“Giunti all’alba che illumina
l’universo…”
Note personali. A partire dal
salmo 62.
Il salmo 62, il terzo del mattutino nella tradizione
bizantina, è un salmo che troviamo nella preghiera del mattino in quasi tutte
le tradizioni liturgiche di Oriente e di Occidente. San Benedetto lo prevede per
le lodi della domenica nella sua distribuzione settimanale del salterio. Dopo i
primi due salmi, di risurrezione e di attesa il salmo 3, e di fiducia nella
prova il salmo 37, con il salmo 62 concludiamo i primi tre salmi del mattutino
bizantino, che, come termine della prima parte prevede la dossologia
trinitaria: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre e
nei secoli dei secoli. Amin. Tre volte alliluia, tre Kyrie eleison, e di
nuovo: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo… Nel salmo 62
troviamo l’atteggiamento dell’uomo nella sua preghiera e nel suo cammino di
vita cristiana ogni giorno, che si apre alla ricerca e al desiderio profondo
dell’incontro con Dio.
O Dio,
Dio mio, per te veglio all’alba. Questa frase inquadra l’inizio del salmo e
possiamo dire ci colloca noi stessi all’inizio di ogni giorno della nostra
vita. È Dio la causa del nostro vegliare, del nostro alzarci all’alba, del nostro
radunarci come Chiesa, per pregare. È il desiderio di Dio che muove il nostro
cuore a cercarlo, desiderio che tocca il cuore con la siccità del deserto, per spingerci
a cercare, a bramare l’acqua della vita, quell’acqua la cui fonte è Dio stesso verso
ognuno di noi. O Dio, Dio mio, per te veglio all’alba. È assetata di te
l’anima mia, quante volte ha avuto sete di te la mia carne in una terra
deserta, senza via e senz’acqua. Vediamo che delle immagini
molto forti segnano l’inizio di questo salmo: la veglia all’alba, la sete e
l’ansia di Dio, un desiderio e una sete che ci porteranno tante volte anche a
vivere sicuramente una sperienza di deserto. Veglia per Dio, sete di Dio. Il
tema della vigilia, della veglia mi rammenta come nella tradizione siriaca i
monaci sono anche chiamati “vigilanti”, coloro che sono nella veglia, che sono restano
svegli, nell’attesa del Signore che viene al nostro incontro. È il 62 un salmo per
i monaci? Certamente, come è anche un salmo per tutti noi cristiani, uomini e
donne sempre in ricerca, sempre assettati di trovare Colui che veramente
“veglia” ci aspetta all’alba di ogni giorno.
Così sono comparso davanti a te nel santuario, per
vedere la tua potenza e la tua gloria. Poiché la tua misericordia vale più di
ogni vita: le mie labbra ti loderanno. Così ti benedirò nella mia vita, e nel
tuo nome alzerò le mie mani. Comparire, arrivare alla presenza del Signore, per
noi cristiani è un sinonimo, un’immagine forte e bella del radunarci come
Chiesa per la lode, per la preghiera. Nella forma greca del testo si potrebbe
tradurre: “così nel Santo…”, oppure “nel luogo della Tua Santità…, sono stato
visto da te, sono a te apparso…”. E per noi cristiani questo “Santo, oppure
luogo della Santità di Dio, dove da lui siamo visti” è Cristo Signore
incarnatosi per noi dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria. Luogo della
Santità di Dio che continua realmente presente nella vita della Chiesa
attraverso i sacramenti, attraverso l’incontro personale e vivente con il
Signore, il Santo di Dio. Per vedere la tua potenza e la tua gloria.
E il nostro radunarci alla presenza del Signore ogni giorno, è sempre per
scoprirne e cantarne la grandezza, la potenza e la gloria. E sempre, ogni giorno,
noi cristiani scopriamo che la potenza, la gloria di Dio è la sua misericordia
verso ognuno di noi, quella che supera ogni cosa, quella che vale più di
ogni vita. Allora per ognuno di noi diventa oso dire toccante il
versetto del salmo: Comparso davanti a te nel santuario…, cioè: visto
e guardato da te nel luogo santo, visto e guardato da te che sei il Santo… Quello
che colpisce di più in una icona, in un affresco, in un mosaico è lo sguardo
del Signore, uno sguardo personale per e verso ognuno di noi. Qual è allora la
nostra reazione, la nostra risposta a questo sguardo? Le mie labbra ti
loderanno. La lode come risposta dell’uomo a quella sua sete, a quella sua
ricerca, al desiderio dell’incontro con il Signore. Quindi nel salmo troviamo
questa progressione strettamente legata tra: desiderio-memoria-incontro-lode.
Come di grasso e pinguedine sia colmata l’anima
mia, e con labbra di esultanza ti loderà la mia bocca. Questo versetto, come spesso
troviamo nei salmi, diventa un complemento e allo stesso tempo un contrasto
forte con le immagini iniziali del salmo: “…assetata l’anima mia, terra
deserta… senz’acqua… / …di grasso e pinguedine… colmata l’anima mia”. I
paralleli “sete-grasso / deserto-lode” diventano dei versetti salmici che
segnano tutta la nostra vita cristiana. Quasi che il Signore volesse farci
barcollare tra l’anelito/desiderio e la plenitudine, tra la sete e la sazietà. Allora
possiamo dire che i binomi ricerca-incontro, deserto-comunione, sono i due
binari, le due vie, su cui scorre tutto il salmo che diventa, ripeto, uno specchio
della nostra stessa vita.
