Nel dubbio e nella fede.
La figura
di san Giuseppe in alcune tradizioni orientali cristiane.
La proclamazione da parte di papa
Francesco di un anno dedicato a San Giuseppe ha mosso alcuni amici a chiedermi
di scrivere “qualcosa” sul ruolo e la figura di san Giuseppe nell’Oriente
cristiano; qualcuno poi ha aggiunto la richiesta di qualche accenno sulla
“Sacra Famiglia”, sempre appunto nell’Oriente cristiano, nell’ambito delle
Chiese e soprattutto delle liturgie orientali. Dico subito che sono due aspetti
-san Giuseppe e la Sacra Famiglia-, se si può parlare così, inerenti e
inscindibili del misero unico e centrale della nostra fede: la vera
incarnazione del Verbo eterno di Dio dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria.
Quindi in queste pagine cercheremo di contemplare la divino-umanità di Cristo,
nel suo nascere nella carne, nel suo crescere all’interno di una famiglia
umana, ed in essa ci soffermeremo nel ruolo di Giuseppe e della Vergine Maria. Faccio
una premessa necessaria: Sono delle figure, se si vuole anche degli aspetti
fondamentali della nostra fede cristiana che dobbiamo evitare di “tematizzarli”,
e invece dobbiamo celebrarli e viverli nell’insieme di quello che è il centro
della nostra professione di fede, appunto l’incarnazione del Verbo eterno di
Dio.
La mia riflessione si orienta a
partire da due punti che ritengo fondamentali: i testi liturgici,
specialmente quelli della tradizione bizantina e siriaca occidentale, e l’iconografia.
I testi liturgici, per mettere in luce a livello teologico e liturgico la
figura di san Giuseppe. L’iconografia, anche per le stesse ragioni teologica e
liturgica, e poi per rispondere alla domanda fatta spesso nei nostri giorni,
cioè se in Oriente ci sono delle icone che rappresentino san Giuseppe, oppure
l’insieme della famiglia di Gesù a Nazaret. La risposta a queste domande la
danno, spero, queste pagine che presento, senza pretese di essere esaustivo, ma
a modo di esempi.
Finisco
poi queste pagine con un breve “excursus”, che contiene alcune brevi note
sull’esegesi biblica che propongo di chiamare “per omonimia”, e che troviamo presente
soprattutto nella tradizione siriaca, ma anche in qualche modo in quella
bizantina, specialmente nell’ambito delle feste e dei testi liturgici. Alla
fine del lavoro riporto le immagini fotografiche delle icone brevemente
presentate nel lavoro. E dico subito anche che a livello iconografico in questo
lavoro non pretendo di fare un “catalogo” neppure un “commento iconografico” che
siano fatti per esteso ed esaustivi, bensì dare un piccolo elenco, a modo di
campione, di alcune rappresentazioni iconografiche dove è presente la figura di
san Giuseppe, rimanendo nell’ambito dell’iconografia cristiana del bacino del
Mediterraneo.
1.
Testi liturgici.
Presento in questo primo punto della
mia riflessione la figura di san Giuseppe a partire di qualche campione di testi
liturgici di due tradizioni orientali, quella bizantina e quella siro
occidentale.
Tradizione bizantina.
L’ufficiatura bizantina celebra la
figura di san Giuseppe, lo sposo della Madre di Dio, la domenica precedente il
Natale ed in quella immediatamente dopo. Diversi dei tropari di questi giorni,
e la stessa icona della festa di Natale presentano la figura di Giuseppe sotto
diversi aspetti, ma in modo speciale come uomo della confessione di fede, che è
la fede della Chiesa. Molti dei tropari dei giorni natalizi hanno un carattere
possiamo dire chiaramente “dogmatico”, e diventano delle brevi e poetiche
professioni di fede: “Il Verbo del Padre, a lui coeterno, prende forma di
servo dalla santa Vergine Maria”. Questa professione di fede viene messa
anche in bocca a Giuseppe in alcuni dei tropari. Lui è la figura umile,
discreta, messa in un angolo della scena nell’icona stessa, in atteggiamento
pensieroso, quasi dubbioso di fronte all’accaduto, di fronte ai due grandi
misteri che lo sorpassano: la verginità di Maria e soprattutto la vera
incarnazione del Verbo di Dio. Giuseppe, figura umile e discreta diventa tipo
del cristiano, di ognuno di noi che guidati e ammaestrati dalla Chiesa, di cui
la Madre di Dio è tipo e figura, confessiamo la nostra fede, feriti tante volte
dal dubbio, confermati dalla fiducia di Maria, della Chiesa stessa. In molti
dei tropari Maria diventa verso Giuseppe, e verso ognuno di noi cristiani, la
guida nella fede, quasi la pedagoga che lo prende (ci prende) per mano e lo
(ci) conduce alla fede.
