San Benedetto nella
tradizione liturgica bizantina
Conferenza all'Associazione Amici del Monte Athos
Roma 25 febbraio 2020,
Seminario Romano
Introduzione.
Nel 1897 papa Leone
XIII affidò all’abate Primate dei monaci Benedettini la cura del Pontificio Collegio
Greco di Roma, fondato da papa Gregorio XIII nel 1577. Inoltre, mentre la
chiesa del Collegio è dedicata a sant’Atanasio di Alessandria, l’attuale
cappella interna del Collegio, con una bella iconostasi in legno fatta a
Costantinopoli nel XIX secolo, è dedicata a san Benedetto; lì, ogni mattina, la
comunità del Collegio nella celebrazione della Divina Liturgia canta il
tropario di san Benedetto, che lo loda come “imitatore di Elia e di Giovanni
Battista, come abitatore del deserto, come intercessore presso Dio”.
San Benedetto è un
santo conosciuto, stimato e venerato nell’Oriente cristiano, soprattutto quello
di ambito bizantino. La sua festa viene celebrata il 14 marzo, una data vicina
a quella latina del 21 dello stesso mese, fatto che ci fa pensare ad un’antichità
certa del mese di marzo come data obituaria del santo. San Benedetto è
conosciuto soprattutto grazie alla traduzione greca dei “Dialoghi” di san
Gregorio Magno fatta da papa Zaccaria (+752); Fozio nel IX secolo cita i
Dialoghi nella sua biblioteca. Infatti, in ambito greco e slavo il papa
biografo è conosciuto come Gregorio “O Dialogos”, il Dialogo. Probabilmente
attorno al X secolo c’era una traduzione greca della Regola di san Benedetto;
infatti tre brani di essa vengono citati nelle opere di san Atanasio l’Atonita,
fondatore -primo testimone- del monachesimo nel Monte Athos. Nel XIX secolo
sono state fatte delle traduzioni in arabo, russo, romeno e, nel 1980 una
traduzione in greco moderno.
Questo mio intervento dal titolo “San
Benedetto nella tradizione liturgica bizantina”, sarà un po più largo
dal titolo stesso, cioè il titolo vero e proprio potrebbe essere “Il
monaco / i monaci -e San Benedetto tra di loro- nella tradizione bizantina”.
Cercherò di leggere e commentare la struttura, alcuni brani, alcuni tropari
delle ufficiature bizantine per alcune feste di monaci. Mi soffermerò
soprattutto in due feste: Sant’Antonio il 17 gennaio, e San Saba il 5 dicembre.
Con qualche accenno a qualche altra figura. Presento soprattutto queste due
figure, e alla fine certamente l’ufficiatura di San Benedetto, perché Antonio e
Saba hanno nei testi della loro liturgia degli aspetti o tematiche che poi si
ritrovano nei desti di o per San Benedetto.
Sant’Antonio il Grande e San Saba.
Ambedue le ufficiature a cui voglio fare
riferimento, hanno il cosiddetto “grande vespro” e un’ufficiatura completa
anche nel mattutino[1].
Farò quindi una lettura commentata a “campionario” nei testi liturgici delle
due feste.
Sant’Antonio il Grande.
Inizio dalla festa di Sant’Antonio il
Grande, padre del deserto in Egitto nel IV secolo. La celebrazione nel
calendario liturgico è il giorno 17 gennaio. Dai testi dell’ufficiatura del 17
gennaio cercherò di farvi una lettura di quello che è, secondo la liturgia,
l’immagine del monaco.
Sant’Antonio il Grande considerato come
“padre dei monaci”. Qui faccio la premessa con una considerazione mia che
ormai, mi si permetta, è una certezza: Sant’Antonio è considerato come “padre”
del monachesimo soprattutto grazie al successo letterario avuto dalla “Vita
Antonii” scritta da sant’Atanasio di Alessandria. Alla fine del IV secolo la
Vita Antonii è tradotta già al latino ed al siriaco. Diverse biografie di
monaci o di figure legate al fenomeno monastico tramandano un
viaggio/pellegrinaggio del santo in questione (penso a lo stesso Sant’Efrem il
siro), in Egitto, quasi un mettere radici in quella tradizione o in colui che
ne è la figura più importante.
