Sorgi, Signore… / Ἀνάστα, ὁ Θεός…
Note personali. A partire dal
salmo 3.
Proseguendo nella lettura dei salmi del mattutino nella tradizione
bizantina, vi propongo oggi la lettura del salmo 3, il primo dei sei salmi
fissi di quest’ora dell’ufficiatura.
Da quando sono entrato in monastero tanti anni fa, uno dei salmi a cui
ero e sono tuttora molto legato è il salmo 3. Me lo ricordo che lo trovavo ogni
giorno all’inizio del mattutino, quando i monaci, alle ore sei, ancora nel
buio, iniziavano la preghiera del mattutino, ed alcuni monaci arrivavano o
arrivavamo di corsa perché l’ufficio stava iniziando, ufficio che nella
distribuzione di San Benedetto, dopo l’invocazione iniziale: Signore, apri
le mie labbra e la mia bocca proclamerà la tua lode, ripetuta per tre
volte, esordisce proprio con il salmo 3, che, ricordo, i monaci cantavamo
lentamente e in modo semitonato, quasi monotono, quasi a mezza voce, come se
avessimo paura di svegliare qualcuno, magari Dio stesso: Signore, perché si sono moltiplicati i miei
oppressori? Molti insorgono contro di me… Ma sei tu, Signore, il mio soccorso,
la mia gloria e colui che innalza il mio capo… Con la mia voce ho gridato al
Signore… Io mi sono coricato e addormentato… Sorgi, Signore, salvami, Dio mio…!
Perché tu hai percosso quanti mi avversano invano…. E ad un tratto il tono
musicale del salmo si alzava notevolmente e cantavamo con più forza, come se ci
fossimo svegliati soltanto in quel momento e ci fossimo accorti della vittoria del
Signore sulla notte, sul peccato e sulla morte, cantavamo appunto in tono più
alto l’ultimo versetto del salmo: Del Signore è la salvezza, e sul tuo
popolo la tua benedizione. Il salmo 3 è un salmo, soprattutto nel
versetto finale, che diventa una conferma da parte del Signore di quella che è
la nostra fede, di quello che stavamo e stiamo facendo e vivendo come monaci: Del
Signore è la salvezza, e sul tuo popolo la tua benedizione.
San Benedetto nella sua Regola dà un’importanza centrale ed unica al
Salterio come libro di preghiera, come strumento di preghiera. Le ore di preghiera
per Benedetto non iniziano quasi mai con un inno -inno che c’è ma in un altro
momento dell’ufficio-, ma iniziano con i salmi, sempre, quasi direttamente. E il
mattutino nella Regola benedettina appunto inizia col salmo 3. Importanza del
Salterio che porta san Benedetto nel capitolo XVIII della sua Regola, a dire: “Ci teniamo
però ad avvertire che, se qualcuno non trovasse conveniente tale distribuzione
dei salmi, li disponga pure come meglio crede, purché badi
bene di fare in modo che in tutta la settimana si reciti l'intero salterio di
centocinquanta salmi…, …dato che dei nostri padri si legge che in un sol giorno
adempivano con slancio e fervore quanto è augurabile che noi tiepidi riusciamo
a eseguire in una settimana”.
Salmi come preghiera e salmi come cammino verso la
preghiera, è un aspetto che nella storia, anche recente, è stato discusso e
dibattuto assai. Non entro in questa discussione, perché sono convinto, dopo
quasi cinquant’anni di pregare con e nei salmi, che essi sono insieme preghiere
e cammino di preghiera. Sono, mi si premetta l’immagine, il binario su cui
percorriamo il nostro cammino, ed il binario che ci porta alla meta. E la meta
è Cristo stesso, l’incontro quotidiano e finale con lui.
Signore,
perché si sono moltiplicati i miei oppressori? Così inizia il salmo 3. Un salmo che ci fa iniziare
la nostra preghiera mattutina, all’alba, o ancora nell’ultimo buio della notte.
Un salmo breve, di quelli che si possono imparare a memoria o meglio ancora a
cuore affinché da esso sgorghi poi come preghiera. È un salmo di fiducia, di
ferma fiducia nel Signore, malgrado il nostro primo sguardo e la nostra prima
preghiera, ancora nella notte, qualsiasi sia questa notte, ci faccia esclamare
tante volte: Signore, perché si sono moltiplicati i miei oppressori? Molti
insorgono contro di me. Molti dicono all’anima mia: Non c’è salvezza per lui
nel suo Dio. Lo sguardo del salmista, di ognuno di noi, all’alzarci, lo sguardo
alla nostra vita e al nostro mondo potrebbe essere, e lo è spesso, uno sguardo di
paura, di buio: …perché si sono moltiplicati i miei oppressori? Molti
insorgono…, molti dicono all’anima mia: Non c’è salvezza per lui…. Nella
notte, nel buio, nella paura, nel peccato non c’è salvezza certamente. La salvezza
è in Colui che non dorme, che con noi e prima di noi veglia.