Giuseppe è presentato sempre come un
uomo aperto al mistero di Dio. In tutti i tropari che parlano di lui, il suo
dubbio e soprattutto la sua professione di fede sono in rapporto alla vera
incarnazione del Verbo di Dio: “Celebriamo, o popoli, le festività vigilari
della Natività di Cristo: e sollevando l’intelletto, saliamo con la mente a
Betlemme e con i pensieri dell’anima contempliamo la Vergine che si appresta
a partorire nella grotta il Signore dell’universo e Dio nostro; Giuseppe,
considerando la grandezza delle meraviglie di Dio, pensava di vedere un
semplice uomo in questo bambino avvolto in fasce, ma dai fatti comprendeva che
egli era il vero Dio, colui che elargisce alle anime nostre la grande
misericordia”. Due dei tropari sembrano riportarci alla festa dell’Ingresso
della Madre di Dio nel tempio, riprendendo uno dei titoli che in quella festa
riecheggiano spesso, cioè Maria diventata tempio di Dio: “Inneggiando alla
Vergine che portava in seno il Verbo sempiterno, il giusto Giuseppe esclamava:
Ti vedo divenuta tempio del Signore, perché tu porti colui che viene a salvare
tutti i mortali e a rendere templi divini, nella sua misericordia, coloro che
lo celebrano…. Non affliggerti, Giuseppe, osservando il mio grembo: vedrai
infatti colui che da me nascerà e ti rallegrerai, e come Dio lo adorerai”.
Il dubbio di Giuseppe, che tante volte
è quello dell’umanità intera, viene messo in primo piano dalla sua stesa bocca:
“…Maria, che è questo fatto che io vedo in te? Non so che pensare nel mio
stupore e la mia mente è sbigottita… In luogo di onore, mi hai portato
vergogna; in luogo di letizia, tristezza; in luogo di lode, biasimo… Ti avevo
ricevuta irreprensibile da parte dei sacerdoti, dal tempio del Signore: ed ora
che è ciò che vedo?”. E la risposta al dubbio di Giuseppe viene messa in
bocca di Maria, si può dire messa in bocca della Chiesa: “O Vergine, quando
Giuseppe saliva verso Betlemme ferito dal dolore, tu gli dicevi: Perché,
vedendomi incinta, sei cupo e turbato, ignorando del tutto il tremendo mistero
che mi riguarda? Deponi ormai ogni timore, e considera il prodigio: Dio, nella
sua misericordia, discende sulla terra, nel mio grembo, e qui ha preso carne…”.
In diversi dei tropari ancora scopriamo
in modo molto bello come la risposta di fede di Giuseppe, e anche quella di
ognuno di noi cristiani, poggia sulle profezie veterotestamentarie a cui lui
attinge quasi ne facesse una lettura liturgica: “Di’ a noi Giuseppe, come conduci incinta a Betlemme la
Vergine che hai presa dal santo dei santi? Ci risponde: Io ho esaminato i
profeti, e, ricevuto il responso da un angelo, sono persuaso che, in modo
inesplicabile, Maria genererà Dio: per adorarlo verranno magi dall’oriente e gli renderanno culto con doni preziosi…”. Questo
attingere alle profezie veterotestamentarie facendone una lettura cristologica
lo ritroveremo anche nei testi liturgici siro occidentali.
Giuseppe, testimone della vera nascita
del Verbo di Dio incarnato, ne diventa annunziatore anche ai profeti che
l’hanno preceduto e di cui hanno profetizzato: “Annuncia, Giuseppe, i
prodigi al padre di Dio Davide: tu hai visto la
Vergine incinta, insieme ai magi hai adorato, con i pastori hai glorificato, da
un angelo hai avuto la rivelazione… Sei divenuto pari in onore a
tutti gli angeli, i profeti e i martiri, o beato, e vero consorte dei sapienti
apostoli: con loro dunque, sempre ti proclamiamo beato e veneriamo, o Giuseppe,
la tua sacra memoria”.
