Ancora sul viaggio del Papa in
Iraq, 3.
Incontro del Papa con i vescovi e
sacerdoti. Cattedrale siro cattolica a Bagdad, 6 marzo 2021.
Discorso ai pastori.
Leggo il discorso del papa nell’incontro con i
vescovi, sacerdoti religiosi nella cattedrale siro cattolica di Bagdad. Si
tratta, direi, di uno dei testi emblematici del pellegrinaggio di papa
Francesco tra il Tigri e l’Eufrate. In esso il papa dà quelle che dovrebbero
essere le linee guida nell’attività pastorale dei vescovi, dei sacerdoti, dei
laici in quelle terre martoriate del prossimo Oriente, e ovunque. Rileggo alcuni
dei paragrafi e ne sottolineo alcuni aspetti che mi sembrano importanti.
Il testo intero
si trova alla pagina del Vaticano che vi lascio qua sotto. È un testo che deve
essere letto per intero e qua ne riposto soltanto alcune parti a modo di campione
per far vedere l’importanza di questo discorso.
Si tratta di un discorso in cui papa Francesco
sottolinea quelle che debbono essere le linee guide del rapporto paterno e
fraterno dei pastori della Chiesa con il popolo del Signore.
“Come vescovi e
sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti e responsabili laici, tutti voi
condividete le gioie e le sofferenze, le speranze e le angosce dei fedeli di
Cristo. I bisogni del popolo di Dio e le ardue sfide pastorali che affrontate
quotidianamente si sono aggravate in questo tempo di pandemia. Tuttavia, ciò
che mai dev’essere bloccato o ridotto è il nostro zelo apostolico, che voi
attingete da radici antichissime, dalla presenza ininterrotta della Chiesa in
queste terre fin dai primi tempi. Sappiamo quanto sia facile essere contagiati
dal virus dello scoraggiamento che a volte sembra diffondersi intorno a noi.
Eppure, il Signore ci ha dato un vaccino efficace contro questo brutto virus: è
la speranza. La speranza che nasce dalla preghiera perseverante e dalla fedeltà
quotidiana al nostro apostolato. Con questo vaccino possiamo andare avanti
con energia sempre nuova, per condividere la gioia del Vangelo, come discepoli
missionari e segni viventi della presenza del Regno di Dio, Regno di santità,
di giustizia e di pace”.
Sottolinea la presenza cristiana in quelle terre già
dai primi secoli. E una presenza ininterrotta. Un tesoro attinto da radici
antichissime, e qua il papa riprende la frase presa dall’Esortazione Apostolica
di Benedetto XVI Ecclesia in Medio Oriente. E un aspetto fondamentale
viene messo subito in primo piano: I pastori condividono la gioia, la speranza
e le sofferenze del popolo a loro affidato dal Signore. Giustamente il papa
sottolineando che lo zelo apostolico nelle terre irachene sgorga da radici
antichissime, insiste nella condivisione e si direbbe la compassione nel senso
forte della parola, delle gioie e le sofferenze del popolo affidato ai pastori
cristiani. Quindi subito il papa mette in guardia contro il lasciarsi andare
allo scoraggiamento, visto dal papa con l’immagine quantomai attuale di un
“virus” che contagia le persone, sia pastori che fedeli. Parla e sottolinea
anche l’importanza della preghiera perseverante e la fedeltà quotidiana. E
questo binomio preghiera-fedeltà cristiana quotidiana viene fuori in diversi
momenti del discorso. Quello che facciamo come pastori è sempre sostenuto dalla
preghiera e la fedeltà a tutto quanto siamo e facciamo.
“Le difficoltà fanno
parte dell’esperienza quotidiana dei fedeli iracheni… Vi ringrazio, fratelli
Vescovi e Sacerdoti, di essere rimasti vicini al vostro popolo –vicini al
vostro popolo –, sostenendolo, sforzandovi di soddisfare i bisogni della gente
e aiutando ciascuno a fare la sua parte al servizio del bene comune… Vi incoraggio
a perseverare in questo impegno, al fine di garantire che la Comunità cattolica
in Iraq, sebbene piccola come un granello di senape (cfr. Mt 13,31-32),
continui ad arricchire il cammino del Paese nel suo insieme”.
