“…vissero
insieme per molti anni e non litigarono mai…”.
Un
apoftegma dei padri del deserto dice: Due anziani vissero insieme per
molti anni e non litigarono mai. Disse allora uno all’altro: “Litighiamo anche
noi, come fanno gli altri uomini!”. E quello rispose al fratello: “Non so come
avvenga una lite”. Il primo disse: “Ecco io metto in mezzo una brocca e dico:
‘è mia’, e tu dici: ‘no, è mia’. È così che comincia una lite”. Misero dunque
nel mezzo una brocca e uno disse all’altro: “è mia”, e l’altro disse: “è mia”.
E il primo riprese: “Se è tua, prendila e và pure!”. E si separarono senza aver
trovato di che litigare l’un contro l’altro.
I testi
dei Padri del deserto sono sempre non soltanto attuali ma anche riescono a
toccare il punto centrale di una questione. “Due anziani vissero insieme per
molti anni e non litigarono mai…”. In
queste ultime settimane questo apoftegma mi è venuto in mente tante volte,
proprio nella frase: “…vissero insieme per molti anni e non
litigarono mai…”. Vedendo le
immagini e le notizie che arrivano dalla Catalogna, e trovandomi con delle
persone molto diverse per quanto riguarda le loro provenienze ed anche le loro idee
politiche, e che mi chiedono cosa penso del momento allo stesso tempo drammatico
e paradossale che si vive nella Catalogna, e quando loro mi domandano cosa farò
in quel ormai mitico primo ottobre, confesso che sento in me un senso strano, cioè
di disaggio, di disgusto, ma soprattutto di tristezza, come se senza preavviso
fossimo ritornati a quarant’anni fa oppure come se questi quarant’anni
trascorsi non fossero mai esistiti e adesso una voce fredda e cinica ci
dicesse: “guarda che stavi sognando… l’hai immaginato…. Noi siamo ancora qua…”.
Chi è, chi sono questi “noi”? Identifico questo “noi” non con una parte o con
l’altra ma con ambedue le parti in confronto in questo momento storico. Oso
dire questo “noi” non sono delle persone ma degli atteggiamenti di
intolleranza, di non dialogo, in fondo di intransigenza estrema. E
l’intransigenza estrema, che nella politica esiste e si manifesta sia nelle
posizioni estreme di destra che in quelle di sinistra, è fondamentalmente un
atteggiamento intollerante che genera sempre terrore, sfiducia, repressione.
Perché si è arrivato qua? In balia di
chi? Perché si ha l’impressione che gli interessi non sono né la Spagna né la
Catalogna bensì gli interessi di partito. Come ci si è arrivato? Di chi è la
colpa? (questa è la domanda esplicita o implicita che ci si pone sempre, e più
che mai in questi giorni). Come mai le forze dell’ordine che qualche settimana
fa intervennero a bloccare in tutti i modi possibili quel terribile atto di terrorismo
che colpì Barcelona nel suo passeggiare tranquillo nella serenità e nella
bellezza di Les Rambles, come mai le forze dell’ordine adesso sono viste, e non
dico percepite ma viste nelle immagini pubbliche nel loro intervento non
poliziale ma direi poliziesco, contro e dovendo bloccare / reprimere un popolo
che dialogante lo è stato sempre, un popolo che ha dei limiti come tutti, ma
che nei limiti ha sempre dialogato, accolto, e anche subìto. Un popolo pero, chiediamocelo
e diciamolo pure, anch’esso forse adesso manipolato, fino ad arrivare ad
atteggiamenti intolleranti ed aggressivi mai visti prima?