Ma la
voce del salmista, di ognuno di noi, è capace di risveglio, di rinnovo, di
risurrezione, e questo sempre, giorno dopo giorno, e forse per questo la
liturgia delle Chiese cristiane di Oriente e di Occidente ci mette questo salmo
all’inizio di quella nostra preghiera che di notte ha il suo esordio: Ma
sei tu, Signore, il mio soccorso, la mia gloria e colui che innalza il mio
capo. Con la mia voce ho gridato al Signore, e mi ha esaudito dal suo monte
santo. Io mi sono coricato e addormentato: mi sono destato perché il Signore mi
soccorrerà. Non temerò miriadi di popolo che intorno mi assalgono.
Un salmo di fiducia nel Signore che diventa soccorso, gloria e forza che ci fa
alzare dalla notte, dal peccato, dalla prostrazione: colui che innalza il
mio capo. Con il salmista ci sentiamo incoraggiati di buon mattino a
gridare al Signore, con la nostra voce, dal proprio buio, dalla propria notte,
dal proprio sonno: Con la mia voce ho gridato al Signore…, con
voce fiduciosa capace di esprimere la preghiera che sale a Lui, e mi ha
esaudito dal suo monte santo. Il monte, a cui si sale, come luogo di
incontro con il Signore, luogo da cui Lui ascolta ed accoglie: dal Sinai al
Tabor, al Calvario, a luogo da cui ascende in cielo col suo corpo glorioso e
glorificato.
L’atteggiamento
di fiducia del salmista, di ognuno di noi, lo vediamo sottolineato ancora nell’altro
versetto: Io mi sono coricato e addormentato: mi sono destato perché il
Signore mi soccorrerà. Coricarsi, addormentarsi, destarsi, tre verbi
che indicano quasi quello che facciamo in atteggiamento di fiducia nelle mani
del Signore. In altri salmi troveremo questo atteggiamento del salmista che si
mette nelle braccia materne del Signore. Le braccia, il grembo materno dove
siamo accolti.
Poi il
salmista di nuovo, come vedremo in tanti altri salmi (siamo soltanto nel salmo
3), adopera delle forme imperative nella sua preghiera, in quella fiducia e
parresia che percorre tutto il salterio: Sorgi, Signore, salvami, Dio mio!
Nel contesto della preghiera notturna e del mattutino sembra come se il
salmista volesse, volessimo ognuno di noi, svegliare, spingere ad agire il
Signore stesso: sorgi… salvami…. Due verbi che ci riportano al Sabato Santo
quando nella celebrazione del vespro e della Liturgia di San Basilio, prima del
vangelo cantiamo con forza quel versetto del salmo 81,8: Sorgi, o Dio,
giudica la terra (Ἀνάστα, ὁ Θεός, κρίνον τὴν γήν). La fede
e la fiducia del salmista, di ognuno di noi, che chiede al Signore nei due
salmi, 3 e 81, e nei due momenti accennati: all’inizio di ogni alba dei nostri giorni,
e nel grande e santo Sabato prima dell’annuncio della risurrezione, chiede al
Signore, lo spinge con forza direi a sorgere, ad alzarsi, a risorgere: Ἀνάστα, ὁ Θεός, κρίνον τὴν γήν… nel salmo
81, Ἀνάστα, Κύριε, σῶσόν με, ὁ Θεός μου… nel salmo 3. Troviamo espressioni identiche in
ambedue i salmi.
Perché
tu hai percosso quanti mi avversano invano; i denti dei peccatori hai spezzato. La vittoria
del Signore in noi, il salmista la manifesta attraverso delle immagini forti:
il Signore che percuote, che spezza i denti dei peccatori. Il Signore che
spezza e percuote le catene della notte, del male e della morte, come ha fatto
il Sabato Santo quando è sceso nell’Ade. Mi azzarderei a parlare della dimensione
pasquale dei versetti e degli stessi salmi imprecatori!
Nell’ultimo versetto del salmo
troviamo la lettura chiaramente pasquale e salvifica dell’intero salmo: Del
Signore è la salvezza, e sul tuo popolo la tua benedizione. Questo
versetto che nel mio ricordo di gioventù monastica, come accennavo all’inizio,
veniva cantato con un tono alto nella musica, è una professione di fede nella
salvezza che viene dal Signore, colui che è il Salvatore, nella benedizione che
lui elargisce su di noi, sul suo popolo, sulla sua Chiesa ogni giorno nella sua
divina fedeltà verso di noi.
Andando all’ufficio mattutino i monaci, tutti i
cristiani andiamo al sepolcro del Signore e con fede e con vigore vogliamo
quasi forzarlo a venire in nostro aiuto ed ascolto: Ἀνάστα, ὁ Θεός -Sorgi, o
Dio. Lì, però, ci accorgiamo sempre, ogni giorno, come
il Sabato Santo, che c’è sempre Lui ad attenderci.
+P. Manuel Nin
Esarca Apostolico
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