Il papa ringrazia i
pastori per la fedeltà di essere rimasti accanto al popolo, nel popolo
sofferente. Un popolo diminuito in numero a causa delle persecuzioni, ma un
popolo accanto al quale bisogna rimanere fedeli. Il dramma delle persecuzioni
ha portato all’esilio di fedeli e di clero, ma anche ha portato alla “presenza
martiriale” in Iraq, tra le macerie, sia di fedeli che di membri del clero. Importanza
della presenza cattolica in Iraq, anche se piccola, ma sempre vissuta come
granello di senapa che fruttifica in un albero i cui rami sono luogo di accoglienza.
E aggiungo qual il ricordo doveroso nei secoli XIX e XX della presenza feconda
di comunità religiose come i domenicani, i gesuiti ed anche presenze di
benedettini che lavorarono intensamente e con dei frutti tuttora notevoli ed
utili nella preservazione e conservazione di tesori letterari cristiani dei
primi secoli, e nell’edizione di testi biblici ancora oggi utili e citati negli
studi biblici e patristici soprattutto nella tradizione siriaca.
“L’amore di Cristo ci
chiede di mettere da parte ogni tipo di egocentrismo e di competizione; ci
spinge alla comunione universale e ci chiama a formare una comunità di fratelli
e sorelle… Penso all’immagine familiare di un tappeto. Le diverse Chiese
presenti in Iraq, ognuna con il suo secolare patrimonio storico, liturgico e
spirituale, sono come tanti singoli fili colorati che, intrecciati insieme,
compongono un unico, bellissimo tappeto, che non solo attesta la nostra
fraternità, ma rimanda anche alla sua fonte. Perché Dio stesso è l’artista
che ha ideato questo tappeto, che lo tesse con pazienza e lo rammenda con
cura, volendoci sempre tra noi ben intrecciati, come suoi figli e figlie… Ogni
sforzo compiuto per costruire ponti tra comunità e istituzioni ecclesiali,
parrocchiali e diocesane servirà come gesto profetico della Chiesa in Iraq e
come risposta feconda alla preghiera di Gesù affinché tutti siano uno…. A volte
possono sorgere incomprensioni e possiamo sperimentare delle tensioni: sono i
nodi che ostacolano la tessitura della fraternità. Sono nodi che portiamo
dentro di noi; del resto, siamo tutti peccatori. Tuttavia, questi nodi possono
essere sciolti dalla Grazia, da un amore più grande; possono essere allentati
dal perdono e dal dialogo fraterno, portando pazientemente i pesi gli uni degli
altri (cfr. Gal 6,2) e rafforzandosi a vicenda nei momenti di prova e di
difficoltà”.
L’amore di Cristo fonte di comunione e di crescita
nelle comunità cristiane irachene. Il papa parla della presenza cristiana in
Iraq attraverso le diverse Chiese, servendosi dell’immagine di un tappetto, il
cui tessitore è Dio stesso, e i cui colori diversi sono le tradizioni storiche,
liturgiche e spirituali di ognuna delle Chiese che lo formano. L’immagine del
tappetto serve al papa per illustrare sia la bellezza dell’opera in se stessa,
sia anche la realtà umana che si cela in essa, fatta anche di difficoltà,
contradizioni, sofferenze. I tessitori sanno bene che ogni tanto nei fili
diverso che configurano il tappeto appaiono dei nodi che bloccano il processo
di costruzione del tessuto nell’armonia. Bella l’immagine dei nodi che bloccano
la tessitura del tappeto e della Grazia, dell’amore fraterno e del perdono che
li sciolgono.
