R. Kopsidis
Cattedrale, Esarcato greco-cattolico, Atene
A
proposito di alcuni tropari dell’ufficiatura bizantina
Sei divenuta più
ampia dei cieli… tu che hai portato il tuo Creatore.
La tradizione bizantina dà ai diversi
tropari con cui canta la lode divina e con cui professa la sua fede, diversi
nomi che ne indicano l’indirizzo, il contenuto e delle volte anche il luogo che
essi occupano nello sviluppo delle diverse ore dell’ufficiatura delle ore. Alcuni
di questi tropari, ad esempio, vengono chiamati nella forma al plurale “Doxastikà”,
cioè tropari che vanno preceduti dalla formula dossologica: “Gloria al
Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo…”; altri dei tropari vengono
chiamati “Theotokìa”, cioè tropari che hanno come centro la figura della
Madre di Dio, e in essi, come d’altronde in tanti altri testi della tradizione
liturgica bizantina, troviamo una vera e propria professione di fede nell’Incarnazione
del Verbo di Dio dallo Spirito Santo e dalla vergine Maria.
Voglio proporre la lettura di alcuni
di questi tropari “Theotokìa”, presi dal primo tono dell’Octoechos, cioè
dal ciclo degli otto toni musicali corrispondenti anche a otto settimane di
testi liturgici che si ripetono in modo ciclico dal primo fino all’ottavo. Prendo
i tropari del primo tono, che nei testi liturgici sono attribuiti a san
Giovanni Damasceno (+749), uno dei grandi innografi e poeti-teologi della
tradizione bizantina.
In primo luogo, bisogna sottolineare
che sono dei testi che hanno un retroterra fortemente biblico, cioè sono testi
teologici, delle formule di preghiera frutto di una lectio divina della
Sacra Scrittura, seguendo le grandi linee esegetiche che troviamo dai primi
secoli della Chiesa nei testi dei Padri. Soprattutto vediamo questa esegesi per
esempio nei diversi titoli dati alla Madre di Dio: “Gioisci,
fonte della grazia; gioisci, scala e porta del cielo (Gen 28,12.17); gioisci,
urna e candelabro d’oro (Es 16,33), montagna non tagliata (Dn 2,45), che hai
generato al mondo Cristo, il datore di vita”. Sono dei titoli
veterotestamentari applicati, faccendone una lettura allegorica, a Maria nel
suo ruolo centrale nel mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio.
In alcuni tropari troviamo anche delle
immagini che sono volutamente contrastanti: Maria, da una parte nata nel genere
umano e, dall’altra, nel suo accogliere l’annuncio dell’angelo divenuta madre
di Colui che è il Signore ed il Sovrano degli uomini: Cantiamo la Vergine Maria, gloria
del mondo intero, nata dagli uomini e Madre del Sovrano, porta del cielo (Gen 28,14), canto
degli incorporei, decoro dei fedeli: essa è divenuta cielo e tempio della
Divinità. Abbattuta la barriera dell’inimicizia (Ef 2,14), ha
introdotto in suo luogo la pace, e ha aperto il regno. Possedendo dunque
quest’àncora della fede (Eb 6,19), abbiamo quale difensore il Signore
nato da lei..”. I tropari, in forma poetica, ci presentano delle immagini
molto belle anche a livello teologico: “nata dagli uomini, …cielo e tempio
della Divinità…”.
Il mistero del parto verginale di
Maria, che i testi liturgici sempre collegano in modo profetico ai testi di Isaia,
fa di lei, in quanto Madre di Dio, anche interceditrice del genere umano: “Ecco compiuta la profetica
parola di Isaia: vergine infatti hai generato (Is 7,14), e dopo il parto sei rimasta come prima. Perché
era Dio il generato, e perciò le nature ha rinnovato. Non disprezzare dunque, o
Madre di Dio, le suppliche dei servi tuoi, offerte a te nel tuo santuario: poiché
porti tra le braccia il pietoso, abbi pietà dei tuoi servitori. Intercedi per
la salvezza delle anime nostre”. La divino-umanità del mistero dell’Incarnazione
viene presentato con immagini molto toccanti: “…poiché porti tra le braccia
il pietoso”.
Uno dei titoli allo stesso tempo
cristologico e mariologico che troviamo nei tropari liturgici ed anche tante
volte rappresentato nell’iconografia orientale, è quello di “…più ampia dei
cieli”. L’incarnazione nel suo grembo di Colui che è il Creatore, fa di
Maria veramente un cielo nuovo in cui racchiude, porta Colui che è il Signore
del cielo e della terra: “Gabriele ti recò il saluto ‘Gioisci’, o Vergine (Lc 1,28), e
a quella voce il Sovrano dell’universo si incarnò in te, arca santa… (Sal
131,8). Sei divenuta più ampia dei cieli, perché hai portato il tuo
Creatore. Gloria a colui che ha dimorato in te, gloria a colui che è uscito da
te, gloria a colui che per il tuo parto ci ha liberati”. L’ultima parte del
tropario, con tre forme verbali, mette in luce tutto il mistero della nostra
redenzione: “…ha dimorato in te, …è uscito da te, …per il tuo parto ci ha
liberati”.
Uno dei tropari canta: “Ti riconosciamo quale albero della vita, o Vergine (Gen 2,9; Ap 2,7): da te non
è germinato un frutto che, gustato, è letale ai mortali, ma gaudio di eterna
vita, per la salvezza di noi che ti cantiamo”. Troviamo in questo testo l’immagine
dell’albero della vita da cui è germinato il frutto della vita, applicato a
Maria. Nella festa dell’Esaltazione della Santa Croce il 14 settembre, trovavamo
l’immagine dell’albero della vita applicato alla santa Croce, come albero da cui
pendeva pure il frutto della vita. Il tropario sopra citato applica la stessa
immagine a Maria in quanto, per mezzo dell’Incarnazione, il Cristo, è il frutto
che porta la salvezza e la vita. È interessante e bello notare come il testo
del libro della Genesi 2,9, la stessa tradizione bizantina lo applica a due
aspetti, a due momenti centrali della nostra fede e della nostra redenzione: il
mistero dell’Incarnazione del Verbo nel grembo di Maria, ed il mistero della redenzione
nella croce del Signore. Il legame col libro della Genesi lo troviamo ancora in
un altro dei tropari: “Si rallegrano in te, Vergine immacolata, i
progenitori della nostra stirpe, perché per te riacquistano l’Eden che per la
trasgressione avevano perduto (Gen 3,23)…”.
Tropari “Theotokia”, della Madre di Dio, tropari che nella liturgia, nella celebrazione ecclesiale diventano professione della nostra fede: “Cantiamo colei che per la folgore divina, senza seme e oltre la natura, ha partorito la perla preziosissima, il Cristo (Mt 13,46), e diciamo: Benedite, opere tutte, il Signore, celebratelo e sovresaltatelo per tutti i secoli (Dn 3,57)”.
+P.
Manuel Nin
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