Sant’Ambrogio di Milano nella tradizione bizantina.
Supplica Cristo, o santo Ambrogio, di donare alla Chiesa la concordia e la pace.
Santi Ambrogio e Giovanni Crisostomo
Cattedrale della Santissima Trinità
Atene
Voglio
soffermarmi un attimo nei testi della celebrazione del 7 dicembre, memoria di
sant’Ambrogio di Milano, morto l’anno 397. Si tratta di una delle non molto
numerose figure di santi di tradizione latina occidentale che fanno parte del
calendario delle Chiese bizantine; oltre ad Ambrogio, troviamo anche le figure
di Leone Magno, Gregorio il Grande, e Benedetto da Norcia, per citarne soltanto
tre. I testi dell’ufficiatura del vespro della festa del 7 dicembre, con i sei
tropari propri del santo vescovo di Milano, lo inquadrano, e lo celebrano sia
da un punto di vista possiamo dire “biografico” sia anche da un punto di vista “dogmatico”.
I tre primi tropari del vespro fanno riferimento a tre aspetti importanti della
sua vita: il suo ruolo “politico” come consularis Liguriae et Aemiliae
con sede a Milano e quindi la sua elezione episcopale: “Ornando di virtù il
trono del governatorato, opportunamente hai ricevuto, per divina ispirazione, quello
del pontificato. Essendo dunque stato in entrambi fedele economo della grazia,
o Ambrogio, hai ereditato una duplice corona”; poi la sua oserei chiamare “ascesi”
nello studio e nella quasi affrettata preparazione al ministero episcopale a
Milano: “Con continenza, fatiche, molte veglie e intense preghiere, hai
purificato l’anima e il corpo, o uomo di mente divina: divenuto così per il
nostro Dio strumento d’elezione come gli apostoli, hai ricevuto i carismi”;
quindi di nuovo l’aspetto “politico” ma già come vescovo della città di Milano:
“Come un tempo fece Natan con Davide, con franchezza rimproverasti il pio
re, una volta che era caduto in peccato, o Ambrogio beatissimo; lo sottoponesti
pubblicamente alla scomunica, e dopo averlo corretto con la penitenza in modo
degno di Dio, lo hai riunito al tuo gregge”, e troviamo qua un chiaro
riferimento alla penitenza inflitta da Ambrogio all’imperatore Teodosio nel 390.
Altri
tre tropari del vespro hanno un carattere più chiaramente dogmatico nel
contesto della lotta antiariana degli anni dopo il concilio di Nicea del 325.
In primo luogo Ambrogio è celebrato con l’immagine della lira e della cetra, in
chiaro riferimento al suo ruolo come teologo poeta, i cui canti, i cui inni salmodiano
certamente con un linguaggio allo stesso tempo poetico e profondamente
teologico la professione di fede ortodossa; come accennavo siamo ancora in
piena controversia antiariana: “Padre santo, Ambrogio sacratissimo, lira che
canta per tutti noi la melodia salvifica delle dottrine ortodosse, lira che
affascina le anime dei fedeli; cetra sonora del divino Paraclito; grande
strumento di Dio; tromba della Chiesa degna di lode; limpidissima fonte di
carismi… supplica Cristo, implora Cristo, o santo, di donare alla Chiesa la
concordia, la pace e la grande misericordia”. Giusto ricordare qua come
molti degli inni della liturgia romana hanno il nome di Ambrogio come
attribuzione di autore, e san Benedetto nella sua Regola fa riferimento agli inni
col termine “ambrosianus”. Notiamo come per questo tropario il suono
della lira è “…lira che canta per tutti noi la melodia salvifica delle
dottrine ortodosse, lira che affascina le anime dei fedeli”, mettendo
insieme la bellezza e la professione di fede ortodossa. Il secondo di questo
gruppo di tropari collega Ambrogio, sempre dal punto di vista dottrinale, col concilio
di Nicea del 325, nel contesto della professione di fede ambrosiana fedele al primo
concilio ecumenico contro l’eresia ariana: “Padre santo, Ambrogio
beatissimo, apparso tra i padri teòfori del sinodo, tu proclami con chiarezza
un unico Figlio in due nature, fatto carne, che si è manifestato a noi
dall’ignara di nozze, e che è consustanziale al Padre, al Padre coeterno e a
lui naturalmente unito; hai così represso con la potenza dello Spirito la
blasfema loquacità di Ario. Implora Cristo, o santo, di donare alla Chiesa la
concordia, la pace e la grande misericordia”. Questo tropario in qualche
modo collega i concili da Nicea 325 a Calcedonia 451, riprendendo il tema centrale
del primo con la consustanzialità tra il Padre ed il Figlio, fino a quasi proclamare
ante litteram la professione di fede calcedoniana con la doppia natura del
Verbo di Dio incarnato: “…un unico Figlio in due nature, fatto carne, che si
è manifestato a noi dall’ignara di nozze, e che è consustanziale al Padre, al
Padre coeterno e a lui naturalmente unito…”. Interessante anche il titolo di
“ignara di nozze” dato a Maria. Infine nel terzo tropario di questo
gruppo, troviamo presentata la figura di Ambrogio come uomo pieno dello Spirito
Santo, difensore della fede, intercessore e guaritore delle anime e dei corpi,
in qualche modo con delle immagini proprie di Ambrogio come vescovo della sua Chiesa:
“Padre santo, ammirabile Ambrogio, trovata, come desiderava, la tua anima
pura, la grazia dello Spirito santissimo ha preso in te dimora, come luce senza
tramonto; per la sua energia tu scacci continuamente gli spiriti dell’errore e
curi le sofferenze e le malattie di quanti a te si accostano con semplicità di
cuore e celebrano la tua memoria luminosa. Supplica Cristo, implora Cristo, o
santo, di donare alla Chiesa la concordia, la pace e la grande misericordia”.
L’icona
qua riprodotta si trova nell’abside della cattedrale della Santissima Trinità
ad Atene, assieme ad altri grandi Padri della Chiesa da Oriente ad Occidente:
Basilio, Giovanni Crisostomo, Ambrogio e Gregorio Magno.
+P.
Manuel Nin
Esarca
Apostolico
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