giovedì 27 febbraio 2020


San Benedetto nella tradizione liturgica bizantina
Conferenza all'Associazione Amici del Monte Athos
Roma 25 febbraio 2020, Seminario Romano


        Introduzione.
Nel 1897 papa Leone XIII affidò all’abate Primate dei monaci Benedettini la cura del Pontificio Collegio Greco di Roma, fondato da papa Gregorio XIII nel 1577. Inoltre, mentre la chiesa del Collegio è dedicata a sant’Atanasio di Alessandria, l’attuale cappella interna del Collegio, con una bella iconostasi in legno fatta a Costantinopoli nel XIX secolo, è dedicata a san Benedetto; lì, ogni mattina, la comunità del Collegio nella celebrazione della Divina Liturgia canta il tropario di san Benedetto, che lo loda come “imitatore di Elia e di Giovanni Battista, come abitatore del deserto, come intercessore presso Dio”.

San Benedetto è un santo conosciuto, stimato e venerato nell’Oriente cristiano, soprattutto quello di ambito bizantino. La sua festa viene celebrata il 14 marzo, una data vicina a quella latina del 21 dello stesso mese, fatto che ci fa pensare ad un’antichità certa del mese di marzo come data obituaria del santo. San Benedetto è conosciuto soprattutto grazie alla traduzione greca dei “Dialoghi” di san Gregorio Magno fatta da papa Zaccaria (+752); Fozio nel IX secolo cita i Dialoghi nella sua biblioteca. Infatti, in ambito greco e slavo il papa biografo è conosciuto come Gregorio “O Dialogos”, il Dialogo. Probabilmente attorno al X secolo c’era una traduzione greca della Regola di san Benedetto; infatti tre brani di essa vengono citati nelle opere di san Atanasio l’Atonita, fondatore -primo testimone- del monachesimo nel Monte Athos. Nel XIX secolo sono state fatte delle traduzioni in arabo, russo, romeno e, nel 1980 una traduzione in greco moderno.

        Questo mio intervento dal titolo “San Benedetto nella tradizione liturgica bizantina”, sarà un po più largo dal titolo stesso, cioè il titolo vero e proprio potrebbe essere “Il monaco / i monaci -e San Benedetto tra di loro- nella tradizione bizantina”. Cercherò di leggere e commentare la struttura, alcuni brani, alcuni tropari delle ufficiature bizantine per alcune feste di monaci. Mi soffermerò soprattutto in due feste: Sant’Antonio il 17 gennaio, e San Saba il 5 dicembre. Con qualche accenno a qualche altra figura. Presento soprattutto queste due figure, e alla fine certamente l’ufficiatura di San Benedetto, perché Antonio e Saba hanno nei testi della loro liturgia degli aspetti o tematiche che poi si ritrovano nei desti di o per San Benedetto.


        Sant’Antonio il Grande e San Saba.
        Ambedue le ufficiature a cui voglio fare riferimento, hanno il cosiddetto “grande vespro” e un’ufficiatura completa anche nel mattutino[1]. Farò quindi una lettura commentata a “campionario” nei testi liturgici delle due feste.

        Sant’Antonio il Grande.
        Inizio dalla festa di Sant’Antonio il Grande, padre del deserto in Egitto nel IV secolo. La celebrazione nel calendario liturgico è il giorno 17 gennaio. Dai testi dell’ufficiatura del 17 gennaio cercherò di farvi una lettura di quello che è, secondo la liturgia, l’immagine del monaco.

        Sant’Antonio il Grande considerato come “padre dei monaci”. Qui faccio la premessa con una considerazione mia che ormai, mi si permetta, è una certezza: Sant’Antonio è considerato come “padre” del monachesimo soprattutto grazie al successo letterario avuto dalla “Vita Antonii” scritta da sant’Atanasio di Alessandria. Alla fine del IV secolo la Vita Antonii è tradotta già al latino ed al siriaco. Diverse biografie di monaci o di figure legate al fenomeno monastico tramandano un viaggio/pellegrinaggio del santo in questione (penso a lo stesso Sant’Efrem il siro), in Egitto, quasi un mettere radici in quella tradizione o in colui che ne è la figura più importante.

