domenica 6 dicembre 2020


Sorgi, Signore… / νστα, Θες…

Note personali. A partire dal salmo 3.

Proseguendo nella lettura dei salmi del mattutino nella tradizione bizantina, vi propongo oggi la lettura del salmo 3, il primo dei sei salmi fissi di quest’ora dell’ufficiatura.

Da quando sono entrato in monastero tanti anni fa, uno dei salmi a cui ero e sono tuttora molto legato è il salmo 3. Me lo ricordo che lo trovavo ogni giorno all’inizio del mattutino, quando i monaci, alle ore sei, ancora nel buio, iniziavano la preghiera del mattutino, ed alcuni monaci arrivavano o arrivavamo di corsa perché l’ufficio stava iniziando, ufficio che nella distribuzione di San Benedetto, dopo l’invocazione iniziale: Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclamerà la tua lode, ripetuta per tre volte, esordisce proprio con il salmo 3, che, ricordo, i monaci cantavamo lentamente e in modo semitonato, quasi monotono, quasi a mezza voce, come se avessimo paura di svegliare qualcuno, magari Dio stesso: Signore, perché si sono moltiplicati i miei oppressori? Molti insorgono contro di me… Ma sei tu, Signore, il mio soccorso, la mia gloria e colui che innalza il mio capo… Con la mia voce ho gridato al Signore… Io mi sono coricato e addormentato… Sorgi, Signore, salvami, Dio mio…! Perché tu hai percosso quanti mi avversano invano…. E ad un tratto il tono musicale del salmo si alzava notevolmente e cantavamo con più forza, come se ci fossimo svegliati soltanto in quel momento e ci fossimo accorti della vittoria del Signore sulla notte, sul peccato e sulla morte, cantavamo appunto in tono più alto l’ultimo versetto del salmo: Del Signore è la salvezza, e sul tuo popolo la tua be­ne­dizione. Il salmo 3 è un salmo, soprattutto nel versetto finale, che diventa una conferma da parte del Signore di quella che è la nostra fede, di quello che stavamo e stiamo facendo e vivendo come monaci: Del Signore è la salvezza, e sul tuo popolo la tua be­ne­dizione.

San Benedetto nella sua Regola dà un’importanza centrale ed unica al Salterio come libro di preghiera, come strumento di preghiera. Le ore di preghiera per Benedetto non iniziano quasi mai con un inno -inno che c’è ma in un altro momento dell’ufficio-, ma iniziano con i salmi, sempre, quasi direttamente. E il mattutino nella Regola benedettina appunto inizia col salmo 3. Importanza del Salterio che porta san Benedetto nel capitolo XVIII della sua Regola, a dire: “Ci teniamo però ad avvertire che, se qualcuno non trovasse conveniente tale distribuzione dei salmi, li disponga pure come meglio crede, purché badi bene di fare in modo che in tutta la settimana si reciti l'intero salterio di centocinquanta salmi…, …dato che dei nostri padri si legge che in un sol giorno adempivano con slancio e fervore quanto è augurabile che noi tiepidi riusciamo a eseguire in una settimana”.

Salmi come preghiera e salmi come cammino verso la preghiera, è un aspetto che nella storia, anche recente, è stato discusso e dibattuto assai. Non entro in questa discussione, perché sono convinto, dopo quasi cinquant’anni di pregare con e nei salmi, che essi sono insieme preghiere e cammino di preghiera. Sono, mi si premetta l’immagine, il binario su cui percorriamo il nostro cammino, ed il binario che ci porta alla meta. E la meta è Cristo stesso, l’incontro quotidiano e finale con lui.

Signore, perché si sono moltiplicati i miei oppressori? Così inizia il salmo 3. Un salmo che ci fa iniziare la nostra preghiera mattutina, all’alba, o ancora nell’ultimo buio della notte. Un salmo breve, di quelli che si possono imparare a memoria o meglio ancora a cuore affinché da esso sgorghi poi come preghiera. È un salmo di fiducia, di ferma fiducia nel Signore, malgrado il nostro primo sguardo e la nostra prima preghiera, ancora nella notte, qualsiasi sia questa notte, ci faccia esclamare tante volte: Signore, perché si sono moltiplicati i miei oppressori? Molti insorgono contro di me. Molti dicono all’anima mia: Non c’è salvezza per lui nel suo Dio. Lo sguardo del salmista, di ognuno di noi, all’alzarci, lo sguardo alla nostra vita e al nostro mondo potrebbe essere, e lo è spesso, uno sguardo di paura, di buio: …perché si sono moltiplicati i miei oppressori? Molti insorgono…, molti dicono all’anima mia: Non c’è salvezza per lui…. Nella notte, nel buio, nella paura, nel peccato non c’è salvezza certamente. La salvezza è in Colui che non dorme, che con noi e prima di noi veglia.

