giovedì 22 marzo 2018


La lettera Placuit Deo della Congregazione per la Dottrina della fede[1].
Lettura e commento.
La lettera Placuit Deo (PD) del 22 febbraio 2018, è un testo importante, nella scia della lettera Dominus Iesus della Congregazione per la Dottrina della fede presieduta dall’allora cardinale Joseph Razinger, pubblicata con l’approvazione di Giovanni Paolo II del 6 agosto del 2000. PD è un testo più breve dal precedente, diviso in cinque parti ed una conclusione, e suddiviso in quindici brevi paragrafi, con uno stile (non dico il contenuto ma lo stile) se si vuole meno incisivo ed in alcuni punti anche tagliente della Dominus Iesus, ma che riflette e soprattutto ripropone la fede della Chiesa dalle origini fino ai nostri giorni, dai Padri fino ad oggi, proposta presentata sotto una forma, ripeto che rispecchia quello che è l’enunciato teologico si potrebbe dire mite, sorridente e allo stesso tempo fermo dell’arcivescovo Luis Francesco Ladaria.
PD è un testo che va letto per quello che dice, non univocamente per quello che eventualmente non dice o non ribadisce, o dovrebbe dire o ribadire. PD è stata pubblicata in un momento ecclesiale in cui le questioni e discussioni di carattere dottrinale si centrano piuttosto in aspetti della morale cristiana e della dottrina sociale della Chiesa. Ricordiamo invece che Dominus Iesus venne pubblicata nel bel mezzo del Grande Giubileo del 2000, in un momento in cui gli eventi giubilari potevano portare ad una dimenticanza (o forse soltanto a un oscurare) del volto del “Festeggiato” (come lo chiamava il card. Giacomo Biffi, in diversi articoli e saggi pubblicati in quel periodo), cioè di Colui che era il vero soggetto della celebrazione, Cristo, il Verbo di Dio incarnato per la nostra salvezza
          Faccio del testo di PD una lettura commentata delle diverse parti. Lettura che suppone averne fatto prima o dopo una lettura di insieme.
          Parte I. Introduzione.
1. “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà (cf. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura…”.
Il testo centra il suo scopo già dall’introduzione stessa: Cristo, nella sua incarnazione, nello Spirito Santo, rivela il Padre. Questo sarà il filo conduttore di tutta la lettera.
Tenendo fisso lo sguardo sul Signore Gesù
Questo potrebbe essere anche il sottotitolo della lettera, ed è il retroterra di tutto il testo. Bisogna non dimenticare che colui che ha presentato la lettera, mons. Ladaria, è anche sicuramente colui che ne ha redatto le parti più importanti, ed è un patrologo rinomato, conoscitore del pensiero dei grandi Padri della Chiesa da Ireneo a Origene, e specialista soprattutto nei Padri del IV secolo, impegnati costoro nelle crisi prima trinitarie e poi cristologiche più importanti della storia della Chiesa.
…la Chiesa si volge con amore materno a tutti gli uomini, per annunciare loro l’intero disegno d’Alleanza del Padre che, mediante lo Spirito Santo, vuole «ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose….
          Parte II.
2. Il mondo contemporaneo avverte non senza difficoltà la confessione di fede cristiana, che proclama Gesù unico Salvatore di tutto l’uomo e dell’umanità intera.
PD parte dalla convinzione che ci sono delle difficoltà nell’annunciare e proporre la professione di fede cristiana nel mondo moderno. La centralità dell’incarnazione del Verbo di Dio ancora una volta diventa pietra di inciampo nell’annuncio della fede cristiana (cf., D. Luigi Giussani: “…nei nostri giorni, la difficoltà non è tanto quella di annunciare l’esistenza di Dio, bensì l’annunciare che il Verbo di Dio si è veramente incarnato” [citazione senza conferma della fonte]).
