venerdì 30 settembre 2022


 "Colei che è più ampia dei cieli...

R. Kopsidis

Cattedrale, Esarcato greco-cattolico, Atene

 

A proposito di alcuni tropari dell’ufficiatura bizantina

Sei divenuta più ampia dei cieli… tu che hai portato il tuo Creatore.

          La tradizione bizantina dà ai diversi tropari con cui canta la lode divina e con cui professa la sua fede, diversi nomi che ne indicano l’indirizzo, il contenuto e delle volte anche il luogo che essi occupano nello sviluppo delle diverse ore dell’ufficiatura delle ore. Alcuni di questi tropari, ad esempio, vengono chiamati nella forma al plurale “Doxastikà”, cioè tropari che vanno preceduti dalla formula dossologica: “Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo…”; altri dei tropari vengono chiamati “Theotokìa”, cioè tropari che hanno come centro la figura della Madre di Dio, e in essi, come d’altronde in tanti altri testi della tradizione liturgica bizantina, troviamo una vera e propria professione di fede nell’Incarnazione del Verbo di Dio dallo Spirito Santo e dalla vergine Maria.

          Voglio proporre la lettura di alcuni di questi tropari “Theotokìa”, presi dal primo tono dell’Octoechos, cioè dal ciclo degli otto toni musicali corrispondenti anche a otto settimane di testi liturgici che si ripetono in modo ciclico dal primo fino all’ottavo. Prendo i tropari del primo tono, che nei testi liturgici sono attribuiti a san Giovanni Damasceno (+749), uno dei grandi innografi e poeti-teologi della tradizione bizantina.

          In primo luogo, bisogna sottolineare che sono dei testi che hanno un retroterra fortemente biblico, cioè sono testi teologici, delle formule di preghiera frutto di una lectio divina della Sacra Scrittura, seguendo le grandi linee esegetiche che troviamo dai primi secoli della Chiesa nei testi dei Padri. Soprattutto vediamo questa esegesi per esempio nei diversi titoli dati alla Madre di Dio: Gioisci, fonte della grazia; gioisci, scala e porta del cielo (Gen 28,12.17); gioisci, urna e candelabro d’oro (Es 16,33), montagna non tagliata (Dn 2,45), che hai generato al mondo Cristo, il datore di vita”. Sono dei titoli veterotestamentari applicati, faccendone una lettura allegorica, a Maria nel suo ruolo centrale nel mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio.

        In alcuni tropari troviamo anche delle immagini che sono volutamente contrastanti: Maria, da una parte nata nel genere umano e, dall’altra, nel suo accogliere l’annuncio dell’angelo divenuta madre di Colui che è il Signore ed il Sovrano degli uomini: Cantiamo la Vergine Maria, gloria del mondo intero, nata dagli uomini e Madre del Sovrano, porta del cielo (Gen 28,14), canto degli incorporei, decoro dei fedeli: essa è divenuta cielo e tempio della Divinità. Abbattuta la barriera dell’i­nimicizia (Ef 2,14), ha introdotto in suo luogo la pace, e ha aperto il regno. Possedendo dunque quest’àncora della fede (Eb 6,19), ab­biamo quale difensore il Signore nato da lei..”. I tropari, in forma poetica, ci presentano delle immagini molto belle anche a livello teologico: “nata dagli uomini, …cielo e tempio della Divinità…”.

          Il mistero del parto verginale di Maria, che i testi liturgici sempre collegano in modo profetico ai testi di Isaia, fa di lei, in quanto Madre di Dio, anche interceditrice del genere umano: “Ecco compiuta la profetica parola di Isaia: vergine infatti hai generato (Is 7,14), e dopo il parto sei rimasta come prima. Perché era Dio il generato, e perciò le nature ha rinnovato. Non disprezzare dunque, o Madre di Dio, le suppliche dei servi tuoi, offerte a te nel tuo santuario: poiché porti tra le braccia il pietoso, abbi pietà dei tuoi servitori. Intercedi per la salvezza delle anime nostre”. La divino-umanità del mistero dell’Incarnazione viene presentato con immagini molto toccanti: “…poiché porti tra le braccia il pietoso”.

          Uno dei titoli allo stesso tempo cristologico e mariologico che troviamo nei tropari liturgici ed anche tante volte rappresentato nell’iconografia orientale, è quello di “…più ampia dei cieli”. L’incarnazione nel suo grembo di Colui che è il Creatore, fa di Maria veramente un cielo nuovo in cui racchiude, porta Colui che è il Signore del cielo e della terra: “Gabriele ti recò il saluto ‘Gioisci’, o Vergine (Lc 1,28), e a quella voce il Sovrano dell’universo si incarnò in te, arca santa… (Sal 131,8). Sei divenuta più ampia dei cieli, perché hai portato il tuo Creatore. Gloria a colui che ha dimorato in te, gloria a colui che è uscito da te, gloria a colui che per il tuo parto ci ha liberati”. L’ultima parte del tropario, con tre forme verbali, mette in luce tutto il mistero della nostra redenzione: “…ha dimorato in te, …è uscito da te, …per il tuo parto ci ha liberati”.

       Uno dei tropari canta: “Ti riconosciamo quale albero della vita, o Vergine (Gen 2,9; Ap 2,7): da te non è germinato un frutto che, gustato, è letale ai mortali, ma gaudio di eterna vita, per la salvezza di noi che ti can­tiamo”. Troviamo in questo testo l’immagine dell’albero della vita da cui è germinato il frutto della vita, applicato a Maria. Nella festa dell’Esaltazione della Santa Croce il 14 settembre, trovavamo l’immagine dell’albero della vita applicato alla santa Croce, come albero da cui pendeva pure il frutto della vita. Il tropario sopra citato applica la stessa immagine a Maria in quanto, per mezzo dell’Incarnazione, il Cristo, è il frutto che porta la salvezza e la vita. È interessante e bello notare come il testo del libro della Genesi 2,9, la stessa tradizione bizantina lo applica a due aspetti, a due momenti centrali della nostra fede e della nostra redenzione: il mistero dell’Incarnazione del Verbo nel grembo di Maria, ed il mistero della redenzione nella croce del Signore. Il legame col libro della Genesi lo troviamo ancora in un altro dei tropari: “Si rallegrano in te, Vergine immacolata, i progenitori della nostra stirpe, perché per te riacqui­stano l’Eden che per la trasgressione avevano perduto (Gen 3,23)…”.

       Tropari “Theotokia”, della Madre di Dio, tropari che nella liturgia, nella celebrazione ecclesiale diventano professione della nostra fede: “Cantiamo colei che per la folgore divina, senza seme e oltre la natura, ha partorito la perla preziosissima, il Cristo (Mt 13,46), e diciamo: Benedite, opere tutte, il Signore, celebratelo e sovresaltatelo per tutti i secoli (Dn 3,57)”.

+P. Manuel Nin

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