martedì 11 novembre 2025

 

Iconostasi. Cattedrale della Santissima Trinità. Atene


“…fidanzata allo Spirito, spo­sata a Dio Padre…”

A proposito di alcuni titoli cristologici dati alla Madre di Dio in Oriente

 

Quando nel 431 il concilio di Efeso diede a Maria il titolo cristologico di Madre di Dio (Θεοτόκος), confermò la professione di fede nella vera incarnazione del Verbo eterno di Dio, un titolo -Madre di Dio (Θεοτόκος)- che già qualche testo liturgico e autore precedente aveva adoperato per indicare questo mistero centrale della nostra fede. Titolo cristologico e titolo mariologico, e questo doppio aspetto sarà una dimensione che lungo la storia delle Chiese e delle liturgie cristiane troveremo, specialmente nei testi delle celebrazioni liturgiche che sono, appunto, lex orandi e lex credendi.

In queste pagine, vorrei brevemente presentare una riflessione, quasi soltanto un percorso di lettura di testi liturgici orientali in cui troviamo, esento di qualsiasi polemica, lo svolgersi e direi la contemplazione di quella che è la fede delle Chiese cristiane di Oriente e di Occidente: il Figlio e Verbo di Dio, per noi uomini e per la nostra salvezza, si è incarnato e si è fatto uomo, dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria. E di questa professione di fede, i titoli cristologici e mariologici allo stesso tempo, ne sono una manifestazione orante. Presento quindi, a modo di campione, alcuni dei titoli che l’Oriente cristiano dà alla Madre di Dio nei diversi testi liturgici.

21 novembre: Ingresso della Madre di Dio nel tempio.

Le diverse tradizioni liturgiche cristiane, sia di Oriente che di Occidente, celebrano come una grande festa il giorno 21 novembre, festa che porta come titolo: “Ingresso della Madre di Dio nel tempio”, ed è una festa che ha un’origine legata alla dedicazione di una chiesa nella Città Santa di Gerusalemme. Molti degli aspetti della festa, presenti nei testi liturgici, provengono dal Protovangelo di Giacomo, un apocrifo che ha un influsso notevole su diverse feste liturgiche sia in Oriente che in Occidente. L’Ingresso della Madre di Dio nel tempio è una festa che ci offre la possibilità di meditare e riflettere sul mistero centrale della nostra fede cristiana, cioè l’incarnazione dell’eterno Figlio e Verbo di Dio.

         Vorrei passare in rassegna alcuni dei titoli che troviamo riferiti alla Madre di Dio nei testi liturgici di questa festa, e mettere in rilievo che i titoli dati a Maria nelle liturgie cristiane sono sempre dei titoli in rapporto con Cristo e in riferimento al mistero dell’incarnazione, e quindi anche alla Madre di Dio. Il titolo che troviamo più presente, e che nasce dalla stessa festa celebrata, è quello di “tempio di Dio”. Maria bambina, portata, introdotta nel tempio di Dio, diventa, per l’incarnazione, essa stessa tempio del Dio vivente. In questo contesto, troviamo riferimenti non soltanto di carattere cristologico ma anche di carattere trinitario:

“… la Madre di Dio, che è tempio di Dio, …è introdotta nel tempio…. …tu hai generato al mondo il Verbo, pane di vita: come suo tempio eletto e tutto imma­colato, fosti mi­sti­camente fidanzata allo Spirito, spo­sata a Dio Padre”.

         La dimensione sponsale che in Maria prende il mistero dell’incarnazione fa che la liturgia gli dia titoli che ci avvicinano alla simbologia dello sposalizio: “…fidanzata allo Spirito…, sposata a Dio Padre”. Un altro dei tropari ancora recita: “Dopo la tua nascita, o Sovrana sposa di Dio, sei giunta nel tempio del Signore”. La dimensione sponsale di Cristo in riferimento a Maria e alla Chiesa la troviamo poi presente in altri testi della stessa tradizione bizantina. Specialmente nelle liturgie della Settimana Santa, Cristo è presentato come “Sposo”: “Ecco lo Sposo viene nel bel mezzo della notte…” (tropario del Lunedì Santo). Le nozze di Cristo Sposo con la Chiesa, con l’anima di ogni cristiano avvengono quindi nel talamo, nella camera nuziale che è la sua croce: “Vedo, o mio Salvatore, il tuo talamo adorno, e non ho la veste per entrarvi. Fa risplendere la veste dell’anima mia, o datore di luce, e salvami” (tropario della Settimana Santa). La dimensione sponsale porta anche a presentare Maria come “sposa”, sempre strettamente vincolata al mistero dell’incarnazione: “Gioisci, sposa senza nozze” (Inno Akathistos).

