domenica 3 settembre 2017

La Natività della Madre di Dio nella tradizione bizantina.
Oggi nasce la Madre del Creatore di tutti.
La festa della natività della Madre di Dio, il giorno 8 settembre, è celebrata nei calendari liturgici delle Chiese di Oriente e di Occidente; poi parecchi dei tropari della tradizione bizantina per questa festa sono entrati poi nell’ufficiatura romana odierna. Inoltre l’inizio dell’anno liturgico bizantino il primo settembre, situa la festa della nascita di Maria come la prima delle grandi feste, allo stesso modo che il 15 agosto, la sua dormizione, diventa in qualche modo la conclusione, è l’ultima grande festa dell’anno liturgico. La celebrazione dell’8 settembre è preceduta da un giorno di pre festa il 7, e prosegue con alcuni giorni di celebrazione fino alla vigilia dell’Esaltazione della Croce il 13 settembre. I testi liturgici bizantini della festa già dal giorno vigiliare sottolineano la gioia per la nascita di colei che diventa la Madre del Verbo incarnato. I titoli che i testi danno a Maria quasi sempre vengono messi in parallelo con un titolo cristologico dato al Verbo di Dio incarnato: “Con la tua natività, o immacolata, sono sorti sul mondo i raggi spirituali della gioia universale, che a tutti preannunciano il sole della gloria, Cristo Dio… La Vergine ricettacolo di Dio, la Madre di Dio pura, il van­to dei profeti, la figlia di Davide, nasce oggi da Gioac­chi­no e da Anna la casta, e rovescia col suo parto la male­dizione di Adamo che ci colpiva… Tu sei stata Madre del Creatore di tutti”. Uno dei tropari della vigilia mette insieme dodici titoli dati a Maria che vengono presi da diversi testi veterotestamentari interpretati sempre in chiave cristologica e quindi anche mariologica: l’immagine dei monti presa dai salmi, la mensa ed il candelabro dal libro dell’Esodo, il trono da Isaia e Daniele, il roveto ardente infine ancora dal libro dell’Esodo: “Gioisci, ricapitolazione dei mortali; gioisci, tempio del Signore; gioisci, monte santo; gioisci, mensa di­vina; gioi­sci, candelabro tutto luminoso; gioisci, vanto dei veri cre­denti, o venerabile; gioisci, Maria, Ma­dre del Cristo Dio; gioi­­sci, tutta immacolata; gioisci, trono di fuoco; gioisci, dimora; gioisci, roveto in­combusto; gioisci, speranza di tutti.
Uno dei tropari del vespro, ripetuto per ben due volte, mette in evidenza il mistero, la teologia della festa odierna. Per confermare la professione di fede nella vera incarnazione del Verbo eterno di Dio, l’autore di questo tropario e di altri della stessa festa, Sergio patriarca di Costantinopoli nel VII secolo, presenta in parallelo inseparabile il cielo e la terra, la dimora di Dio e la dimora dell’uomo, la terra che diventa per l’incarnazione del Verbo di Dio nel grembo di Maria pure essa dimora del Dio vivente. Troviamo quindi il parallelo tra i due troni, i due cieli, l’altro parallelo per contrasto con l’immagine della radice sterile da cui germoglia la pianta che a sua volta genera l’autore della vita: “Oggi Dio, che riposa sui troni spirituali, si è apprestato sulla terra un trono santo; colui che ha con­so­lidati i cieli con sapienza, nel suo amore per gli uomini si è preparato un cielo vivente: perché da sterile radice ha fat­to germogliare per noi, come pianta portatrice di vita, la Madre sua. O Dio dei prodigi, speranza dei disperati, Signore, gloria a te.
       Un secondo tropario, sempre dello stesso Sergio di Costantinopoli, propone anche una lettura ecclesiologica della stessa festa. Maria è il luogo dove si congiungono ineffabilmente le due nature nel Verbo di Dio incarnato; la Chiesa diventa pure luogo della bellezza, diventa essa pure tempio e talamo della divinità: “Venite, fedeli tutti, corriamo verso la Vergine, per­ché ec­co, nasce colei che prima di essere concepita in seno è stata predestinata ad essere Madre del nostro Dio; il tesoro della verginità, la verga fiorita di Aron­ne, che spunta dalla radice di Iesse, l’annuncio dei profeti, il germoglio dei giusti Gioacchino e Anna nasce, e il mondo con lei si rin­nova. Essa è partorita, e la Chiesa si riveste del proprio de­co­ro. Il tempio santo, il ricettacolo della Divinità, lo stru­mento verginale, il talamo regale nel quale è stato portato a compimento lo straordinario mistero della ­inef­fabile unione delle nature che si congiungono in Cristo: adorando lui, celebriamo l’immacolata nascita della Vergine”.
         L’anno liturgico bizantino che si svolge tra le due grandi feste della Madre di Dio: la sua nascita e la sua dormizione. La vita stessa di Maria, che percorre il mistero di Cristo; la vita stessa della Chiesa che lo annuncia e lo celebra anche. Quello che avviene nella vita di Maria avverrà anche nella vita della Chiesa: “Oggi le porte sterili si aprono e ne esce la divina por­ta ver­ginale. Oggi la grazia comincia a dare i suoi frutti, manifestando al mondo la Madre di Dio, per la quale le cose ter­restri si uniscono a quelle celesti, a salvezza delle anime nostre… Oggi è il preludio della gioia universale. Oggi cominciano a spirare le aure che preannunciano la salvezza. La sterilità della nostra natura è finita, perché la sterile diventa madre di colei che resta vergine dopo aver partorito il Creatore, di colei dalla quale colui che è Dio per natura assume ciò che gli è estraneo, e, con la carne, per gli sviati opera la sal­vezza”.


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