Secondo me la presentazione di una
storia del monachesimo nato in Egitto e poi sparso lungo e largo il bacino del
Mediterraneo va ridimensionata cosi: il fenomeno ascetico/monastico si dà già
nel III secolo in tutto il bacino del Mediterraneo (Messopotamia, Egitto, Terra
Santa, Cappadocia…), si sviluppa geograficamente e cronologicamente nei paesi dove
il cristianesimo è presente e durante i secoli III e IV, ed infine la Vita
Antonii, come testo biografico (Antonio) ma anche come testo teologico (crisi
ariana e posizioni nicene sia di Anatasio che dello stesso Antonio) diventa un
punto di riferimento insostituibile.
Qualche campionario dai testi liturgici.
Nel vespro della festa, secondo la tradizione bizantina, troviamo i testi
fissi, cioè i salmi previsti, e poi i testi propri, cioè i tropari e le
letture. Del Salterio se ne parlerà in questa sede, ma accenno soltanto alla
presenza, nelle ufficiature bizantine, di:
-
Salmi fissi: 103, 140, 141, 129, 116 al
vespro. 3, 37, 62, 87, 102, 142, 50, 148-150 al mattutino.
-
Salmi “mobili”: dal salmo 1 al vespro di
sabato al salmo 150 al mattutino di sabato, con la recita di otto salmi al
vespro e tra dodici e sedici salmi al mattutino, per arrivare a pregare anche,
come San Benedetto indica nella sua regola, un Salterio intero alla settimana.
Tropari.
Tu che sei stato
illuminato dai raggi dello Spirito, quando la divina passione ti ha infiammato
e ha dato ali alla tua anima per desiderarla, essa che realmente è l’apice
dell’amore, allora non hai fatto alcun conto della carne e del sangue e sei
uscito dal mondo, a quella aderendo con grande ascesi ed
esichia. Sei stato cosí colmato dei beni superni, come avevi desiderato, e sei
divenuto risplendente, rischiarando, o Antonio, come una stella, le anime
nostre.
Un
primo aspetto, che troveremo in altri testi, è quello del monaco come
illuminato dallo Spirito Santo. La pneumatologia nei testi monastici è un punto
da approfondire ancora.
Secondo aspetto è il tema dell’uscita
dal mondo verso il deserto. Un tema che soprattutto nella tradizione siriaca
troviamo molto spesso, ed anche in quella egiziana, cioè il “farsi straniero”
come forma di ascesi, sia letteralmente sia allegoricamente. Cosa intendo
dicendo “letteralmente e/o allegoricamente”? Cito il volume, capolavoro, del
prof. Manlio Simonetti[2].
Mentre la tradizione monastica siriaca tende ad una lettura più letterale del
testo biblico ed anche della stessa esperienza monastica, la tradizione
monastica egiziana / alessandrina, tende ad una lettura più allegorica della
stessa esperienza monastica: “farsi straniero” in modo letterale, fisico, ed in
modo allegorico, all’interiore del cuore del monaco.
…sei
divenuto luminare chiarissimo dei monaci, primo ordinatore del deserto,
espertissimo e venerabile medico per i malati, e modello archetipo del vivere
virtuoso, o padre Antonio.
…θείοις διδάγμασι, ταῖς θείαις λαμπρότησι καταστραπτόμενος, τῶν Μοναστῶν διαυγέστατος, φωστὴρ ἐγένου, καὶ τῆς ἐρήμου πρῶτος διάκοσμος, καὶ τῶν νοσούντων ἐμπειρότατος, καὶ σεπτὸς ἰατρὸς καὶ ἀρχέτυπος, χαρακτὴρ ἐναρέτου, ἀγωγῆς Πάτερ Ἀντώνιε
Titoli
dati ad Antonio.
O angelo terrestre, puro
nell’anima e nel cuore, uomo celeste, maestro di verginità, rigorosa norma di
continenza, o Antonio: unito al tuo Sovrano, e a lui offrendo la dossologia
perenne, o beato, insieme agli angeli, a tutti i santi e ai martiri, libera
sempre da gravi pericoli e cadute quanti celebrano la tua sacra memoria.
Ὁ καθαρὸς τὴν ψυχὴν καὶ τὴν καρδίαν, Ἄγγελος ἐπίγειος, βροτὸς οὐράνιος, τῆς παρθενίας διδάσκαλος, τῆς ἐγκρατείας, ἠκριβωμένη στάθμη Ἀντώνιε· συνών τῷ Δεσπότῃ σου, καὶ τὴν ἀσίγητον δοξολογίαν μακάριε, σὺν τοῖς Ἀγγέλοις, καὶ τοῖς Ὁσίοις πᾶσι καὶ Μάρτυσι, τούτῳ προσάγων, τοὺς τελοῦντάς σου, τὴν ἱερὰν μνήμην πάντοτε, χαλεπῶν ἐκ κινδύνων, καὶ πταισμάτων ἐλευθέρωσον
L’immagine dell’angelo terrestre e
dell’uomo celeste sarà ripresa dalla tradizione monastica posteriore, sia
orientale che occidentale. Questa doppia immagine ci porta al tema
dell’incarnazione del Verbo di Dio, che si fa piccolo, che si fa uomo, ed anche
alla divinizzazione dell’uomo per la grazia, per l’ascesi. Uomo e angelo nella
dinamica dell’incarnazione del Verbo di Dio.
