Il senso sacramentale del popolo
di Dio.
Da quando sono arrivato ad Atene, spesso il sabato
mattina faccio delle passeggiate in centro città. Mi piace andare alla zona di
Monastiraki, dove la città di Atene diventa paesino nell’intreccio delle
stradine piccole, profumate e colorate che ti ricordano che siamo alle porte
dell’Oriente. Visito i negozi di icone, di parati liturgici, dove ormai conosco
le persone che lì lavorano, e loro mi conosco anche. Pure nei lunghi mesi della
pandemia Covit-19 fino ai nostri giorni, quando i negozi sono o dovrebbero essere
chiusi, faccio le stesse passeggiate ed è bello ed anche divertente vedere le
serrande dei negozi chiuse dal tutto o a metà, magari col cartellino attaccato
alla porta che dice: “ κλειστό/ chiuso”, ma dietro le serrande o le vetrine si
intravedono i commercianti, che stanno lì quasi aspettando che qualcuno si
avvicini a guardare o curiosare, per invitarlo ad entrare quasi di nascosto,
con la speranza di vendere qualcosa, e magari, in questo periodo di pandemia e
di crisi, proponendo la merce a metà prezzo, sempre con la premessa e quasi
l’accordo complice tra venditore e cliente che, nel caso ci fosse un controllo
della polizia, si è lì per un semplice “buongiorno” tra amici.
Già prima della pandemia e durante questi lunghi
mesi di prova, e posso dire dal primo giorno del mio arrivo ad Atene, i
commercianti mi hanno accolto sempre con grande cordialità, gentilezza, quasi
venerazione e sempre col bacio della mano, e questo a prescindere che io sia
cattolico o ortodosso. Come se loro stessero -e sicuramente lo stanno!- al di
sopra delle vecchie divisioni, discussioni ed anche rancori che purtroppo
affiorano ancora tra noi cristiani. E mi sono accorto subito che da parte dei
commercianti non si tratta di un saluto o un bacio della mano possiamo dire “interessato”,
magari in vista che io possa acquistare qualcosa tra i loro prodotti che sono
lì in vendita. Per loro, per quei commercianti, per la stragrande maggioranza
del popolo fedele in Grecia, popolo semplice ed onesto, io sono un vescovo e
come tale deve essere trattato ed anche diciamo venerato. Senza troppe
spiegazioni il popolo capisce che l’episcopato, e tutti i sacramenti, vanno
oltre alle divisioni ecclesiali che hanno ferito e feriscono tante vote i
rapporti cristiani ed umani tra coloro che abbiamo ricevuto lo stesso
battesimo, tra coloro che siamo discepoli dello stesso Signore nostro Gesù
Cristo.
Questo mi ha portato a pensare a quello che potremo
chiamare il “senso sacramentale del popolo di Dio”. Per quei commercianti, per
tanti donne e uomini che incroci per la strada, sei un vescovo, il padre di una
comunità, di una Chiesa cristiana, e per questo la richiesta di preghiera, di
benedizione, il bacio della mano sorge direi spontaneo dal cuore di queste
persone. E ho capito che questa dimensione “sacramentale” dell’accoglienza
fatta da parte del popolo di Dio, senza distinzioni confessionali di nessun
genere e senza nessun tipo di pregiudizi, ma nella comunione dell’essere
cristiani, si deve manifestare da parte del vescovo, nella sua preghiera, nella
benedizione data nel palmo delle mani che aperte il fedele ti offre quasi fosse
una richiesta pressante, ed anche sempre da parte del vescovo nel ricevere ed
accogliere quel bacio filiale sul dorso della mano. Da parte del fedele si
manifesta in quel invitarti ad entrare nella sua casa, nel nostro caso nel suo
negozio, offrirti sempre un bicchiere d’acqua o il caffè, e soprattutto il
sorriso gentile e la parola di benvenuto che in quel contesto diventano, acqua
e parola, la presenza reale dell’amore di Cristo e per Cristo che sgorga dal
cuore del popolo di Dio.
Possiamo dire che nelle stradine ateniesi ti trovi
con le realtà allo stesso tempo divine e umane intrecciate nel vivere
quotidiano, con la normalità della gente semplice e buona, che ha imparato a
guardare la realtà in chiave sacramentale.
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