“…benediciamo… benediamo…”.
Note personali. A partire dal
salmo 102
I salmi, nella tradizione liturgica bizantina, finiscono,
ognuno di essi, ripetendo uno o due versetti che sono, possiamo dire, la chiave
di lettura di quel salmo e in quell’ora. Dico “di quel salmo e in quell’ora”
perché alcuni salmi che troviamo nel mattutino, li ritroviamo poi, sempre come
“salmi fissi” in altre ore della giornata. E con l’espressione “salmi fissi”
intendo quei salmi che vengono recitati ogni giorno in una determinata ora di
preghiera, indipendentemente dall’altra recita del salterio nella tradizione
bizantina, quella che possiamo chiamare “ciclica e settimanale” che prevede la
recita del salterio intero lungo i giorni di una settimana.
Il salmo 102, il penultimo dei sei salmi del
mattutino, si conclude con la ripetizione del versetto 22, che poi è anche l’ultimo
versetto dello stesso salmo: In ogni
luogo del suo dominio, benedici, anima mia, il Signore. Si tratta quindi di un salmo di lode e soprattutto
di benedizione, un salmo che ci porta a “dire una buona parola” al Signore per
tutto quello che lui, nella sua provvidenza, ci dà, ci concede ogni giorno
della nostra vita. Il salmo ripete diverse volte: Benedici… benedite -Εὐλόγει… εὐλογεῖτε…. Si
tratta di un dire e un dare una parola di bene, di buono, una parola che porti,
faccia del bene. In Oriente quando ci si incontra con il vescovo, oltre a
baciargli la mano, gli si dice: “εὐλογεῖτε”, quasi
a dire: “dimmi e dammi una buona parola, una parola di benedizione, di
aiuto, di conforto”. Confortare i fedeli, dare loro una parola di coraggio,
di vicinanza, di famigliarità, di paternità, in fondo questo dovrebbe essere
uno dei ruoli del vescovo verso il suo gregge.
E nella
preghiera con questo salmo, mi sono venuti alla memoria due termini benediciamo
/ benediamo, che possono quasi, dico quasi, apparire come sinonimi, essendo
però il secondo un neologismo. Uno scrittore contemporaneo, nei nostri giorni e
per i nostri giorni di prova a causa della pandemia, proponeva direi quasi
profeticamente di introdurre non soltanto nel nostro vocabolario ma soprattutto
nel nostro agire, nel nostro essere uomini e donne che vivono e soffrono il
momento attuale di prova, introdurre appunto questo neologismo: “benediamo
e quindi benediamoci”. Non soltanto quel dire una parola di bene, che è
già qualcosa, ma soprattutto il nostro agire bene, quel “dare il bene…, agire
nel e col bene”.
Benedici,
anima mia, il Signore, e tutto il mio intimo il suo santo nome. Benedici, anima mia il Signore, e non dimenticare tutte le
sue ricompense. La nostra parola di
benedizione, la prima parola che esce dalla nostra bocca nella preghiera di
questo salmo, è indirizzata al Signore perché lui è, lui esiste, la sua
provvidenza agisce nella nostra vita di ogni giorno. Lui, il Signore, il cui
nome quando invocato ci salva.
Lui che perdona tutte le tue iniquità, che guarisce tutte le
tue malattie, che riscatta dalla corruzione la tua vita, che ti incorona di
misericordia e di ogni compassione, che sazia di beni la tua brama: sarà
rinnovata come quella dell’aquila la tua giovinezza. È lui, il Signore che sempre veglia su di noi e nel suo
agire in noi: perdona… guarisce… riscatta… incorona… sazia… rinnova…. Spesso
nei miei commenti insisto nel fare anche un po di filologia ed essere attenti
alle forme grammaticali usate nei testi. Guardiamo queste forme verbali con cui
si descrive l’azione del Signore in noi. Quasi la provvidenza, l’agire, l’amore
del Signore verso di noi fosse -e lo è veramente, e di questo ne sono testimoni
i grandi Padri della Chiesa nei loro scritti- fosse una ricreazione, un
plasmare di nuovo in noi quella sua immagine con cui siamo stati creati: perdona…
rinnova.