“Il Creatore di tutte le cose, l’Artefice e Sovrano, pie­gan­dosi con ineffabile compassione, solo per il suo amore per gli uomini, ha avuto pietà di colui che con le sue mani aveva formato e che vedeva caduto, e si è compiaciuto di rialzarlo, riplasmandolo in modo più divino, con il proprio annientamento…. Egli prende pertanto Maria, vergine e pura, come mediatrice del mistero, per assumere da lei, secondo il suo disegno, ciò che è nostro: essa è celeste dimora”.

L’incarnazione, l’annientamento di Dio -nel tropario citato il riferimento a Fil 2 è evidente-, è per l’uomo caduto una nuova creazione di cui Maria diventa mediatrice in quanto offre a Dio la nostra natura umana: “Egli prende pertanto Maria, vergine e pura, come mediatrice del mistero, per assumere da lei, secondo il suo disegno, ciò che è nostro…”.

Piena di gioia, Anna degna di ogni lode esclamava: Ri­cevi, Zaccaria, colei che i profeti di Dio hanno annun­ciato nello Spirito; introducila nel tempio santo, per essere san­tamente allevata e così divenire divino trono del So­vrano dell’universo, sua reggia e lettiga, sua fulgida dimora”.

Anna, vera grazia divina, conduce con gioia al tem­pio del Dio la pura sempre Vergine… e dice: Va’, figlia, a colui che a me ti ha data: sii dono votivo e profumo di soave odore. Entra nei penetrali, apprendi i mi­ste­ri e preparati a divenire amabile e splendido taberna­co­lo di Gesù…”.

         Questi due tropari mettono in bocca di Anna, la madre di Maria, quasi una professione di fede nell’incarnazione del Figlio e Verbo di Dio.

         La liturgia bizantina, anche quella di tradizione siriaca, spesso si serve di immagini cristologicamente contrastanti: “…celebriamo spiritualmente una festa solenne, e piamente accla­miamo la Vergine, figlia di Dio e Madre di Dio, che viene condotta al tempio del Signore”. Tropari di altre feste liturgiche useranno ancora questo linguaggio cristologicamente per via di contrasto: “Cristo …nato dal Padre senza madre, nato dalla Madre senza padre”.

         Nel contesto della celebrazione del mistero pasquale di Cristo, troviamo nelle tradizioni orientali, anche il titolo di “agnella” dato alla Madre di Dio.

Vedendoti inchiodato alla croce, Signore, l’agnella, la Madre tua, sbigottita gridava: Che è questa visione, Figlio amatissimo?... L’agnella, vedendo sulla croce te, il suo agnello, trafitto dai chiodi, atrocemente sconvolta gemeva e tra le lacrime diceva: In quale modo muori, Figlio mio, per voler lacerare il documento scritto del debito del primo creato, Adamo, e riscattare dalla morte tutto il genere umano!... Agnella che hai partorito l’agnello immacolato venuto a sanare, o tutta pura, il peccato del mondo intero con il suo proprio sangue…: rivesti me, spoglio della divina incorruttibilità, del manto della divina grazia fatto con la lana del tuo agnello”.

         Maria, con l’immagine dell’agnella è associata al sacrificio di Cristo, in un contesto chiaramente cristologico che, nel tropario ora citato ha inoltre una dimensione anche ecclesiologica: “…rivesti me, spoglio della divina incorruttibilità, del manto della divina grazia fatto con la lana del tuo agnello”. Il cristiano, per mezzo dei sacramenti ricevuti nella Chiesa, è rivestito con la “lana” dell’agnello che è Cristo.

 

I titoli dati a Maria nelle diverse Chiese cristiane di Oriente e di Occidente suppongono una lettura in chiave allegorica dei testi veterotestamentari, seguendo la tradizione cristiana dai primi secoli fino ai nostri giorni. Nelle liturgie cristiane troviamo molti testi che danno a Maria dei titoli cristologici a partire da testi veterotestamentari. Ad esempio, molti versetti dei salmi, del salmo 44 ad esempio, ed i testi profetici, specialmente Is 7, Ezechiele 44 ed altri, vengono letti in chiave cristologica.

“Aprirò la mia bocca, si colmerà di Spirito, e proferirò un discorso per la regina Madre (salmo 44,2-10): mi mostrerò gioio­samente in festa e canterò lieto il suo ingresso nel tempio”.

“La porta gloriosa, inaccessibile ai pensieri (Ez 44,1ss), var­cate le porte del tempio di Dio, ci invita ora a riunirci per godere del­le sue divine meraviglie”.

“Gridalo, o Davide, che cos’è questa festa? Non è per colei che un tempo hai celebrata nel libro dei salmi come divina figlia di Dio e vergine? Per la quale hai detto: Saranno misticamente condotte al re le vergini dietro di lei e le sue compagne? (salmo 44,15)...”.