Giuseppe, come vedremo messo in un angolo
dell’icona, nella discrezione è pur sempre un potente intercessore: “La tua memoria invita alla letizia tutti i confini della
terra, e li induce a lodare il Verbo che ti ha glorificato. Tu che stai con
franchezza presso il Cristo, intercedi incessantemente per noi… Tu hai
custodito la pura che custodiva integra la verginità, e dalla quale si è
incarnato il Verbo Dio, conservandola vergine dopo la sua nascita ineffabile:
insieme a lei, o teòforo Giuseppe, ricordati di noi”.
Tradizione siro occidentale.
Per quanto riguarda la tradizione
liturgica siro occidentale, ci soffermiamo in due celebrazioni liturgiche, cioè
la Natività della Madre di Dio il giorno 8 settembre, e la penultima domenica
prima di Natale. Infine, ci soffermeremo nella lettura di alcuni testi di
Sant’Efrem il Siro.
La liturgia siro occidentale nella festa
della Natività della Madre di Dio, e nei suoi testi liturgici, si ispira e
dipende fortemente dalla narrazione del Protovangelo di Giacomo, e in molti dei
testi del vespro e del mattutino, dopo che in essi si parla della nascita di
Maria, quasi senza soluzione di continuità, si collegano col tema del suo
soggiorno nel Tempio, collegando la festa della Natività di Maria l’8 settembre
con quella del suo Ingresso nel Tempio il 21 novembre: "Dopo averla
votata fin dall'infanzia e portata nel tempio, Maria fu accolta nel tempio…".
E quindi collegando la fine del soggiorno di Maria nel tempio e il suo sposalizio
con Giuseppe, la liturgia siro occidentale, fedele ai suoi paradigmi esegetici,
fa una bella lettura cristologica del testo di Isaia 29,11: "Si
verificò la parola del profeta: «Un libro sigillato sarà consegnato ad un uomo
versato nella legge divina, colto e rispettato, al quale si dirà: Leggi questo
libro! Ma lui risponderà: Non posso, è sigillato per il Cristo Signore!». Con
ciò il profeta alludeva al suo misterioso connubio ed al sigillo della sua
verginità che sussiste nell'eternità dei secoli. Già prima che nascesse i
profeti l'avevano benedetta e indicata con simboli e misteri". Ritroviamo
qua anche il tema intravisto nei testi bizantini, cioè Giuseppe l’uomo che sa
leggere le profezie riferite a Cristo.
La seconda celebrazione è la domenica
della “Manifestazione a Giuseppe”, la penultima prima di Natale, chiamata anche
“domenica del sogno”. Essa contempla il mistero del dubbio e della fede
semplice e sincera di Giuseppe lo sposo di Maria. Costui nel suo dubbio di
fronte alla gravidanza di Maria viene messo accanto alle figure di Zaccaria e di
Elisabetta, anche essi meravigliati di fronte alla nascita del Battista. E
quindi i testi della liturgia di questa domenica accostano la narrazione
dell'apparizione dell'angelo a Giuseppe in sogno con quelle delle due domeniche
precedenti: la Visitazione di Maria a Elisabetta e la Nascita del Battista:
"Oggi il Signore se appresta a visitare il servitore. Oggi il Potente
bussa alla porta del suo messaggero; l'anziana porta nel suo grembo la lampada
e va incontro al Sole di giustizia. Il Re entra nella dimora dell'umile, e
Giovanni si prostra e lo saluta umilmente… E Giuseppe fu colto da meraviglia e
di perplessità vedendo la concezione manifesta e allo stesso tempo la
verginità. Ma il mistero gli rimane nascosto ed il dubbio lo assale… Tu, però, Signore,
hai mandato dal cielo il capo delle schiere celesti per illuminare l'angoscia
del giusto". La liturgia di questa domenica presenta quindi Giuseppe
come l'uomo del dubbio, dell’angoscia, e allo stesso tempo l'uomo di fede che
accoglie la parola che il Signore gli fa sentire.
Sant’Efrem
il Siro (+373).
