Da Adamo a Cristo,
negli inni di Sant’Efrem il Siro
Questa è la notte in
cui veglia l’intera creazione
Le diverse tradizioni liturgiche
cristiane, di Oriente e di Occidente, nella domenica o nei giorni che precedono
immediatamente la celebrazione della nascita del Figlio di Dio, leggono come
pericope evangelica la Genealogia di Cristo secondo il vangelo di Matteo. Efrem
il Siro nel primo dei suoi 28 inni sul Natale, una vera e propria lectio divina
del primo capitolo di Matteo. Si tratta di un inno assai lungo, novantanove
strofe, nelle quali Efrem mette in scena dei personaggi e dei fatti veterotestamentari
per arrivare all’ultima delle strofe in cui canta l’incarnazione del Verbo di
Dio. Il carattere cristologico di tutto l’inno viene scandito anche dal
versetto ritornello cantato tra una e l’altra delle strofe: “Gloria a te,
Figlio del nostro Creatore”. Un primo gruppo di strofe, da 1 a 11, propone la
figura dei diversi profeti che hanno annunciato l’incarnazione e la nascita del
Figlio di Dio: Isaia, Michea, Giacobbe, Davide, diventano per Efrem l’inizio
della lunga serie di personaggi e di fatti veterotestamentari che portano a
Cristo; in qualche modo Efrem mette per primi della lunga schiera che guarda a
Cristo coloro che già nell’Antico Testamento furono ispirati dallo Spirito per
annunciarlo nella profezia: “Questo giorno ha fatto gioire, Signore, i re, i
sacerdoti e i profeti, perché in esso si compirono le loro parole… La vergine
infatti ha oggi partorito l’Emmanuele a Betlemme. La parola proferita da Isaia
oggi è divenuta realtà… Oggi è nato un bimbo, il suo nome è Meraviglia. È proprio
una meraviglia di Dio che si sia manifestato come un infante”. Quindi lungo
quasi una cinquantina di strofe, dalla 12 alla 60, Efrem snoda il canto a una
serie di figure e di fatti presi dall’antica alleanza che sono la prefigurazione,
il tipo di Cristo; ed il poeta lo fa mettendo in parallelo il fatto avvenuto
nel libro biblico da una parte con l’«oggi» che fa presente la salvezza che si
adempie in Cristo stesso: “Adamo aveva posto la corruzione sulla donna uscita
da lui. Oggi ella ha sciolto la sua corruzione partorendogli il Salvatore… Una
terra vergine aveva partorito Adamo, capo della terra. Oggi una vergine ha
partorito l’Adamo capo del cielo…”. Efrem quasi senza soluzione di continuità
collega i personaggi biblici, specialmente presi dalla Genesi, con l’opera
salvifica di Cristo, di cui essi sono la vera prefigurazione: “Set, preso il
posto di Abele, guardava verso il Figlio ucciso, che mediante la propria
uccisione spuntò la spada introdotta nella creazione… I due fratelli che
coprirono Noè guardavano verso l’unigenito di Dio, che sarebbe venuto a coprire
la nudità di Adamo…”. E nel suo percorso attraverso le figure bibliche, nel suo
mettere in parallelo antica e nuova alleanza, Efrem riporta Mosè ed Elia alla
scena della Trasfigurazione di Cristo: “Mosè ed Elia videro il Figlio. Il mite
ascese dalle profondità, e lo zelota scese dall’alto: videro il Figlio nel
mezzo. Essi furono simbolo della sua venuta. Mosè fu tipo dei morti ed Elia
tipo dei vivi, che voleranno incontro a lui nella sua venuta”. L’inno di Efrem,
quasi in un avanti indietro, dopo Elia ritorna ad Adamo ed Eva e ai primi
capitoli della Genesi, per riproporne una lettura chiaramente cristologica ed
ecclesiologica: Adamo cacciato e riportato nel paradiso; l’arca di Noè tipo
della Chiesa: “Adamo attese lui, poiché è lui il Signore del cherubino, e solo
lui avrebbe potuto farlo entrare e abitare sotto i rami dell’albero della vita…
Anche l’arca degli animali, il suo tipo guardava verso il nostro Signore, che
avrebbe costruito la santa Chiesa nella quale trovano rifugio le anime.”. Efrem
sottolinea come è lo Spirito Santo a illuminare la lunga schiera di figure
bibliche affinché loro guardino verso il Cristo che viene: “È lo Spirito Santo
che in loro, quietamente contemplando per loro, li spingeva a vedere, grazie a
lui, il Salvatore che essi bramavano”.
Dalle strofe 61 alla 81, Efrem
introduce nell’inno il tema della veglia che dovrebbe segnare la vita dei cristiani
in attesa del Salvatore, che è il vero vigilante, che non dorme mai. Efrem
svilupperà delle immagini veramente belle in cui mette in parallelo il fatto
dell’attesa, della veglia, con coloro e Colui che sono i veri vigilanti: Cristo
è il vero vegliante sui cristiani, sulla Chiesa; gli angeli, i pastori, i
monaci, tuti i cristiani sono coloro che nella veglia attendono “il vero
vegliante”: “I vigilanti oggi sono nella gioia, poiché è venuto il Vigilante a
svegliarci. Chi dormirà in questa notte nella quale veglia l’intera creazione?
Adamo introdusse nella creazione il sonno della morte mediante il peccato… è
sceso oggi il Vigilante a svegliarci dal torpore del peccato”. Efrem nell’ultima
serie di strofe presenta tutta una serie di virtù proprie del cristiano, in una
lunga lista introdotta di nuovo dalla parola «oggi»: “Oggi Maria nasconde in
noi i lievito di Abramo. Amiamo anche noi i poveri come lui li amò… Oggi cade
in noi il fermento di Davide, il clemente. Ciascuno sia misericordioso come lui
lo fu verso Saul…”. E quindi lungo le dieci ultime strofe dell’inno, Efrem in questo
«oggi» della nascita del Figlio di Dio incarnato dipinge la vita nuova che ne
sgorga: “Oggi… non ci sia né buio, né ira, né orgoglio… ma rediamo partecipi i
poveri dei propri beni… Oggi è impressa la divinità nell’umanità, affinché
anche l’umanità fosse intagliata nel sigillo dell’a divinità”.
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