Τὸν
ἐπὶ
γῆς
Ἄγγελον, καὶ ἐν οὐρανοῖς ἄνθρωπον Θεοῦ,
È questo un punto che ritroveremo nelle
ufficiature di altri monaci. Cito la festa di San Macario il Grande (IV sec.),
nella quale troviamo un tropario che è di nuovo una parafrasi di questo sopra
indicato:
Cittadino del deserto,
angelo in un corpo e taumaturgo ti sei mostrato, o Macario, padre nostro
teoforo. Con digiuno, veglia e preghiera hai ricevuto celesti carismi e
guarisci i malati e le anime di quanti a te accorrono con fede…
Infine, sono dei titoli che si ritrovano
anche nell’ufficiatura di San Nilo di Rosano o di Grottaferrata.
Custodita
illesa in te l’immagine di Dio e reso l’intelletto signore delle funeste
passioni, mediante l’ascesi, hai raggiunto per quanto possibile la somiglianza:
poiché, facendo coraggiosamente violenza alla natura, ti sei studiato di sottomettere
ciò che è inferiore a ciò che è superiore, e di assoggettare la carne allo
spirito. Sei così divenuto eccelso fra i monaci, colonizzatore del deserto,
allenatore di quelli che compiono bene la corsa, rigorosissimo canone di
virtù. E ora nei cieli, venuti meno ormai gli specchi, contempli puramente, o
Antonio, la santa Trinità, intercedendo senza veli per quanti ti onorano con
fede e amore.
Il tema di Gen 1,26, la creazione
dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio, viene ripresa in questo testo,
sottolineando come è l’ascesi, il “lavoro personale del monaco” nella vita
monastica, quello che lo riporta alla prima bellezza, quella della creazione[3].
Vita del monaco vista come ricreazione dell’uomo.
Le letture del vespro sono le stesse
della festa di San Saba, di cui parlerò subito. Dico subito che nella
tradizione bizantina l’Antico Testamento si legge soltanto al vespro delle
grandi feste con letture scelte (tematiche), e sempre al vespro nella Grande
Quaresima con letture fatte per intero, di seguito (Genesi e Proverbi). Mentre
le letture scelte, tematiche, presuppongono una lettura dell’AT allegorica ed
in chiave cristologica, ecclesiologica…[4];
le letture di seguito, libri interi, risponde a una prassi monastica di lectio
divina dell’AT. Nella Grande Quaresima, all’ora sesta, troviamo anche la
tradizione di leggere di seguito, la Scala Paradisi di San Giovanni Climaco.
Le tre letture per le due feste dei
santi monaci, Antonio e Saba, vengono prese dal libro della Sapienza di
Salomone: Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio… di Sap 3,1; i
giusti vivono in eterno, di Sap 5,15; il giusto, quand’anche giunga alla
morte, sarà nel riposo… di Sap 4,7.
Il tropario proprio della festa dice
così:
Imitando con i tuoi
costumi lo zelo di Elia, seguendo il battista su retti sentieri, o padre
Antonio, sei divenuto colonizzatore del deserto, e hai rafforzato tutta la
terra con le tue preghiere. Intercedi dunque presso il Cristo Dio per la
salvezza delle anime nostre.
Τὸν
ζηλωτὴν Ἠλίαν τοῖς τρόποις μιμούμενος, τῷ Βαπτιστῇ εὐθείαις ταῖς τρίβοις ἑπόμενος, Πάτερ Ἀντώνιε, τῆς ἐρήμου γέγονας οἰκιστής, καὶ τὴν οἰκουμένην ἐστήριξας εὐχαῖς σου· διὸ πρέσβευε Χριστῷ τῶ Θεῷ, σωθῆναι τὰς ψυχὰς ἡμῶν.