Rimanendo
nell’ambito della tradizione siriaca, accenno a qualche testo di Sant’Efrem il
Siro. Costui nei suoi inni descrive con diverse immagini il ruolo di Giuseppe
nel mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio: "Degna di benedizione è
la madre che l'ha generato…, come pure Giuseppe, per grazia chiamato padre del
Figlio vero -il cui Padre è glorioso-, pastore di tutta la creazione, inviato
al gregge perduto e smarrito". L'accoglienza da parte di Giuseppe sia
della parola dell'angelo, sia della nascita stessa del figlio di Maria, viene
paragonata da Efrem anche a un grembo che accoglie il dono di Dio. Inoltre, è
anche sottolineato il ruolo fondamentale di Giuseppe nella stessa genealogia di
Cristo: "Giuseppe, figlio di Davide, sposò la figlia di Davide, perché
il bimbo non poteva essere registrato con il nome di sua madre. Egli fu così
figlio per Giuseppe, senza seme, come fu figlio per sua madre, senza uomo.
Mediante entrambi si legò alla loro stirpe, affinché venisse registrato tra i
re, figlio di Davide. Senza corpo di Giuseppe egli fu unito al suo nome, e
senza nozze di Maria si levò come figlio suo. Di Davide fu Signore e figlio".
Lo
stesso ruolo di Giuseppe di fronte a Cristo viene presentato da Efrem come una
sorta di professione di fede: "Giuseppe abbracciava il Figlio in quanto
neonato, lo serviva in quanto Dio. Gioiva di lui in quanto buono e aveva
soggezione di lui in quanto giusto. Grande paradosso! "Chi mi ha dato che
tu diventassi figlio mio, o figlio dell'Altissimo? Volevo licenziare tua
madre... Non sapevo che nel suo grembo c'era un gran tesoro, che avrebbe
arricchito in un istante la mia povertà. Il re Davide è sorto dalla mia tribù e
ha cinto il diadema. A un gran abbassamento sono giunto io: invece che re sono
carpentiere. Mi è toccato però un diadema: nelle mie braccia sta il Signore dei
diademi… Mosè portava le tavole di pietra che il suo Signore aveva scritto. E
Giuseppe scortava solennemente la tavola pura, nella quale dimorava il figlio
del Creatore…".
Efrem, infine, nei suoi inni sulla Natività
di Cristo enumera, quasi come in una processione verso la grotta di Betlemme,
tutti coloro che coi loro doni annunciano i misteri della redenzione adoperata
da Cristo stesso. I primi ad accorrere a questa processione sono i pastori;
essi "vennero a portare beni del gregge: latte dolce, carne pura, belle
lodi. Divisero e diedero: a Giuseppe la carne, a Maria il latte, e al Figlio la
lode". Come conclusione, Efrem si trattiene in diverse strofe con la
simbologia dei carpentieri: "Vennero i carpentieri a motivo di Giuseppe
presso il figlio di Giuseppe: ‘Benedetto il tuo Figlio, il capo dei
carpentieri, grazie al quale fu disegnata anche l'arca; grazie al quale fu
eretta la tenda provvisoria, quella temporanea. Rendi grazie a nome della
nostra corporazione, sia tu il nostro vanto. Fabbrica un giogo leggero e dolce
per coloro che lo portano". Cito ancora alcune brevi strofe degli inni
sulla Natività di Cristo, in cui Efrem presentando le figure di Maria e di
Giuseppe, ne fa una lettura cristologica per via di contrasto mettendo in
evidenza Cristo vero Dio e vero uomo: “Lui, aveva dato a Maria il latte,
come Dio; per converso ne succhiò da lei, come uomo. Le sue mani lo tenevano perché
egli aveva attenuato la propria energia. Lo abbracciava sul proprio seno, perché
egli si era fatto piccolo. Ella l’ha tessuto e ne ha rivestito lui, poiché egli
s’era spogliato della sua gloria. Gliel’ha tessuto su misura, poiché egli si
era ridotto da sé. Il mare lo portò, si calmò, si placò. Come, dunque, poterono
portarlo le braccia di Giuseppe?”.
2.
Iconografia.
Quali sono alcune delle testimonianze
iconografiche di questo aspetto della vita terrena di Cristo, cioè Gesù
all’interno della sua famiglia, ed in essa il ruolo e la figura di San Giuseppe?
