La Dormizione di Maria
nell’innografia siro orientale.
Oggi il cielo dei
cieli la canta sorella
La tradizione siro orientale, a cui
appartengono la Chiesa Assira e la Chiesa Caldea, ha dei testi innografici
notevoli per le feste della Santissima Vergine Maria. Molti di questi testi, in
forma innorafica, sono entrati nei libri liturgici per le diverse festività, e
specialmente gli inni di Giorgio Warda, autore vissuto tra a fine del XII e
l’inizio del XIII secolo ad Arbela, nell’attuale Iraq. Il nome Warda (che
significa rosa in siriaco) è un soprannome legato alla raccolta delle sue
composizioni poetiche nei libri liturgici siro orientali. Si tratta di poemi
teologici e omelie metriche per le feste liturgiche del Signore, della Vergine
Maria e dei santi. In due dei suoi inni dedicati a Maria, troviamo approfondito
il tema del suo transito in cielo. Sono dei testi in cui l’autore medita il
mistero di Maria, vergine e madre di Cristo Redentore dell’uomo. Queste righe,
ispirate ai testi di una delle tradizioni teologiche e liturgiche del prossimo
Oriente cristiano, vogliono essere anche una forma di preghiera e di vicinanza
umana e cristiana a tanti cristiani della tradizione siro orientale e delle
altre tradizioni cristiane sofferenti e martirizzati nei nostri giorni in
Oriente ed ovunque.
Giorgio inizia tutti e
due i suoi inni applicando a Maria tutta una serie di titoli cristologici e
quindi mariologici presi dai testi e dai fatti veterotestamentari: “Se io la chiamassi
(Maria) terra, sarei un insensato, perché so che lei non ha chi le somigli
sulla terra… La potrei paragonare al giardino i cui quattro fiumi, ai quattro
angoli, si dividevano? Ma la sorgente che scorreva dal paradiso non ha salvato
nessuno… Da Maria invece è zampillata una fonte, che quattro bocche hanno
sparso, la quale inebriò tutta la terra…”. E quindi Giorgio prosegue il suo
paragone esegetico trattenendosi su alcune figure e personaggi presi dal libro
della Genesi, cioè l’albero, l’arca, la roccia, il roveto: “Lei è l’albero
stupendo che produsse il frutto meraviglioso… Lei è l’arca fatta di carne in
cui si riposò il vero Noè… Lei è la figlia di Abramo che Adamo prevedeva in
figura; portò il figlio e Signore di Abramo… Lei è la roccia donde sorse una
fonte… Lei è il roveto prodigioso arso dal fuoco, in cui abitò per nove mesi il
fuoco incandescente…”.
Nella parte centrale di
ambedue gli inni, il poeta canta il mistero della morte di Maria. Seguendo la
tradizione degli apocrifi, Giorgio descrive si potrebbe dire tutta la liturgia celebrata
nella piena comunione tra il cielo e la terra. In primo luogo descrive la
presenza, quasi vedendo e contemplando la rappresentazione iconografica della
festa, di tutti i personaggi venuti dal cielo per celebrare Maria nel suo
transito: “Nel giorno della separazione del corpo dalla gloriosa anima, gli
angeli solennemente si precipitarono dal cielo per rendere omaggio a lei…, dal
seno della quale zampillava la vita per tutto il genere umano! Gli angeli
vennero dall’alto, i profeti risuscitarono, gli apostoli venero dai quattro
venti per celebrare la sua gloria”. Quasi facendo un parallelo tra la morte e risurrezione
di Cristo, e quella di sua Madre, Giorgio Warda canta la pasqua di Maria facendovi
presente anche la figura di Adamo e della sua discendenza: “Venne Adamo, che
era stato ucciso dalla moglie, per vedere l’esaltazione di sua figlia. Vennero Israele
e gli antenati, Isaia e i suoi compagni… I profeti assieme ai patriarchi, gli
apostoli con i pastori… Durante la sua vita visse morta al mondo e, morendo,
richiamò i morti alla vita. I profeti sono usciti dai loro sepolcri, ed i
patriarchi dalle loro tombe…”. E seguendo la descrizione quasi iconografica
prosegue: “Lei fu portata sulle nubi ed esaltata fra gli spiriti, per ricevere
la lode immortale per tutta l’eternità”. E l’autore si trattiene quasi in ogni
dettaglio a descrivere la liturgia che è celeste e terrestre allo stesso tempo,
attorno al transito di Maria; liturgia celebrata dagli angeli e dagli uomini,
dai profeti e dagli apostoli, dalla creazione intera, a lode di Maria e di
Cristo stesso; sono delle strofe in cui Giorgio adopera delle immagini molto
belle e toccanti come quella della pioggia che invidia il grembo di Maria: “Il
firmamento e le nubi piegarono le ginocchia, ed i fulmini si unirono ai tuoni
per irradiare il suo splendore e diffondere la gloria di suo Figlio. La pioggia
e la rugiada invidiarono il suo grembo perché, mentre loro nutrono solo semi
della terra, esso ebbe l’onore di nutrire il Creatore dei semi. Le stelle la
adorarono, il sole e la luna si inchinarono davanti a lei. Il cielo la proclamò
beata, il cielo dei cieli la professò sorella”. Quindi a partire dalla descrizione
fatta nella tradizione apocrifa della festa, il poeta, accanto alla liturgia
celeste colloca anche quella terrestre, con la presenza dei Dodici accanto al
letto funebre di Maria: “Fra gli apostoli alcuni erano già morti, gli altri
erano in vita ma lontani. I morti sono risuscitati, e quelli lontani si assembrarono,
alla sua morte”. Liturgia celeste e terrestre celebrata dagli angeli e dagli
apostoli che diventano, con Maria, intercessori per tutti gli uomini: “Gli
apostoli, in processione, portarono il suo corpo, i profeti ed i sacerdoti
scortarono la sua bara. Gli angeli intrecciarono corone e le bocche ignee le
resero omaggio. E nel momento del suo transito, la sua intercessione venne in
aiuto agli afflitti. I malati e le anime sofferenti furono esauditi all’invocazione
del suo grande nome”.
E Giorgio Warda conclude
il secondo dei suoi inni con una lunga serie di beatitudini a Maria, che sono
un canto all’incarnazione in lei del Verbo di Dio: “Beata sei, o Vergine
fidanzata, o donna che hai generato un figlio… Beata sei, o madre senza padre,
il cui Figlio non ebbe padre tra i mortali! Beata sei, o terra, nella quale si
formò e in cui abitò, incarnandosi, il Dio di Adamo. Beata sei, o città dell’Altissimo
e tabernacolo del Figlio del Creatore. Beata sei, o cielo terrestre che hanno
invidiato le acque di sopra i cieli. Beata sei, tu, per la quale fu ristabilita
per Adamo e la sua discendenza la salvezza eterna!”.
E come troviamo spesso
tra gli innografi cristiani, anche Giorgio chiede alla fine dei suoi inni l’intercessione
e la preghiera di Maria: “Per me, che sono di tutti gli uomini il più
peccatore, e per tutto il popolo che celebra la Tua festa, chiedi il perdono e
la remissione dei peccati, o Tu, il cui Figlio regna nella gloria eterna. Amen”.
Bello e interesante,desde Argentina un abrazo padre Manell
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