Sottolineo la presenza di due figure
“chiavi” nella tradizione monastica, due figure modello: Elia ed il Battista. Uomini
del deserto. Infatti, il tropario definisce Antonio come “colonizzatore del
deserto”. Inoltre, Antonio come intercessore. Il tema di Elia, o se volete Elia
come modello del monaco lo troviamo di nuovo in uno dei tropari del mattutino:
Salito sul carro che
corre al cielo, o uomo prodigioso, hai conquistato con l’ascesi
l’acropoli delle virtú, dal deserto, passando alle regioni ultramondane della superna
Gerusalemme; ricevuta la giusta ricompensa delle lotte causate
dalle tue fatiche, esulti insieme alle schiere celesti, o beatissimo,
erede ormai dei beni eterni e cittadino del regno. Intercedi dunque, o
Antonio teòforo presso il Salvatore di tutti perché dia pace al mondo e salvi
le anime nostre.
Ruolo dell’ascesi nella salita verso il
cielo, verso la visione di Dio. La tradizione monastica siriaca siriaca
sottolinea fortemente questa dimensione suprema della salita del monaco verso
la visione di Dio[5].
San Saba il santificato (VI sec.).
La seconda figura di cui vorrei
sottolineare qualche aspetto “monastico” a partire dalla sua ufficiatura, è San
Saba[6].
Nei tropari del vespro sottolineo i
titoli dati a Saba:
Saba di mente divina,
simile agli angeli, compagno dei santi, consorte dei profeti, coerede
dei martiri e degli apostoli, ora che abiti la luce senza tramonto, illuminato
dai suoi divini fulgori, stando franco e risplendente presso l’apice di ogni
desiderio, lieto per la contemplazione di lui, stabilmente godendo della
sua bellezza, supplica Cristo, implora Cristo, o santo, perché siano donate alla
Chiesa la concordia, la pace e la grande misericordia.
Σάββα θεόφρον, τῶν Ἀγγέλων Ἰσοστάσιε, ὁμόσκηνε Ὁσίων, συνόμιλε Προφητῶν, Μαρτύρων Ἀπόστόλων συγκληρονόμε, φῶς τὸ ἀνέσπερον, ὁ νῦν κατοικῶν, οὗ ταῖς φρυκτωρίαις, λαμπόμενος ταῖς θείαις, τῷ ἀκροτάτῳ τῶν ἐφετῶν, ὁ παρεστὼς παρρησίᾳ λελαμπρυσμένος, καὶ ἐνηδόμενος αὐτοῦ ταῖς θεωρίαις, καὶ ἐντρυφῶν αὐτοῦ, τῷ κάλλει ἀνενδότως, Χριστὸν ἱκέτευε, Χριστὸν δυσώπει Ὅσιε, δωρηθῆναι τῇ Ἐκκλησίᾳ ὁμόνοιαν, εἰρήνην, καὶ μέγα ἔλεος.
Saba beatissimo, lampada inestinguibile della continenza,
tersissimo luminare dei monaci, risplendente per i fulgori della carità,
torre inconcussa della pazienza, sostegno e forza di chi ti onora con fede,
tesoro di guarigioni, vero colonizzatore del deserto[7], da te
reso come giardino divino che produce sacri frutti di salvati: supplica
Cristo, implora Cristo, o santo, perché siano donate alla Chiesa la concordia,
la pace e la grande misericordia.
Σάββα
παμμάκαρ,
ἐγκρατείας λύχνος ἄσβεστος,
φωστὴρ
τῶν
Μοναζόντων
ὁ
διαυγέστατος,
ἀγάπης φρυκτωρίαις λελαμπρυσμένος, πύργος ἀκλόνητος
τῆς
ὑπομονῆς, ἔρεισμα
καὶ σθένος, τῶν πίστει σε τιμώντων, τῶν ἰαμάτων
ὁ
θησαυρός,
ὁ
πολιστὴς
τῆς
ἐρήμου ὡς
ἀληθῶς, ὁ ὡς
Παράδεισον
αὐτὴν
ἔνθεον δείξας, θείους προσφέρουσαν, καρπούς τῶν σῳζομένων, Χριστὸν ἱκέτευε,
Χριστὸν
δυσώπει
Ὅσιε, δωρηθῆναι τῇ
Ἐκκλησίᾳ,
ὁμόνοιαν, εἰρήνην, καὶ
μέγα
ἔλεος.
Saba di mente divina,
colonna di fuoco delle virtù, torcia (faro) che sorge sul mare del mondo, per
guidare i popoli al porto divino; distruttore degli spiriti dell’inganno, puro
ricettacolo dello Spirito santo, guida dei monaci, rigorosa norma di
continenza, insigne vetta di umiltà, fonte che fai scaturire oceani di guarigioni:
supplica Cristo, implora Cristo, o santo, perché siano donate alla Chiesa la
concordia, la pace e la grande misericordia.