Seguendo le rappresentazioni iconografiche, ci accorgiamo che della “Sacra
Famiglia” e di “San Giuseppe” come figure “a sé stanti” non abbiamo
rappresentazioni iconografiche vere e proprie, e dobbiamo cercare soprattutto
la figura di Giuseppe come tale nell’iconografia, sempre a partire dai testi
evangelici ed anche dalle celebrazioni lungo l’anno liturgico. E dicendo questo
faccio una premessa, necessaria ad evitare equivoci teologici, cioè che in
Oriente una “icona della Sacra Famiglia” rappresentando Maria e Giuseppe come
una bella coppia di sposi con il loro bambino, quasi fosse, mi si permetta, una
“foto di famiglia”, quest’icona non esiste, e se tale venisse rappresentata, e forse
presentata come un qualcosa “iconograficamente valido”, devo insistere che essa
non si trova nelle tradizioni iconografiche orientali che, non dimentichiamolo
mai, sono soprattutto teologiche ed ecclesiologiche.
Comunque, in Oriente ci sono delle
rappresentazioni iconografiche che ci presentano le figure di Giuseppe e di
Maria assieme al Bambino, ma sono sempre delle icone in rapporto diretto con la
sua incarnazione e la sua nascita, e sempre a partire dalle pericopi evangeliche
proclamate nelle celebrazioni liturgiche delle feste. Faccio un elenco delle
diverse rappresentazioni iconografiche più emblematiche, presentandole in ordine
cronologico e liturgico. Esse sono: il sogno di Giuseppe, la Natività di Cristo
(25 dicembre), la Circoncisione di Cristo (1° gennaio), l’Incontro di Cristo (2
febbraio). Inoltre, troviamo ancora alcune icone della fuga in Egitto e quella
di Gesù in mezzo ai dottori nel Tempio. Come accennato, sono delle icone che
hanno sempre una corrispondenza a livello delle grandi celebrazioni lungo
l’anno liturgico, soprattutto la Natività, la Circoncisione e l’Incontro.
In questa iconografia, di cui do alla
fine del lavoro degli esempi in immagine fotografica, la figura di Giuseppe
appare sempre quasi si volesse presentare in secondo piano, a non oscurare
Colui che dell’icona ne è il centro, il personaggio principale, cioè Cristo
Signore.
Sogno di Giuseppe.
Rappresentazione iconografica del
“sogno di Giuseppe” a partire dal testo di Mt 1, 18-24, cioè Giuseppe
addormentato con la figura dell’angelo che gli porta l’annuncio della
gravidanza verginale di Maria, icona che rimanda, specialmente nelle liturgie
di tradizione siriaca, al testo evangelico della seconda domenica precedente il
Natale. Di questa scena evangelica riporto tre rappresentazioni iconografiche,
in cui appare sempre la figura di Giuseppe dormiente e l’angelo che gli appare
in sogno. La terza icona di questa scena, quella della chiesa di San Salvatore
in Chora a Costantinopoli risalente al XIV secolo, rappresenta il sogno di
Giuseppe nella parte sinistra dell’immagine, e nella parte destra il viaggio di
Giuseppe e Maria verso Betlemme. Notiamo, a partire dalle testimonianze dei
testi apocrifi, la presenza nell’icona nella sua parte superiore di Maria con
la serva che fu testimone dell’Annunciazione; e ancora nella parte destra la
figura del giovane che precede e guida la cavalcatura verso Betlemme,
identificato come Giacomo “fratello del Signore”, immagine che troviamo quasi
identica in qualche icona della fuga in Egitto, personaggio che nei testi
apocrifi viene presentato come figlio di un primo matrimonio di Giuseppe.
Natività di Cristo.
L’icona della Natività di Cristo ci
presenta sempre al centro la figura del bambino neonato fasciato e messo in una
mangiatoia/sepolcro. Accanto, centrale pure essa, la figura di Maria la Madre
di Dio, con lo sguardo verso il bambino. Infine, quasi messo da parte in un
angolo la figura di Giuseppe in un atteggiamento di dubbio di fronte al mistero
che la scena rappresenta. In alcune icone addirittura troviamo di fronte a
Giuseppe la figura di un personaggio goffo identificato col tentatore, che
mette nel cuore di Giuseppe il dubbio sulla vera incarnazione del Verbo di Dio
e sulla vera maternità verginale di Maria. Nei testi liturgici riportati abbiamo
visto questa dimensione cristologica della figura di Giuseppe nell’icona di
Natale, che rappresenta l’uomo sommerso nel dubbio di fronte alla vera incarnazione
del Verbo di Dio. Della Natività di Cristo riportiamo due icone, la prima un
affresco di Rallis Kopsidis nella cattedrale greco cattolica della Santissima
Trinità ad Atene, opera del XX secolo; e la seconda presa da un manoscritto di
un evangeliario siriaco del XIII secolo, nel Tur Abdin in Turchia.
