Iconostasi. Cattedrale della Santissima Trinità. Atene
“…fidanzata
allo Spirito, sposata
a Dio Padre…”
A proposito di
alcuni titoli cristologici dati alla Madre di Dio in Oriente
Quando nel 431 il
concilio di Efeso diede a Maria il titolo cristologico di Madre di Dio (Θεοτόκος),
confermò la professione di fede nella vera incarnazione del Verbo eterno di Dio,
un titolo -Madre di Dio (Θεοτόκος)- che già qualche testo liturgico e autore
precedente aveva adoperato per indicare questo mistero centrale della nostra
fede. Titolo cristologico e titolo mariologico, e questo doppio aspetto sarà una
dimensione che lungo la storia delle Chiese e delle liturgie cristiane troveremo,
specialmente nei testi delle celebrazioni liturgiche che sono, appunto, lex
orandi e lex credendi.
In queste pagine,
vorrei brevemente presentare una riflessione, quasi soltanto un percorso di
lettura di testi liturgici orientali in cui troviamo, esento di qualsiasi
polemica, lo svolgersi e direi la contemplazione di quella che è la fede delle
Chiese cristiane di Oriente e di Occidente: il Figlio e Verbo di Dio, per noi
uomini e per la nostra salvezza, si è incarnato e si è fatto uomo, dallo
Spirito Santo e dalla Vergine Maria. E di questa professione di fede, i titoli cristologici
e mariologici allo stesso tempo, ne sono una manifestazione orante. Presento quindi,
a modo di campione, alcuni dei titoli che l’Oriente cristiano dà alla Madre di
Dio nei diversi testi liturgici.
21
novembre: Ingresso della Madre di Dio nel tempio.
Le diverse tradizioni
liturgiche cristiane, sia di Oriente che di Occidente, celebrano come una grande festa il giorno
21 novembre, festa che porta come titolo: “Ingresso della Madre di Dio nel
tempio”, ed è una festa che ha un’origine legata alla dedicazione di una
chiesa nella Città Santa di Gerusalemme. Molti degli aspetti della festa,
presenti nei testi liturgici, provengono dal Protovangelo di Giacomo, un
apocrifo che ha un influsso notevole su diverse feste liturgiche sia in Oriente
che in Occidente. L’Ingresso della Madre di Dio nel tempio è una festa che ci
offre la possibilità di meditare e riflettere sul mistero centrale della nostra
fede cristiana, cioè l’incarnazione dell’eterno Figlio e Verbo di Dio.
Vorrei passare in rassegna alcuni dei titoli
che troviamo riferiti alla Madre di Dio nei testi liturgici di questa festa, e
mettere in rilievo che i titoli dati a Maria nelle liturgie cristiane sono
sempre dei titoli in rapporto con Cristo e in riferimento al mistero
dell’incarnazione, e quindi anche alla Madre di Dio. Il titolo che troviamo più
presente, e che nasce dalla stessa festa celebrata, è quello di “tempio di
Dio”. Maria bambina, portata, introdotta nel tempio di Dio, diventa, per
l’incarnazione, essa stessa tempio del Dio vivente. In questo contesto, troviamo
riferimenti non soltanto di carattere cristologico ma anche di carattere
trinitario:
“… la Madre
di Dio, che è tempio di Dio, …è introdotta nel tempio…. …tu hai
generato al mondo il Verbo, pane di vita: come suo tempio eletto e tutto immacolato,
fosti misticamente fidanzata allo Spirito, sposata a Dio Padre”.
