Affresco della Pentecoste (XX secc.)
Cattedrale della Santissima Trinità
Atene
La festa della Pentecoste nella tradizione bizantina.
Ha reso teologi i pescatori
La
solennità della Pentecoste ci porta a vivere nuovamente il dono gratuito dello
Spirito Santo, la nascita della Chiesa, la nascita della nostra vita in Cristo.
Una delle opere più conosciute del teologo bizantino Nicola Cabasilas (XIV
secolo) porta precisamente come titolo La vita in Cristo, e non è altro
che un commento dei sacramenti dell’iniziazione cristiana -del battesimo, della
cresima e dell’eucaristia- e in più della consacrazione dell’altare, applicati
alla vita del credente; per ogni cristiano, la vita in Cristo è la vita nella
Chiesa, la vita -il dono dello Spirito Santo- che ci viene dato per mezzo dei
sacramenti. Quindi non tanto la vita del cristiano, quanto la vita in Cristo;
cioè non soltanto quello che il cristiano, fa, deve fare, può fare, quanto
quello che Cristo per mezzo dello Spirito fa, opera nel cristiano. In tutte le
liturgie orientali si sottolinea, in ognuno dei sacramenti, il ruolo dello
Spirito Santo e quindi l’importanza dell’epiclesi, cioè della sua invocazione.
Ogni ora di preghiera, nella tradizione bizantina, inizia con un’invocazione
dello Spirito; esso è sempre ed ovunque presente. Ma parlare dello Spirito non
è facile, piuttosto si fa difficile e lo si fa già per i Padri della Chiesa;
essi volentieri si trattengono non tanto in quello che lo Spirito è ma in
quello che fa ed opera in noi -lo stesso credo di Nicea Costantinopoli del 381 lo
chiama soltanto Signore e Datore di vita. I Padri e la liturgia evitano
immagini direi azzardate e troppo antropomorfiche per parlare dello Spirito
Santo. Poi c’è un fatto anche centrale che i Padri pure sottolineano: nella
vita cristiana, lo Spirito non ci rivela il proprio volto ma quello di Cristo;
lui ci porta alla verità piena di Cristo. Nella storia della nostra salvezza,
lo Spirito di Dio è sempre presente nei momenti iniziali: all’inizio, nella
crea-zione lo Spirito di Dio alleggia sopra le acque; poi lo Spirito di Dio
alleggia su Maria; finalmente, nella Pentecoste, lo Spirito Santo alleggia
sopra la Chiesa nascente.
La tradizione
bizantina, specialmente nei testi liturgici della Domenica di Pentecoste e del
giorno dopo, il lunedì dedicato appunto allo Spirito Santo, è assai sobria in
quanto alle definizioni applicate allo Spirito e piuttosto gli applica alcune
immagini a partire della Sacra Scrittura; e soprattutto contempla quello che lo
Spirito Santo fa, porta a termine nei cristiani. Le immagini che troviamo applicate
allo Spirito sono soprattutto quelle del fuoco e della luce: “…questa festa in
cui il fuoco del Paraclito è sceso sulla terra… ed è giunta la sua luce… Lo
Spirito che brucia quello che è macchiato…”. E ancora l’immagine della luce ma
applicata a tutta la Trinità: “Luce è il Padre, luce il Verbo, luce lo Spirito
Santo”.
La liturgia
invece si trattiene a lungo ad indicare quello che il Santo Spirito fa, cioè come
agisce nella vita della Chiesa. Lo Spirito che illumina e santifica: “…il
Santissimo Spirito, al Padre coeterno, che illumina e santifica le anime
nostre… è giunta la luce del Paraclito che illumina il mondo…”. Lo Spirito che
fa diventare teologi, capaci di parlare di Dio, di parlare a Dio e con Dio, coloro
che non ne erano in grado: “Lo Spirito ha insegnato la sapienza agli
illetterati. Ha reso teologi i pescatori… li udivano esprimersi in lingue
straniere, come lo Spirito concedeva loro; da illetterati che erano, erano
divenuti sapienti… pescatori diventati sapienti per il dono dello Spirito”.
