La Natività della Madre
di Dio nella tradizione bizantina.
Oggi nasce la Madre
del Creatore di tutti.
La festa della natività della Madre di
Dio, il giorno 8 settembre, è celebrata nei calendari liturgici delle Chiese di
Oriente e di Occidente; poi parecchi dei tropari della tradizione bizantina per
questa festa sono entrati poi nell’ufficiatura romana odierna. Inoltre l’inizio
dell’anno liturgico bizantino il primo settembre, situa la festa della nascita
di Maria come la prima delle grandi feste, allo stesso modo che il 15 agosto,
la sua dormizione, diventa in qualche modo la conclusione, è l’ultima grande
festa dell’anno liturgico. La celebrazione dell’8 settembre è preceduta da un
giorno di pre festa il 7, e prosegue con alcuni giorni di celebrazione fino
alla vigilia dell’Esaltazione della Croce il 13 settembre. I testi liturgici
bizantini della festa già dal giorno vigiliare sottolineano la gioia per la
nascita di colei che diventa la Madre del Verbo incarnato. I titoli che i testi
danno a Maria quasi sempre vengono messi in parallelo con un titolo
cristologico dato al Verbo di Dio incarnato: “Con la
tua natività, o immacolata, sono sorti sul mondo i raggi spirituali della gioia
universale, che a tutti preannunciano il sole della gloria, Cristo Dio… La Vergine ricettacolo di Dio, la
Madre di Dio pura, il vanto dei profeti,
la figlia di Davide, nasce oggi da Gioacchino e da Anna la casta, e rovescia
col suo parto la maledizione di Adamo che ci colpiva… Tu sei stata Madre del Creatore di tutti”. Uno dei tropari della vigilia
mette insieme dodici titoli dati a Maria che vengono presi da diversi testi
veterotestamentari interpretati sempre in chiave cristologica e quindi anche mariologica:
l’immagine dei monti presa dai salmi, la mensa ed il candelabro dal libro dell’Esodo,
il trono da Isaia e Daniele, il roveto ardente infine ancora dal libro
dell’Esodo: “Gioisci, ricapitolazione dei mortali; gioisci,
tempio del Signore; gioisci, monte santo; gioisci, mensa divina; gioisci,
candelabro tutto luminoso; gioisci, vanto dei veri credenti, o venerabile; gioisci,
Maria, Madre del Cristo Dio; gioisci, tutta immacolata; gioisci, trono di
fuoco; gioisci, dimora; gioisci, roveto incombusto; gioisci, speranza di tutti”.
Uno dei tropari del vespro, ripetuto per
ben due volte, mette in evidenza il mistero, la teologia della festa odierna.
Per confermare la professione di fede nella vera incarnazione del Verbo eterno
di Dio, l’autore di questo tropario e di altri della stessa festa, Sergio
patriarca di Costantinopoli nel VII secolo, presenta in parallelo inseparabile
il cielo e la terra, la dimora di Dio e la dimora dell’uomo, la terra che
diventa per l’incarnazione del Verbo di Dio nel grembo di Maria pure essa
dimora del Dio vivente. Troviamo quindi il parallelo tra i due troni, i due
cieli, l’altro parallelo per contrasto con l’immagine della radice sterile da
cui germoglia la pianta che a sua volta genera l’autore della vita: “Oggi
Dio, che riposa sui troni spirituali, si è apprestato sulla terra un trono
santo; colui che ha consolidati i cieli con sapienza, nel suo amore per gli
uomini si è preparato un cielo vivente: perché da sterile radice ha fatto
germogliare per noi, come pianta portatrice di vita, la Madre sua. O Dio dei
prodigi, speranza dei disperati, Signore, gloria a te”.
Un secondo tropario, sempre dello stesso
Sergio di Costantinopoli, propone anche una lettura ecclesiologica della stessa
festa. Maria è il luogo dove si congiungono ineffabilmente le due nature nel
Verbo di Dio incarnato; la Chiesa diventa pure luogo della bellezza, diventa
essa pure tempio e talamo della divinità: “Venite, fedeli tutti, corriamo verso
la Vergine, perché ecco, nasce colei che prima di essere concepita in seno è
stata predestinata ad essere Madre del nostro Dio; il tesoro della verginità,
la verga fiorita di Aronne, che spunta dalla radice di Iesse, l’annuncio dei
profeti, il germoglio dei giusti Gioacchino e Anna nasce, e il mondo con lei si
rinnova. Essa è partorita, e la Chiesa si riveste del proprio decoro. Il
tempio santo, il ricettacolo della Divinità, lo strumento verginale, il talamo
regale nel quale è stato portato a compimento lo straordinario mistero della ineffabile
unione delle nature che si congiungono in Cristo: adorando lui, celebriamo
l’immacolata nascita della Vergine”.
L’anno
liturgico bizantino che si svolge tra le due grandi feste della Madre di Dio:
la sua nascita e la sua dormizione. La vita stessa di Maria, che percorre il
mistero di Cristo; la vita stessa della Chiesa che lo annuncia e lo celebra
anche. Quello che avviene nella vita di Maria avverrà anche nella vita della
Chiesa: “Oggi le porte sterili si aprono e ne esce la
divina porta verginale. Oggi la grazia comincia a dare i suoi frutti, manifestando
al mondo la Madre di Dio, per la quale le cose terrestri
si uniscono a quelle celesti, a salvezza delle anime nostre… Oggi è il preludio della gioia
universale. Oggi cominciano a spirare le aure che preannunciano la salvezza. La
sterilità della nostra natura è finita, perché la sterile diventa madre di
colei che resta vergine dopo aver partorito il Creatore, di colei dalla quale
colui che è Dio per natura assume ciò che gli è estraneo, e, con la carne, per
gli sviati opera la salvezza”.
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