        Secondo me la presentazione di una storia del monachesimo nato in Egitto e poi sparso lungo e largo il bacino del Mediterraneo va ridimensionata cosi: il fenomeno ascetico/monastico si dà già nel III secolo in tutto il bacino del Mediterraneo (Messopotamia, Egitto, Terra Santa, Cappadocia…), si sviluppa geograficamente e cronologicamente nei paesi dove il cristianesimo è presente e durante i secoli III e IV, ed infine la Vita Antonii, come testo biografico (Antonio) ma anche come testo teologico (crisi ariana e posizioni nicene sia di Anatasio che dello stesso Antonio) diventa un punto di riferimento insostituibile.

        Qualche campionario dai testi liturgici. Nel vespro della festa, secondo la tradizione bizantina, troviamo i testi fissi, cioè i salmi previsti, e poi i testi propri, cioè i tropari e le letture. Del Salterio se ne parlerà in questa sede, ma accenno soltanto alla presenza, nelle ufficiature bizantine, di:
-   Salmi fissi: 103, 140, 141, 129, 116 al vespro. 3, 37, 62, 87, 102, 142, 50, 148-150 al mattutino.
-   Salmi “mobili”: dal salmo 1 al vespro di sabato al salmo 150 al mattutino di sabato, con la recita di otto salmi al vespro e tra dodici e sedici salmi al mattutino, per arrivare a pregare anche, come San Benedetto indica nella sua regola, un Salterio intero alla settimana.

        Tropari.
Tu che sei stato illuminato dai raggi dello Spirito, quando la divina passione ti ha infiammato e ha dato ali alla tua anima per desiderarla, essa che realmente è l’apice dell’amore, allora non hai fatto alcun conto della carne e del sangue e sei uscito dal mondo, a quella ade­ren­do con grande ascesi ed esichia. Sei stato cosí colmato dei beni superni, come avevi desiderato, e sei divenuto risplen­dente, rischiarando, o Antonio, come una stella, le anime nostre.
        Un primo aspetto, che troveremo in altri testi, è quello del monaco come illuminato dallo Spirito Santo. La pneumatologia nei testi monastici è un punto da approfondire ancora.
        Secondo aspetto è il tema dell’uscita dal mondo verso il deserto. Un tema che soprattutto nella tradizione siriaca troviamo molto spesso, ed anche in quella egiziana, cioè il “farsi straniero” come forma di ascesi, sia letteralmente sia allegoricamente. Cosa intendo dicendo “letteralmente e/o allegoricamente”? Cito il volume, capolavoro, del prof. Manlio Simonetti[2]. Mentre la tradizione monastica siriaca tende ad una lettura più letterale del testo biblico ed anche della stessa esperienza monastica, la tradizione monastica egiziana / alessandrina, tende ad una lettura più allegorica della stessa esperienza monastica: “farsi straniero” in modo letterale, fisico, ed in modo allegorico, all’interiore del cuore del monaco.

…sei divenuto luminare chiarissimo dei monaci, primo ordinatore del deserto, espertissimo e ve­nerabile medico per i malati, e modello archetipo del vivere virtuoso, o padre Antonio.
θείοις διδάγμασι, ταῖς θείαις λαμπρότησι καταστραπτόμενος, τῶν Μοναστῶν διαυγέστατος, φωστὴρ ἐγένου, καὶ τῆς ἐρήμου πρῶτος διάκοσμος, καὶ τῶν νοσούντων ἐμπειρότατος, καὶ σεπτὸς ἰατρὸς καὶ ἀρχέτυπος, χαρακτὴρ ἐναρέτου, ἀγωγῆς Πάτερ Ἀντώνιε
        Titoli dati ad Antonio.

O angelo terrestre, puro nell’anima e nel cuore, uomo celeste, maestro di verginità, rigorosa norma di continenza, o Antonio: unito al tuo Sovrano, e a lui offrendo la dos­sologia perenne, o beato, insieme agli angeli, a tutti i santi e ai martiri, libera sempre da gravi pericoli e cadute quanti celebrano la tua sacra memoria.
καθαρὸς τὴν ψυχὴν καὶ τὴν καρδίαν, Ἄγγελος ἐπίγειος, βροτὸς οὐράνιος, τῆς παρθενίας διδάσκαλος, τῆς ἐγκρατείας, ἠκριβωμένη στάθμη Ἀντώνιε· συνών τῷ Δεσπότῃ σου, καὶ τὴν ἀσίγητον δοξολογίαν μακάριε, σὺν τοῖς Ἀγγέλοις, καὶ τοῖς Ὁσίοις πᾶσι καὶ Μάρτυσι, τούτῳ προσάγων, τοὺς τελοῦντάς σου, τὴν ἱερὰν μνήμην πάντοτε, χαλεπῶν ἐκ κινδύνων, καὶ πταισμάτων ἐλευθέρωσον
        L’immagine dell’angelo terrestre e dell’uomo celeste sarà ripresa dalla tradizione monastica posteriore, sia orientale che occidentale. Questa doppia immagine ci porta al tema dell’incarnazione del Verbo di Dio, che si fa piccolo, che si fa uomo, ed anche alla divinizzazione dell’uomo per la grazia, per l’ascesi. Uomo e angelo nella dinamica dell’incarnazione del Verbo di Dio.
Τὸν ἐπὶ γῆς Ἄγγελον, καὶ ἐν οὐρανοῖς ἄνθρωπον Θεοῦ,
       
