A proposito della
celebrazione di inizio pontificato di Papa Leone XIV.
Tre icone ecclesiologiche.
Prima icona.
L’elezione del cardinale Robert Francis Prevost al
soglio di Pietro a Roma, con il nome di Leone XIV, è stata per tutta la Chiesa
Cattolica un momento di gioia certamente, ma soprattutto di grazia e di
conferma nella fede che il Signore non abbandona mai la sua Chiesa. Il giorno
dell’elezione l’8 maggio, mi trovavo a Montserrat per la riunione della
Conferenza Episcopale Greca, la prima riunione che si faceva fuori dalla Grecia
e precisamente nel mio monastero di Montserrat nell’anno della celebrazione del
suo millenario di fondazione.
In quel momento, la persona dell’eletto vescovo di
Roma, specialmente nella sua veste già di monaco agostiniano, ed il nome assunto
come Papa, cioè Leone, mi portarono subito alla mia cattedrale della Santissima
Trinità ad Atene, e concretamente a due degli affreschi che si trovano in
quella bellissima chiesa cattedrale di via Acharnon: le icone di sant’Agostino di
Ippona e di san Leone Magno. La presenza del secondo di questi due santi è
assai usuale nell’iconografia bizantina, sia per la sua festa nel calendario
bizantino il 18 febbraio e soprattutto per il legame che Leone Magno ha con il
concilio di Calcedonia del 451 e la professione di fede cristologica che ne
scaturì. La presenza del primo dei due santi, Agostino di Ippona, invece, sorprende
assai ed è, per quanto mi risulta, quasi un “unicum” nelle
rappresentazioni iconografiche di questo santo nord africano in Oriente. Mentre
nel calendario delle Chiese Orientali bizantine, cattoliche ed ortodosse,
troviamo del santi diciamo “occidentali” per quanto la loro origine linguistica,
geografica ed ecclesiale: il martire romano Lorenzo, Ambrogio di Milano, Leone
Magno, Gregorio Magno, per citarne alcuni, non troviamo invece la figura di
Agostino. La presenza iconografica e soprattutto ecclesiale di sant’Agostino
nella mia cattedrale della Santissima Trinità -vestito con il felonion e l’omoforion
episcopale e sotto con la tonaca nera da monaco-, è un bel esempio e direi
anche una profezia di quella piena comunione ecclesiale a cui siamo tutti
chiamati, nel “giorno” e nel “come” il Signore vorrà chiamarci tutti i cristiani
a concelebrare i Santi Misteri attorno ad un unico altare. Le due icone, di
Agostino e di Leone Magno si trovano attorno all’altare della mia cattedrale,
quasi ad anticipare quella concelebrazione che un giorno il Signore concederà a
tutte le Chiese cristiane nella piena comunione di fede e di carità.
Seconda icona.
Questo primo momento ecclesiologico ed iconografico,
mi porta ad un secondo momento, ad una seconda icona. La domenica 18 maggio nel
sagrato della basilica di San Pietro è stata celebrata la messa per l’inizio di
pontificato di Papa Leone XIV, una bellissima celebrazione in cui un gran
numero di Chiese cristiane orientali e occidentali, cattoliche ed ortodosse sono
state presenti. Ho avuto la grazia di concelebrare anch’io quella mattina, per
far presente la Chiesa Cattolica che è in Grecia ed anche l’Esarcato Cattolico di
tradizione bizantina in Grecia, una piccola Chiesa sì, fatta da greci, ucraini
e caldei, ma vivente nell’annuncio del Vangelo e della carità.
All’inizio della celebrazione, come era stato già
fatto nel 2005 e nel 2013 con le messe di inizio pontificato dei Papi Benedetto
XVI e Francesco, anche Papa Leone si è recato, è sceso presso la tomba di san Pietro
per pregare, accompagnato dai patriarchi delle Chiese Orientali Cattoliche. È
stato un momento ecclesiologicamente non soltanto toccante ma soprattutto importante
ed oserei dire “vincolante”: il vescovo di Roma, colui che presiede nella
carità, accompagnato dai capi delle Chiese Orientali Cattoliche, pregando
presso la tomba di Pietro. Il “padre” ed i “padri” in preghiera, in profonda e
piena comunione, attorno alla tomba di colui che per primo confessò Cristo, che
poi nella sua debolezza lo rinnegò, ma che ricevete a conferma della fedeltà
del suo Signore quel “pasci le mie pecorelle”. Quel breve tempo presso
la tomba di Pietro, è stato un momento di vera cattolicità della Chiesa, perché
il Papa, il vescovo di Roma, colui che è vincolo di comunione tra le Chiese
cristiane e le presiede nella carità, si è trovato in preghiera accanto a
coloro che sono, nelle le proprie Chiese Cattoliche di tradizioni orientali, i
padri, anch’essi la sorgente di comunione e di grazia. Quell’immagine,
quell’icona con cui iniziava la santa messa, e la concelebrazione che ne seguì tra
le braccia aperte di piazza San Pietro, diventa icona di quello che tutte le
Chiese cristiane sono chiamate ad essere per dono e grazia del Signore. Erano
presenti accanto al Papa i patriarchi cattolici: copto, melchita, armeno,
caldeo e siro cattolico. Non erano dei semplici “ministri…”, o “rappresentanti…”
dei “cattolici di rito orientale” -riprendendo la dicitura di qualche testata
giornalistica o televisiva-, ma i capi e i padri della Chiese Orientali in
piena comunione con il vescovo di Roma. Inoltre, su in basilica erano presenti
ad attendergli, oltre al collegio dei cardinali, anche gli arcivescovi maggiori
ed i metropoliti di altre Chiese orientali cattoliche.
Terza icona.
Un
terzo momento ecclesiologico ed iconografico fu la presenza in quella
celebrazione di alcuni patriarchi orientali ortodossi. Quest’immagine, all’aperto
nella grande piazza San Pietro, ci diede, mi si consenta l’espressione, una
pregustazione di quella concelebrazione attorno all’unico altare su cui i Santi
Misteri del Corpo e del Sangue del Signore diventeranno il sigillo della piena comunione,
nell’unica fede cristiana. La presenza dei patriarchi ortodossi di
Costantinopoli, di Gerusalemme, e dei metropoliti di tante altre Chiese
ortodosse di tradizione bizantina, accanto al patriarca della Chiesa siro orientale
ortodossa, e ai metropoliti di altre antichissime Chiese Orientali, fu anch’essa
una icona profetica e allo stesso tempo già molto reale del superamento di
tanti fraintendimenti, sorti nei primi secoli cristiani nell’espressione e
nella formulazione linguistica dell’unica fede nel Verbo di Dio incarnato, vero
Dio e vero uomo, formulazione espressa però nella ricchezza fonetica e
semantica di tante lingue che arricchiscono la professione di fede delle Chiese
cristiane di Oriente.
Tre
icone, in un angolo discreto della città di Atene la prima, gli le altre due
nella basilica ed in piazza San Pietro a Roma, che dobbiamo cogliere come momenti
che dovrebbero spingerci sì nel cammino di dialogo, ma soprattutto di rispetto
reciproco e di carità tra le diverse Chiese Cristiane di Oriente e di Occidente,
cattoliche ed ortodosse.
Le
due icone dei santi Agostino e Leone Magno nella cattedrale della Santissima
Trinità sono una bella testimonianza del ruolo del nostro Esarcato Apostolico,
nel desiderio e nella ricerca della piena comunione tra le diverse Chiese
cristiane di Oriente e di Occidente.
+P. Manuel Nin
Vescovo titolare di Carcabia
Esarca Apostolico
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