Il Verbo
si è fatto carne…
Scrivo alcune riflessioni personali, ancora sul Covit-19
e il dopo pandemia. Lo faccio in questo giorno, 15 aprile, quarto anniversario
della mia ordinazione episcopale, ed anche spinto da quello che ho voluto fosse
il lemma del mio stemma, del mio ministero episcopale: Il Verbo si è fatto carne….
-Nella mia prima lettera sul Covit-19, mi chiedevo
cosa vorrà dire, nel dopo pandemia, il prescindere oppure il dover
ridimensionare nella vita della Chiesa, il mondo on line. Sicuramente non si
tratterà di un prescindere, ma sì di un ridimensionare. Infatti, non metto in
dubbio la validità del mondo on line, di internet e la sua utilità, anzi.
Insistevo, però, sempre nella mia prima lettera, ed insisto ancora, sulla
necessità, vitale sicuramente, per i pastori della Chiesa, di essere di nuovo
mistagoghi per i nostri fedeli. In una situazione di smarrimento che forse ci
sarà, direi che c’è già, bisognerà prendere per mano i fedeli e portargli di
nuovo alla comprensione e soprattutto alla celebrazione dei misteri. Bisognerà
fare di nuovo una mistagogia.
-Dal primo momento della pandemia, mi sto chiedendo cosa
è e cosa porterà la pandemia del Covit-19. Certamente
un qualcosa che mette in ginocchio l'economia europea e mondiale. Qualcosa che
può mettere in ginocchio, e non per la preghiera precisamente, la stessa fede cristiana?
E in che modo? Mettendo in dubbio, mettendo in “forse” la realtà
dell’Incarnazione del Verbo di Dio, mettendo in “quarantena” il ruolo
fondamentale della vita sacramentaria nelle Chiese cristiane. Non si tratta per
le Chiese cristiane di un momento di persecuzione violenta, assolutamente no,
ma forse sì di un soggiogare e di un manipolare le Chiese cristiane a livello
della loro teologia più genuina, che è quella dei sacramenti della salvezza.
-Ripeto che sono delle idee che semplicemente
mi vengono in mente e che scrivo qua, senza molte pretese, e ve le condivido, oppure
idee e magari proposte con la pretesa che questi tempi ci portino ad essere di
nuovo catecheti, mistagoghi. Mi porgo frequentemente a me stesso queste domande
perché già nella mia prima lettera che ho scritto parlando di quando il virus
finirà, mettevo non dico in guardia, ma attiravo l’attenzione sul mondo on
line. Certamente che l’uso delle trasmissioni on line è servito e serve, in
questi mesi, e servirà in altre occasioni eccezionali, a far sentire i fedeli
vicini alle proprie parrocchie, alle proprie diocesi. Le celebrazioni on-line
non dico che hanno sostituito ma certamente sono state una supplenza per la
mancanza di celebrazioni personali in chiesa. E lo sforzo di tanti vescovi e
sacerdoti in questo senso è stato ed è notevolissimo. Dico subito che la
vicinanza ai miei fedeli dell’Esarcato in queste settimane di quarantena, è
stata, oltre alla preghiera e alla comunione nella fede, nella sofferenza, e
nella celebrazione delle ore della liturgia e dei Santi Misteri, è stata ed è
tuttora attraverso le mie lettere che mando loro attraverso internet.
-Ma il mondo on-line nella vita della Chiesa in
situazioni normali potrebbe compromettere seriamente, nel più profondo del suo
essere, non soltanto la teologia sacramentaria delle Chiese cristiane, ma
soprattutto la vita sacramentale che in esse si celebra e si vive. In questa
pandemia, il mondo on line è stato ed è una supplenza, ma, lo ripeto, bisognerà
che noi, pastori della Chiesa, diciamo, annunciamo di nuovo, dopo la pandemia, e
al più presto, che il Verbo di Dio si è fatto carne, si è fatto uno di noi, ed
è per questo che noi cristiani celebriamo i sacramenti, e li celebriamo
servendoci di cose, realtà materiali: la parola, il pane, il vino, l’acqua,
l’olio…, su cui il vescovo, il sacerdote, nella celebrazione liturgica, invoca
lo Spirito Santo per la loro e la nostra santificazione. Se
rimanessimo in un mondo on line non soltanto il pane ed il vino non verrebbero
santificati, consacrati, ma neppure noi stessi non lo saremo.
-Allora la mia domanda ed in fondo la mia paura
è, e la lascio ancora come domanda aperta e paura che vorrei allontanare da me:
cioè se il mondo on line non potrebbe, o forse lo è già, diventare un
pericoloso “neo docetismo”, che porterebbe a mettere in dubbio la vera incarnazione
del Verbo di Dio? Penso che i pastori della Chiesa dobbiamo dire una parola
molto chiara su questo, e dirla subito. Per riportare al suo posto centrale,
fondamentale, la vita sacramentale nella Chiesa, annunciare la centralità nella
nostra professione di fede della vera incarnazione del Verbo di Dio. Come
affermava un teologo del XX secolo, “la grande sfida dei nostri tempi non è
annunciare l’esistenza di Dio, ma annunciare che il Verbo di Dio si è fatto
uomo”.
-Qualcuno potrebbe dirmi che queste sono idee,
proposte, letture, fatte da un patrologo che vede le eresie dei primi secoli
anacronicamente presenti nella vita delle Chiese cristiane. Forse… Ma non
dimentichiamo mai che il docetismo è stata la prima eresia cristologica e che
sistematicamente è riapparsa e riappare lungo i secoli.
-Sono semplicemente dei pensieri scritti qua,
da parte di un pastore della Chiesa che si chiede, nella quarantena quaresimale
e Pasquale di quest’anno, cosa accade nel mondo e nella Chiesa in questi tempi,
e cosa può accadere dopo la pandemia.
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