Σάββα θεόφρον, ἀρετῶν στῦλος ὁ πύρινος, πυρσὸς ὁ ἐκ θαλάσσης, τῆς κοσμικῆς τοὺς λαούς, λιμένα πρὸς τὸν θεῖον καθοδηγῶν, πλάνης τὰ πνεύματα ὁ καταβαλών, Πνεύματος Ἁγίου τὸ καθαρὸν δοχεῖον, ὁ ποδηγέτης τῶν Μοναστῶν, ἠκριβωμένη τε στάθμη τῆς ἐγκρατείας, τῆς ταπεινώσεως, περίβλεπτον τὸ ὕψος, κρήνη ἡ βρύουσα, ἰάσεων πελάγη, Χριστὸν ἱκέτευε, Χριστὸν δυσώπει Ὅσιε, δωρηθῆναι τῇ Ἐκκλησία, ὁμόνοιαν, εἰρήνην, καὶ μέγα ἔλεος.
Ritroveremo ancora il tema della
creazione e ricreazione dell’immagine di Dio dalla creazione dell’uomo per
mezzo / attraverso l’ascesi: Custodita illesa in te l’immagine di Dio e reso
l’intelletto signore delle funeste passioni, mediante l’ascesi, hai raggiunto
per quanto possibile la somiglianza…
Per quanto riguarda le letture dell’AT
al vespro, sono le stesse della festa di Sant’Antonio, e rimando a quanto detto
sopra. Lettura fatta in una chiave possiamo dire “sapienziale” ed ascetica[8].
Mi soffermo un attimo in un altro dei
testi del vespro, uno dei tropari della seconda parte del vespro:
Ti sei mostrato al
mondo quale carbone divinamente splendente, per essere stato a contatto col
fuoco, o Saba, teòforo dello Spirito, facendo risplendere le anime di quanti
con fede a te si accostano, o uomo di mente divina e guidandoli alla luce
senza tramonto, o santo; irrorando poi dall’alto gli eremiti con la divina
grazia, tu hai spento i carboni (salmo 119,4). Per questo, sotto gli occhi di
tutti, ti ha dato, o padre, la corona della vittoria il Cristo, signore della
divina giustizia: supplicalo di donare alle anime nostre la grande misericordia.
Sottolineo la contrapposizione dei
“carboni”: Ti sei mostrato al mondo quale carbone divinamente splendente,
per essere stato a contatto col fuoco, o Saba, teòforo dello Spirito… irrorando
poi dall’alto gli eremiti con la divina grazia, tu hai spento i carboni
(salmo 119,4: “frecce acute e carboni di ginepro…).
Nelle tradizioni liturgiche orientali,
specialmente quella bizantina e quella siriaca, il pane consacrato, dopo
l’epiclesi, viene chiamato “carbone ardente”; lo Spirito Santo, santificando,
consacrando il pane, ne fa carbone ardente e datore di vita. Saba, il monaco,
consacrato dallo Spirito Santo, diventa anche lui il carbone ardente… che
spegne gli altri carboni delle passioni, citando il testo liturgico il salmo
119.
Il tropario della festa è il testo
seguente:
Con lo scorrere delle tue
lacrime, hai reso fertile la sterilità del deserto; e con gemiti dal profondo,
hai fatto fruttare al centuplo le tue fatiche, e sei divenuto un astro che
risplende su tutta la terra per i prodigi, o santo padre nostro Saba.
Intercedi presso il Cristo Dio per la salvezza delle anime nostre.
Tema delle lacrime e della compunzione.
San Benedetto (V-VI
sec)
Torno al titolo del
mio intervento: San Benedetto nella tradizione liturgica bizantina.
In queste righe vorrei
cercare di rispondere alla domanda su perché san Benedetto è stimato e venerato
in Oriente, oppure qual è il collegamento tra un monaco dell’Italia del V-VI
secolo e l’Oriente cristiano. Ci sono tre punti che vorrei mettere in luce: l’immagine
-il tipo- di monaco che san Gregorio nei Dialoghi e lo stesso san
Benedetto nella Regola propone; l’ufficiatura -la preghiera comunitaria- da Benedetto
stabilita; quindi le fonti a cui san Benedetto attinge. Presento i tre aspetti
in ordine inverso.
