorno in cui noi, pastori delle Chiese cristiane, rinunciassimo a fare questa mistagogia, questo non sia mai, allora dovremo procedere certamente a manovrare, manipolare, accorciare, mutilare testi millenari che i Padri ci hanno insegnato a pregare e a vivere nella nostra vita come cristiani, come monaci, di Oriente e di Occidente che siamo.

E dall’inizio di questa breve presentazione pongo la domanda: I salmi per noi cristiani sono delle preghiere, oppure sono fonte della e per la preghiera? Sono dei testi biblici che letti, ruminati e fatti nostri fanno sgorgare in noi la preghiera? Oppure sono essi stessi preghiere, che noi cristiani, come fece Cristo stesso, facciamo nostre affinché diventino la nostra preghiera. Ambedue questi approcci al salterio sono validi e vengono adoperati da noi cristiani. Perché per noi cristiani il salterio è preghiera di Cristo, preghiera a Cristo e preghiera con Cristo.

          Queste brevi note all’Exapsalmos del mattutino bizantino -che sono i sei salmi iniziali dell’ufficiatura mattutina: salmi 3, 37, 62, 87, 102 e 142- sono nate dal desiderio di offrire ai sacerdoti e ai fedeli di tradizione bizantina, in Grecia e ovunque, che ogni giorno pregano con questi sei salmi nell’ora del mattutino, non dico una guida, ma delle note, delle brevi riflessioni che possano loro aiutare a pregare i salmi, e a pregare con i salmi. Queste brevi note sono nate anche nei lunghi, lunghissimi mesi della pandemia covit-19, tra 2020 e 2021, per aiutare tutti i fedeli nella loro preghiera, soprattutto quando le chiese sono state chiuse, per aiutare i fedeli a pregare in casa, con la famiglia o da soli, questi testi di preghiera che la Chiesa ci mette nelle nostre mani. Brevi note che hanno avuto la loro origine anche nel desiderio di aiutare i fedeli a sentire il loro vescovo vicino a loro, nella sofferenza, nella solitudine, nel confinamento. Nate inoltre queste note dal desiderio di condividere con tante persone amiche quello che vive il cuore di un vescovo in una piccola diocesi nel Mediterraneo orientale.

          Sono delle note scritte in un ordine cronologico che non sempre ha seguito l’ordine liturgico dei sei salmi, cioè non ho proceduto sistematicamente dal primo al sesto, ma l’ordine è stato dettato dal come i sei salmi venivano da me letti e pregati in questi lunghi mesi pandemici.

+P. Manuel Nin

Esarca Apostolico

venerdì 22 gennaio 2021


 “…benediciamo… benediamo…”.

Note personali. A partire dal salmo 102

I salmi, nella tradizione liturgica bizantina, finiscono, ognuno di essi, ripetendo uno o due versetti che sono, possiamo dire, la chiave di lettura di quel salmo e in quell’ora. Dico “di quel salmo e in quell’ora” perché alcuni salmi che troviamo nel mattutino, li ritroviamo poi, sempre come “salmi fissi” in altre ore della giornata. E con l’espressione “salmi fissi” intendo quei salmi che vengono recitati ogni giorno in una determinata ora di preghiera, indipendentemente dall’altra recita del salterio nella tradizione bizantina, quella che possiamo chiamare “ciclica e settimanale” che prevede la recita del salterio intero lungo i giorni di una settimana.

Il salmo 102, il penultimo dei sei salmi del mattutino, si conclude con la ripetizione del versetto 22, che poi è anche l’ultimo versetto dello stesso salmo: In ogni luogo del suo dominio, benedici, anima mia, il Signore. Si tratta quindi di un salmo di lode e soprattutto di benedizione, un salmo che ci porta a “dire una buona parola” al Signore per tutto quello che lui, nella sua provvidenza, ci dà, ci concede ogni giorno della nostra vita. Il salmo ripete diverse volte: Benedici… benedite -Ελγει… ελογετε…. Si tratta di un dire e un dare una parola di bene, di buono, una parola che porti, faccia del bene. In Oriente quando ci si incontra con il vescovo, oltre a baciargli la mano, gli si dice: “ελογετε”, quasi a dire: “dimmi e dammi una buona parola, una parola di benedizione, di aiuto, di conforto”. Confortare i fedeli, dare loro una parola di coraggio, di vicinanza, di famigliarità, di paternità, in fondo questo dovrebbe essere uno dei ruoli del vescovo verso il suo gregge.