Se mi ricordavo di te sul mio giaciglio, all’alba su di te
meditavo: perché ti sei fatto mio aiuto, ed esulterò al riparo delle tue ali. Ha
aderito a te l’anima mia, mi ha sostenuto la tua destra. Il ricordo di Dio nel cuore
dell’uomo, di ognuno di noi, un ricordo che è sempre anamnesi, presenza.
Ricordo di Dio notte e giorno. I Padri della Chiesa ed i monaci spesso
insistono in questo ricordo/presenza di Dio nella vita del monaco, del
cristiano. Una presenza reale attraverso la liturgia ed i sacramenti,
attraverso la preghiera. Nell’Oriente cristiano la tradizione della “Preghiera
di Gesù” riprende fortemente questo legame ricordo di Dio, preghiera, e presenza
di Dio.
…mi ha sostenuto la tua destra. Infine, grazia
ed aiuto di Dio, comunione con Dio che aiuta, che protegge, che salva. Troviamo
anche in questi versetti l’immagine, che ritroveremo poi in tanti altri salmi,
della mano e della “destra di Dio” che protegge, che aiuta, e ancora Dio che
copre e protegge sotto le sue ali e che salva.
E quelli hanno cercato invano l’anima mia: entreranno nelle
profondità della terra, saranno consegnati in mano alla spada, diverranno parte
delle volpi. Questi versetti del salmo hanno un carattere imprecatorio, che
altrove abbiamo già proposto di vedere, per questo e per altri salmi, come
versetti di carattere fortemente pasquale, cioè di vittoria e di annientamento
del male e del peccato. Infatti, costoro: il peccato, il male, la morte, sono
consegnati, usando le immagini del salmo, alla spada, alla terra, alle volpi
divoranti (immagini che sono forti ma utili allo stesso tempo!). Noi cristiani
-riprendo ancora una volta l’argomento- preghiamo tutto il salterio in chiave
cristologica e cristiana, e per questo i salmi più difficili, più duri
-qualcuno ha detto più “improponibili”- li leggiamo e li preghiamo nelle chiavi
cristiane che abbiamo accennato: nel salmo preghiamo Cristo che nella sua
passione, morte e risurrezione vince il peccato, il male, la morte; nel salmo
preghiamo con Cristo che ama, perdona e salva il peccatore, il malvagio,
portandolo alla salvezza e alla vita. Infine, nel salmo prega Cristo stesso,
vittorioso e seduto alla destra del Padre. Mi si chiedeva una chiave per
pregare i salmi imprecatori? Direi semplicemente che basta guardare l’icona di
Pasqua, con la discesa di Cristo negli inferi e il suo afferrare per mano Adamo
ed Eva e riportargli al Paradiso.
Infine, nel salmo, nel contesto di questi ultimi versetti, troviamo
la gioia che sgorga da Dio stesso per l’annientamento e la fine del peccato e
dell’ingiustizia: Il re invece si allieterà in Dio, sarà lodato chiunque
giura per lui, perché è stata serrata la bocca di quanti dicono cose ingiuste.
Potremo dire che questo versetto raccoglie o preannuncia se si vuole la
gioia profonda del Signore stesso, gioia che troviamo presente nelle grandi
parabole evangeliche del figliol prodigo, della pecora smarrita, della dracma
perduta…
La conclusione, sempre nella recita
liturgica, del salmo 62, ci porta, nella prassi della tradizione bizantina, a riprendere
i tre versetti che hanno segnato tutto il salmo e che in qualche modo ne
sottolineano l’uso nella liturgia delle Chiese cristiane: All’alba
su di te meditavo: perché ti sei fatto mio aiuto, ed esulterò al riparo delle
tue ali. Ha aderito a te l’anima mia, mi ha sostenuto la tua destra.
L’alba del Signore, la sua salvezza, la sua vita a
noi data ogni giorno. Sul tema, presente in tanti testi patristici orientali ed
occidentali, dell’alba come luogo e momento della salvezza e della nuova vita
in Cristo Signore, riporto come conclusione un tropario attribuito a Romano il
Melodo (+555) per la festa dell’Epifania del Signore il 6 gennaio, in cui il
poeta teologo ci riporta a quella dimensione del battesimo stesso -di Cristo e
nostro-, come alba del nuovo giorno, luogo della guarigione, della salvezza e
della vita.
Ad
Adamo, accecato nell’Eden, è apparso a Betlemme il sole, e gli ha
aperto le pupille, lavandole con le acque del Giordano. Per colui che era
divenuto scuro e ottenebrato, è sorta la luce inestinguibile. Non ci sarà più
notte per lui, ma tutto sarà giorno: ai primi albori si è fatto per lui mattino.
Al tramonto, infatti, egli si era nascosto, come sta scritto, ma ha trovato un
raggio che lo ha ridestato, lui che verso sera era caduto: è stato liberato
dal buio ed è giunto a quell’alba, che col suo apparire ha illuminato
l’universo.
Adamo-Sole
/ Eden-Betlemme. Tutto il tropario con delle immagini volutamente contrastanti,
mette in evidenza, mette in luce l’opera della nostra salvezza: … è stato
liberato dal buio ed è giunto a quell’alba, che col suo apparire ha illuminato
l’universo.
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