Da una parte, l’individualismo centrato sul soggetto autonomo tende a vedere l’uomo come essere la cui realizzazione dipende dalle sole sue forze. In questa visione, la figura di Cristo corrisponde più ad un modello che ispira azioni generose, con le sue parole e i suoi gesti, che non a Colui che trasforma la condizione umana, incorporandoci in una nuova esistenza riconciliata con il Padre e tra noi mediante lo Spirito (cf. 2 Cor 5,19; Ef 2,18). D’altra parte, si diffonde la visione di una salvezza meramente interiore, la quale suscita magari una forte convinzione personale, oppure un intenso sentimento, di essere uniti a Dio, ma senza assumere, guarire e rinnovare le nostre relazioni con gli altri e con il mondo creato. Con questa prospettiva diviene difficile cogliere il senso dell’Incarnazione del Verbo, per cui Egli si è fatto membro della famiglia umana, assumendo la nostra carne e la nostra storia, per noi uomini e per la nostra salvezza.
Questo paragrafo presenta i due grandi scogli con cui si confronta oggi non soltanto l’umanità nella sua o sue dimensioni religiose (scogli che delle volte li possono fare anche comodo), ma anche la Chiesa stessa ci si confronta con questi scogli: Cristo visto come un semplice modello a imitare, ma che non “salva, redime, ricrea”, in una visione lontana dal “rivestirsi di Cristo” come tema paolino e tema semplicemente cristiano, cioè siamo da Cristo redenti, ricreati, salvati. Per questo scoglio PD propone di parlare di pelagianesimo o neo pelagianesimo. Poi, il secondo scoglio, la fede vista e vissuta come un “sentimento, un qualcosa interiore, privato (in fondo in contrapposizione a “ecclesiale”); anche un rifiuto dell’incarnazione del Verbo. (Neo) pelagianesimo, (neo) gnosticismo, e aggiungerei da parte mia anche un (neo) docetismo. La centralità dell’incarnazione del Verbo di Dio segna in fondo le grandi crisi cristologiche del IV al VI secolo, e si ripropone ancora nella crisi iconoclasta del VIII-IX secoli; le rappresentazioni iconografiche sono una professione di fede nella vera incarnazione del Verbo di Dio.
3. …che assomigliano in taluni aspetti a due antiche eresie, il pelagianesimo e lo gnosticismo. Nei nostri tempi prolifera un neo-pelagianesimo per cui l’individuo, radicalmente autonomo, pretende di salvare sé stesso, senza riconoscere che egli dipende, nel più profondo del suo essere, da Dio e dagli altri.
Espressione dal profondo senso cristologico ed ecclesiologico. L’uomo dipende totalmente, nel suo essere tale, nel suo agire, da Dio e dagli altri. Il neo pelagianesimo quindi isola l’uomo da Dio e dagli altri. Troviamo anche questa dimensione e questo pericolo nelle opere anti pelagiane di sant’Agostino.
…È chiaro, d’altronde, che la comparazione con le eresie pelagiana e gnostica intende solo evocare dei tratti generali comuni, senza entrare in giudizi sull’esatta natura degli antichi errori. Grande è, infatti, la differenza tra il contesto storico odierno secolarizzato e quello dei primi secoli cristiani, in cui queste eresie sono nate. Tuttavia, in quanto lo gnosticismo e il pelagianesimo rappresentano pericoli perenni di fraintendimento della fede biblica, è possibile trovare una certa familiarità con i movimenti odierni appena descritti.
Lungo tutto questo paragrafo troviamo un’analisi molto chiaro e ben fatto (Ladaria è patrologo!) della situazione teologica ed ecclesiologica antica ed attuale.
4. Sia l’individualismo neo-pelagiano che il disprezzo neo-gnostico del corpo sfigurano la confessione di fede in Cristo, Salvatore unico e universale
Dominus Iesus aveva affermato anche questa confessione di fede. PD non fa una proposizione mi si permetta di dire “combattiva”, ma indica e afferma quello che le posizioni avverse negano.