E nella preghiera con questo salmo, mi sono venuti alla memoria due termini benediciamo / benediamo, che possono quasi, dico quasi, apparire come sinonimi, essendo però il secondo un neologismo. Uno scrittore contemporaneo, nei nostri giorni e per i nostri giorni di prova a causa della pandemia, proponeva direi quasi profeticamente di introdurre non soltanto nel nostro vocabolario ma soprattutto nel nostro agire, nel nostro essere uomini e donne che vivono e soffrono il momento attuale di prova, introdurre appunto questo neologismo: “benediamo e quindi benediamoci”. Non soltanto quel dire una parola di bene, che è già qualcosa, ma soprattutto il nostro agire bene, quel “dare il bene…, agire nel e col bene”.

Benedici, anima mia, il Signore, e tutto il mio intimo il suo santo nome. Benedici, anima mia il Signore, e non dimenticare tutte le sue ricompense. La nostra parola di benedizione, la prima parola che esce dalla nostra bocca nella preghiera di questo salmo, è indirizzata al Signore perché lui è, lui esiste, la sua provvidenza agisce nella nostra vita di ogni giorno. Lui, il Signore, il cui nome quando invocato ci salva.

Lui che perdona tutte le tue iniquità, che guarisce tutte le tue malattie, che riscatta dalla corruzione la tua vita, che ti incorona di misericordia e di ogni compassione, che sazia di beni la tua brama: sarà rinnovata come quella dell’aquila la tua giovinezza. È lui, il Signore che sempre veglia su di noi e nel suo agire in noi: perdona… guarisce… riscatta… incorona… sazia… rinnova…. Spesso nei miei commenti insisto nel fare anche un po di filologia ed essere attenti alle forme grammaticali usate nei testi. Guardiamo queste forme verbali con cui si descrive l’azione del Signore in noi. Quasi la provvidenza, l’agire, l’amore del Signore verso di noi fosse -e lo è veramente, e di questo ne sono testimoni i grandi Padri della Chiesa nei loro scritti- fosse una ricreazione, un plasmare di nuovo in noi quella sua immagine con cui siamo stati creati: perdona… rinnova.

Opera ogni misericordia il Signore, e giudizio per tutti quelli che subiscono ingiustizia. Ha reso note a Mosè le sue vie, le sue volontà ai figli d’Israele. Pietoso e misericordioso è il Signore, longanime e ricco di misericordia. Non sarà adirato sino alla fine, né in eterno sarà sde­gnato. Non secondo le nostre iniquità ha agito con noi, né secondo i nostri peccati ci ha retribuiti. E come si manifesta in noi questa sua nuova creazione, questo essere riplasmati a sua immagine? Direi non tanto facendoci o plasmandoci in un certo modo, ma operando lui in noi nella sua grande misericordia e creando in noi un “cuore puro”, usando qua l’immagine del salmo 50. Il Signore rende nota la sua volontà ad ognuno di noi. E qual è per noi cristiani il giudizio del Signore, la volontà del Signore? È il suo Vangelo, con l’annuncio della sua incarnazione, della sua vita in mezzo a noi, l’annuncio della sua morte e della sua risurrezione. E quindi della sua buona novella di amore, di perdono e di verità. In questi versetti del salmo troviamo elencato -che è non soltanto un elencare ma un vero e proprio fare memoria- tutto quello che il Signore è ed agisce in noi, con noi e verso di noi: Pietoso e misericordioso…, longanime e ricco di misericordia. Non adirato…, né in eterno… sde­gnato. Non ha agito con noi…, secondo i nostri peccati non ci ha retribuiti.

