sabato 29 agosto 2015

L’inizio dell’anno liturgico nella tradizione bizantina.
Oggi la creazione canta la discesa di Dio tra gli uomini.
          La giornata di preghiera per la cura del creato, indetta per il 1 settembre da papa Francesco, coincide, nella tradizione liturgica bizantina, con l’inizio dell’anno liturgico. Nella centralità della Pasqua, che per tutte le Chiese cristiane di Oriente e di Occidente è la festa più antica e più importante ed è all’origine delle altre feste liturgiche, la tradizione bizantina ha fissato in questo primo giorno di settembre l’inizio del ciclo delle grandi feste e più precisamente dell'anno liturgico. È il mese delle ultime raccolte e dell’inizio della preparazione per un nuovo ciclo della vegetazione; ed è un momento propizio quindi per ringraziare Dio per la sua provvidenza verso tutta la creazione e soprattutto per l’opera della sua redenzione in Cristo. E in questo stesso senso la celebrazione di questo inizio di anno celebra Cristo, Figlio e Verbo di Dio, incarnatosi per portare tutte le cose all’unità e riconciliare tutti gli uomini in se stesso. Vorrei proporre di vedere questo mistero centrale della nostra fede a partire da due momenti liturgici della tradizione bizantina: in primo luogo le odi (cantici biblici e poetici) del cànone del mattutino delle domeniche; e quindi la festa del 1 settembre. Nello stesso 1 settembre la Chiesa bizantina celebra la festa di san Simeone Stilita, vissuto in Siria nel V secolo come monaco e solitario su una colonna.
          La tradizione bizantina, nel suo canto alla creazione, che è opera delle mani del Signore, parte dal misero della morte e risurrezione di Cristo, che è visto come una nuova creazione, un riportare l’uomo, creato a immagine di Dio, alla sua primitiva bellezza. Le odi domenicali negli otto toni in cui esse si dividono nella tradizione bizantina, sono dei testi che risalgono direttamente a san Giovanni Damasceno (VIII sec.), oppure a lui vengono attribuiti. Mi soffermo soltanto in alcuni tropari delle odi settima ed ottava di questi testi domenicali, odi poetiche che commentano appunto i cantici veterotestamentari di Dn 3,16-24;e Dn 3,57-88. Sono dei testi che mettono in luce come la lode della creazione intera sgorga dalla passione, morte e risurrezione di Cristo, mistero che rinnova l’uomo e la creazione intera: “Tu che col tuo volere fai tutte le cose e le trasformi, e con la tua passione volgi l’ombra di mor­te in vita eterna, o Verbo di Dio, noi tutte, opere tue, incessantemente quale Signore ti celebriamo e ti sovresaltiamo per tutti i secoli… Dal tuo fianco trafitto le gocce di sorgente divina del tuo sangue vivificante, o Cristo, stillando a terra conforme all’economia hanno riplasmato i nati dalla terra…”. Ulteriormente viene sottolineato come è nel grembo di Maria, quasi un nuovo paradiso e una nuova fornace, dove l’uomo in Cristo viene riplasmato e ricreato: “Noi fedeli ti contempliamo, o Madre di Dio, quale spirituale fornace: come salvò i tre fanciulli, così colui che è sovresaltato ha interamente riplasmato me, l’uo­mo, nel tuo grembo, lui, il Dio dei padri…”. Ed è quindi la la creazione stessa che diventa partecipe, con l’umanità, al mistero della redenzione; il velo del tempio si squarcia di fronte alla croce di Cristo ed il sole si oscura e si avvolge di tenebra di fronte alla passione di Cristo. La tomba di Cristo, infine, diviene più bella dal paradiso stesso: “La tua tomba, sorgente della nostra risurrezione, o Cristo, si è rivelata portatrice di vita, più bella del paradiso, più splendete di qualsiasi talamo regale”. Il mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio, la “discesa di Dio” come la canta la liturgia bizantina, è la causa e la sorgente della lode degli angeli dei fanciulli nella fornace, immagine dell’umanità e di tutta la creazione: “Il glorioso annientamento, la divina ricchezza della tua povertà, o Cristo, rende attoniti gli angeli che ti vedono inchiodato sulla croce… Il fuoco ebbe paura un giorno a Babilonia di fronte alla discesa di Dio. Per questo i fanciulli, quasi danzando in un prato, salmeggiano: Benedetto tu, o Dio, Dio dei padri nostri”.