…la salvezza consiste nella nostra unione con Cristo, il quale, con la sua Incarnazione, vita, morte e risurrezione, ha generato un nuovo ordine di relazioni con il Padre e tra gli uomini, e ci ha introdotto in quest’ordine grazie al dono del suo Spirito, affinché possiamo unirci al Padre come figli nel Figlio, e diventare un solo corpo nel «primogenito tra molti fratelli» (Rom 8,29).
Siamo di fronte al nocciolo, alla parte centrale della lettera. La Salvezza ci viene da Cristo, Verbo di Dio incarnato, che ci fa uomini nuovi nello Spirito Santo, per riportarci al Padre.
          Parte III. Ogni uomo desidera essere salvato. La lettera PD analizza quali sono questi sentimenti e desideri dell’uomo.
5. …Ogni persona, a suo modo, cerca la felicità,… con la speranza della salute fisica, talvolta assume la forma dell’ansia per un maggior benessere economico, diffusamente si esprime mediante il bisogno di pace interiore e di una serena convivenza col prossimo…. anche il carattere di resistenza e di superamento del dolorela lotta di difesa dal male: dall’ignoranza e dall’errore, dalla fragilità e dalla debolezza, dalla malattia e dalla morte.
6. …Niente di creato può soddisfare del tutto l’uomo, perché Dio ci ha destinati alla comunione con Lui e il nostro cuore sarà inquieto finché non riposi in Lui.
Dio coglie il sentimento, il desiderio dell’uomo e gli offre la sua salvezza, nella comunione con Lui.
7. In conseguenza, la salvezza che la fede ci annuncia non riguarda soltanto la nostra interiorità, ma il nostro essere integrale. È tutta la persona, infatti, in corpo e anima, che è stata creata dall’amore di Dio a sua immagine e somiglianza, ed è chiamata a vivere in comunione con Lui.
La salvezza che ci viene dall’incarnazione di Cristo, riguarda tutto l’uomo, copro e anima. Questa è un’espressione fortemente anti pelagiana ma soprattutto anti gnostica.
          Parte IV.
8. In nessun momento del cammino dell’uomo Dio ha smesso di offrire la sua salvezza ai figli di Adamo (cf. Gen 3,15), stabilendo un’alleanza con tutti gli uomini in Noè (cf. Gen 9,9) e, più tardi, con Abramo e la sua discendenza (cf. Gen 15,18). La salvezza divina assume così l’ordine creaturale condiviso da tutti gli uomini e percorre il loro cammino concreto nella storia. Scegliendosi un popolo, al quale ha offerto i mezzi per lottare contro il peccato e per avvicinarsi a Lui, Dio ha preparato la venuta di «un Salvatore potente, nella casa di Davide, suo servo» (Lc 1,69). Nella pienezza dei tempi, il Padre ha inviato al mondo suo Figlio, il quale ha annunciato il regno di Dio, guarendo ogni sorta di malattie (cf. Mt 4,23). Le guarigioni operate da Gesù, nelle quali si rendeva presente la provvidenza di Dio, erano un segno che rinviava alla sua persona, a Colui che si è pienamente rivelato come Signore della vita e della morte nel suo evento pasquale. Secondo il Vangelo, la salvezza per tutti i popoli ha inizio con l’accoglienza di Gesù: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza» (Lc 19,9). La buona notizia della salvezza ha un nome e un volto: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva».
Tutto questo paragrafo è quasi un parallelo con l’anafora di Basilio Magno nella sua parte anamnetica: creazione, peccato, amore, redenzione in Cristo. Adamo, Noè, Abramo, profeti… fino a Cristo il Figlio di Dio[2].