Mai nei salmi ci troveremo con o di fronte a un Dio vendicativo, ma con un Dio che ci salva possiamo dire anche oltre alle nostre aspettative: Non ha agito con noi…, secondo i nostri peccati non ci ha retribuiti. Sono dei versetti quasi prefigurazione della parabola del figliol prodigo. Tanti salmi possiamo leggerli e pregarli come prefigurazione di tante altre pagine e parabole evangeliche. Vi proponevo di leggere i salmi in chiave pasquale e aggiungerei sempre in chiave evangelica, cioè avendo il vangelo di Cristo come sottofondo. I salmi sono una parabola della vita dell’uomo, della vita di ognuno di noi, e del rapporto dell’uomo con il Signore. Inoltre, ripropongo qua per questo salmo anche il tema caro a Sant’Agostino e ad altri Padri sia occidentali che orientali di fronte al salterio: Cristo che prega per noi, che prega con noi e a cui noi preghiamo. E questa nostra preghiera la facciamo con i salmi e attraverso i salmi.

 

Perché quanto è alto il cielo sulla terra, altrettanto il Signore ha reso forte la sua misericordia su quelli che lo te­mono. Quanto dista l’oriente dall’occidente, tanto ha allontanato da noi le nostre iniquità. Il salmo si serve di immagini che quasi vanno oltre alla nostra comprensione, per mostrarci la grandezza e l’amore incomprensibili tante volte di Dio verso di noi. Sottolineando questa grandezza incommensurabile ed illimitata di Dio: …quanto è alto il cielo sulla terra…, quanto dista l’oriente dall’occidente…, il salmo mette in evidenza sì la nostra piccolezza, ma soprattutto sottolinea quanto grande è l’amore di Dio, e quanto grande è anche la sua kenosi, il suo farsi piccolo verso di noi.

 

Come un padre ha compassione dei figli, così ha avuto compassione il Signore di quelli che lo temono, poiché egli sa di che siamo plasmati, si ricorda che noi siamo polvere. L’amore di Dio paragonato all’amore di un padre. Ripropongo ancora una volta una lettura del salmo accanto alla parabola del figliol prodigo, ed anche una lettura profetica -mi si permetta l’espressione- del salmo 102 accanto al testo di Fil 2,9, la kenosi del Signore, il suo farsi piccolo verso di noi e per noi fino ad assumere la nostra natura di servi: …poiché egli sa di che siamo plasmati, si ricorda che noi siamo polvere. Dal Signore ci sappiamo conosciuti ed amati. Impressiona sempre diciamo la concretezza dei salmi, essi non sono delle preghiere vaghe e lontane, ma sono delle preghiere concrete ed incarnate: …poiché egli sa di che siamo plasmati, si ricorda che noi siamo polvere.

 

L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni; come fiore del campo, così sfiorirà. Un soffio passa su di lui e più non sarà, né riconoscerà più il suo luogo. L’uomo, la natura umana passano, e il salmo utilizza immagini molto concrete e reali: come l’erba che si secca, come il fiore che appassisce, come un nulla spazzato via da un soffio. Nella lode e la benedizione a Dio, però, che è misericordioso, incommensurabile e grande nell’amore, il salmo sembra volerci riportare a quello che siamo realmente noi uomini: esseri fragili, deboli, incapaci da soli non soltanto di agire ma anche di lasciare una traccia, una memoria, un’ombra di quel che siamo stati: …come l’erba…, come fiore del campo…, più non sarà, né riconoscerà più il suo luogo. La nostra preghiera nel salmo in questi versetti ci fa sentire sì deboli, poveri e fragili, ma soprattutto ci riporta alla centralità del Signore nella nostra vita.

 

Ma la misericordia del Signore è da sempre e per sem­pre su quelli che lo temono, e la sua giustizia sui figli dei figli, per quelli che custodiscono la sua alleanza, e si ricor­dano dei suoi comandi per compierli. Il salmo ci riporta all’amore del Signore nella sua eternità e nella sua presenza e memoria nel cuore dell’uomo: …da sempre e per sem­pre…, per quelli che custodiscono la sua alleanza, e si ricor­dano dei suoi comandi…. Noi cristiani facciamo memoria, custodiamo l’alleanza con il Signore nella sua croce, e ne facciamo memoria affinché continui a adempiersi in noi.