        È questo un punto che ritroveremo nelle ufficiature di altri monaci. Cito la festa di San Macario il Grande (IV sec.), nella quale troviamo un tropario che è di nuovo una parafrasi di questo sopra indicato:
Cittadino del deserto, angelo in un corpo e taumaturgo ti sei mostrato, o Macario, padre nostro teoforo. Con digiuno, veglia e preghiera hai ricevuto celesti carismi e guarisci i malati e le anime di quanti a te accorrono con fede…
        Infine, sono dei titoli che si ritrovano anche nell’ufficiatura di San Nilo di Rosano o di Grottaferrata.

Custodita illesa in te l’immagine di Dio e reso l’intelletto signore delle funeste passioni, mediante l’ascesi, hai rag­giunto per quanto possibile la somi­glianza: poiché, facendo coraggiosamente violenza alla natura, ti sei studiato di sot­tomettere ciò che è inferiore a ciò che è superiore, e di as­sog­gettare la carne allo spirito. Sei così divenuto eccelso fra i monaci, colonizzatore del deserto, allenatore di quelli che com­piono bene la corsa, rigorosissimo canone di virtù. E ora nei cieli, venuti meno ormai gli specchi, contempli puramente, o Antonio, la santa Trinità, intercedendo senza veli per quanti ti onorano con fede e amore.
        Il tema di Gen 1,26, la creazione dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio, viene ripresa in questo testo, sottolineando come è l’ascesi, il “lavoro personale del monaco” nella vita monastica, quello che lo riporta alla prima bellezza, quella della creazione[3]. Vita del monaco vista come ricreazione dell’uomo.

        Le letture del vespro sono le stesse della festa di San Saba, di cui parlerò subito. Dico subito che nella tradizione bizantina l’Antico Testamento si legge soltanto al vespro delle grandi feste con letture scelte (tematiche), e sempre al vespro nella Grande Quaresima con letture fatte per intero, di seguito (Genesi e Proverbi). Mentre le letture scelte, tematiche, presuppongono una lettura dell’AT allegorica ed in chiave cristologica, ecclesiologica…[4]; le letture di seguito, libri interi, risponde a una prassi monastica di lectio divina dell’AT. Nella Grande Quaresima, all’ora sesta, troviamo anche la tradizione di leggere di seguito, la Scala Paradisi di San Giovanni Climaco.

        Le tre letture per le due feste dei santi monaci, Antonio e Saba, vengono prese dal libro della Sapienza di Salomone: Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio… di Sap 3,1; i giusti vivono in eterno, di Sap 5,15; il giusto, quand’anche giunga alla morte, sarà nel riposo… di Sap 4,7.

        Il tropario proprio della festa dice così:
Imitando con i tuoi costumi lo zelo di Elia, seguendo il battista su retti sentieri, o padre Antonio, sei divenuto colonizzatore del deserto, e hai rafforzato tutta la terra con le tue preghiere. Intercedi dunque presso il Cristo Dio per la salvezza delle anime nostre.
Τὸν ζηλωτὴν Ἠλίαν τοῖς τρόποις μιμούμενος, τῷ Βαπτιστῇ εὐθείαις ταῖς τρίβοις ἑπόμενος, Πάτερ Ἀντώνιε, τῆς ἐρήμου γέγονας οἰκιστής, καὶ τὴν οἰκουμένην ἐστήριξας εὐχαῖς σου· διὸ πρέσβευε Χριστῷ τῶ Θεῷ, σωθῆναι τὰς ψυχὰς ἡμῶν.