Per quanto riguarda le
fonti, san Benedetto si collega con tutta una tradizione monastica anteriore a
lui. È certamente originale, ma lo è nel senso di una originalità che è quella
dei grandi monaci e che consiste nel sapersi collegare direttamente e saper
trarre frutto da tutta la tradizione dei Padri. Utilità del collegarsi alla
Tradizione dei Padri. Quando Benedetto arriva a Subiaco trova lì un monaco che
gli dà l’abito, che lo fa monaco. Nel capitolo LXXIII della Regola ci presenta
le sue fonti che, oltre all’Antico ed il Nuovo Testamento, sono Cassiano, le
Vite dei Padri e la Regola di san Basilio. Quindi i testi di Cassiano –importanti
per conoscere il monachesimo di tradizione egiziana-, ed i testi di Basilio -fondamentali
per conoscere il monachesimo dell’Asia Minore. Questo è un fatto importante in
Oriente -ed anche in Occidente- cioè il fatto di collegarsi, di essere un
anello nella catena di una grande Tradizione, in cui il monaco è discepolo, e
concretamente discepolo della Sacra Scrittura e dei Santi Padri.
In secondo luogo,
secondo punto che collega san Benedetto alla tradizione orientale bizantina,
anche quella attuale, è il fatto dell’ufficiatura da lui proposta. Per primo la
recita settimanale del salterio, come troviamo indicato nel capitolo XVIII
della Regola; la tradizione bizantina poi introdurrà una doppia recita del
salterio durante la Quaresima. Poi le ore di preghiera proposte da Benedetto
sono le stesse dell’ufficiatura di tutte le Chiese orientali: un’ufficiatura
notturna con le lodi insieme oppure separate, quindi le ore di prima, terza,
sesta, nona, vespro e compieta.
Come ultimo punto,
possiamo chiederci quale immagine di san Benedetto, del monaco, ci offrono i
testi dell’ufficiatura previsti per la festa nella tradizione bizantina. I
testi dell’attuale ufficiatura del 14 marzo sono di due autori: Giuseppe l’Innografo,
autore del IX secolo, e san Nilo di Rosano, autore del X secolo che ebbe dei
rapporti stretti con il monastero di Montecassino. Due autori, quindi, uno
costantinopolitano e l’altro quasi cassinese, che si collocano nella tradizione
-la grande Tradizione- dei testi monastici di Oriente e di Occidente che
sottolineano questi due aspetti nella vita del monaco: quello più personale -il
progresso, il cammino nelle virtù-, e quello più ecclesiale: cioè il monaco
come padre per gli altri monaci e per gli altri cristiani. E in questa
dimensione ecclesiale di Benedetto, del monaco in genere, ricordiamo come uno degli
scopi della Vita Antonii è il sottolineare dell’impegno di Antonio nella lotta antiariana
e soprattutto la sua solidarietà e soprattutto la sua comunione con Atanasio di
Alessandria.
Nel primo aspetto –quello
più personale- i testi presentano san Benedetto, il monaco, come l’uomo pieno
delle virtù e vittorioso, dopo la lotta, sulle passioni. Questo è un tema
comune nella letteratura monastica e la stessa Vita Antonii ce ne dà un
buon esempio. Questa vittoria sulle passioni, che è un dono di Dio, porta il
monaco a diventare “luce, lampada” per il mondo. I testi di Nilo di
Rossano parlano della “vita divina e luminosa di Benedetto” ... “tu
ti sei innalzato alla cima delle virtù, e con la luce che viene di esse hai
illuminato l’universo”... Più Nilo che Giuseppe l’Innografo, nei suoi
tropari segue da vicino i Dialoghi di Gregorio Magno, forse anche per il
suo legame, di Nilo, con Montecassino.
Nilo ancora sottolinea
diverse volte l’importanza dell’esperienza eremitica di Benedetto però sempre
sotto la guida di un padre spirituale; e questo è un tema che troviamo spesso
nella tradizione monastica orientale. Nilo, ancora, ci presenta Benedetto ben
radicato nella geografia del luogo; uno dei tropari del vespro del 14 marzo lo
canta come “luce dei romani, protezione della Campania, baluardo invincibile
di Napoli”; Nilo nei suoi testi canta Benedetto e canta pure Montecassino.
Ancora i testi sia di Nilo che di Giuseppe lodano in san Benedetto il mistero
trinitario di Dio; è la Trinità che opera nel suo servo, sia Cristo attraverso
il mistero della sua croce: “con fede e amore sinceri... hai camminato sulle
orme di Cristo crocifisso”; “te stesso crocifisso al mondo e alle
passioni, hai servito Cristo, lui che stese me nani sulla croce”..., sia lo
Spirito Santo: “il vaso fecondo della sua anima (di Benedetto) fu pieno
dello Spirito Santo”; “la forza del Paraclito ha piantato in te la sua
tenda e... ti ha fatto diventare luce nelle tenebre...”.
