venerdì 22 gennaio 2021


 “…benediciamo… benediamo…”.

Note personali. A partire dal salmo 102

I salmi, nella tradizione liturgica bizantina, finiscono, ognuno di essi, ripetendo uno o due versetti che sono, possiamo dire, la chiave di lettura di quel salmo e in quell’ora. Dico “di quel salmo e in quell’ora” perché alcuni salmi che troviamo nel mattutino, li ritroviamo poi, sempre come “salmi fissi” in altre ore della giornata. E con l’espressione “salmi fissi” intendo quei salmi che vengono recitati ogni giorno in una determinata ora di preghiera, indipendentemente dall’altra recita del salterio nella tradizione bizantina, quella che possiamo chiamare “ciclica e settimanale” che prevede la recita del salterio intero lungo i giorni di una settimana.

Il salmo 102, il penultimo dei sei salmi del mattutino, si conclude con la ripetizione del versetto 22, che poi è anche l’ultimo versetto dello stesso salmo: In ogni luogo del suo dominio, benedici, anima mia, il Signore. Si tratta quindi di un salmo di lode e soprattutto di benedizione, un salmo che ci porta a “dire una buona parola” al Signore per tutto quello che lui, nella sua provvidenza, ci dà, ci concede ogni giorno della nostra vita. Il salmo ripete diverse volte: Benedici… benedite -Ελγει… ελογετε…. Si tratta di un dire e un dare una parola di bene, di buono, una parola che porti, faccia del bene. In Oriente quando ci si incontra con il vescovo, oltre a baciargli la mano, gli si dice: “ελογετε”, quasi a dire: “dimmi e dammi una buona parola, una parola di benedizione, di aiuto, di conforto”. Confortare i fedeli, dare loro una parola di coraggio, di vicinanza, di famigliarità, di paternità, in fondo questo dovrebbe essere uno dei ruoli del vescovo verso il suo gregge.

E nella preghiera con questo salmo, mi sono venuti alla memoria due termini benediciamo / benediamo, che possono quasi, dico quasi, apparire come sinonimi, essendo però il secondo un neologismo. Uno scrittore contemporaneo, nei nostri giorni e per i nostri giorni di prova a causa della pandemia, proponeva direi quasi profeticamente di introdurre non soltanto nel nostro vocabolario ma soprattutto nel nostro agire, nel nostro essere uomini e donne che vivono e soffrono il momento attuale di prova, introdurre appunto questo neologismo: “benediamo e quindi benediamoci”. Non soltanto quel dire una parola di bene, che è già qualcosa, ma soprattutto il nostro agire bene, quel “dare il bene…, agire nel e col bene”.

Benedici, anima mia, il Signore, e tutto il mio intimo il suo santo nome. Benedici, anima mia il Signore, e non dimenticare tutte le sue ricompense. La nostra parola di benedizione, la prima parola che esce dalla nostra bocca nella preghiera di questo salmo, è indirizzata al Signore perché lui è, lui esiste, la sua provvidenza agisce nella nostra vita di ogni giorno. Lui, il Signore, il cui nome quando invocato ci salva.

Lui che perdona tutte le tue iniquità, che guarisce tutte le tue malattie, che riscatta dalla corruzione la tua vita, che ti incorona di misericordia e di ogni compassione, che sazia di beni la tua brama: sarà rinnovata come quella dell’aquila la tua giovinezza. È lui, il Signore che sempre veglia su di noi e nel suo agire in noi: perdona… guarisce… riscatta… incorona… sazia… rinnova…. Spesso nei miei commenti insisto nel fare anche un po di filologia ed essere attenti alle forme grammaticali usate nei testi. Guardiamo queste forme verbali con cui si descrive l’azione del Signore in noi. Quasi la provvidenza, l’agire, l’amore del Signore verso di noi fosse -e lo è veramente, e di questo ne sono testimoni i grandi Padri della Chiesa nei loro scritti- fosse una ricreazione, un plasmare di nuovo in noi quella sua immagine con cui siamo stati creati: perdona… rinnova.

Opera ogni misericordia il Signore, e giudizio per tutti quelli che subiscono ingiustizia. Ha reso note a Mosè le sue vie, le sue volontà ai figli d’Israele. Pietoso e misericordioso è il Signore, longanime e ricco di misericordia. Non sarà adirato sino alla fine, né in eterno sarà sde­gnato. Non secondo le nostre iniquità ha agito con noi, né secondo i nostri peccati ci ha retribuiti. E come si manifesta in noi questa sua nuova creazione, questo essere riplasmati a sua immagine? Direi non tanto facendoci o plasmandoci in un certo modo, ma operando lui in noi nella sua grande misericordia e creando in noi un “cuore puro”, usando qua l’immagine del salmo 50. Il Signore rende nota la sua volontà ad ognuno di noi. E qual è per noi cristiani il giudizio del Signore, la volontà del Signore? È il suo Vangelo, con l’annuncio della sua incarnazione, della sua vita in mezzo a noi, l’annuncio della sua morte e della sua risurrezione. E quindi della sua buona novella di amore, di perdono e di verità. In questi versetti del salmo troviamo elencato -che è non soltanto un elencare ma un vero e proprio fare memoria- tutto quello che il Signore è ed agisce in noi, con noi e verso di noi: Pietoso e misericordioso…, longanime e ricco di misericordia. Non adirato…, né in eterno… sde­gnato. Non ha agito con noi…, secondo i nostri peccati non ci ha retribuiti.