Circoncisione di Cristo.
L’icona della Circoncisione di Cristo ha
come retroterra la pericope evangelica di Lc 2,21, con il bambino neonato
sdraiato su un tavolo/altare, il sacerdote che le esegue la circoncisione e poi
le due figure di Maria e Giuseppe in un angolo guardando la scena. L’icona riportata
alla fine è un’opera contemporanea di G. Dimov fatta a Sofia in Bulgaria,
prendendo come modello un’icona melchita del XIX secolo.
Incontro di Cristo nel Tempio.
La parola “Incontro” traduce il
termine greco Yπαπαντή, che dà
il nome alla festa del 2 febbraio. L’icona rappresenta il testo evangelico di
Lc 2, 22-39. Di questa festa riportiamo due icone, la prima un affresco di
Rallis Kopsidis sempre nella cattedrale greco cattolica della Santissima
Trinità ad Atene, opera del XX secolo; e la seconda presa da un manoscritto di
un evangeliario siriaco del XIII secolo, in Tur Abdin in Turchia. Seguendo
l’ordine dell’icona greca, vediamo l’anziano Simeone che accoglie il bambino
tra le sue braccia, seguito da Maria con le braccia aperte in atteggiamento di
offerta. Poi segue la figura della profetessa Anna con in mano un rotolo aperto
con la scritta: “Τούτο το βρέφος ουρανόν και γην εστερέωσεν” (Questo bambino ha
fissato cielo e terra). Quindi incontriamo a sinistra dell’icona la
figura di Giuseppe presente e guardando la scena.
Fuga in Egitto.
La scena iconografica riprende la
pericope evangelica di Mt 2, 13-23. Presento due icone: quella musiva della
cappella Palatina di Palermo, e un affresco della chiesa rupestre di San Biaggio
a San Vito dei Normanni in provincia di Brindisi, in Italia. In ambedue le
icone troviamo Maria seduta sulla cavalcatura, e Giuseppe che porta sulle
spalle Cristo. Inoltre, la figura del giovane accompagnante identificato come
indicato sopra con Giacomo “fratello del Signore”. Il ruolo di Giuseppe,
diventato in questa icona “cristoforo”, dà una dimensione e una lettura
cristologica ed ecclesiologica sia alla scena evangelica sia all’icona stessa: lui
portando Cristo sulle sue spalle, guida Maria, guida la Chiesa nel suo cammino
tra gli uomini. Propongo di vedere in questa iconografia di san Giuseppe anche una
icona del ruolo del vescovo nella sua Chiesa, come colui che caricando Cristo sulle
sue spalle, caricando il giogo soave del Vangelo, guida i passi della sua
Sposa, della sua Chiesa. Accenno soltanto al fatto simbolicamente significativo
nell’ordinazione episcopale bizantina, dell’evangeliario aperto e messo proprio
sulle spalle dell’ordinando, a significare appunto il giogo evangelico di cui è
caricato.
Gesù dodicenne nel Tempio con i
dottori.
L’icona che presentiamo riprende il
testo evangelico di Lc 2, 41-50. Gesù appare seduto in trono, in cattedra, in
atteggiamento di insegnare. Lui è il maestro che predica, che insegna. Dietro
alla cattedra incontriamo Maria e Giuseppe, un po in disparte, attenti pure
loro all’insegnamento di Cristo. L’icona che riportiamo è di Rallis Kopsidis,
sempre nella cattedrale greco cattolica della Santissima Trinità ad Atene,
eseguita nel XX secolo.
Come ultima icona, ho messo anche un’icona
di san Giuseppe “da solo”, quasi un unicum iconografico, opera di Rallis
Kopsidis, sempre nella cattedrale greco cattolica della Santissima Trinità ad
Atene.
3.
Ex cursus. Esegesi
“per omonimia”.