Ma la voce del salmista, di ognuno di noi, è capace di risveglio, di rinnovo, di risurrezione, e questo sempre, giorno dopo giorno, e forse per questo la liturgia delle Chiese cristiane di Oriente e di Occidente ci mette questo salmo all’inizio di quella nostra preghiera che di notte ha il suo esordio: Ma sei tu, Signore, il mio soccorso, la mia gloria e colui che innalza il mio capo. Con la mia voce ho gridato al Signore, e mi ha esaudito dal suo monte santo. Io mi sono coricato e addormentato: mi sono destato perché il Signore mi soccorrerà. Non temerò miriadi di popolo che intorno mi assalgono. Un salmo di fiducia nel Signore che diventa soccorso, gloria e forza che ci fa alzare dalla notte, dal peccato, dalla prostrazione: colui che innalza il mio capo. Con il salmista ci sentiamo incoraggiati di buon mattino a gridare al Signore, con la nostra voce, dal proprio buio, dalla propria notte, dal proprio sonno: Con la mia voce ho gridato al Signore…, con voce fiduciosa capace di esprimere la preghiera che sale a Lui, e mi ha esaudito dal suo monte santo. Il monte, a cui si sale, come luogo di incontro con il Signore, luogo da cui Lui ascolta ed accoglie: dal Sinai al Tabor, al Calvario, a luogo da cui ascende in cielo col suo corpo glorioso e glorificato.

L’atteggiamento di fiducia del salmista, di ognuno di noi, lo vediamo sottolineato ancora nell’altro versetto: Io mi sono coricato e addormentato: mi sono destato perché il Signore mi soccorrerà. Coricarsi, addormentarsi, destarsi, tre verbi che indicano quasi quello che facciamo in atteggiamento di fiducia nelle mani del Signore. In altri salmi troveremo questo atteggiamento del salmista che si mette nelle braccia materne del Signore. Le braccia, il grembo materno dove siamo accolti.

Poi il salmista di nuovo, come vedremo in tanti altri salmi (siamo soltanto nel salmo 3), adopera delle forme imperative nella sua preghiera, in quella fiducia e parresia che percorre tutto il salterio: Sorgi, Signore, salvami, Dio mio! Nel contesto della preghiera notturna e del mattutino sembra come se il salmista volesse, volessimo ognuno di noi, svegliare, spingere ad agire il Signore stesso: sorgi… salvami…. Due verbi che ci riportano al Sabato Santo quando nella celebrazione del vespro e della Liturgia di San Basilio, prima del vangelo cantiamo con forza quel versetto del salmo 81,8: Sorgi, o Dio, giudica la terra (νστα, Θες, κρνον τν γν). La fede e la fiducia del salmista, di ognuno di noi, che chiede al Signore nei due salmi, 3 e 81, e nei due momenti accennati: all’inizio di ogni alba dei nostri giorni, e nel grande e santo Sabato prima dell’annuncio della risurrezione, chiede al Signore, lo spinge con forza direi a sorgere, ad alzarsi, a risorgere: νστα, Θες, κρνον τν γν… nel salmo 81, νστα, Κριε, σσν με, Θες μου… nel salmo 3. Troviamo espressioni identiche in ambedue i salmi.

Perché tu hai percosso quanti mi avversano invano; i denti dei peccatori hai spez­zato. La vittoria del Signore in noi, il salmista la manifesta attraverso delle immagini forti: il Signore che percuote, che spezza i denti dei peccatori. Il Signore che spezza e percuote le catene della notte, del male e della morte, come ha fatto il Sabato Santo quando è sceso nell’Ade. Mi azzarderei a parlare della dimensione pasquale dei versetti e degli stessi salmi imprecatori!

Nell’ultimo versetto del salmo troviamo la lettura chiaramente pasquale e salvifica dell’intero salmo: Del Signore è la salvezza, e sul tuo popolo la tua be­ne­dizione. Questo versetto che nel mio ricordo di gioventù monastica, come accennavo all’inizio, veniva cantato con un tono alto nella musica, è una professione di fede nella salvezza che viene dal Signore, colui che è il Salvatore, nella benedizione che lui elargisce su di noi, sul suo popolo, sulla sua Chiesa ogni giorno nella sua divina fedeltà verso di noi.

 

Andando all’ufficio mattutino i monaci, tutti i cristiani andiamo al sepolcro del Signore e con fede e con vigore vogliamo quasi forzarlo a venire in nostro aiuto ed ascolto: νστα, Θες -Sorgi, o Dio. Lì, però, ci accorgiamo sempre, ogni giorno, come il Sabato Santo, che c’è sempre Lui ad attenderci.

 

+P. Manuel Nin

Esarca Apostolico


 

Nessun commento:

Posta un commento