Mai nei salmi ci troveremo con o di fronte a un Dio vendicativo, ma con un Dio che ci salva possiamo dire anche oltre alle nostre aspettative: Non ha agito con noi…, secondo i nostri peccati non ci ha retribuiti. Sono dei versetti quasi prefigurazione della parabola del figliol prodigo. Tanti salmi possiamo leggerli e pregarli come prefigurazione di tante altre pagine e parabole evangeliche. Vi proponevo di leggere i salmi in chiave pasquale e aggiungerei sempre in chiave evangelica, cioè avendo il vangelo di Cristo come sottofondo. I salmi sono una parabola della vita dell’uomo, della vita di ognuno di noi, e del rapporto dell’uomo con il Signore. Inoltre, ripropongo qua per questo salmo anche il tema caro a Sant’Agostino e ad altri Padri sia occidentali che orientali di fronte al salterio: Cristo che prega per noi, che prega con noi e a cui noi preghiamo. E questa nostra preghiera la facciamo con i salmi e attraverso i salmi.

 

Perché quanto è alto il cielo sulla terra, altrettanto il Signore ha reso forte la sua misericordia su quelli che lo te­mono. Quanto dista l’oriente dall’occidente, tanto ha allontanato da noi le nostre iniquità. Il salmo si serve di immagini che quasi vanno oltre alla nostra comprensione, per mostrarci la grandezza e l’amore incomprensibili tante volte di Dio verso di noi. Sottolineando questa grandezza incommensurabile ed illimitata di Dio: …quanto è alto il cielo sulla terra…, quanto dista l’oriente dall’occidente…, il salmo mette in evidenza sì la nostra piccolezza, ma soprattutto sottolinea quanto grande è l’amore di Dio, e quanto grande è anche la sua kenosi, il suo farsi piccolo verso di noi.

 

Come un padre ha compassione dei figli, così ha avuto compassione il Signore di quelli che lo temono, poiché egli sa di che siamo plasmati, si ricorda che noi siamo polvere. L’amore di Dio paragonato all’amore di un padre. Ripropongo ancora una volta una lettura del salmo accanto alla parabola del figliol prodigo, ed anche una lettura profetica -mi si permetta l’espressione- del salmo 102 accanto al testo di Fil 2,9, la kenosi del Signore, il suo farsi piccolo verso di noi e per noi fino ad assumere la nostra natura di servi: …poiché egli sa di che siamo plasmati, si ricorda che noi siamo polvere. Dal Signore ci sappiamo conosciuti ed amati. Impressiona sempre diciamo la concretezza dei salmi, essi non sono delle preghiere vaghe e lontane, ma sono delle preghiere concrete ed incarnate: …poiché egli sa di che siamo plasmati, si ricorda che noi siamo polvere.

 

L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni; come fiore del campo, così sfiorirà. Un soffio passa su di lui e più non sarà, né riconoscerà più il suo luogo. L’uomo, la natura umana passano, e il salmo utilizza immagini molto concrete e reali: come l’erba che si secca, come il fiore che appassisce, come un nulla spazzato via da un soffio. Nella lode e la benedizione a Dio, però, che è misericordioso, incommensurabile e grande nell’amore, il salmo sembra volerci riportare a quello che siamo realmente noi uomini: esseri fragili, deboli, incapaci da soli non soltanto di agire ma anche di lasciare una traccia, una memoria, un’ombra di quel che siamo stati: …come l’erba…, come fiore del campo…, più non sarà, né riconoscerà più il suo luogo. La nostra preghiera nel salmo in questi versetti ci fa sentire sì deboli, poveri e fragili, ma soprattutto ci riporta alla centralità del Signore nella nostra vita.

 

Ma la misericordia del Signore è da sempre e per sem­pre su quelli che lo temono, e la sua giustizia sui figli dei figli, per quelli che custodiscono la sua alleanza, e si ricor­dano dei suoi comandi per compierli. Il salmo ci riporta all’amore del Signore nella sua eternità e nella sua presenza e memoria nel cuore dell’uomo: …da sempre e per sem­pre…, per quelli che custodiscono la sua alleanza, e si ricor­dano dei suoi comandi…. Noi cristiani facciamo memoria, custodiamo l’alleanza con il Signore nella sua croce, e ne facciamo memoria affinché continui a adempiersi in noi.

 

Il Signore ha disposto nel cielo il suo trono, e il suo regno domina tutto. Benedite il Signore, voi tutti angeli suoi, potenti e forti esecutori della sua parola, appena udite la voce delle sue parole. Benedite il Signore, voi tutte sue schiere, suoi ministri, esecutori delle sue volontà. Benedite il Signore, voi tutte opere sue, in ogni luogo del suo dominio. Benedici, anima mia, il Signore. Il Signore assiso in cielo nel suo trono. Per queste note al salmo 102 ho voluto guardare e mettere all’inizio l’icona dell’Ascensione del Signore in cielo. Il Signore assiso in cielo nella sua e nostra umanità gloriosa e glorificata, e portata in cielo dopo la sua risurrezione gloriosa dai morti. Quest’icona del Signore salendo in cielo e assiso nella sua gloria è l’icona anche della nostra umanità futura glorificata da Cristo e in Cristo nel trono della sua gloria. In questi versetti che sono la benedizione finale del salmo, troviamo presenti tutti, nella liturgia celeste e in quella della terra: …angeli suoi, potenti e forti esecutori della sua parola…, voi tutte sue schiere, suoi ministri, esecutori delle sue volontà…, voi tutte opere sue. Noi siamo opera sua, l’opera delle sue mani, redenti e riplasmati a sua immagine. Quindi “benedicenti” per l’amore ricevuto dal Signore e “benedandoci” l’amore e la benevolenza stessa che vengono dal Signore, anche noi concludiamo il salmo: …in ogni luogo del suo dominio, benedici, anima mia, il Signore.

 


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