La
dimensione sponsale che in Maria prende il mistero dell’incarnazione fa che la
liturgia gli dia titoli che ci avvicinano alla simbologia dello sposalizio: “…fidanzata
allo Spirito…, sposata a Dio Padre”. Un altro dei tropari ancora recita: “Dopo
la tua nascita, o Sovrana sposa di Dio, sei giunta nel tempio del
Signore”. La dimensione sponsale di Cristo in riferimento a Maria e alla
Chiesa la troviamo poi presente in altri testi della stessa tradizione
bizantina. Specialmente nelle liturgie della Settimana Santa, Cristo è
presentato come “Sposo”: “Ecco lo Sposo viene nel bel mezzo della
notte…” (tropario del Lunedì Santo). Le nozze di Cristo Sposo con la
Chiesa, con l’anima di ogni cristiano avvengono quindi nel talamo, nella camera
nuziale che è la sua croce: “Vedo, o mio Salvatore, il tuo talamo adorno, e non ho la veste per
entrarvi. Fa risplendere la veste dell’anima mia, o datore di luce, e salvami” (tropario della
Settimana Santa). La dimensione sponsale porta anche a presentare Maria come “sposa”,
sempre strettamente vincolata al mistero dell’incarnazione: “Gioisci, sposa
senza nozze” (Inno Akathistos).
“Il Creatore di tutte le
cose, l’Artefice e Sovrano, piegandosi con ineffabile compassione, solo per
il suo amore per gli uomini, ha avuto pietà di colui che con le sue mani aveva
formato e che vedeva caduto, e si è compiaciuto di rialzarlo, riplasmandolo in
modo più divino, con il proprio annientamento…. Egli prende pertanto Maria, vergine
e pura, come mediatrice del mistero, per assumere da lei, secondo
il suo disegno, ciò che è nostro: essa è celeste dimora”.
L’incarnazione, l’annientamento di Dio -nel
tropario citato il riferimento a Fil 2 è evidente-, è per l’uomo caduto una
nuova creazione di cui Maria diventa mediatrice in quanto offre a Dio la nostra
natura umana: “Egli prende pertanto Maria, vergine e pura, come mediatrice
del mistero, per assumere da lei, secondo il suo disegno, ciò che è nostro…”.
“Piena di
gioia, Anna degna di ogni lode esclamava: Ricevi, Zaccaria, colei che i
profeti di Dio hanno annunciato nello Spirito; introducila nel tempio santo,
per essere santamente allevata e così divenire divino trono del Sovrano
dell’universo, sua reggia e lettiga, sua fulgida dimora”.
“Anna, vera grazia divina, conduce con gioia al tempio del
Dio la pura sempre Vergine… e dice: Va’, figlia, a colui che a me ti ha data:
sii dono votivo e profumo di soave odore. Entra nei penetrali,
apprendi i misteri e preparati a divenire amabile e splendido tabernacolo
di Gesù…”.
Questi
due tropari mettono in bocca di Anna, la madre di Maria, quasi una professione
di fede nell’incarnazione del Figlio e Verbo di Dio.
La liturgia bizantina, anche quella di
tradizione siriaca, spesso si serve di immagini cristologicamente contrastanti:
“…celebriamo spiritualmente una festa solenne, e piamente acclamiamo la
Vergine, figlia di Dio e Madre di Dio, che viene condotta al
tempio del Signore”. Tropari di altre feste liturgiche useranno ancora
questo linguaggio cristologicamente per via di contrasto: “Cristo …nato dal
Padre senza madre, nato dalla Madre senza padre”.
Nel contesto della celebrazione del
mistero pasquale di Cristo, troviamo nelle tradizioni orientali, anche il
titolo di “agnella” dato alla Madre di Dio.
“Vedendoti inchiodato alla
croce, Signore, l’agnella, la Madre tua, sbigottita gridava: Che è questa
visione, Figlio amatissimo?... L’agnella, vedendo sulla croce te, il suo
agnello, trafitto dai chiodi, atrocemente sconvolta gemeva e tra le lacrime
diceva: In quale modo muori, Figlio mio, per voler lacerare il documento
scritto del debito del primo creato, Adamo, e riscattare dalla morte tutto il
genere umano!... Agnella che hai partorito l’agnello immacolato venuto a
sanare, o tutta pura, il peccato del mondo intero con il suo proprio sangue…:
rivesti me, spoglio della divina incorruttibilità, del manto della divina
grazia fatto con la lana del tuo agnello”.