 

Il Signore ha disposto nel cielo il suo trono, e il suo regno domina tutto. Benedite il Signore, voi tutti angeli suoi, potenti e forti esecutori della sua parola, appena udite la voce delle sue parole. Benedite il Signore, voi tutte sue schiere, suoi ministri, esecutori delle sue volontà. Benedite il Signore, voi tutte opere sue, in ogni luogo del suo dominio. Benedici, anima mia, il Signore. Il Signore assiso in cielo nel suo trono. Per queste note al salmo 102 ho voluto guardare e mettere all’inizio l’icona dell’Ascensione del Signore in cielo. Il Signore assiso in cielo nella sua e nostra umanità gloriosa e glorificata, e portata in cielo dopo la sua risurrezione gloriosa dai morti. Quest’icona del Signore salendo in cielo e assiso nella sua gloria è l’icona anche della nostra umanità futura glorificata da Cristo e in Cristo nel trono della sua gloria. In questi versetti che sono la benedizione finale del salmo, troviamo presenti tutti, nella liturgia celeste e in quella della terra: …angeli suoi, potenti e forti esecutori della sua parola…, voi tutte sue schiere, suoi ministri, esecutori delle sue volontà…, voi tutte opere sue. Noi siamo opera sua, l’opera delle sue mani, redenti e riplasmati a sua immagine. Quindi “benedicenti” per l’amore ricevuto dal Signore e “benedandoci” l’amore e la benevolenza stessa che vengono dal Signore, anche noi concludiamo il salmo: …in ogni luogo del suo dominio, benedici, anima mia, il Signore.

 


venerdì 15 gennaio 2021

 


“Giunti all’alba che illumina l’universo…”

Note personali. A partire dal salmo 62.

Il salmo 62, il terzo del mattutino nella tradizione bizantina, è un salmo che troviamo nella preghiera del mattino in quasi tutte le tradizioni liturgiche di Oriente e di Occidente. San Benedetto lo prevede per le lodi della domenica nella sua distribuzione settimanale del salterio. Dopo i primi due salmi, di risurrezione e di attesa il salmo 3, e di fiducia nella prova il salmo 37, con il salmo 62 concludiamo i primi tre salmi del mattutino bizantino, che, come termine della prima parte prevede la dossologia trinitaria: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin. Tre volte alliluia, tre Kyrie eleison, e di nuovo: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo… Nel salmo 62 troviamo l’atteggiamento dell’uomo nella sua preghiera e nel suo cammino di vita cristiana ogni giorno, che si apre alla ricerca e al desiderio profondo dell’incontro con Dio.

O Dio, Dio mio, per te veglio all’alba. Questa frase inquadra l’inizio del salmo e possiamo dire ci colloca noi stessi all’inizio di ogni giorno della nostra vita. È Dio la causa del nostro vegliare, del nostro alzarci all’alba, del nostro radunarci come Chiesa, per pregare. È il desiderio di Dio che muove il nostro cuore a cercarlo, desiderio che tocca il cuore con la siccità del deserto, per spingerci a cercare, a bramare l’acqua della vita, quell’acqua la cui fonte è Dio stesso verso ognuno di noi. O Dio, Dio mio, per te veglio all’alba. È assetata di te l’anima mia, quante volte ha avuto sete di te la mia carne in una terra deserta, senza via e senz’acqua. Vediamo che delle immagini molto forti segnano l’inizio di questo salmo: la veglia all’alba, la sete e l’ansia di Dio, un desiderio e una sete che ci porteranno tante volte anche a vivere sicuramente una sperienza di deserto. Veglia per Dio, sete di Dio. Il tema della vigilia, della veglia mi rammenta come nella tradizione siriaca i monaci sono anche chiamati “vigilanti”, coloro che sono nella veglia, che sono restano svegli, nell’attesa del Signore che viene al nostro incontro. È il 62 un salmo per i monaci? Certamente, come è anche un salmo per tutti noi cristiani, uomini e donne sempre in ricerca, sempre assettati di trovare Colui che veramente “veglia” ci aspetta all’alba di ogni giorno.