Nel secondo aspetto –quello
ecclesiale- i testi dell’ufficiatura sottolineano la paternità spirituale di
san Benedetto. “Per mezzo dei tuoi miracoli tu ti sei manifestato come
pastore ispirato da Dio”... Giuseppe l’Innografo canta: “tu hai radunato
una moltitudine di uomini, hai fondato un santo monastero... i cori dei
monaci che tu hai radunati ti celebrano notte e giorno, e possiedono il tuo
corpo da cui sgorgano abbondanti flutti di miracoli...”. San Nilo ancora è
più preciso: “Per Occidente ti sei innalzato come il sole, illuminando con
la luce delle tue virtù gli estremi confini dell’universo. Roma si pregia della
tua vita, Norcia canta la tua fanciullezza e tutta la Campania grida di gioia.
Che l’Italia danzi nella gioia, Montecassino ti lodi e sia pieno di gloria per
la tua tomba. Proteggi lui -cioè Montecassino- e noi che ti cantiamo”.
Riprendo
ancora tre dei tropari di Giuseppe l’Innografo nell’ufficiatura di San
Benedetto:
Rinnegato il mondo per
fede e amore sincero, o padre, dall’infanzia, o santo, hai seguito gioioso il
Cristo crocifisso; e poiché con molte lotte avevi mortificato la carne,
ricevesti largamente la grazia delle guarigioni, per porre fine a svariate
malattie e scacciare gli spiriti del male, rendendoti oggetto di grande
stupore.
Tema della
configurazione con Cristo nella sua croce che porta per il monaco -tema comune
in Oriente ed in Occidente-.
Divenuto decoro dei
monaci, hai raccolto un’immensa folla per celebrare il Signore, o santo padre
nostro, e hai guidato lungo il sentiero che porta al cielo tutti coloro che ben
seguivano i tuoi divini insegnamenti e imitavano la tua vita virtuosa, o beato,
e che ancora hai raccolto insieme, o Benedetto, al momento del tuo trapasso.
Tema della
paternità spirituale e della figliolanza. Maestro-discepoli.
Come Elia un tempo, o
padre, dal cielo hai fatto scendere la pioggia con divina intercessione; dal
vaso hai fatto sgorgare l’olio, hai risuscitato un morto e mille altri prodigi
hai compiuto, a gloria, o santo, del Dio salvatore: noi dunque festeggiamo con
amore, o Benedetto, la tua divina memoria.
Figura modello del profeta Elia.
Mi soffermo un attimo nel cànone del
mattutino dell’ufficiatura di San Benedetto, opera di Giuseppe l’Innografo[9].
Commento soltanto alcune delle strofe, cinque sono per ogni ode.
Ὑμνολογεῖν, τὴν ἀξιέπαινον μνήμην σου, προαιρουμένῳ Ὅσιε, χάριν δοθῆναί μοι, Βενέδικτε δυσώπει, καὶ πάντων ἐπταισμένων τὴν ἀπολύτρωσιν.
Volendo fare l’elogio della Tua memoria, venerabile Santo
Benedetto, ti prego di intercedere per me affinchè mi sia data la grazia di
farlo.
L’innografo stesso chiede la intercessione del Santo. I
santi, ed i monaci come intercessori.
Μοναδικῶς, τὸν σὸν ἐκ βρέφους ἀράμενος, σταυρὸν κατηκολούθησας τῷ Παντοκράτορι, καὶ νεκρώσας τὴν σάρκα, ζωῆς κατηξιώθης μακαριώτατε.
Da piccolo tu hai preso la croce, da solo seguendo le
orme dell’Onnipotente…
Configurazione con Cristo.
Benedetto taumaturgo e Benedetto
padre di monaci:
Μονάσας θεαρέστως, ἐναρέτως ἐβίωσας, καὶ χάριν ἰαμάτων, ἐκομίσω Βενέδικτε, θαυμάσια τελέσας φοβερά, Μονὴν δὲ συγκροτήσας ἱεράν, προσενήνοχας Κυρίῳ τῶν σῳζομένων πληθὺν παναοίδιμε. Δόξα τῷ σὲ λαμπρύναντι Θεῷ, δόξα τῷ σὲ στεφανώσαντι, δόξα τῷ ἐνεργοῦντι διὰ σοῦ πᾶσιν ἰάματα.
