domenica 26 gennaio 2020


A proposito di alcuni tropari bizantini della festa del 2 febbraio

          Le Chiese orientali celebrano la festa del 2 febbraio come una delle dodici grandi feste dell'anno liturgico. Testimoniata già da Egeria nella seconda metà del IV secolo. Nel V-VI sec. la festa si celebra già ad Alessandria, ad Antiochia ed entra a Costantinopoli nel 542. Alla fine del VII secolo viene introdotta a Roma da un papa di origini orientali Sergio I (687-701), che vi introdurrà anche le feste della Natività di Maria (8 settembre), dell’Annunciazione (25 marzo) e della Dormizione della Madre di Dio (15 agosto).
          L’iconografia della festa è abbastanza sobria e con poche varianti nelle diverse tradizioni cristiane in cui è rappresentata, dai mosaici romani di Santa Maria in Trastevere, all’iconografia balcanica, alle icone greche e slave. Sostanzialmente l’icona riprende il passo evangelico di Luca 2, con i cinque personaggi della narrazione: Cristo, Maria e Simeone come figure centrali; Giuseppe e Anna come figure in secondo piano. In un posto rilevante dell'icona vediamo l’altare del tempio vestito con le tovaglie e sormontato da un ciborio e spesso anche attorniato da un cancello, che fa del tempio dell'’antica alleanza il tempio cristiano e quindi la presentazione di Gesù al tempio nel quarantesimo giorno della sua nascita diventa la festa dell'Incontro dell'antica, invecchiata umanità con l’uomo nuovo nell’umanità di Cristo. Ancora a livello iconografico, in alcune delle rappresentazioni è Maria che porta il bimbo nelle sue braccia, mentre in altre icone è Simeone che lo sorregge. L’iconografia di Simeone ricevendo o sorreggendo il Bambino ci porta anche al momento del Grande Ingresso nella Divina Liturgia bizantina, in cui il vescovo, alla porta del santuario riceve dal sacerdote i doni preparati del pane e del vino per deporli sull’altare. I tropari dell'ufficiatura della festa nella tradizione bizantina appartengono ai grandi innografi bizantini: Giovanni Damasceno, Germano di Costantinopoli, Cosma di Maiuoma, Andrea di Creta.
          Mi soffermo su due dei tropari della festa. Sono dei testi liturgici che sottolineano l'incontro tra l'umanità -rappresentata dai vegliardi Simeone ed Anna-, e la divinità –lo stesso Cristo Signore. Uno dei due testi è di Cosma di Maiouma, ed è poi entrato nell'ufficiatura romana della festa odierna come antifona “Adorna thalamum tuum Sion”; sono diversi i titoli cristologici dati in questo testo alla Madre di Dio: celeste porta, trono, nube di luce: “Adorna il tuo talamo, o Sion, e accogli il Re Cristo; abbraccia Maria, la celeste porta, perché essa è divenuta trono di cherubini, essa porta il Re della gloria; è nube di luce la Vergine perché reca in sé, nella carne, il Figlio che è prima della stella del mattino…”.
          Sempre nell'ufficiatura del vespro troviamo un altro tropario di Andrea di Creta in cui le braccia portanti del Cristo non sono già quelli di Maria bensì quelli del vegliardo Simeone; ambedue però, Maria e Simeone, sono sempre tipo della Chiesa che sorregge, porta Cristo agli uomini.

          Tropario di Cosma di Maiouma (VIII sec.)
Adorna il tuo talamo, o Sion, e accogli il Re Cristo; abbraccia Maria, la celeste porta, perché essa è di­venuta trono di cherubini, essa porta il Re della gloria; è nube di luce la Vergine perché reca in sé, nella carne, il Figlio che è prima della stella del mattino. Simeone lo pren­de tra le braccia e annuncia ai popoli che egli è Signore del­la vita e della morte, il Salvatore del mondo.

Κατακσμησον τν νυμφν σου Σιν, κα πδεξαι τν Βασιλα Χριστν, σπασαι τν Μαριμ, τν πουρνιον πλην· ατη γρ θρνος Χερουβικς νεδεχθη, ατη βαστζει τν Βασιλα τς δξης, νεφλη φωτς πρχει Παρθνος, φρουσα ν σαρκ Υἱὸν πρ ωσφρου, ν λαβν Συμεν ν γκλαις ατο κρυξε λαος, Δεσπτην ατν εναι, ζως κα το θαντου, κα Σωτρα το κσμου.


Adorna thalamum tuum, Sion, et suscipe Regem Christum: amplectere Mariam, quae est coelestis porta: ipsa enim portat Regem gloriae novi luminis. Subsistit Virgo adducens manibus Filium ante luciferum genitum: quem accipiens Simeon in ulnas suas praedicavit populis Dominum eum, esse vitae et mortis, et Salvatorem mundi.


          Tropario di Andrea di Creta (VII-VIII sec.).
Colui che è portato dai cherubini e celebrato dai sera­fi­ni, presentato oggi nel sacro tempio secondo la Legge, ha per trono le braccia di un vegliardo; per mano di Giuseppe riceve doni degni di Dio: sotto forma di una coppia di tor­tore, ecco la Chiesa incon­taminata e il nuovo popolo eletto delle genti, insieme a due piccoli di colomba per signi­fi­care che egli è principe dell’antico e del nuovo patto. Si­meo­ne, acco­gliendo il compimento dell’oracolo che aveva ricevuto, benedice la Vergine Madre-di-Dio Maria, simbo­li­camente predicendole la passione di colui che da lei era nato, e a lui chiede di essere sciolto dalla vita, gri­dan­do: * Ora la­scia che me ne vada, o Sovrano, come mi ave­vi predetto, per­ché io ho visto te, luce sempiterna, e Signore Salvatore del popolo che da Cristo prende nome.



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