domenica 14 marzo 2021



Ancora sul viaggio del Papa in Iraq, 3.

Incontro del Papa con i vescovi e sacerdoti. Cattedrale siro cattolica a Bagdad, 6 marzo 2021.

Discorso ai pastori.

Leggo il discorso del papa nell’incontro con i vescovi, sacerdoti religiosi nella cattedrale siro cattolica di Bagdad. Si tratta, direi, di uno dei testi emblematici del pellegrinaggio di papa Francesco tra il Tigri e l’Eufrate. In esso il papa dà quelle che dovrebbero essere le linee guida nell’attività pastorale dei vescovi, dei sacerdoti, dei laici in quelle terre martoriate del prossimo Oriente, e ovunque. Rileggo alcuni dei paragrafi e ne sottolineo alcuni aspetti che mi sembrano importanti.

Il testo intero si trova alla pagina del Vaticano che vi lascio qua sotto. È un testo che deve essere letto per intero e qua ne riposto soltanto alcune parti a modo di campione per far vedere l’importanza di questo discorso.

http://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2021/march/documents/papa-francesco_20210305_iraq-clero.html

Si tratta di un discorso in cui papa Francesco sottolinea quelle che debbono essere le linee guide del rapporto paterno e fraterno dei pastori della Chiesa con il popolo del Signore.

“Come vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti e responsabili laici, tutti voi condividete le gioie e le sofferenze, le speranze e le angosce dei fedeli di Cristo. I bisogni del popolo di Dio e le ardue sfide pastorali che affrontate quotidianamente si sono aggravate in questo tempo di pandemia. Tuttavia, ciò che mai dev’essere bloccato o ridotto è il nostro zelo apostolico, che voi attingete da radici antichissime, dalla presenza ininterrotta della Chiesa in queste terre fin dai primi tempi. Sappiamo quanto sia facile essere contagiati dal virus dello scoraggiamento che a volte sembra diffondersi intorno a noi. Eppure, il Signore ci ha dato un vaccino efficace contro questo brutto virus: è la speranza. La speranza che nasce dalla preghiera perseverante e dalla fedeltà quotidiana al nostro apostolato. Con questo vaccino possiamo andare avanti con energia sempre nuova, per condividere la gioia del Vangelo, come discepoli missionari e segni viventi della presenza del Regno di Dio, Regno di santità, di giustizia e di pace”.

Sottolinea la presenza cristiana in quelle terre già dai primi secoli. E una presenza ininterrotta. Un tesoro attinto da radici antichissime, e qua il papa riprende la frase presa dall’Esortazione Apostolica di Benedetto XVI Ecclesia in Medio Oriente. E un aspetto fondamentale viene messo subito in primo piano: I pastori condividono la gioia, la speranza e le sofferenze del popolo a loro affidato dal Signore. Giustamente il papa sottolineando che lo zelo apostolico nelle terre irachene sgorga da radici antichissime, insiste nella condivisione e si direbbe la compassione nel senso forte della parola, delle gioie e le sofferenze del popolo affidato ai pastori cristiani. Quindi subito il papa mette in guardia contro il lasciarsi andare allo scoraggiamento, visto dal papa con l’immagine quantomai attuale di un “virus” che contagia le persone, sia pastori che fedeli. Parla e sottolinea anche l’importanza della preghiera perseverante e la fedeltà quotidiana. E questo binomio preghiera-fedeltà cristiana quotidiana viene fuori in diversi momenti del discorso. Quello che facciamo come pastori è sempre sostenuto dalla preghiera e la fedeltà a tutto quanto siamo e facciamo.

“Le difficoltà fanno parte dell’esperienza quotidiana dei fedeli iracheni… Vi ringrazio, fratelli Vescovi e Sacerdoti, di essere rimasti vicini al vostro popolo –vicini al vostro popolo –, sostenendolo, sforzandovi di soddisfare i bisogni della gente e aiutando ciascuno a fare la sua parte al servizio del bene comune… Vi incoraggio a perseverare in questo impegno, al fine di garantire che la Comunità cattolica in Iraq, sebbene piccola come un granello di senape (cfr. Mt 13,31-32), continui ad arricchire il cammino del Paese nel suo insieme”.

Il papa ringrazia i pastori per la fedeltà di essere rimasti accanto al popolo, nel popolo sofferente. Un popolo diminuito in numero a causa delle persecuzioni, ma un popolo accanto al quale bisogna rimanere fedeli. Il dramma delle persecuzioni ha portato all’esilio di fedeli e di clero, ma anche ha portato alla “presenza martiriale” in Iraq, tra le macerie, sia di fedeli che di membri del clero. Importanza della presenza cattolica in Iraq, anche se piccola, ma sempre vissuta come granello di senapa che fruttifica in un albero i cui rami sono luogo di accoglienza. E aggiungo qual il ricordo doveroso nei secoli XIX e XX della presenza feconda di comunità religiose come i domenicani, i gesuiti ed anche presenze di benedettini che lavorarono intensamente e con dei frutti tuttora notevoli ed utili nella preservazione e conservazione di tesori letterari cristiani dei primi secoli, e nell’edizione di testi biblici ancora oggi utili e citati negli studi biblici e patristici soprattutto nella tradizione siriaca.