        Sottolineo la presenza di due figure “chiavi” nella tradizione monastica, due figure modello: Elia ed il Battista. Uomini del deserto. Infatti, il tropario definisce Antonio come “colonizzatore del deserto”. Inoltre, Antonio come intercessore. Il tema di Elia, o se volete Elia come modello del monaco lo troviamo di nuovo in uno dei tropari del mattutino:
Salito sul carro che corre al cielo, o uomo prodigioso, hai conquistato con l’ascesi l’acropoli delle virtú, dal deserto, passando alle regioni ultramondane della superna Gerusa­lemme; ricevuta la giusta ricompensa delle lotte causate dalle tue fatiche, esulti insieme alle schiere celesti, o beatis­simo, erede ormai dei beni eterni e cittadino del regno. Intercedi dunque, o Antonio teòforo presso il Salvatore di tutti perché dia pace al mondo e salvi le anime nostre.
        Ruolo dell’ascesi nella salita verso il cielo, verso la visione di Dio. La tradizione monastica siriaca siriaca sottolinea fortemente questa dimensione suprema della salita del monaco verso la visione di Dio[5].



        San Saba il santificato (VI sec.).
        La seconda figura di cui vorrei sottolineare qualche aspetto “monastico” a partire dalla sua ufficiatura, è San Saba[6].

        Nei tropari del vespro sottolineo i titoli dati a Saba:
Saba di mente divina, simile agli angeli, compagno dei santi, consorte dei profeti, coe­rede dei martiri e degli apostoli, ora che abiti la luce senza tramonto, illu­minato dai suoi divini fulgori, stando franco e risplendente presso l’apice di ogni desi­de­rio, lieto per la contem­pla­zione di lui, stabilmente go­den­do della sua bellezza, sup­plica Cristo, implora Cristo, o santo, perché siano donate alla Chiesa la con­cordia, la pace e la grande misericordia.
Σββα θεφρον, τν γγλων σοστσιε, μσκηνε σων, συνμιλε Προφητν, Μαρτρων πστλων συγκληρονμε, φς τ νσπερον, νν κατοικν, ο τας φρυκτωραις, λαμπμενος τας θεαις, τ κροττ τν φετν, παρεστς παρρησίᾳ λελαμπρυσμνος, κα νηδμενος ατο τας θεωραις, κα ντρυφν ατο, τ κλλει νενδτως, Χριστν κτευε, Χριστν δυσπει σιε, δωρηθναι τ κκλησίᾳ μνοιαν, ερνην, κα μγα λεος.

Saba beatissimo, lampada inestinguibile della con­ti­nenza, tersissimo luminare dei monaci, ri­splen­dente per i fulgori della carità, torre inconcussa della pa­zien­za, so­stegno e forza di chi ti onora con fede, te­so­ro di guarigioni, vero colonizzatore del deserto[7], da te reso come giardino di­vino che produce sacri frutti di salvati: supplica Cristo, implora Cristo, o santo, per­ché siano donate alla Chiesa la concordia, la pace e la grande misericordia.
Σββα παμμκαρ, γκρατεας λχνος σβεστος, φωστρ τν Μοναζντων διαυγστατος, γπης φρυκτωραις λελαμπρυσμνος, πργος κλνητος τς πομονς, ρεισμα κα σθνος, τν πστει σε τιμντων, τν αμτων θησαυρς, πολιστς τς ρμου ς ληθς, ς Παρδεισον ατν νθεον δεξας, θεους προσφρουσαν, καρπος τν σζομνων, Χριστν κτευε, Χριστν δυσπει σιε, δωρηθναι τ κκλησίᾳ, μνοιαν, ερνην, κα μγα λεος.

Saba di mente divina, colonna di fuoco delle virtù, torcia (faro) che sorge sul mare del mondo, per guidare i popoli al porto divino; distruttore degli spiriti dell’in­ganno, puro ricettacolo dello Spirito santo, gui­da dei monaci, rigorosa norma di continenza, insigne vetta di umiltà, fonte che fai scaturire oceani di gua­rigioni: supplica Cristo, implora Cristo, o santo, per­ché siano donate alla Chiesa la concordia, la pace e la grande misericordia.
Σββα θεφρον, ρετν στλος πρινος, πυρσς κ θαλσσης, τς κοσμικς τος λαος, λιμνα πρς τν θεον καθοδηγν, πλνης τ πνεματα καταβαλν, Πνεματος γου τ καθαρν δοχεον, ποδηγτης τν Μοναστν, κριβωμνη τε στθμη τς γκρατεας, τς ταπεινσεως, περβλεπτον τ ψος, κρνη βρουσα, ἰάσεων πελγη, Χριστν κτευε, Χριστν δυσπει σιε, δωρηθναι τ κκλησα, μνοιαν, ερνην, κα μγα λεος.