Opera ogni misericordia il Signore, e giudizio per tutti
quelli che subiscono ingiustizia. Ha reso note a Mosè le sue vie, le sue
volontà ai figli d’Israele. Pietoso e misericordioso è il Signore, longanime e
ricco di misericordia. Non sarà adirato sino alla fine, né in eterno sarà sdegnato.
Non secondo le nostre iniquità ha agito con noi, né secondo i nostri peccati ci
ha retribuiti. E come si manifesta in noi
questa sua nuova creazione, questo essere riplasmati a sua immagine? Direi non
tanto facendoci o plasmandoci in un certo modo, ma operando lui in noi nella
sua grande misericordia e creando in noi un “cuore puro”, usando qua l’immagine
del salmo 50. Il Signore rende nota la sua volontà ad ognuno di noi. E qual è
per noi cristiani il giudizio del Signore, la volontà del Signore? È il suo
Vangelo, con l’annuncio della sua incarnazione, della sua vita in mezzo a noi, l’annuncio
della sua morte e della sua risurrezione. E quindi della sua buona novella di
amore, di perdono e di verità. In questi versetti del salmo troviamo elencato
-che è non soltanto un elencare ma un vero e proprio fare memoria- tutto quello
che il Signore è ed agisce in noi, con noi e verso di noi: Pietoso e
misericordioso…, longanime e ricco di misericordia. Non adirato…, né in eterno…
sdegnato. Non ha agito con noi…, secondo i nostri peccati non ci ha retribuiti.
Mai nei salmi ci troveremo con o di fronte a un Dio
vendicativo, ma con un Dio che ci salva possiamo dire anche oltre alle nostre
aspettative: Non ha agito con noi…, secondo i nostri peccati non ci ha
retribuiti. Sono dei versetti quasi prefigurazione della parabola del
figliol prodigo. Tanti salmi possiamo leggerli e pregarli come prefigurazione
di tante altre pagine e parabole evangeliche. Vi proponevo di leggere i salmi
in chiave pasquale e aggiungerei sempre in chiave evangelica, cioè avendo il
vangelo di Cristo come sottofondo. I salmi sono una parabola della vita
dell’uomo, della vita di ognuno di noi, e del rapporto dell’uomo con il
Signore. Inoltre, ripropongo qua per questo salmo anche il tema caro a
Sant’Agostino e ad altri Padri sia occidentali che orientali di fronte al
salterio: Cristo che prega per noi, che prega con noi e a cui noi preghiamo. E questa
nostra preghiera la facciamo con i salmi e attraverso i salmi.
Perché quanto è alto il cielo sulla terra, altrettanto il
Signore ha reso forte la sua misericordia su quelli che lo temono. Quanto
dista l’oriente dall’occidente, tanto ha allontanato da noi le nostre iniquità. Il salmo si serve di immagini che quasi vanno oltre alla
nostra comprensione, per mostrarci la grandezza e l’amore incomprensibili tante
volte di Dio verso di noi. Sottolineando questa grandezza incommensurabile ed
illimitata di Dio: …quanto è alto il cielo sulla terra…, quanto dista
l’oriente dall’occidente…, il salmo mette in evidenza sì la nostra
piccolezza, ma soprattutto sottolinea quanto grande è l’amore di Dio, e quanto
grande è anche la sua kenosi, il suo farsi piccolo verso di noi.