Così sono comparso davanti a te nel santuario, per vedere la tua potenza e la tua gloria. Poiché la tua misericordia vale più di ogni vita: le mie labbra ti loderanno. Così ti benedirò nella mia vita, e nel tuo nome alzerò le mie mani. Comparire, arrivare alla presenza del Signore, per noi cristiani è un sinonimo, un’immagine forte e bella del radunarci come Chiesa per la lode, per la preghiera. Nella forma greca del testo si potrebbe tradurre: “così nel Santo…”, oppure “nel luogo della Tua Santità…, sono stato visto da te, sono a te apparso…”. E per noi cristiani questo “Santo, oppure luogo della Santità di Dio, dove da lui siamo visti” è Cristo Signore incarnatosi per noi dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria. Luogo della Santità di Dio che continua realmente presente nella vita della Chiesa attraverso i sacramenti, attraverso l’incontro personale e vivente con il Signore, il Santo di Dio. Per vedere la tua potenza e la tua gloria. E il nostro radunarci alla presenza del Signore ogni giorno, è sempre per scoprirne e cantarne la grandezza, la potenza e la gloria. E sempre, ogni giorno, noi cristiani scopriamo che la potenza, la gloria di Dio è la sua misericordia verso ognuno di noi, quella che supera ogni cosa, quella che vale più di ogni vita. Allora per ognuno di noi diventa oso dire toccante il versetto del salmo: Comparso davanti a te nel santuario…, cioè: visto e guardato da te nel luogo santo, visto e guardato da te che sei il Santo… Quello che colpisce di più in una icona, in un affresco, in un mosaico è lo sguardo del Signore, uno sguardo personale per e verso ognuno di noi. Qual è allora la nostra reazione, la nostra risposta a questo sguardo? Le mie labbra ti loderanno. La lode come risposta dell’uomo a quella sua sete, a quella sua ricerca, al desiderio dell’incontro con il Signore. Quindi nel salmo troviamo questa progressione strettamente legata tra: desiderio-memoria-incontro-lode.

Come di grasso e pinguedine sia colmata l’anima mia, e con labbra di esultanza ti loderà la mia bocca. Questo versetto, come spesso troviamo nei salmi, diventa un complemento e allo stesso tempo un contrasto forte con le immagini iniziali del salmo: “…assetata l’anima mia, terra deserta… senz’acqua… / …di grasso e pinguedine… colmata l’anima mia”. I paralleli “sete-grasso / deserto-lode” diventano dei versetti salmici che segnano tutta la nostra vita cristiana. Quasi che il Signore volesse farci barcollare tra l’anelito/desiderio e la plenitudine, tra la sete e la sazietà. Allora possiamo dire che i binomi ricerca-incontro, deserto-comunione, sono i due binari, le due vie, su cui scorre tutto il salmo che diventa, ripeto, uno specchio della nostra stessa vita.

       Se mi ricordavo di te sul mio giaciglio, all’alba su di te meditavo: perché ti sei fatto mio aiuto, ed esulterò al riparo delle tue ali. Ha aderito a te l’anima mia, mi ha sostenuto la tua destra. Il ricordo di Dio nel cuore dell’uomo, di ognuno di noi, un ricordo che è sempre anamnesi, presenza. Ricordo di Dio notte e giorno. I Padri della Chiesa ed i monaci spesso insistono in questo ricordo/presenza di Dio nella vita del monaco, del cristiano. Una presenza reale attraverso la liturgia ed i sacramenti, attraverso la preghiera. Nell’Oriente cristiano la tradizione della “Preghiera di Gesù” riprende fortemente questo legame ricordo di Dio, preghiera, e presenza di Dio.

       mi ha sostenuto la tua destra. Infine, grazia ed aiuto di Dio, comunione con Dio che aiuta, che protegge, che salva. Troviamo anche in questi versetti l’immagine, che ritroveremo poi in tanti altri salmi, della mano e della “destra di Dio” che protegge, che aiuta, e ancora Dio che copre e protegge sotto le sue ali e che salva.