“Il monte adombrato che un tempo Abacuc vide e preannunciò (Ab 3,3), entrando nei penetrali del tempio è tutto fio­rito di virtù e ha ricoperto della sua ombra i confini della terra… …o Cristo, dalla Vergine sei germo­gliato (Is 11,1), dal bo­scoso monte adombrato (Ab 3,3), o degno di lo­de: sei venuto in­car­nato da una Vergine ignara d’uo­mo, tu, immateriale e Dio”.

         Infine, diversi dei tropari della tradizione liturgica bizantina, raccolgono, quasi intessendole tra di esse, delle citazioni veterotestamentarie lette in chiave cristologica e mariologica:

Meravigliosamente, o pura, la Legge ti ha prefi­gurata come tenda e urna divina, come singolare ar­ca, velo e ver­ga, tempio indissolubile e porta di Dio; e ci insegna così ad acclamare: O Vergine pura, veramente tu sei elevata al di sopra di ogni creatura…. …un tempo l’assemblea dei profeti ha preannunciato come urna, verga, tavola della Leg­ge e mon­tagna non tagliata, Maria, la divina fanciulla, con fede celebriamo: perché oggi è introdotta nel santo dei santi per esservi allevata per il Signore”.

 

         Severo di Antiochia e Giorgio Warda.

         Quasi a modo di appendice di questo percorso rapido sui testi liturgici, propongo due esempi di autori cristiani che parlano della Madre di Dio: Severo, patriarca anti calcedoniano di Antioquia nel VI secolo, e Giorgio Warda, autore siro orientale del XIII secolo.

         Di Severo, accenno all’Omelia Cattedrale XIV, predicata nel primo anno di episcopato ad Antiochia, il 2-3 febbraio 513. In essa Severo sottolinea come si debbano onorare i profeti, gli apostoli e i martiri in quanto essi hanno contribuito all’economia di Cristo: “I profeti hanno preannunciato il mistero, gli apostoli hanno confermato il mistero, i martiri hanno confessato il mistero”. E prosegue affermando che “la Madre di Dio è profetessa, apostolo e martire. È la profetessa annunciata da Isaia, è Madre di Dio, Vergine, che genera l’Emmanuele”, e qua Severo applica la profezia di Isaia a Maria in un contesto cristologico. “Maria è anche apostolo; essa è con gli apostoli (Atti 1,14); essa annuncia anche per mezzo della sua concezione verginale. Infine è anche martire a causa del giudizio temerario di Giuseppe, della fuga in Egitto a causa di Erode”. La stessa festa del 21 novembre, di cui sopra, ha un tropario che quasi riecheggia quanto detto da Severo: “Tu, annuncio dei profeti, gloria degli apostoli, vanto dei martiri e rinnovamento di tutti i mortali… Noi onoriamo dun­que il tuo arrivo nel tempio del Signore…”.

          Giorgio Warda è uno dei principali innografi della tradizione ecclesiale e liturgica siro orientale, vissuto tra a fine del XII e l’inizio del XIII secolo ad Arbela, nell’attuale Iraq. Il nome Warda (che significa rosa in siriaco) è un soprannome legato alla raccolta delle sue composizioni poetiche presenti nei libri liturgici siro orientali. Presento brevemente un frammento di uno degli inni di Giorgio dedicati a Maria, inno che contiene una serie di versetti in cui il poeta teologo fa una lettura in chiave mariologia e soprattutto cristologica di alcuni salmi o versetti dei salmi, presentandone un’esegesi assai originale. L’autore applica i versetti salmici alla vita stessa di Maria, presentata soprattutto come modello di ogni cristiano che vive nella sua vita, quasi incarnandoli, i versetti stessi dei salmi.

“Ventidue salmi cantati da Davide, è a lei (Maria) che convengono. Il primo indica tutta sua perfezione e la sua purezza: «Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori… ma nella legge del Signore trova la sua gioia…». Il terzo sulla la sua persecuzione: « Signore, quanti sono i miei avversari! Molti contro di me insorgono »; ed il quarto la sua pace: «…perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare».

          Sono dei salmi che si adattano a Maria, al cristiano e alla Chiesa stessa:

“Il sedicesimo sulla sua perseveranza: «Ho detto al Signore: Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene. Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. », il diciassettesimo la sua limpidezza: «Saggia il mio cuore, scrutalo nella notte, provami al fuoco: non troverai malizia… Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine. », e la lode che segue a questo fu cantata per lei da suo padre giusto”.