        Ritroveremo ancora il tema della creazione e ricreazione dell’immagine di Dio dalla creazione dell’uomo per mezzo / attraverso l’ascesi: Custodita illesa in te l’immagine di Dio e reso l’intelletto signore delle funeste passioni, mediante l’ascesi, hai rag­giunto per quanto possibile la somi­glianza…

        Per quanto riguarda le letture dell’AT al vespro, sono le stesse della festa di Sant’Antonio, e rimando a quanto detto sopra. Lettura fatta in una chiave possiamo dire “sapienziale” ed ascetica[8].

        Mi soffermo un attimo in un altro dei testi del vespro, uno dei tropari della seconda parte del vespro:
Ti sei mostrato al mondo quale carbone divinamente splen­dente, per essere stato a contatto col fuoco, o Saba, teòforo dello Spirito, facendo risplendere le anime di quan­ti con fede a te si accostano, o uomo di mente divina e gui­dan­­doli alla luce senza tramonto, o santo; irrorando poi dall’al­to gli eremiti con la divina grazia, tu hai spento i car­boni (salmo 119,4). Per questo, sotto gli occhi di tutti, ti ha dato, o padre, la corona della vittoria il Cristo, signore della divina giu­stizia: supplicalo di do­nare alle anime nostre la grande mi­sericordia.
        Sottolineo la contrapposizione dei “carboni”: Ti sei mostrato al mondo quale carbone divinamente splen­dente, per essere stato a contatto col fuoco, o Saba, teòforo dello Spirito… irrorando poi dall’al­to gli eremiti con la divina grazia, tu hai spento i car­boni (salmo 119,4: “frecce acute e carboni di ginepro…).
        Nelle tradizioni liturgiche orientali, specialmente quella bizantina e quella siriaca, il pane consacrato, dopo l’epiclesi, viene chiamato “carbone ardente”; lo Spirito Santo, santificando, consacrando il pane, ne fa carbone ardente e datore di vita. Saba, il monaco, consacrato dallo Spirito Santo, diventa anche lui il carbone ardente… che spegne gli altri carboni delle passioni, citando il testo liturgico il salmo 119.

        Il tropario della festa è il testo seguente:
Con lo scorrere delle tue lacrime, hai reso fertile la sterilità del deserto; e con gemiti dal pro­fondo, hai fatto fruttare al centuplo le tue fatiche, e sei divenuto un astro che risplende su tutta la terra per i prodigi, o santo pa­dre nostro Saba. Intercedi presso il Cristo Dio per la salvezza delle anime nostre.
        Tema delle lacrime e della compunzione.





San Benedetto (V-VI sec)
Torno al titolo del mio intervento: San Benedetto nella tradizione liturgica bizantina.
In queste righe vorrei cercare di rispondere alla domanda su perché san Benedetto è stimato e venerato in Oriente, oppure qual è il collegamento tra un monaco dell’Italia del V-VI secolo e l’Oriente cristiano. Ci sono tre punti che vorrei mettere in luce: l’immagine -il tipo- di monaco che san Gregorio nei Dialoghi e lo stesso san Benedetto nella Regola propone; l’ufficiatura -la preghiera comunitaria- da Benedetto stabilita; quindi le fonti a cui san Benedetto attinge. Presento i tre aspetti in ordine inverso.

Per quanto riguarda le fonti, san Benedetto si collega con tutta una tradizione monastica anteriore a lui. È certamente originale, ma lo è nel senso di una originalità che è quella dei grandi monaci e che consiste nel sapersi collegare direttamente e saper trarre frutto da tutta la tradizione dei Padri. Utilità del collegarsi alla Tradizione dei Padri. Quando Benedetto arriva a Subiaco trova lì un monaco che gli dà l’abito, che lo fa monaco. Nel capitolo LXXIII della Regola ci presenta le sue fonti che, oltre all’Antico ed il Nuovo Testamento, sono Cassiano, le Vite dei Padri e la Regola di san Basilio. Quindi i testi di Cassiano –importanti per conoscere il monachesimo di tradizione egiziana-, ed i testi di Basilio -fondamentali per conoscere il monachesimo dell’Asia Minore. Questo è un fatto importante in Oriente -ed anche in Occidente- cioè il fatto di collegarsi, di essere un anello nella catena di una grande Tradizione, in cui il monaco è discepolo, e concretamente discepolo della Sacra Scrittura e dei Santi Padri.