Maria, con l’immagine dell’agnella è associata
al sacrificio di Cristo, in un contesto chiaramente cristologico che, nel
tropario ora citato ha inoltre una dimensione anche ecclesiologica: “…rivesti me, spoglio della divina incorruttibilità, del manto della
divina grazia fatto con la lana del tuo agnello”. Il cristiano, per mezzo dei sacramenti
ricevuti nella Chiesa, è rivestito con la “lana” dell’agnello che è Cristo.
I titoli dati a Maria nelle diverse Chiese
cristiane di Oriente e di Occidente suppongono una lettura in chiave allegorica
dei testi veterotestamentari, seguendo la tradizione cristiana dai primi secoli
fino ai nostri giorni. Nelle liturgie cristiane troviamo molti testi che danno
a Maria dei titoli cristologici a partire da testi veterotestamentari. Ad esempio,
molti versetti dei salmi, del salmo 44 ad esempio, ed i testi profetici,
specialmente Is 7, Ezechiele 44 ed altri, vengono letti in chiave cristologica.
“Aprirò
la mia bocca, si colmerà di Spirito, e proferirò un
discorso per la regina Madre (salmo 44,2-10): mi mostrerò gioiosamente in
festa e canterò lieto il suo ingresso nel tempio”.
“La porta gloriosa, inaccessibile ai
pensieri (Ez 44,1ss), varcate le porte del tempio di Dio, ci invita ora a
riunirci per godere delle sue divine meraviglie”.
“Gridalo, o Davide, che
cos’è questa festa? Non è per colei che un tempo hai celebrata
nel libro dei salmi come divina figlia di Dio e vergine? Per la quale hai
detto: Saranno misticamente condotte al re le vergini dietro di lei e le sue
compagne? (salmo 44,15)...”.
“Il monte adombrato che un tempo Abacuc
vide e preannunciò (Ab 3,3), entrando nei penetrali del tempio è tutto fiorito
di virtù e ha ricoperto della sua ombra i confini della terra… …o Cristo, dalla
Vergine sei germogliato (Is 11,1), dal boscoso monte adombrato (Ab 3,3), o
degno di lode: sei venuto incarnato da una Vergine ignara d’uomo, tu,
immateriale e Dio”.
Infine, diversi dei tropari della
tradizione liturgica bizantina, raccolgono, quasi intessendole tra di esse,
delle citazioni veterotestamentarie lette in chiave cristologica e mariologica:
“Meravigliosamente, o pura, la Legge ti ha prefigurata come tenda
e urna divina, come singolare arca, velo e verga,
tempio indissolubile e porta di Dio; e ci insegna così ad
acclamare: O Vergine pura, veramente tu sei elevata al di sopra di ogni
creatura…. …un
tempo l’assemblea dei profeti ha preannunciato come urna, verga,
tavola della Legge e montagna non tagliata, Maria, la divina
fanciulla, con fede celebriamo: perché oggi è introdotta nel santo dei
santi per esservi allevata per il Signore”.
Severo di Antiochia e Giorgio
Warda.
Quasi a modo di appendice di questo
percorso rapido sui testi liturgici, propongo due esempi di autori cristiani
che parlano della Madre di Dio: Severo, patriarca anti calcedoniano di Antioquia
nel VI secolo, e Giorgio Warda, autore siro orientale del XIII secolo.
