La
Settimana Santa nella tradizione bizantina
Da
Betania a Gerusalemme.
Un
importante testo del IV secolo, la Peregrinatio Egeriae, nel capitolo
XXIX racconta la celebrazione della risurrezione di Lazzaro che si svolge tra
Betania e Gerusalemme, e che avviene il sabato che precede immediatamente la
Domenica delle Palme. La famosa pellegrina narra come il vescovo di Gerusalemme
con i monaci ed il popolo si radunano a Betania e lì si legge il vangelo della
risurrezione di Lazzaro; quindi si avviano in processione verso la Città Santa.
Le liturgie orientali hanno questa celebrazione appunto il sabato immediatamente
precedente la Domenica delle Palme, celebrazione in qualche modo preparata
lungo tutta la settimana che la precede attraverso la malattia, la morte e la
risurrezione di Lazzaro e che a sua volta diventa prefigurazione, annuncio
della grande settimana della passione, morte e risurrezione del Signore. Nella
tradizione bizantina troviamo in questa settimana dei tropari liturgici che
mettono in luce due aspetti importanti: in primo luogo i testi contemplano in
modo progressivo la malattia, la morte e la risurrezione dell’amico del
Signore, quasi volessero coinvolgerci con Cristo nel suo camminare, nel suo salire
a Betania e a Gerusalemme. In secondo luogo, la liturgia facendo una lettura
dei testi ed una esegesi potremmo dire “per omonimia”, accosta nel nome comune
i due personaggi evangelici che portano il nome di Lazzaro: il povero della
parabola del vangelo di Luca e l’amico di Cristo del vangelo di Giovanni.
I testi liturgici
ci introducono nel cammino di Gesù verso Betania con i suoi discepoli: “Oggi la
malattia di Lazzaro viene manifestata a Cristo, che si trattiene al di là del
Giordano... coi suoi apostoli verrà il Signore per risuscitare un nativo di
questa terra”. Nel progredire della malattia di Lazzaro, i tropari mettono in
luce la pedagogia voluta da Cristo anche dal suo attardarsi al di là del
Giordano: “Oggi come ieri Lazzaro soffre la malattia... nella gioia, preparati
Betania, per ricevere il tuo maestro e il tuo Re e canta con noi: Signore,
gloria a te”. Martedì al vespro e mercoledì si parla già della morte e quindi
della sepoltura di Lazzaro: “In questo giorno Lazzaro consegna lo spirito, per
raffermare nel tuo amico, Signore, la fede nella tua divina risurrezione che
calpesta la morte e ci dà la vita; per questo noi ti lodiamo e ti cantiamo”. Nel
cammino di Cristo verso Betania, vediamo già sottolineata la sua vittoria sulla
morte: “Lazzaro è nella tomba da due giorni... si avvicina il Creatore per
spogliare la morte e darci la vita; per questo noi lo invochiamo: Signore,
gloria a te”. Lo strappo fatto da Cristo alla morte nella persona dell’amico
Lazzaro è preannuncio della nuova creazione che avverrà nella risurrezione di
Cristo quando scendendo nell’ade lui strapperà dagli inferi Adamo ed Eva e li
riporterà al paradiso. I testi della liturgia di questi giorni inoltre
mescolano la gioia dell’imminente risurrezione di Lazzaro e quella dell'ingresso
di Gesù a Gerusalemme: “O Cristo, che siedi sui serafini celesti nella divina
maestà di Creatore dell'universo, adesso nella terra ti prepari a sedere su un
asinello; Betania si rallegra di accoglierti come Salvatore, Gerusalemme si
rallegra di ricevere il Messia atteso...
Oggi viene resa nota al Cristo, che è al di là
del Giordano, la malattia di Lazzaro… Prepàrati, Betania, adorna divinamente i tuoi ingressi,
allarga le tue dimore: perché ecco, verrà il Sovrano con gli apostoli per ridare la vita al tuo figlio”. Quindi
la liturgia del sabato di Lazzaro accosta la risurrezione di Lazzaro alla risurrezione
di Gesù; si sottolinea il parallelo tra i due giorni di sabato: quello di
Lazzaro e quello di Gesù dopo una settimana: “Volendo vedere la tomba di
Lazzaro, o Signore, tu che volontariamente ti accingevi ad abitare una
tomba...”. Tutta la sesta settimana di Quaresima quindi viene inquadrata in
questa contemplazione dell'incontro ormai vicino tra Gesù e la morte, quella
dell'amico per primo, quella propria la settimana dopo, e i testi liturgici
riescono a coinvolgerci in questo cammino di Gesù verso Betania, verso
Gerusalemme. La grande filantropia di Dio che si rivelerà nella croce di
Cristo, ci viene fatta pregustare nella filantropia verso l’amico Lazzaro.
Il
secondo aspetto che vorrei mettere in evidenza, è l’accostare dei due Lazzaro
nella loro omonimia. I due personaggi sono presenti nei testi della liturgia di
questi giorni: “I farisei, vestiti di porpora e di seta... hanno come tesoro la
Legge e i Profeti; essi hanno fatto crocifiggere te, il Povero, fuori delle
porte della città … e ti hanno rifiutato malgrado la tua risurrezione te, che
sei da sempre nel seno paterno … La grazia sarà per loro come la gotta di acqua
desiderata dal ricco empio... ed essi vedranno una moltitudine di pagani che
nel seno di Abramo portano il vestito del battesimo e la porpora del tuo sangue…”.
Quasi che i testi della liturgia mettono in parallelo la malattia, morte e
risurrezione di Lazzaro amico di Cristo, con la sofferenza nella povertà, la
morte e la glorificazione nel seno di Abramo del Lazzaro della parabola. “Da ricco, o Cristo, ti sei
fatto povero, e hai arricchito i mortali di immortalità e illuminazione: arricchiscimi
dunque di virtù, poiché mi sono impoverito con i piaceri della vita, e collocami
insieme al povero Lazzaro… Non condannarmi, o Cristo, al fuoco della geenna,
come il ricco a causa di Lazzaro, ma dona anche a me, che te lo chiedo in
pianto, una goccia di amore per gli uomini, o Dio, e abbi pietà di me…”.
Infine uno dei tropari di
questi giorni riprende il legame indissolubile tra il digiuno e la misericordia
che ha guidato tutto il cammino quaresimale: “Fratelli tutti, prima della fine:
accostiamoci al Dio compassionevole con cuore puro. Messe da parte le
contingenze della vita, prendiamoci cura dell’anima; lasciato con disgusto il
piacere dei cibi in virtù della continenza, occupiamoci della misericordia: per
essa, infatti, come sta scritto, alcuni senza saperlo diedero ospitalità a
degli angeli; nutriamo nei poveri colui che ci ha nutriti con la propria carne;
rivestiamoci di colui che si avvolge di luce come di un manto…”.
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