          Per quanto riguarda l’inizio del nuovo anno liturgico bizantino, i testi della liturgia di questo giorno mettono in risalto diversi aspetti. In primo luogo il nuovo anno è visto come una nuova creazione e quindi si mette in evidenza la figura di Cristo come creatore; la benedizione di Cristo sul nuovo anno è vista come l’azione della sua mano creatrice e provvidente sul mondo e sulla Chiesa stessa: “Tu che hai creato l’universo con sapienza, Verbo del Padre che sei prima dei secoli, e formato tutta la creazione con la tua parola onnipotente, benedici la corona dell’anno della tua benignità… Creatore e Sovrano dei secoli, Dio dell’universo, benedici questo ciclo annuale… Tu, congiunto al santo Spirito, Verbo senza principio e Figlio, con lui creatore e artefice di tutte le cose vi­si­bili e invisibili, benedici la corona dell’anno… per intercessione della Madre-di-Dio e di tutti i tuoi santi…”. Alcuni dei testi liturgici riecheggiano la pericope evangelica di Lc 4,16-22 e introducono anche il tema di Cristo come maestro per la sua Chiesa: “Tu che un tempo sul monte Sinai hai scritto le tavole della Legge, tu stesso, nella carne,  hai ricevuto a Nazareth un li­bro profetico da leggere, o Cristo Dio, e apertolo insegna­vi ai popoli che in te si era compiuta la Scrittura”. Sulla scia della figura di Cristo maestro, i testi indicano come lo è anche nella preghiera della Chiesa: “Appresa la preghiera dal divino insegnamento a noi impartito da Cristo stesso, gridiamo ogni giorno al Creatore: Padre nostro, che dimori nei cieli, donaci il pane quotidiano, senza far conto delle n­o­stre colpe”. Quindi alcuni dei testi dell'ufficiatura ancora invocano la protezione del Signore per tutta la creazione da lui fatta: “Tu, o Re, tu che sei e rimani per i secoli senza fine, ricevi la preghiera dei peccatori che chiedono salvezza, e concedi, o amico degli uomini, fertilità alla tua terra, donando climi temperati, per l’intercessione della Madre di Dio… Artefice di tutto il creato, che hai posto in tuo potere tempi e momenti, benedici la corona dell’anno della tua benignità, Signore, custodendoci nella pace…”.
          I Padri della Chiesa, da Oriente ad Occidente, da Efrem a Basilio al Crisostomo ad Ambrogio e ad Agostino, contemplando e cantando il mistero della creazione, cantano Colui che ne è l’Artefice; la voce dei Padri diventa la lira della lode al Creatore, e all’opera delle sue mani, di cui ne è la primizia l’uomo fatto a sua immagine e somiglianza, che per la passione, morte e risurrezione di Cristo viene riportato alla primitiva bellezza, viene ricondotto alla pace e la riconciliazione con il suo Creatore, con il creato e con l’altro, suo fratello, come lo canta il Damasceno la notte pasquale: “Giorno della risurrezione! Irradiamo gioia per questa festa solenne e abbracciamoci gli uni gli altri. Chiamiamo fratelli anche quelli che ci odiano: tutto perdoniamo per la risurrezione, e poi acclamiamo: Cristo è risorto dai morti, con la morte ha calpestato la morte, ed ai morti nei sepolcri ha elargito la vita”.


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