Altri salmi portano l’autore ad esaltare la piena fiducia e dedizione di Maria nei confronti di Dio, dedizione che si manifesta con l’immagine dell’abitare nel tempio e, quindi, nel diventare tempio stesso di Dio, per l’incarnazione del Verbo nel suo grembo:

“E il sessantunesimo (parla) del suo nascondimento: «Per me sei diventato un rifugio… Vorrei abitare nella tua tenda per sempre, vorrei rifugiarmi all'ombra delle tue ali», e la sua liberazione nei due (salmi) che seguono. E nell’ottantaseiesimo (si dice) che il Figlio dell’Altissimo ha abitato in lei: «Si dirà di Sion: “l'uno e l'altro in essa sono nati e lui, l'Altissimo, la mantiene salda». E il salmo novantunesimo (parla) degli angeli che custodiscono il suo corpo: «Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie», e il salmo centouno (annuncia) che (il Figlio) è apparso nel mondo per mezzo suo.”

          Infine l’autore aggiunge ai testi salmici anche Ezechiele, Cantico dei Cantici e Matteo, quasi a completare e mettere in risalto l’insieme della Bibbia nell’esegesi cristologica, mariologica ed ecclesiologica, coronandola con il riferimento all’incarnazione del Verbo di Dio nel grembo verginale di Maria:

“È colei che non ha conosciuto uomo, ed è la terra che soltanto il Signore ha seminato. Lei è la porta di cui parla il Signore per mezzo del profeta Bar Buzi (Ezechiele): «Sarà chiusa e nessuno vi entrerà, perché (soltanto) il Signore entrerà e ne uscirà». Lei è la fonte sigillata da cui tutto il mondo è dissetato. Lei è il tesoro intatto, da cui si arricchiscono tutti gli uomini. È colei in cui abitò Dio, e da lei risplendette il Figlio di Dio. Lei è la discendenza di Eva, per mezzo di cui fu cancellata la maledizione di Eva. Lei ha portato Colui che porta l’altezza e la profondità, e in lui si radunano. Lei ha partorito il datore di vita, Dio e uomo al di sopra della natura”.

          Si tratta quasi soltanto di una lista senza commento di ventidue versetti salmici che l’autore applica a Maria, e costituisce quasi un unicum nell’esegesi siro orientale di testi veterotestamentari.

 

         Conclusioni.

La mariologia, in Oriente ha un ampio respiro cristologico ed ecclesiologico. I titoli ed i simboli, sono chiari, forti e direi anche osati, ed includono, possiamo dire situano la Madre di Dio direttamente nel mistero dell’incarnazione e quindi della redenzione e della nuova creazione che avviene in Cristo per ognuno dei cristiani. Maria è sempre accanto a Cristo, alla sua destra quale “Regina assisa alla destra del Re” (cf., salmo 44,10). Accanto a Cristo, alla sua destra nell’iconografia: negli iconostasi, nei mosaici…; nell’anafora, come prima commemorazione dopo l’epiclesi, dopo che lo Spirito Santo ha santificato e consacrato i Santi Doni; anche nella protesi (la preparazione del pane e del vino nella tradizione bizantina), dove la particella di pane che commemora la Madre di Dio viene collocata alla destra di quella dell’Agnello.

Simbologia dei titoli cristologici e mariologici che diventa anche professione di fede, senza mai lasciare da parte, senza mai rinunciare ad una lettura specialmente dei testi dell’Antico Testamento in chiave allegorica, ed in continuità con la tradizione delle Chiese cristiane che hanno letto e leggono tuttora in questa chiave i testi biblici nella preghiera cristiana. E ciò suppone, esige direi di non rinunciare mai a una vera mistagogia che introduca i fedeli cristiani ad una comprensione cristologica e quindi cristiana dei testi letti e pregati. Senza una mistagogia cristiana i testi della Sacra Scrittura si sgretoleranno tra le nostre mani e potremmo raccoglierne soltanto, quasi piccole molliche sparse qua e là, quasi frammenti senza una unione tra di loro. Infatti, il “sacrificio” e la “mutilazione” -mi si consentano queste due espressioni forse forti- del Salterio subito in alcuni testi di preghiera negli ultimi decenni ne è un esempio patente. I salmi, in tutta la loro forza e bellezza direi esistenziali, tutto l’Antico Testamento, gli stessi Vangeli anche! non sono testi facili, anzi, ma la tradizione orante delle Chiese cristiane di Oriente e di Occidente, da Cristo stesso sulla croce fino ai nostri giorni gli ha pregati e ha insegnato i fedeli, guidandoli per mano, a fare proprie le parole di Davide, le parole di Cristo.

Come Chiesa Cattolica preghiamo la Vergine Maria con l’espressione: “Santissima Madre di Dio, salvaci”, perché è lei che ci dà il Salvatore, che ci mostra come Odigitria Colui che è il cammino, la verità e la vita, è lei che intercede supplicante “alla destra dell’Agnello, alla destra del Re”.

 

+. P. Manuel Nin

Esarca Apostolico

 


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