“Ora
vorrei dire una parola speciale ai miei fratelli vescovi. Mi piace
pensare al nostro ministero episcopale in termini di vicinanza: il nostro
bisogno di rimanere con Dio nella preghiera, accanto ai fedeli
affidati alle nostre cure e ai nostri sacerdoti… Che non vi vedano come
amministratori o manager, ma come padri, preoccupati perché i figli
stiano bene, pronti a offrire loro sostegno e incoraggiamento con cuore aperto.
Accompagnateli con la vostra preghiera, col vostro tempo,
con la vostra pazienza, apprezzando il loro lavoro e guidando la loro
crescita… sarete per i vostri sacerdoti segno visibile di Gesù, il Buon Pastore
che conosce le sue pecore e dà la vita per loro (cfr Gv 10,14-15)… Cari
sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti, seminaristi che vi
preparate al futuro ministero: tutti voi avete sentito la voce del Signore
nei vostri cuori e come il giovane Samuele avete risposto: «Eccomi» (1
Sam 3,4). Questa risposta, che vi invito a rinnovare ogni giorno….
Sappiamo che il nostro servizio comporta anche una componente amministrativa,
ma questo non significa che dobbiamo passare tutto il nostro tempo in riunioni
o dietro una scrivania. È importante uscire in mezzo al nostro gregge e offrire
la nostra presenza e il nostro accompagnamento ai fedeli nelle città e nei
villaggi…. Quando serviamo il prossimo con dedizione, come voi fate, in spirito
di compassione, umiltà, gentilezza, con amore, stiamo realmente servendo Gesù… Non
allontanatevi dal santo popolo di Dio, nel quale siete nati. Non dimenticatevi
delle vostre mamme e delle vostre nonne, che vi hanno “allattato” nella fede,
come direbbe San Paolo (cfr. 2 Tm 1,5). Siate pastori, servitori del
popolo e non funzionari di stato, chierici di stato. Sempre nel popolo di
Dio, mai staccati come se foste una classe privilegiata. Non rinnegate
questa “stirpe” nobile che è il santo popolo di Dio”.
Una parola del papa per i vescovi. Essi debbono
essere padri del gregge, fedeli alla preghiera e accanto ai fedeli. Ritroviamo il
binomio¨preghiera-presenza accanto al popolo. Accompagnare il gregge con la
preghiera, la dedizione gratuita (dare del tempo!) e la pazienza. Rinnovare
ogni giorno il nostro sì, il nostro “eccomi” al Signore. Uscire ed offrire.
Pastori del e nel popolo di Dio.
“Penso in particolare
ai giovani. Ovunque sono portatori di promessa e di speranza, e soprattutto in
questo Paese. Qui, infatti, non c’è solo un inestimabile patrimonio
archeologico, ma una ricchezza incalcolabile per l’avvenire: sono i giovani!
Sono il vostro tesoro e occorre prendersene cura, alimentandone i sogni,
accompagnandone il cammino, accrescendone la speranza. Benché giovani, infatti,
la loro pazienza è già stata messa duramente alla prova dai conflitti di questi
anni. Ma ricordiamoci, loro – insieme agli anziani – sono la punta di diamante
del Paese, i frutti più saporiti dell’albero: sta a noi, a noi, coltivarli nel
bene e irrigarli di speranza”.
Accenno molto bello e toccante ai giovani. Essi sono
l’altro aspetto importante dell’Iraq: archeologia e giovani, immagine contrastante
e molto bella. In una terra segnata dalla persecuzione, dalla sofferenza, dalle
privazioni, dall’esilio della popolazione indigena e specialmente dai giovani,
questo accenno del papa prende tutta la sua forza e la sua attualità.
Si tratta quindi di uno dei discorsi
direi più importanti di tutto il pellegrinaggio del papa. IL vescovo, il
sacerdote, il pastore delle Chiese cristiane in Iraq è l’uomo col popolo e nel
popolo, l’uomo di preghiera, di ascolto e di pazienza.
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