9. La fede cristiana, lungo la sua secolare tradizione, ha illustrato, mediante molteplici figure, quest’opera salvifica del Figlio incarnato…. Considerando la prospettiva salvifica in senso discendente (a partire da Dio che viene a riscattare gli uomini), Gesù è illuminatore e rivelatore, redentore e liberatore, Colui che divinizza l’uomo e lo giustifica. Assumendo la prospettiva ascendente (a partire dagli uomini che si rivolgono a Dio), Egli è Colui che, quale Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, offre al Padre, in nome degli uomini, il culto perfetto…
E’ uno dei paragrafi più interessanti ed anche importanti della lettera. Presenta il doppio movimento della salvezza adoperata in Cristo: discendente (Dio che viene a riscattare l’uomo, quindi Cristo come rivelazione di questo Dio; divinizzazione dell’uomo) ed ascendente (desiderio di Dio da parte dell’uomo; quindi Cristo come pontifex che offre al Padre questo desiderio, quest’uomo). Analizza questo doppio movimento nella redenzione, quasi fosse il movimento/cammino dalla Quaresima alla Pasqua nella tradizione bizantina, dal paradiso perso al paradiso ritrovato. Nelle due prospettive il centro è sempre Cristo.
10. È chiaro, inoltre, che la salvezza che Gesù ha portato nella sua stessa persona non avviene in modo soltanto interiore. Infatti, per poter comunicare ad ogni persona la comunione salvifica con Dio, il Figlio si è fatto carne (cf. Gv 1,14). È proprio assumendo la carne (cf. Rom 8,3; Eb 2,14; 1 Gv 4,2), nascendo da donna (cf. Gal 4,4), che «il Figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo» e nostro fratello (cf. Eb 2,14). Così, in quanto Egli è entrato a far parte della famiglia umana, «si è unito, in certo modo, ad ogni uomo» e ha stabilito un nuovo ordine di rapporti con Dio, suo Padre, e con tutti gli uomini, in cui possiamo essere incorporati per partecipare alla sua stessa vita. In conseguenza, l’assunzione della carne, lungi dal limitare l’azione salvifica di Cristo, gli permette di mediare in modo concreto la salvezza di Dio per tutti i figli di Adamo.
PD torna al tema della centralità dell’incarnazione del Verbo di Dio. E’ una parafrasi di Ireneo di Lione.
11. In conclusione, …bisogna ricordare il modo in cui Gesù è SalvatoreCristo è Salvatore in quanto ha assunto la nostra umanità integrale e ha vissuto una vita umana piena, in comunione con il Padre e con i fratelli. La salvezza consiste nell’incorporarci a questa sua vita, ricevendo il suo Spirito (cf. 1 Gv 4,13).
Cristo ci salva per e mediante la sua incarnazione.
          Parte V. L’incarnazione del Verbo di Dio e la sua salvezza (la salvezza che ci viene per mezzo di essa), si trova, si manifesta nella Chiesa.
12. Il luogo dove riceviamo la salvezza portata da Gesù è la Chiesa, comunità di coloro che, essendo stati incorporati al nuovo ordine di relazioni inaugurato da Cristo, possono ricevere la pienezza dello Spirito di Cristo (cf. Rom 8,9). Comprendere questa mediazione salvifica della Chiesa è un aiuto essenziale per superare ogni tendenza riduzionista. La salvezza che Dio ci offre, infatti, non si ottiene con le sole forze individuali, come vorrebbe il neo-pelagianesimo, ma attraverso i rapporti che nascono dal Figlio di Dio incarnato e che formano la comunione della Chiesa. …la Chiesa è una comunità visibile: in essa tocchiamo la carne di Gesù, in modo singolare nei fratelli più poveri e sofferenti. Insomma, la mediazione salvifica della Chiesa, «sacramento universale di salvezza»[3], ci assicura che la salvezza non consiste nell’auto-realizzazione dell’individuo isolato, e neppure nella sua fusione interiore con il divino, ma nell’incorporazione in una comunione di persone, che partecipa alla comunione della Trinità.