Vorrei
soffermarmi in qualche tropario della festa che sono delle vere e proprie
professioni di fede, scaturite dai grandi concili ecumenici del IV e V secolo. Uno
dei tropari del vespro del giorno dopo la Pentecoste, lunedì dello Spirito Santo,
è quasi una parafrasi del credo niceno costantinopolitano del 381: “Lo Spirito
santo è luce, vita e viva sorgente spirituale; Spirito di sapienza, Spirito di
intelligenza, buono, retto, intelligente, Spirito che ci guida, e ci purifica
dalle colpe; Dio e deificante; fuoco che procede dal fuoco, Spirito che parla,
opera, e distribuisce i carismi; Spirito mediante il quale tutti i profeti, gli
apostoli di Dio e i martiri, sono stati corroborati; straordinaria novella,
straordinaria visione, fuoco che si divide per distribuire carismi”. Lo
Spirito Santo ancora che è coeterno al Padre e al Figlio, vita e fonte di vita,
il dono stesso e la fonte dei doni da lui elargiti: “Lo Spirito Santo da sempre
era, è e sarà, perché mai ha avuto un principio, né mai cesserà di essere, ma
sempre è posto insieme al Padre e al Figlio e con essi annoverato: vita e
creatore di vita; luce ed elargitore di luce; buono per essenza, e sorgente di
bontà; per lui è conosciuto il Padre ed è glorificato il Figlio, per lui da
tutti è riconosciuta l’unica potenza, l’unica unione, l’unica adorazione della
santa Trinità”.
Due tropari del
vespro della festa sono entrati nella celebrazione quotidiana della liturgia
bizantina. Il tropario: “Re celeste, Paraclito, Spirito di verità che sei
presente in ogni luogo e tutto riempi, tesoro di beni e datore di vita, vieni e
abita in mezzo a noi, purificaci da ogni macchia e salva, o Buono, le anime
nostre”; è un testo che recitato all’inizio di tutte le ore dell’ufficiatura
bizantina, diventa un’epiclesi sulla Chiesa orante. Poi il tropario “Abbiamo
visto la vera luce, abbiamo ricevuto lo Spirito celeste, abbiamo trovato la
fede vera, adorando l’indivisibile Trinità: essa infatti ci ha salvati”; si
tratta di un tropario cantato ogni giorno dopo la distribuzione dei Santi Doni
nella comunione eucaristica. Il dono della comunione al Corpo e il Sangue di
Cristo ricevuti nella Divina Liturgia -perché i Santi Doni sono proprio questo,
dei doni che vengono ricevuti dalla Chiesa e da colui, il vescovo o il
sacerdote che li celebra e li distribuisce, non presi ma accolti con riverenza
nel cuore dei fedeli affinché diventino loro stessi Corpo e Sangue del Signore;
il dono della comunione ci apre alla confessione della vera fede, nella Santa
Trinità.
Un ultimo
tropario, infine, che oltre ad essere una confessione di fede trinitaria -in
Oriente la Pentecoste è una festa allo stesso tempo trinitaria e pneumatologica-,
è un testo che dà del Trisaghion, il canto al Dio Santo, Forte ed Immortale,
una lettura trinitaria molto bella: “Venite, popoli, adoriamo
la Divinità nelle tre ipostasi: il Figlio nel Padre insieme al Santo Spirito.
Il Padre infatti ha eternamente generato il Figlio coeterno e con lui regnante,
e lo Spirito Santo era nel Padre, glorificato insieme al Figlio; una sola
potenza, una sola sostanza, una sola divinità che noi tutti adoriamo dicendo:
Santo Dio, che tutto hai creato mediante il Figlio, con la sinergia del santo
Spirito; Santo forte, per il quale abbiamo conosciuto il Padre e per il quale
lo Spirito Santo è venuto nel mondo; Santo immortale, o Spirito Paraclito, che
dal Padre procedi e nel Figlio riposi. Trinità Santa, gloria a te”.
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