martedì 27 marzo 2018


Venerdì Santo nella tradizione bizantina
Oggi è trafitto da una lancia il Figlio della Vergine
Il Venerdì Santo nella tradizione bizantina contempla e celebra la passione, la morte e la sepoltura di Cristo. Le ufficiature di questo giorno si svolgono attorno, ai piedi della croce del Signore; Lui appeso al legno; sua Madre che i tropari cantano come agnella ai piedi dell’agnello crocefisso; il discepolo amato testimone del sacrificio del Maestro; il buon ladrone; il centurione. I testi liturgici li coinvolgono tutti -e noi assieme a loro- quasi a diventarne attori e testimoni dell’amore sconfinato del Signore verso la sua Chiesa. Uno dei tropari cantato nell’ufficiatura del mattino e poi ripreso all’ora di nona ci offre una contemplazione del mistero della redenzione. Si tratta di un testo parallelo a due altri tropari che troviamo nella vigilia di Natale e nella vigilia dell’Epifania. Infatti i giorni 24 dicembre e 5 gennaio, e il Venerdì Santo, nella tradizione bizantina le piccole ore di prima, terza, sesta e nona vengono chiamate Grandi Ore oppure Ore Regali. Esse hanno dei salmi scelti secondo ognuno dei tre giorni sopra citati; con dei tropari propri; e infine con tre letture: una profezia dell'Antico Testamento, un brano delle lettere paoline e una pericope evangelica. La scelta dei salmi e della lettura profetica risponde a una lettura cristologica di questi testi inserita nel mistero della Nascita di Cristo, della sua Manifestazione nel Giordano e della sua Morte sulla croce. All’ora di nona di questi tre giorni e prima delle letture dell'Antico Testamento, troviamo il tropario a cui accennavamo, un testo che riassume la teologia della festa che si celebra. Tutti e tre tropari accostano, con dei testi biblici vetero e neotestamentari il mistero di Dio ineffabile ed eterno, al suo farsi uomo, al suo abbassarsi, a causa del suo amore immenso verso l’uomo. Vorrei offrire semplicemente una lettura parallela del tropario del 24 dicembre e quello del Venerdì Santo.
       “Oggi nasce dalla Vergine colui che tiene in sua mano tutta la creazione. È avvolto in povere fasce come un mortale, colui che è per essenza intoccabile. Viene deposto in una mangiatoia, il Dio che in principio ha fissato i cieli. Si nutre di latte dalle mammelle, colui che nel deserto ha fatto piovere manna per il popolo. Invita i magi lo sposo della Chiesa. Prende i loro doni il Figlio della Vergine. Adoria­mo, o Cristo, la tua nascita. Mostraci anche la tua divina teofania”.
       “Oggi è appeso al legno colui che ha appeso la terra sulle acque. Oggi il Re degli angeli è cinto di una corona di spine. Oggi è avvolto di una finta porpora colui che avvolge il cielo di nubi. Riceve uno schiaffo, colui che nel Giordano ha liberato Adamo. È inchiodato con chiodi lo Sposo della Chiesa. È trafitto da una lancia il Figlio della Vergine. Adoriamo, o Cristo, i tuoi patimenti! Mostraci anche la tua gloriosa risurrezione”.
I due tropari possono dividersi in due gruppi di tre versetti più uno conclusivo. Ambedue iniziano con la parola “oggi”, un termine che dà una forza ed una attualità al testo, che ne fa quasi un’epiclesi sulla Chiesa stessa, facendo presente il mistero che si celebra e si vive. La prima e l’ultima delle strofe dei due tropari vengono ripetute per tre volte: “Adoria­mo, o Cristo, la tua nascita. Mostraci anche la tua divina teofania” // “Adoriamo, o Cristo, i tuoi patimenti! Mostraci anche la tua gloriosa risurrezione”. Le immagini che troviamo nell’uno e nell’altro tropario sono volutamente parallele e riprendono aspetti dei due giorni accostandoli fino a complementarsi l’uno con l’altro. Ognuna delle frasi dei due tropari contrappone al suo interno delle immagini cristologicamente molto contrastanti, per sottolineare da una parte le due nature del Verbo di Dio incarnato, quella divina e quella umana, e dall’altra il mistero stesso della sua Incarnazione: “Oggi nasce dalla Vergine colui che tiene in sua mano tutta la creazione” // “Oggi è appeso al legno colui che ha appeso la terra sulle acque”. Il Creatore nasce da una Vergine; il Dio che regge l’universo ed è provvidente verso la sua creazione, è appeso alla croce.
Nella sua Incarnazione il Dio che è intangibile, è toccato, fasciato, cinto da una corona di spine: “È avvolto in povere fasce come un mortale, colui che è per essenza intoccabile” // “Oggi il Re degli angeli è cinto di una corona di spine”. Una mangiatoia (e nell’iconografia la mangiatoia è sempre un sepolcro) contiene colui che è incontenibile anche dai cieli: “Viene deposto in una mangiatoia, il Dio che in principio ha fissato i cieli” // “Oggi è avvolto di una finta porpora colui che avvolge il cielo di nubi”; con il termine “avvolgere” la terza frase del tropario di Venerdì Santo accosta Mt 27 e Is 63.
In altri tre versetti, i due tropari continuano ad elencare il mistero dell'economia di Dio nel suo amore verso l’uomo. L’immagine del nutrirsi è applicata a Cristo stesso; colui che nutre, adesso è nutrito: “Si nutre di latte dalle mammelle, colui che nel deserto ha fatto piovere manna per il popolo” // “Riceve uno schiaffo, colui che nel Giordano ha liberato Adamo”. Il liberatore di Adamo che è schiaffeggiato. I due tropari si servono anche dell'immagine sponsale applicata a Cristo e alla sua Chiesa: “Invita i magi lo sposo della Chiesa” // “È inchiodato con chiodi lo Sposo della Chiesa”. E nel tropario del Venerdì Santo questo riferimento si inserisce nel contesto sponsale ricorrente in tutta la Settimana Santa: Cristo che prende la Chiesa come sposa, nella camera nuziale che è la stessa Croce. Nel terzo versetto della seconda serie troviamo l’immagine di Cristo come “Figlio della Vergine”, in contrasto voluto tra la vera figliolanza di Cristo e la vera verginità di Maria: “Prende i loro doni il Figlio della Vergine” // “È trafitto da una lancia il Figlio della Vergine”.
L’ultimo versetto dei due tropari è una conclusione quasi dossologica: adorando il mistero della Nascita e quello della Croce di Cristo, la Chiesa ed ognuno dei fedeli chiediamo di vedere quello che ne diventa il compimento: la manifestazione (Epifania) e la risurrezione (Pasqua). Il rapporto stretto tra Natale di Cristo e la sua gloriosa Passione, ce lo danno questi due testi, ed anche la stessa iconografia del 25 dicembre dove troviamo, e in tutte le tradizioni cristiane dall’Oriente all’Occidente, il Bambino neonato, fasciato, messo già in un sepolcro.

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