“L’amore di Cristo ci chiede di mettere da parte ogni tipo di egocentrismo e di competizione; ci spinge alla comunione universale e ci chiama a formare una comunità di fratelli e sorelle… Penso all’immagine familiare di un tappeto. Le diverse Chiese presenti in Iraq, ognuna con il suo secolare patrimonio storico, liturgico e spirituale, sono come tanti singoli fili colorati che, intrecciati insieme, compongono un unico, bellissimo tappeto, che non solo attesta la nostra fraternità, ma rimanda anche alla sua fonte. Perché Dio stesso è l’artista che ha ideato questo tappeto, che lo tesse con pazienza e lo rammenda con cura, volendoci sempre tra noi ben intrecciati, come suoi figli e figlie… Ogni sforzo compiuto per costruire ponti tra comunità e istituzioni ecclesiali, parrocchiali e diocesane servirà come gesto profetico della Chiesa in Iraq e come risposta feconda alla preghiera di Gesù affinché tutti siano uno…. A volte possono sorgere incomprensioni e possiamo sperimentare delle tensioni: sono i nodi che ostacolano la tessitura della fraternità. Sono nodi che portiamo dentro di noi; del resto, siamo tutti peccatori. Tuttavia, questi nodi possono essere sciolti dalla Grazia, da un amore più grande; possono essere allentati dal perdono e dal dialogo fraterno, portando pazientemente i pesi gli uni degli altri (cfr. Gal 6,2) e rafforzandosi a vicenda nei momenti di prova e di difficoltà”.

L’amore di Cristo fonte di comunione e di crescita nelle comunità cristiane irachene. Il papa parla della presenza cristiana in Iraq attraverso le diverse Chiese, servendosi dell’immagine di un tappetto, il cui tessitore è Dio stesso, e i cui colori diversi sono le tradizioni storiche, liturgiche e spirituali di ognuna delle Chiese che lo formano. L’immagine del tappetto serve al papa per illustrare sia la bellezza dell’opera in se stessa, sia anche la realtà umana che si cela in essa, fatta anche di difficoltà, contradizioni, sofferenze. I tessitori sanno bene che ogni tanto nei fili diverso che configurano il tappeto appaiono dei nodi che bloccano il processo di costruzione del tessuto nell’armonia. Bella l’immagine dei nodi che bloccano la tessitura del tappeto e della Grazia, dell’amore fraterno e del perdono che li sciolgono.

“Ora vorrei dire una parola speciale ai miei fratelli vescovi. Mi piace pensare al nostro ministero episcopale in termini di vicinanza: il nostro bisogno di rimanere con Dio nella preghiera, accanto ai fedeli affidati alle nostre cure e ai nostri sacerdoti… Che non vi vedano come amministratori o manager, ma come padri, preoccupati perché i figli stiano bene, pronti a offrire loro sostegno e incoraggiamento con cuore aperto. Accompagnateli con la vostra preghiera, col vostro tempo, con la vostra pazienza, apprezzando il loro lavoro e guidando la loro crescita… sarete per i vostri sacerdoti segno visibile di Gesù, il Buon Pastore che conosce le sue pecore e dà la vita per loro (cfr Gv 10,14-15)… Cari sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti, seminaristi che vi preparate al futuro ministero: tutti voi avete sentito la voce del Signore nei vostri cuori e come il giovane Samuele avete risposto: «Eccomi» (1 Sam 3,4). Questa risposta, che vi invito a rinnovare ogni giorno…. Sappiamo che il nostro servizio comporta anche una componente amministrativa, ma questo non significa che dobbiamo passare tutto il nostro tempo in riunioni o dietro una scrivania. È importante uscire in mezzo al nostro gregge e offrire la nostra presenza e il nostro accompagnamento ai fedeli nelle città e nei villaggi…. Quando serviamo il prossimo con dedizione, come voi fate, in spirito di compassione, umiltà, gentilezza, con amore, stiamo realmente servendo Gesù… Non allontanatevi dal santo popolo di Dio, nel quale siete nati. Non dimenticatevi delle vostre mamme e delle vostre nonne, che vi hanno “allattato” nella fede, come direbbe San Paolo (cfr. 2 Tm 1,5). Siate pastori, servitori del popolo e non funzionari di stato, chierici di stato. Sempre nel popolo di Dio, mai staccati come se foste una classe privilegiata. Non rinnegate questa “stirpe” nobile che è il santo popolo di Dio”.

Una parola del papa per i vescovi. Essi debbono essere padri del gregge, fedeli alla preghiera e accanto ai fedeli. Ritroviamo il binomio¨preghiera-presenza accanto al popolo. Accompagnare il gregge con la preghiera, la dedizione gratuita (dare del tempo!) e la pazienza. Rinnovare ogni giorno il nostro sì, il nostro “eccomi” al Signore. Uscire ed offrire. Pastori del e nel popolo di Dio.

“Penso in particolare ai giovani. Ovunque sono portatori di promessa e di speranza, e soprattutto in questo Paese. Qui, infatti, non c’è solo un inestimabile patrimonio archeologico, ma una ricchezza incalcolabile per l’avvenire: sono i giovani! Sono il vostro tesoro e occorre prendersene cura, alimentandone i sogni, accompagnandone il cammino, accrescendone la speranza. Benché giovani, infatti, la loro pazienza è già stata messa duramente alla prova dai conflitti di questi anni. Ma ricordiamoci, loro – insieme agli anziani – sono la punta di diamante del Paese, i frutti più saporiti dell’albero: sta a noi, a noi, coltivarli nel bene e irrigarli di speranza”.

Accenno molto bello e toccante ai giovani. Essi sono l’altro aspetto importante dell’Iraq: archeologia e giovani, immagine contrastante e molto bella. In una terra segnata dalla persecuzione, dalla sofferenza, dalle privazioni, dall’esilio della popolazione indigena e specialmente dai giovani, questo accenno del papa prende tutta la sua forza e la sua attualità.

          Si tratta quindi di uno dei discorsi direi più importanti di tutto il pellegrinaggio del papa. IL vescovo, il sacerdote, il pastore delle Chiese cristiane in Iraq è l’uomo col popolo e nel popolo, l’uomo di preghiera, di ascolto e di pazienza.


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