Come “ex cursus” e conclusione dei due
punti precedenti, accenno ad un fatto interessante che troviamo nelle
tradizioni liturgiche orientali, specialmente in quella siriaca occidentale e in
quella bizantina, cioè loro fanno una lettura dei testi biblici ed una loro esegesi
a partire dell’omonimia, cioè la comunanza/uguaglianza dei nomi. Andiamo oltre
ai parametri esegetici classici: esegesi allegorica / esegesi letterale, ed
entriamo in un ambito che ha la sua origine in area siriaca e poi passa anche
in area bizantina. Infatti, la tradizione bizantina, per esempio, il sabato che
precede immediatamente la Domenica delle Palme celebra la risurrezione di
Lazzaro, e lungo tutta la settimana che la precede accosta e contempla in un
unico mistero le figure di Lazzaro l’amico di Cristo nel Vangelo di Giovanni
(11, 1ss), e Lazzaro il povero della parabola del Vangelo di Luca (16, 19ss).
Di
questa lettura esegetica “per omonimia”, nella tradizione siriaca e
specialmente nei testi di Sant’Efrem il Siro ne abbiamo diversi esempi attorno
alle figure di Maria e di Giuseppe. Ne elenco semplicemente qualche esempio.
Nel
commento al Diatessaron (versione siriaca dei quattro Vangeli scritta in
un’unica narrazione) troviamo questi testi di Efrem:
“Simeone
dice: ‘dalla tua anima si allontanerà la spada’. La spada che impediva
l’ingresso in paradiso a causa di Eva, Maria l’ha tolta via. Forse (Simeone)
dice anche: ‘Tu allontanerai quella spada’, cioè la negazione… Forse dice: ‘Tu
allontanerai quella spada’, o forse di più: ‘Tu anche avrai dei dubbi’, perché
tu: ‘credevi che era il giardiniere’…”.
“Eva
diventa figura di Maria, e Giuseppe dell’altro Giuseppe. Infatti, colui ‘che
chiese (a Pilato) il corpo di Gesù’ si chiamava Giuseppe. Un primo Giuseppe fu
‘un uomo giusto nel fatto che non denunciò Maria’, ed anche l’altro Giuseppe fu
anche giusto nel fatto che ‘non si mescolò ai suoi detrattori’. Per questo
fatto, il Signore, che fu affidato al primo Giuseppe al momento della sua
nascita, concesse all’altro Giuseppe di seppellirlo dopo la sua morte, affinché
il nome di Giuseppe fosse onorato, lui che era stato presente nella grotta alla
sua nascita, e lo era stato al momento di essere messo nel sepolcro”.
Inoltre, in uno degli inni di Efrem
sulla Natività di Cristo troviamo ancora questo versetto:
“Più
eccellente della santità è la verginità. Perché ha generato il Figlio e lo ha
alimentato col suo latte. Si è seduta ai suoi piedi e li ha lavati. Nella croce
era accanto a lui, e lo vide nella risurrezione”.
Senza fare un commento a questi testi,
indico soltanto la loro bellezza e profondità simbolica e teologica. Maria e
Giuseppe “accostati, messi in parallelo” con altri personaggi biblici omonimi
nella contemplazione dell’unico mistero della nostra fede.
4.
Conclusione.
Abbiamo
voluto accostarci quasi a punta di piedi alla figura di san Giuseppe, come icona
presente, discreta, fedele accanto a Maria nella contemplazione e la
celebrazione del mistero dell’incarnazione di Cristo, Verbo di Dio. Alla fine
di queste brevi pagine, oso dire che san Giuseppe ci appare sempre anche come
tipo e modello della Chiesa e di ogni cristiano nel suo essere presente nel
silenzio, forse nel dubbio, sempre nella fede di fronte al mistero, accanto al
mistero, quello della vera incarnazione del Verbo eterno di Dio, nel grembo
verginale di Maria.
Quasi parafrasando Efrem il Siro, oserei dire che i nomi di Maria e di Giuseppe diventano per tutti noi cristiani una presenza fedele e discreta, dei testimoni della divino-umanità di Cristo, dalla sua incarnazione alla sua nascita, fino alla sua morte e risurrezione.
Natività di Cristo. Rallis Kopsidis. Cattedrale greco cattolica della Santissima Trinità. Atene, XX secolo.
Incontro di Cristo nel Tempio. Rallis Kopsidis, cattedrale greco cattolica della Santissima Trinità. Atene, XX secolo.
Gesù nel Tempio tra i dottori. Rallis Kopsidis, cattedrale greco cattolica della Santissima Trinità. Atene, XX secolo.
San Giuseppe, sposo di Maria. Rallis Kopsidis, cattedrale greco cattolica della Santissima Trinità. Atene, XX secolo.
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