In secondo luogo, secondo punto che collega san Benedetto alla tradizione orientale bizantina, anche quella attuale, è il fatto dell’ufficiatura da lui proposta. Per primo la recita settimanale del salterio, come troviamo indicato nel capitolo XVIII della Regola; la tradizione bizantina poi introdurrà una doppia recita del salterio durante la Quaresima. Poi le ore di preghiera proposte da Benedetto sono le stesse dell’ufficiatura di tutte le Chiese orientali: un’ufficiatura notturna con le lodi insieme oppure separate, quindi le ore di prima, terza, sesta, nona, vespro e compieta.

Come ultimo punto, possiamo chiederci quale immagine di san Benedetto, del monaco, ci offrono i testi dell’ufficiatura previsti per la festa nella tradizione bizantina. I testi dell’attuale ufficiatura del 14 marzo sono di due autori: Giuseppe l’Innografo, autore del IX secolo, e san Nilo di Rosano, autore del X secolo che ebbe dei rapporti stretti con il monastero di Montecassino. Due autori, quindi, uno costantinopolitano e l’altro quasi cassinese, che si collocano nella tradizione -la grande Tradizione- dei testi monastici di Oriente e di Occidente che sottolineano questi due aspetti nella vita del monaco: quello più personale -il progresso, il cammino nelle virtù-, e quello più ecclesiale: cioè il monaco come padre per gli altri monaci e per gli altri cristiani. E in questa dimensione ecclesiale di Benedetto, del monaco in genere, ricordiamo come uno degli scopi della Vita Antonii è il sottolineare dell’impegno di Antonio nella lotta antiariana e soprattutto la sua solidarietà e soprattutto la sua comunione con Atanasio di Alessandria.

Nel primo aspetto –quello più personale- i testi presentano san Benedetto, il monaco, come l’uomo pieno delle virtù e vittorioso, dopo la lotta, sulle passioni. Questo è un tema comune nella letteratura monastica e la stessa Vita Antonii ce ne dà un buon esempio. Questa vittoria sulle passioni, che è un dono di Dio, porta il monaco a diventare “luce, lampada” per il mondo. I testi di Nilo di Rossano parlano della “vita divina e luminosa di Benedetto” ... “tu ti sei innalzato alla cima delle virtù, e con la luce che viene di esse hai illuminato l’universo”... Più Nilo che Giuseppe l’Innografo, nei suoi tropari segue da vicino i Dialoghi di Gregorio Magno, forse anche per il suo legame, di Nilo, con Montecassino.

Nilo ancora sottolinea diverse volte l’importanza dell’esperienza eremitica di Benedetto però sempre sotto la guida di un padre spirituale; e questo è un tema che troviamo spesso nella tradizione monastica orientale. Nilo, ancora, ci presenta Benedetto ben radicato nella geografia del luogo; uno dei tropari del vespro del 14 marzo lo canta come “luce dei romani, protezione della Campania, baluardo invincibile di Napoli”; Nilo nei suoi testi canta Benedetto e canta pure Montecassino. Ancora i testi sia di Nilo che di Giuseppe lodano in san Benedetto il mistero trinitario di Dio; è la Trinità che opera nel suo servo, sia Cristo attraverso il mistero della sua croce: “con fede e amore sinceri... hai camminato sulle orme di Cristo crocifisso”; “te stesso crocifisso al mondo e alle passioni, hai servito Cristo, lui che stese me nani sulla croce”..., sia lo Spirito Santo: “il vaso fecondo della sua anima (di Benedetto) fu pieno dello Spirito Santo”; “la forza del Paraclito ha piantato in te la sua tenda e... ti ha fatto diventare luce nelle tenebre...”.