Di Severo, accenno all’Omelia
Cattedrale XIV, predicata nel primo anno di episcopato ad Antiochia, il 2-3
febbraio 513. In essa Severo sottolinea come si debbano onorare i profeti, gli
apostoli e i martiri in quanto essi hanno contribuito all’economia di Cristo: “I
profeti hanno preannunciato il mistero, gli apostoli hanno confermato il
mistero, i martiri hanno confessato il mistero”. E prosegue affermando che “la
Madre di Dio è profetessa, apostolo e martire. È la profetessa annunciata da Isaia, è Madre di Dio, Vergine, che genera
l’Emmanuele”, e qua Severo applica la profezia di Isaia a Maria in un
contesto cristologico. “Maria è anche apostolo;
essa è con gli apostoli (Atti 1,14); essa annuncia anche per mezzo della sua
concezione verginale. Infine è anche martire
a causa del giudizio temerario di Giuseppe, della fuga in Egitto a causa di
Erode”. La stessa festa del 21 novembre, di cui sopra, ha un tropario che
quasi riecheggia quanto detto da Severo: “Tu, annuncio dei profeti, gloria
degli apostoli, vanto dei martiri e rinnovamento di tutti i mortali… Noi onoriamo
dunque il tuo arrivo nel tempio del Signore…”.
Giorgio
Warda è uno dei principali innografi della tradizione ecclesiale e liturgica
siro orientale, vissuto tra a fine del XII e l’inizio del XIII secolo ad
Arbela, nell’attuale Iraq. Il nome Warda (che significa rosa in siriaco) è un
soprannome legato alla raccolta delle sue composizioni poetiche presenti nei
libri liturgici siro orientali. Presento brevemente un frammento di uno degli
inni di Giorgio dedicati a Maria, inno che contiene una serie di versetti in
cui il poeta teologo fa una lettura in chiave mariologia e soprattutto
cristologica di alcuni salmi o versetti dei salmi, presentandone un’esegesi
assai originale. L’autore applica i versetti salmici alla vita stessa di Maria,
presentata soprattutto come modello di ogni cristiano che vive nella sua vita,
quasi incarnandoli, i versetti stessi dei salmi.
“Ventidue salmi cantati da Davide, è a lei (Maria)
che convengono. Il primo indica tutta sua perfezione e la sua purezza: «Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via
dei peccatori… ma nella legge del Signore trova la sua gioia…». Il terzo sulla la sua persecuzione: « Signore, quanti sono i miei avversari! Molti contro di me insorgono »; ed il quarto la sua pace: «…perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare».
Sono
dei salmi che si adattano a Maria, al cristiano e alla Chiesa stessa:
“Il sedicesimo sulla sua perseveranza: «Ho detto al Signore: Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene. Il
Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. », il diciassettesimo la sua limpidezza: «Saggia il mio cuore, scrutalo nella notte, provami al fuoco: non troverai
malizia… Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi
sazierò della tua immagine. »,
e la lode che segue a questo fu cantata per lei da suo padre giusto”.
Altri salmi portano l’autore ad
esaltare la piena fiducia e dedizione di Maria nei confronti di Dio, dedizione che
si manifesta con l’immagine dell’abitare nel tempio e, quindi, nel diventare
tempio stesso di Dio, per l’incarnazione del Verbo nel suo grembo:
“E il sessantunesimo (parla)
del suo nascondimento: «Per me sei diventato un
rifugio… Vorrei abitare nella tua tenda per sempre, vorrei rifugiarmi all'ombra
delle tue ali», e la
sua liberazione nei due (salmi) che seguono. E nell’ottantaseiesimo (si dice)
che il Figlio dell’Altissimo ha abitato in lei: «Si dirà di Sion: “l'uno e l'altro in essa sono nati e lui, l'Altissimo, la
mantiene salda». E il
salmo novantunesimo (parla) degli angeli che custodiscono il suo corpo: «Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie», e il salmo centouno (annuncia) che (il
Figlio) è apparso nel mondo per mezzo suo.”