Più di quarant’anni fa, adolescente ancora, nella
clandestinità che richiedeva la repressione politica degli anni 70’, mi misi a
studiare per bene la mia lingua catalana, quasi fosse un ripulire e proteggere
un oggetto prezioso di famiglia che mi / ci identificava come popolo, e presi
il titolo di professore di lingua catalana, con dei corsi fatti privatamente in
orario extra scolare, (perché non si poteva sapere pubblicamente che facevo quei
corsi); e presi allora quel titolo per poter dopo, e lo feci fino all’ingresso
nel monastero, insegnare la lingua catalana, quasi a consegnare ai bambini e ai
giovani un oggetto prezioso che conteneva in se stesso l’identità di un popolo,
di una cultura, di una realtà nazionale. Ed insegnare per bene la lingua
catalana, e non soltanto per uno scopo magari morfologico, ortografico o
sintattico che fosse, ma con lo scopo di trasmettere a catalani e non catalani
(la scuola che dopo feci non escludeva assolutamente nessuno fosse o non
catalano) per trasmettere dicevo la lingua sì, ma soprattutto la cultura, la
tradizione di un popolo che sempre, e dico sempre, ha dialogato, è stato
aperto, non ha escluso nessuno. Non vorrei mai dover ricredermi su questo
carattere dialogante e sereno dei catalani, anche se ci arrivano delle immagini
che ci porterebbero a ricrederci. Ma no! Malgrado tutto il dialogo è sempre
possibile! E in questo dialogo necessario, il ruolo della cultura, della
lingua, della storia dovrebbe segnare il sentire ed il maturare della gioventù
della Catalogna oggi.
Racconto questi fatti non per fare l’apologia di un
popolo che è il mio, ma perché di fronte alla situazione attuale di
intolleranza, di non dialogo, di chiusura e diciamolo anche di manipolazione
ideologica e populista -demagogica!- a cui si è arrivato da ambedue le parti in
conflitto, torna in me la frase dell’apoftegma: “…vissero insieme per
molti anni e non litigarono mai…”. Il Vangelo di Gesù Cristo, su cui si
edifica la vita dei cristiani -e la vita dell’Europa, della Spagna e della
Catalogna ha le fondamenta nel Vangelo-, dovrebbe portarci -o averci portato- a
un fronte comune di valutazione e di messa in primo piano della cultura (la
storia, la lingua), dell’essere e della vita di un popolo, non manipolato né
manipolabile secondo gli interessi di qualsiasi ideologia o partito politico.
Parte
della mia famiglia erano contadini. E da piccolo avevo visto tanti greggi di
capre andare al pascolo. Tra di loro i maschi, per questioni territoriali e di
dominio sulle femmine, litigavano a colpi di testa l’uno contro l’altro. Colpi
così forti che nello scontro ambedue i contendenti rimanevano nel loro posto
senza retrocedere neanche un centimetro. Fino a quando uno dei due cedeva o avevano
ambedue la testa quasi fracassata. Quest’immagine mi sembra che non abbia
bisogno di spiegazioni o di commenti se la si applica al momento attuale che
stiamo vivendo.
“Due
anziani vissero insieme per molti anni e non litigarono mai…”. Sembra
un’utopia, un’impossibile tra gli uomini. Ma quei due anziani, monaci, vissero
secondo il Vangelo tutta la loro vita, ed il Vangelo guarisce, sana,
“evangelizza” il cuore dell’uomo e fa quel quasi miracolo: “…vissero insieme
per molti anni e non litigarono mai…”.
P.S. Scrivo queste note di post scriptum,
dopo i fatti gravissimi del primo ottobre e dei giorni successivi. Nelle pagine
precedenti ho cercato di mettere in guardia sugli atteggiamenti intolleranti
che generano sempre terrore, sfiducia, repressione… Guardando un
popolo -e non dico soltanto i catalani ma il popolo della Catalogna che ormai è
anche multietnico- che ha sempre dialogato, accolto, e anche subìto. E quel
primo ottobre il popolo di nuovo subì la violenza di quei manganelli che oltre
al dolore fisico riportavano a un dolore storico di più di quarant'anni fa.
E il primo ottobre non ha portato né
dialogo, né intesa. E, cosa più grave ancora, da colui che doveva essere al di sopra per essere così accanto a tutti, da chi tutti potevamo
-dovevamo- aspettare una parola di comunione, di pace, di serenità, abbiamo
sentito soltanto la durezza delle parole di condanna, e non condanna della
violenza, da qualsiasi parte essa venisse, ma la condanna di un popolo che
ancora oggi vuol dialogare.
Malgrado ciò, sono ancora e sempre
convinto che il Vangelo può guarire, sanare, “evangelizzare” il cuore dell’uomo
e fare quel quasi miracolo: “…vissero insieme per molti anni e non
litigarono mai…”.
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