Le Teofanie del Signore nella tradizione bizantina.
Oggi il Giordano accoglie il fuoco immateriale
La celebrazione
della festa dell’Epifania nella tradizione bizantina e in genere nelle
tradizioni liturgiche orientali, è la celebrazione del battesimo del Signore
nel Giordano. Per la festa del Natale abbiamo proposto una lettura delle
katavasie dell’ufficiatura della festa, e per l’Epifania vorrei presentare anche
una lettura di questi testi nell’ufficiatura del giorno. Le katavasie sono il primo
tropario di ogni ode o cantico del mattutino, tropario che nei giorni festivi
viene ripetuto alla fine di ogni ode. Il nome “katavasia” viene dal fatto che
tradizionalmente i cantori scendono dai loro stalli per cantare in mezzo alla
chiesa il suddetto tropario. Come primo ed ultimo tropario di ogni ode,
riprende di solito il tema dell’ode biblica dell’Antico Testamento a cui fa
riferimento, e di cui, molto spesso, fa una lettura in chiave cristologica. Il
canone del mattutino della festa del 6 gennaio è di Cosma di Maiouma, innografo
bizantino nato a Damasco verso il 675, vescovo di Maiouma a Gaza nel 734 e
morto il 752. Fratello adottivo di Giovanni Damasceno, con lui fu strenuo
difensore della venerazione delle icone; come innografo si colloca nella scia
di Gregorio di Nazianzo e Romano il Melodo.
I testi dei
tropari sottolineano ripetutamente l’abbassamento, la discesa di Cristo nel
Giordano come conseguenza della sua stessa incarnazione: “Il Signore
forte nelle guerre ha scoperto le profondità
dell’abisso e ha tratto i suoi attraverso l’asciutto, sommergendo invece gli
avversari: poiché egli si è glorificato”. Il cantico del primo libro dei Re
della terza ode accosta l’immagine del Signore che dà forza e potenza al suo
popolo a quella dello stesso Signore nato dalla Vergine e venuto al battesimo
volontariamente: “Il Signore, che dà forza ai nostri re, e solleva la fronte
dei suoi consacrati, è partorito dalla Vergine e viene al battesimo; perciò, o
fedeli, acclamiamo: n c’è santo come il nostro Dio, e non c’è giusto all’infuori
di te, Signore”. Il tropario della quarta ode è un vero e proprio tessuto di
citazioni bibliche a partire dal cantico del profeta Abacuc: “Ha udito,
Signore, la tua voce, colui che hai chiamato ‘voce di uno che grida nel
deserto’, quando tu hai tuonato sulle grandi acque, per rendere testimonianza
al Figlio tuo; e, tutto posseduto dallo Spirito lí presente, ha gridato: Tu sei
il Cristo, sapienza e potenza di Dio”. Il tuono (la voce) di Dio sulle grandi
acque preso dal salmo 28,3, è un tema, un testo che verrà ripreso ripetutamente
lungo tutta l’ufficiatura della festa.
Il tropario
della quinta ode è una professione di fede nell’Incarnazione del Verbo di Dio
che nascendo ricrea Adamo, e nel Giordano come uomo purifica la natura umana: “Gesù,
autore della vita, è venuto a sciogliere la condanna di Adamo, il primo creato:
lui che non ha bisogno di purificazione, come Dio, nel Giordano si purifica per
l’uomo caduto, e uccidendo là l’inimicizia, dona la pace che oltrepassa ogni
intelligenza”. La katavasia della sesta ode presenta tutta una serie di
parallelismi tra Giovanni Battista e Cristo stesso, con una terminologia che
indica in qualche modo la preparazione o lo strumento e l’adempimento della
redenzione: voce/Verbo, lampada/luce… “La voce del Verbo, la lampada della luce,
la stella che precede l’aurora, il precursore del sole, grida a tutti i popoli
nel deserto: Convertitevi, e cominciate a purificarvi: ecco, è giunto il
Cristo, per riscattare dalla corruzione il mondo”. I tropari della settima ed
ottava ode riprendono la profezia di Daniele 3: “Un vento rugiadoso e la discesa
di un angelo divino custodirono illesi i pii giovinetti che se ne stavano nella
fornace infuocata: così, irrorati di rugiada tra le fiamme, grati cantavano: O
celebratissimo! Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri”. E ancora
mette in parallelo la rugiada della fornace di Babilonia col Giordano che
accoglie il “fuoco immateriale”, Cristo incarnato: “La fornace di Babilonia
facendo scaturire rugiada, ha manifestato uno straordinario mistero: come il
Giordano avrebbe accolto nei suoi flutti il fuoco immateriale, e ricoperto il
Creatore battezzato nella carne: lui che i popoli benedicono e sovresaltano per
tutti i secoli”. L’ultimo dei tropari, a partire dai due cantici
neotestamentari di Zaccaria e della Madre di Dio, la invoca come protettrice ed
avvocata dei cristiani: “Nessuna lingua sa come degnamente esaltarti, è preso
da vertigine, o Madre di Dio, anche l’intelletto ultramondano nel cantarti. Ma
tu che sei buona, accetta la fede, ben conoscendo l’amore che Dio ci ispira
per te: perché tu sei l’avvocata dei cristiani, e noi ti magnifichiamo”. Il
battesimo di Cristo nel Giordano e quello dei cristiani nelle acque battesimali
è per tutti in Cristo una nuova creazione, un lavacro di rigenerazione: “Nei
flutti del Giordano il Signore riplasma Adamo… ed oggi con la carne materiale
rivestita del fuoco immateriale della divinità si avvolge nelle onde del
Giordano il Signore incarnato dalla Vergine”.
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