       E quelli hanno cercato invano l’anima mia: entreranno nelle profondità della terra, saranno consegnati in mano alla spada, diverranno parte delle volpi. Questi versetti del salmo hanno un carattere imprecatorio, che altrove abbiamo già proposto di vedere, per questo e per altri salmi, come versetti di carattere fortemente pasquale, cioè di vittoria e di annientamento del male e del peccato. Infatti, costoro: il peccato, il male, la morte, sono consegnati, usando le immagini del salmo, alla spada, alla terra, alle volpi divoranti (immagini che sono forti ma utili allo stesso tempo!). Noi cristiani -riprendo ancora una volta l’argomento- preghiamo tutto il salterio in chiave cristologica e cristiana, e per questo i salmi più difficili, più duri -qualcuno ha detto più “improponibili”- li leggiamo e li preghiamo nelle chiavi cristiane che abbiamo accennato: nel salmo preghiamo Cristo che nella sua passione, morte e risurrezione vince il peccato, il male, la morte; nel salmo preghiamo con Cristo che ama, perdona e salva il peccatore, il malvagio, portandolo alla salvezza e alla vita. Infine, nel salmo prega Cristo stesso, vittorioso e seduto alla destra del Padre. Mi si chiedeva una chiave per pregare i salmi imprecatori? Direi semplicemente che basta guardare l’icona di Pasqua, con la discesa di Cristo negli inferi e il suo afferrare per mano Adamo ed Eva e riportargli al Paradiso.

       Infine, nel salmo, nel contesto di questi ultimi versetti, troviamo la gioia che sgorga da Dio stesso per l’annientamento e la fine del peccato e dell’ingiustizia: Il re invece si allieterà in Dio, sarà lodato chiunque giura per lui, perché è stata serrata la bocca di quanti dicono cose ingiuste. Potremo dire che questo versetto raccoglie o preannuncia se si vuole la gioia profonda del Signore stesso, gioia che troviamo presente nelle grandi parabole evangeliche del figliol prodigo, della pecora smarrita, della dracma perduta…

          La conclusione, sempre nella recita liturgica, del salmo 62, ci porta, nella prassi della tradizione bizantina, a riprendere i tre versetti che hanno segnato tutto il salmo e che in qualche modo ne sottolineano l’uso nella liturgia delle Chiese cristiane: All’alba su di te meditavo: perché ti sei fatto mio aiuto, ed esulterò al riparo delle tue ali. Ha aderito a te l’anima mia, mi ha sostenuto la tua destra.

L’alba del Signore, la sua salvezza, la sua vita a noi data ogni giorno. Sul tema, presente in tanti testi patristici orientali ed occidentali, dell’alba come luogo e momento della salvezza e della nuova vita in Cristo Signore, riporto come conclusione un tropario attribuito a Romano il Melodo (+555) per la festa dell’Epifania del Signore il 6 gennaio, in cui il poeta teologo ci riporta a quella dimensione del battesimo stesso -di Cristo e nostro-, come alba del nuovo giorno, luogo della guarigione, della salvezza e della vita.

       Ad Adamo, accecato nell’Eden, è apparso a Betlemme il sole, e gli ha aperto le pupille, lavandole con le acque del Giordano. Per colui che era divenuto scuro e ottenebrato, è sorta la luce inestinguibile. Non ci sarà più notte per lui, ma tutto sarà giorno: ai primi albori si è fatto per lui mat­tino. Al tramonto, infatti, egli si era nascosto, come sta scritto, ma ha trovato un raggio che lo ha ridestato, lui che ver­so sera era caduto: è stato liberato dal buio ed è giunto a quell’alba, che col suo apparire ha illuminato l’universo.

Adamo-Sole / Eden-Betlemme. Tutto il tropario con delle immagini volutamente contrastanti, mette in evidenza, mette in luce l’opera della nostra salvezza: … è stato liberato dal buio ed è giunto a quell’alba, che col suo apparire ha illuminato l’universo.