Come un padre ha compassione dei figli, così ha avuto
compassione il Signore di quelli che lo temono, poiché egli sa di che siamo
plasmati, si ricorda che noi siamo polvere. L’amore di Dio paragonato all’amore di un padre. Ripropongo
ancora una volta una lettura del salmo accanto alla parabola del figliol
prodigo, ed anche una lettura profetica -mi si permetta l’espressione- del
salmo 102 accanto al testo di Fil 2,9, la kenosi del Signore, il suo farsi
piccolo verso di noi e per noi fino ad assumere la nostra natura di servi: …poiché
egli sa di che siamo plasmati, si ricorda che noi siamo polvere. Dal
Signore ci sappiamo conosciuti ed amati. Impressiona sempre diciamo la
concretezza dei salmi, essi non sono delle preghiere vaghe e lontane, ma sono
delle preghiere concrete ed incarnate: …poiché egli sa di che siamo
plasmati, si ricorda che noi siamo polvere.
L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni; come fiore del campo,
così sfiorirà. Un soffio passa su di lui e più non sarà, né riconoscerà più il
suo luogo. L’uomo, la natura umana passano,
e il salmo utilizza immagini molto concrete e reali: come l’erba che si secca,
come il fiore che appassisce, come un nulla spazzato via da un soffio. Nella
lode e la benedizione a Dio, però, che è misericordioso, incommensurabile e
grande nell’amore, il salmo sembra volerci riportare a quello che siamo
realmente noi uomini: esseri fragili, deboli, incapaci da soli non soltanto di
agire ma anche di lasciare una traccia, una memoria, un’ombra di quel che siamo
stati: …come l’erba…, come fiore del campo…, più non sarà, né riconoscerà
più il suo luogo. La nostra preghiera nel salmo in questi versetti ci
fa sentire sì deboli, poveri e fragili, ma soprattutto ci riporta alla
centralità del Signore nella nostra vita.
Ma la misericordia del Signore è da sempre e per sempre su
quelli che lo temono, e la sua giustizia sui figli dei figli, per quelli che
custodiscono la sua alleanza, e si ricordano dei suoi comandi per compierli. Il salmo ci riporta all’amore del Signore nella sua eternità
e nella sua presenza e memoria nel cuore dell’uomo: …da sempre e per sempre…,
per quelli che custodiscono la sua alleanza, e si ricordano dei suoi comandi….
Noi cristiani facciamo memoria, custodiamo l’alleanza con il Signore
nella sua croce, e ne facciamo memoria affinché continui a adempiersi in noi.
Il Signore ha disposto nel cielo il suo trono, e il suo regno
domina tutto. Benedite il Signore, voi tutti angeli suoi, potenti e forti
esecutori della sua parola, appena udite la voce delle sue parole. Benedite il
Signore, voi tutte sue schiere, suoi ministri, esecutori delle sue volontà. Benedite
il Signore, voi tutte opere sue, in ogni luogo del suo dominio. Benedici, anima
mia, il Signore. Il Signore assiso in cielo nel
suo trono. Per queste note al salmo 102 ho voluto guardare e mettere all’inizio
l’icona dell’Ascensione del Signore in cielo. Il Signore assiso in cielo nella
sua e nostra umanità gloriosa e glorificata, e portata in cielo dopo la sua
risurrezione gloriosa dai morti. Quest’icona del Signore salendo in cielo e
assiso nella sua gloria è l’icona anche della nostra umanità futura glorificata
da Cristo e in Cristo nel trono della sua gloria. In questi versetti che sono
la benedizione finale del salmo, troviamo presenti tutti, nella liturgia
celeste e in quella della terra: …angeli suoi, potenti e forti esecutori
della sua parola…, voi tutte sue schiere, suoi ministri, esecutori delle sue
volontà…, voi tutte opere sue. Noi siamo opera sua, l’opera delle sue
mani, redenti e riplasmati a sua immagine. Quindi “benedicenti” per
l’amore ricevuto dal Signore e “benedandoci” l’amore e la benevolenza stessa
che vengono dal Signore, anche noi concludiamo il salmo: …in ogni
luogo del suo dominio, benedici, anima mia, il Signore.
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