Venerdì
Santo nella tradizione bizantina
Oggi è trafitto
da una lancia il Figlio della Vergine
Il
Venerdì Santo nella tradizione bizantina contempla e celebra la passione, la
morte e la sepoltura di Cristo. Le ufficiature di questo giorno si svolgono attorno,
ai piedi della croce del Signore; Lui appeso al legno; sua Madre che i tropari
cantano come agnella ai piedi dell’agnello crocefisso; il discepolo amato
testimone del sacrificio del Maestro; il buon ladrone; il centurione. I testi
liturgici li coinvolgono tutti -e noi assieme a loro- quasi a diventarne attori
e testimoni dell’amore sconfinato del Signore verso la sua Chiesa. Uno dei
tropari cantato nell’ufficiatura del mattino e poi ripreso all’ora di nona ci
offre una contemplazione del mistero della redenzione. Si tratta di un testo
parallelo a due altri tropari che troviamo nella vigilia di Natale e nella
vigilia dell’Epifania. Infatti i giorni 24 dicembre e 5 gennaio, e il Venerdì
Santo, nella tradizione bizantina le piccole ore di prima, terza, sesta e nona vengono
chiamate Grandi Ore oppure Ore Regali. Esse hanno dei salmi scelti secondo
ognuno dei tre giorni sopra citati; con dei tropari propri; e infine con tre
letture: una profezia dell'Antico Testamento, un brano delle lettere paoline e
una pericope evangelica. La scelta dei salmi e della lettura profetica risponde
a una lettura cristologica di questi testi inserita nel mistero della Nascita
di Cristo, della sua Manifestazione nel Giordano e della sua Morte sulla croce.
All’ora di nona di questi tre giorni e prima delle letture dell'Antico
Testamento, troviamo il tropario a cui accennavamo, un testo che riassume la
teologia della festa che si celebra. Tutti e tre tropari accostano, con dei
testi biblici vetero e neotestamentari il mistero di Dio ineffabile ed eterno, al
suo farsi uomo, al suo abbassarsi, a causa del suo amore immenso verso l’uomo. Vorrei
offrire semplicemente una lettura parallela del tropario del 24 dicembre e
quello del Venerdì Santo.
“Oggi nasce dalla Vergine colui che tiene
in sua mano tutta la creazione. È avvolto in povere fasce come un mortale,
colui che è per essenza intoccabile. Viene deposto in una mangiatoia, il Dio
che in principio ha fissato i cieli. Si nutre di latte dalle mammelle, colui
che nel deserto ha fatto piovere manna per il popolo. Invita i magi lo sposo
della Chiesa. Prende i loro doni il Figlio della Vergine. Adoriamo, o Cristo,
la tua nascita. Mostraci anche la tua divina teofania”.
“Oggi è appeso al legno colui che ha
appeso la terra sulle acque. Oggi il Re degli angeli è cinto di una corona di
spine. Oggi è avvolto di una finta porpora colui che avvolge il cielo di nubi.
Riceve uno schiaffo, colui che nel Giordano ha liberato Adamo. È inchiodato con
chiodi lo Sposo della Chiesa. È trafitto da una lancia il Figlio della Vergine.
Adoriamo, o Cristo, i tuoi patimenti! Mostraci anche la tua gloriosa
risurrezione”.
I due
tropari possono dividersi in due gruppi di tre versetti più uno conclusivo. Ambedue
iniziano con la parola “oggi”, un termine che dà una forza ed una attualità al
testo, che ne fa quasi un’epiclesi sulla Chiesa stessa, facendo presente il
mistero che si celebra e si vive. La prima e l’ultima delle strofe dei due tropari
vengono ripetute per tre volte: “Adoriamo, o Cristo, la tua nascita. Mostraci
anche la tua divina teofania” // “Adoriamo, o Cristo, i tuoi patimenti!
Mostraci anche la tua gloriosa risurrezione”. Le immagini che troviamo nell’uno
e nell’altro tropario sono volutamente parallele e riprendono aspetti dei due
giorni accostandoli fino a complementarsi l’uno con l’altro. Ognuna delle frasi
dei due tropari contrappone al suo interno delle immagini cristologicamente
molto contrastanti, per sottolineare da una parte le due nature del Verbo di
Dio incarnato, quella divina e quella umana, e dall’altra il mistero stesso della
sua Incarnazione: “Oggi nasce dalla Vergine colui che tiene in sua mano tutta
la creazione” // “Oggi è appeso al legno colui che ha appeso la terra sulle
acque”. Il Creatore nasce da una Vergine; il Dio che regge l’universo ed è
provvidente verso la sua creazione, è appeso alla croce.
Nella sua
Incarnazione il Dio che è intangibile, è toccato, fasciato, cinto da una corona
di spine: “È avvolto in povere fasce come un mortale, colui che è per essenza
intoccabile” // “Oggi il Re degli angeli è cinto di una corona di spine”. Una
mangiatoia (e nell’iconografia la mangiatoia è sempre un sepolcro) contiene
colui che è incontenibile anche dai cieli: “Viene deposto in una mangiatoia, il
Dio che in principio ha fissato i cieli” // “Oggi è avvolto di una finta
porpora colui che avvolge il cielo di nubi”; con il termine “avvolgere” la
terza frase del tropario di Venerdì Santo accosta Mt 27 e Is 63.
In altri tre
versetti, i due tropari continuano ad elencare il mistero dell'economia di Dio nel
suo amore verso l’uomo. L’immagine del nutrirsi è applicata a Cristo stesso; colui
che nutre, adesso è nutrito: “Si nutre di latte dalle mammelle, colui che nel
deserto ha fatto piovere manna per il popolo” // “Riceve uno schiaffo, colui
che nel Giordano ha liberato Adamo”. Il liberatore di Adamo che è
schiaffeggiato. I due tropari si servono anche dell'immagine sponsale applicata
a Cristo e alla sua Chiesa: “Invita i magi lo sposo della Chiesa” // “È
inchiodato con chiodi lo Sposo della Chiesa”. E nel tropario del Venerdì Santo
questo riferimento si inserisce nel contesto sponsale ricorrente in tutta la
Settimana Santa: Cristo che prende la Chiesa come sposa, nella camera nuziale
che è la stessa Croce. Nel terzo versetto della seconda serie troviamo
l’immagine di Cristo come “Figlio della Vergine”, in contrasto voluto tra la
vera figliolanza di Cristo e la vera verginità di Maria: “Prende i loro doni il
Figlio della Vergine” // “È trafitto da una lancia il Figlio della Vergine”.
L’ultimo
versetto dei due tropari è una conclusione quasi dossologica: adorando il
mistero della Nascita e quello della Croce di Cristo, la Chiesa ed ognuno dei
fedeli chiediamo di vedere quello che ne diventa il compimento: la manifestazione
(Epifania) e la risurrezione (Pasqua). Il rapporto stretto tra Natale di Cristo
e la sua gloriosa Passione, ce lo danno questi due testi, ed anche la stessa
iconografia del 25 dicembre dove troviamo, e in tutte le tradizioni cristiane
dall’Oriente all’Occidente, il Bambino neonato, fasciato, messo già in un
sepolcro.
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