Nella seconda parte di questo numero 12 troviamo sviluppato il tema della salvezza nelle e per mezzo della Chiesa di Cristo. “…questa mediazione salvifica della Chiesa”. La nota dell’edizione di PD cita San Tommaso, ma il tema si trova già in Cipriano di Cartagine e poi anche in Agostino.
13. La partecipazione, nella Chiesa, al nuovo ordine di rapporti inaugurati da Gesù avviene tramite i sacramenti, tra i quali il Battesimo è la porta, e l’Eucaristia la sorgente e il culmine. Si vede così, da una parte, l’inconsistenza delle pretese di auto-salvezza, che contano sulle sole forze umane. La fede confessa, al contrario, che siamo salvati tramite il Battesimo, il quale ci imprime il carattere indelebile dell’appartenenza a Cristo e alla Chiesa, da cui deriva la trasformazione del nostro modo concreto di vivere i rapporti con Dio, con gli uomini e con il creato (cf. Mt 28,19).
Il numero 13 sviluppa il tema della centralità dei sacramenti come “mediazioni” di salvezza nella Chiesa. Battesimo, penitenza, eucaristia.
14. Il corpo umano è stato modellato da Dio, il quale ha inscritto in esso un linguaggio che invita la persona umana a riconoscere i doni del Creatore e a vivere in comunione con i fratelli. Il Salvatore ha ristabilito e rinnovato, con la sua Incarnazione e il suo mistero pasquale, questo linguaggio originario e ce lo ha comunicato nell’economia corporale dei sacramenti. Grazie ai sacramenti i cristiani possono vivere in fedeltà alla carne di Cristo e, in conseguenza, in fedeltà all’ordine concreto di rapporti che Egli ci ha donato.
Questa espressione potrebbe essere il fondamento, la base di tutta l’ecologia cristiana. Quest’ordine di rapporti richiede, in modo particolare, la cura dell’umanità sofferente di tutti gli uomini, tramite le opere di misericordia corporali e spirituali.  L’economia sacramentale si apre a tutta la creazione.
Conclusione.
15. …nella fiducia che Dio può condurre verso la salvezza in Cristo «tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia». Mentre si dedica con tutte le sue forze all’evangelizzazione, la Chiesa continua ad invocare la venuta definitiva del Salvatore, poiché «nella speranza siamo stati salvati» (Rom 8,24). La salvezza dell’uomo sarà compiuta solo quando, dopo aver vinto l’ultimo nemico, la morte (cf. 1 Cor 15,26), parteciperemo compiutamente alla gloria di Gesù risorto, che porterà a pienezza la nostra relazione con Dio, con i fratelli e con tutto il creato. La salvezza integrale, dell’anima e del corpo, è il destino finale al quale Dio chiama tutti gli uomini.
Salvezza universale in Cristo. Questo punto conclusivo riprende la centralità dell’insegnamento cristiano sulla salvezza in Cristo, come è stato proposto dalla Dominus Iesus, nel linguaggio sempre mite, fermo della PD.


[2] “…Tu infatti, o buono, non hai respinto per sempre la creatura che avevi plasmata, né ti sei dimenticato dell'opera delle tue mani, ma, nella tua grande misericordia, l'hai visitata in molti modi. Hai mandato dei profeti, hai operato cose mirabili per mezzo dei tuoi Santi che in ogni generazione ti sono stati graditi… Quando poi è venuta la pienezza dei tempi, hai parlato a noi nel tuo stesso Figlio, per mezzo del quale hai fatto anche i secoli. Egli splendore della tua gloria ed impronta di Te medesimo, che tutto sostiene con la parola della sua potenza, non stimò un tesoro geloso l'essere uguale a Te, Dio e Padre; ma, pur essendo Dio eterno, è apparso su questa terra ed ha vissuto tra gli uomini ed incarnatosi dalla Santa Vergine, svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo, divenuto in tutto simile al nostro misero corpo, per renderci conformi all'immagine della sua gloria…”, cf., Anafora di San Basilio.
[3] Lumen Gentium 48.

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