Hai vissuto una vita di virtù, come monaco, in modo
piacevole a Dio, ed hai ricevuto il dono delle guarigioni, o Benedetto… Hai
fondato un monastero santo e hai condotto verso il Signore una moltitudine di
salvati…
Lungo il cànone troviamo poi
riferimenti a miracoli adoperati da San Benedetto, il che dimostra una
conoscenza da parte di Giuseppe del libro dei Dialoghi di Gregorio Magno.
Dono dello Spirito Santo
nella vita di Benedetto, nella vita di ogni monaco.
Conclusione.
San Benedetto nella tradizione
liturgica bizantina.
Questo era, e rimane, il titolo e lo
scopo del mio intervento questa sera. Potrete dirmi che ho parlato più di
Sant’Antonio o di San Saba che di San Benedetto.
Ho cercato di esporvi quello di cui sono
convinto già da molti anni: il fenomeno ascetico / monastico e quindi il
monachesimo cristiano è un fenomeno comune nelle Chiese cristiane. Un fenomeno
che ha una grande Tradizione che unisce Oriente ed Occidente nelle fonti, nello
sviluppo teologico, cristologico e spirituale.
Quindi Benedetto si inserisce in questa
grande Tradizione monastica. Lui stesso, ci sono tanti passi nella sua Regola,
si vuole figlio di questa tradizione monastica cristiana ed unica. A Subiaco
lui riceve l’abito come monaco, non prende l’abito ma lo riceve possiamo dire
dalla tradizione. Una tradizione che nasce e si sviluppa in diverse regioni
mediterranee che hanno lingue diverse, quasi culture diverse, ma unite tra di
loro dal Vangelo di Cristo e dalla comunione ecclesiale.
+P. Manuel Nin
Vescovo titolare di
Carcabia
Esarca Apostolico
[2] Simonetti, M., Lettera e/o Allegoria.
Un contributo alla storia dell'esegesi patristica. Studia Ephemeridis
Augustinianum 23, Roma 1985.
[3]Nella
tradizione monastica siriaca il termine “ascesi” è sinonimo di: lavoro, pratica
ascetica, sforzo.
[4]Come
esempio cito le letture nelle feste della Madre di Dio, dove troviamo sempre Ez
44: la porta del tempio che guarda ad oriente e chiusa, che soltanto il Signore
può varcare.
[5]In un
testo monastico siriaco del V secolo, attribuito a Giovanni il Solitario,
troviamo un commento alle Beatitudini del vangelo di Matteo. L’autore
commentando Mt 5,3; 5,4… alla fine in questo ordine commenta prima Mt 5,9 e
quindi Mt 5,8, cioè lascia alla “cima” del suo commento la Beatitudine della
purezza di cuore e la visione di Dio.
[6] San Saba divenne monaco all’età di otto anni in una piccola località della
Cappadocia, in Asia Minore; a diciotto anni raggiunse la Terra Santa e divenne
discepolo devotissimo di Sant’Eufemio il Grande. Nell’anno 478 d. C. giunse in
questo luogo e qui si stabilì obbedendo all’ordine di un angelo; trascorso poi
qualche anno iniziò a formare la sua propria comunità monastica. Quando la
prima piccola chiesetta denominata «la Chiesa costruita da Dio» dedicata a San
Nicola divenne troppo angusta per la comunità, San Saba eresse la grande chiesa
in onore dell’Annunciazione della Madre di Dio, che fu consacrata nel 502 e che
attualmente è la maggiore del monastero. A parte la Grande Lavra, San Saba
costruì altri numerosi cenobi e lavre. Muore nel 532. Portate in Occidente le
sue reliquie dai crociati, nel 1965 Paolo VI le fa ritornare alla sua Lavra.
[7]Tema
del deserto diventato giardino, in riferimento al giardino dell’Eden e alla
vita monastica come nuova creazione.
[8]M. Simonetti, nel
suo Lettera e/o Allegoria, propone una divisione netta tra una esegesi
letterale ad Antiochia ed una esegesi allegorica ad Alessandria. In linea di
massima è vero, ma la tradizione siriaca fa una lettura in chiave anche
“ascetica”, cioè legge i testi biblici applicandoli alla realtà della vita
monastica. Questo fatto lo troviamo già in alcuni passi dello stesso Efrem il
Siro (+373).
[9]Per
cànone del mattutino, intendo la composizione poetica in nove odi, o nove
parti, costruita attorno alle nove odi o cantici veterotestamentari i sette
primi e neotestamentari gli ultimi due. Nel cànone, oggi la presenza del testo
biblico è assai o dal tutto ridotta e rimangono le nove odi poetiche che
cantano e lodano la figura del santo che si celebra in quel giorno.