Nel secondo aspetto –quello ecclesiale- i testi dell’ufficiatura sottolineano la paternità spirituale di san Benedetto. “Per mezzo dei tuoi miracoli tu ti sei manifestato come pastore ispirato da Dio”... Giuseppe l’Innografo canta: “tu hai radunato una moltitudine di uomini, hai fondato un santo monastero... i cori dei monaci che tu hai radunati ti celebrano notte e giorno, e possiedono il tuo corpo da cui sgorgano abbondanti flutti di miracoli...”. San Nilo ancora è più preciso: “Per Occidente ti sei innalzato come il sole, illuminando con la luce delle tue virtù gli estremi confini dell’universo. Roma si pregia della tua vita, Norcia canta la tua fanciullezza e tutta la Campania grida di gioia. Che l’Italia danzi nella gioia, Montecassino ti lodi e sia pieno di gloria per la tua tomba. Proteggi lui -cioè Montecassino- e noi che ti cantiamo”.

          Riprendo ancora tre dei tropari di Giuseppe l’Innografo nell’ufficiatura di San Benedetto:
Rinnegato il mondo per fede e amore sincero, o padre, dall’infanzia, o santo, hai seguito gioioso il Cristo crocifisso; e poiché con molte lotte avevi mortificato la carne, ricevesti largamente la grazia delle guarigioni, per porre fine a svariate malattie e scacciare gli spiriti del male, rendendoti oggetto di grande stupore.
          Tema della configurazione con Cristo nella sua croce che porta per il monaco -tema comune in Oriente ed in Occidente-.

Divenuto decoro dei monaci, hai raccolto un’immensa folla per celebrare il Signore, o santo padre nostro, e hai guidato lungo il sentiero che porta al cielo tutti coloro che ben seguivano i tuoi divini insegnamenti e imitavano la tua vita virtuosa, o beato, e che ancora hai raccolto insieme, o Benedetto, al momento del tuo trapasso.
          Tema della paternità spirituale e della figliolanza. Maestro-discepoli.

Come Elia un tempo, o padre, dal cielo hai fatto scendere la pioggia con divina intercessione; dal vaso hai fatto sgorgare l’olio, hai risuscitato un morto e mille altri prodigi hai compiuto, a gloria, o santo, del Dio salvatore: noi dunque festeggiamo con amore, o Benedetto, la tua divina memoria.
        Figura modello del profeta Elia.

        Mi soffermo un attimo nel cànone del mattutino dell’ufficiatura di San Benedetto, opera di Giuseppe l’Innografo[9]. Commento soltanto alcune delle strofe, cinque sono per ogni ode.

μνολογεῖν, τὴν ἀξιέπαινον μνήμην σου, προαιρουμένῳ Ὅσιε, χάριν δοθῆναί μοι, Βενέδικτε δυσώπει, καὶ πάντων ἐπταισμένων τὴν ἀπολύτρωσιν.
Volendo fare l’elogio della Tua memoria, venerabile Santo Benedetto, ti prego di intercedere per me affinchè mi sia data la grazia di farlo.
L’innografo stesso chiede la intercessione del Santo. I santi, ed i monaci come intercessori.

Μοναδικῶς, τὸν σὸν ἐκ βρέφους ἀράμενος, σταυρὸν κατηκολούθησας τῷ Παντοκράτορι, καὶ νεκρώσας τὴν σάρκα, ζωῆς κατηξιώθης μακαριώτατε.
Da piccolo tu hai preso la croce, da solo seguendo le orme dell’Onnipotente
          Configurazione con Cristo.

          Benedetto taumaturgo e Benedetto padre di monaci:
Μονάσας θεαρέστως, ἐναρέτως ἐβίωσας, καὶ χάριν ἰαμάτων, ἐκομίσω Βενέδικτε, θαυμάσια τελέσας φοβερά, Μονὴν δὲ συγκροτήσας ἱεράν, προσενήνοχας Κυρίῳ τῶν σῳζομένων πληθὺν παναοίδιμε. Δόξα τῷ σὲ λαμπρύναντι Θεῷ, δόξα τῷ σὲ στεφανώσαντι, δόξα τῷ ἐνεργοῦντι διὰ σοῦ πᾶσιν ἰάματα.
Hai vissuto una vita di virtù, come monaco, in modo piacevole a Dio, ed hai ricevuto il dono delle guarigioni, o Benedetto… Hai fondato un monastero santo e hai condotto verso il Signore una moltitudine di salvati…

          Lungo il cànone troviamo poi riferimenti a miracoli adoperati da San Benedetto, il che dimostra una conoscenza da parte di Giuseppe del libro dei Dialoghi di Gregorio Magno.