Infine
l’autore aggiunge ai testi salmici anche Ezechiele, Cantico dei Cantici e
Matteo, quasi a completare e mettere in risalto l’insieme della Bibbia nell’esegesi
cristologica, mariologica ed ecclesiologica, coronandola con il riferimento all’incarnazione
del Verbo di Dio nel grembo verginale di Maria:
“È colei che non ha conosciuto uomo, ed è
la terra che soltanto il Signore ha seminato. Lei è la porta di cui parla il
Signore per mezzo del profeta Bar Buzi (Ezechiele): «Sarà chiusa e nessuno vi
entrerà, perché (soltanto) il Signore entrerà e ne uscirà». Lei è la fonte
sigillata da cui tutto il mondo è dissetato. Lei è il tesoro intatto, da cui si
arricchiscono tutti gli uomini. È colei in cui abitò Dio, e da lei risplendette
il Figlio di Dio. Lei è la discendenza di Eva, per mezzo di cui fu cancellata
la maledizione di Eva. Lei ha portato Colui che porta l’altezza e la profondità,
e in lui si radunano. Lei ha partorito il datore di vita, Dio e uomo al di
sopra della natura”.
Si
tratta quasi soltanto di una lista senza commento di ventidue versetti salmici
che l’autore applica a Maria, e costituisce quasi un unicum nell’esegesi
siro orientale di testi veterotestamentari.
Conclusioni.
La mariologia, in
Oriente ha un ampio respiro cristologico ed ecclesiologico. I titoli ed i
simboli, sono chiari, forti e direi anche osati, ed includono, possiamo dire situano
la Madre di Dio direttamente nel mistero dell’incarnazione e quindi della
redenzione e della nuova creazione che avviene in Cristo per ognuno dei
cristiani. Maria è sempre accanto a Cristo, alla sua destra quale “Regina
assisa alla destra del Re” (cf., salmo 44,10). Accanto a Cristo, alla sua
destra nell’iconografia: negli iconostasi, nei mosaici…; nell’anafora, come
prima commemorazione dopo l’epiclesi, dopo che lo Spirito Santo ha santificato
e consacrato i Santi Doni; anche nella protesi (la preparazione del pane e del
vino nella tradizione bizantina), dove la particella di pane che commemora la
Madre di Dio viene collocata alla destra di quella dell’Agnello.
Simbologia dei
titoli cristologici e mariologici che diventa anche professione di fede, senza
mai lasciare da parte, senza mai rinunciare ad una lettura specialmente dei
testi dell’Antico Testamento in chiave allegorica, ed in continuità con la
tradizione delle Chiese cristiane che hanno letto e leggono tuttora in questa
chiave i testi biblici nella preghiera cristiana. E ciò suppone, esige direi di
non rinunciare mai a una vera mistagogia che introduca i fedeli cristiani ad
una comprensione cristologica e quindi cristiana dei testi letti e pregati. Senza
una mistagogia cristiana i testi della Sacra Scrittura si sgretoleranno tra le
nostre mani e potremmo raccoglierne soltanto, quasi piccole molliche sparse qua
e là, quasi frammenti senza una unione tra di loro. Infatti, il “sacrificio” e
la “mutilazione” -mi si consentano queste due espressioni forse forti- del Salterio
subito in alcuni testi di preghiera negli ultimi decenni ne è un esempio
patente. I salmi, in tutta la loro forza e bellezza direi esistenziali, tutto l’Antico
Testamento, gli stessi Vangeli anche! non sono testi facili, anzi, ma la
tradizione orante delle Chiese cristiane di Oriente e di Occidente, da Cristo
stesso sulla croce fino ai nostri giorni gli ha pregati e ha insegnato i
fedeli, guidandoli per mano, a fare proprie le parole di Davide, le parole di
Cristo.
Come Chiesa
Cattolica preghiamo la Vergine Maria con l’espressione: “Santissima Madre di
Dio, salvaci”, perché è lei che ci dà il Salvatore, che ci mostra come Odigitria
Colui che è il cammino, la verità e la vita, è lei che intercede supplicante
“alla destra dell’Agnello, alla destra del Re”.
+. P. Manuel Nin
Esarca Apostolico
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