          Dono dello Spirito Santo nella vita di Benedetto, nella vita di ogni monaco.




        Conclusione.
        San Benedetto nella tradizione liturgica bizantina.
        Questo era, e rimane, il titolo e lo scopo del mio intervento questa sera. Potrete dirmi che ho parlato più di Sant’Antonio o di San Saba che di San Benedetto.

        Ho cercato di esporvi quello di cui sono convinto già da molti anni: il fenomeno ascetico / monastico e quindi il monachesimo cristiano è un fenomeno comune nelle Chiese cristiane. Un fenomeno che ha una grande Tradizione che unisce Oriente ed Occidente nelle fonti, nello sviluppo teologico, cristologico e spirituale.

        Quindi Benedetto si inserisce in questa grande Tradizione monastica. Lui stesso, ci sono tanti passi nella sua Regola, si vuole figlio di questa tradizione monastica cristiana ed unica. A Subiaco lui riceve l’abito come monaco, non prende l’abito ma lo riceve possiamo dire dalla tradizione. Una tradizione che nasce e si sviluppa in diverse regioni mediterranee che hanno lingue diverse, quasi culture diverse, ma unite tra di loro dal Vangelo di Cristo e dalla comunione ecclesiale.

+P. Manuel Nin
Vescovo titolare di Carcabia
Esarca Apostolico


         [1]Sono due feste che, paragonando col linguaggio liturgico occidentale, sarebbero delle solennità.

         [2] Simonetti, M., Lettera e/o Allegoria. Un contributo alla storia dell'esegesi patristica. Studia Ephemeridis Augustinianum 23, Roma 1985.

         [3]Nella tradizione monastica siriaca il termine “ascesi” è sinonimo di: lavoro, pratica ascetica, sforzo.

         [4]Come esempio cito le letture nelle feste della Madre di Dio, dove troviamo sempre Ez 44: la porta del tempio che guarda ad oriente e chiusa, che soltanto il Signore può varcare.

         [5]In un testo monastico siriaco del V secolo, attribuito a Giovanni il Solitario, troviamo un commento alle Beatitudini del vangelo di Matteo. L’autore commentando Mt 5,3; 5,4… alla fine in questo ordine commenta prima Mt 5,9 e quindi Mt 5,8, cioè lascia alla “cima” del suo commento la Beatitudine della purezza di cuore e la visione di Dio.

         [6] San Saba divenne monaco all’età di otto anni in una piccola località della Cappadocia, in Asia Minore; a diciotto anni raggiunse la Terra Santa e divenne discepolo devotissimo di Sant’Eufemio il Grande. Nell’anno 478 d. C. giunse in questo luogo e qui si stabilì obbedendo all’ordine di un angelo; trascorso poi qualche anno iniziò a formare la sua propria comunità monastica. Quando la prima piccola chiesetta denominata «la Chiesa costruita da Dio» dedicata a San Nicola divenne troppo angusta per la comunità, San Saba eresse la grande chiesa in onore dell’Annunciazione della Madre di Dio, che fu consacrata nel 502 e che attualmente è la maggiore del monastero. A parte la Grande Lavra, San Saba costruì altri numerosi cenobi e lavre. Muore nel 532. Portate in Occidente le sue reliquie dai crociati, nel 1965 Paolo VI le fa ritornare alla sua Lavra.

         [7]Tema del deserto diventato giardino, in riferimento al giardino dell’Eden e alla vita monastica come nuova creazione.

         [8]M. Simonetti, nel suo Lettera e/o Allegoria, propone una divisione netta tra una esegesi letterale ad Antiochia ed una esegesi allegorica ad Alessandria. In linea di massima è vero, ma la tradizione siriaca fa una lettura in chiave anche “ascetica”, cioè legge i testi biblici applicandoli alla realtà della vita monastica. Questo fatto lo troviamo già in alcuni passi dello stesso Efrem il Siro (+373).

         [9]Per cànone del mattutino, intendo la composizione poetica in nove odi, o nove parti, costruita attorno alle nove odi o cantici veterotestamentari i sette primi e neotestamentari gli ultimi due. Nel cànone, oggi la presenza del testo biblico è assai o dal tutto ridotta e rimangono le nove odi poetiche che cantano e lodano la figura del santo che si celebra in quel giorno.


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