martedì 6 settembre 2016

La Natività della Madre di Dio
Oggi nasce il libro del Verbo della vita.
Due grandi feste della Madre di Dio aprono e chiudono l’anno liturgico nella tradizione bizantina: la Natività della Madre di Dio il giorno 8 settembre e la sua Dormizione il 15 agosto. Due feste che ricongiungono il ciclo liturgico in un unico mistero, quello di Cristo, quello di Maria e quello della Chiesa stessa che nasce, come Maria, voluta e amata dal Signore, che percorre con il Signore i grandi momenti della salvezza, e che come Maria è glorificata pienamente in cielo dal Signore che l’accoglie nella gloria. La tradizione bizantina inoltre, nelle grandi feste dell’anno liturgico, legge al vespro tre letture bibliche prese normalmente dall’Antico Testamento, testi scelti in una chiave di lettura allegorica per farne un’esegesi cristologica, mariologica ed ecclesiologica nelle diverse feste. Nelle celebrazioni della Madre di Dio una delle letture sempre utilizzate è Ezechiele 43-44: la descrizione del tempio, con la porta chiusa che guarda ad oriente, e che viene aperta e varcata soltanto dal Signore. Questa lettura cristologica e mariologica dei testi biblici è molto presente nella tradizione bizantina, e nella festa dell’8 settembre, la Natività della Madre di Dio, la troviamo in tre testi letti al vespro: Gen 28: la visione notturna di Giacobbe con l’immagine della scala che sale in cielo; Pr 9: la sapienza che si costruisce una casa; ed infine Ez 44. I testi dell’ufficiatura inoltre adoperano altri testi profetici, come Isaia e Daniele. Testi biblici letti in una chiave cristologica e mariologica, e che sono un bell’esempio di come la liturgia diventa luogo di professione di fede, e luogo di esegesi cristiana dei testi veterotestamentari nella scia dei Padri sia orientali che occidentali.
A partire del testo di Ezechiele 44, la liturgia presenta con delle immagini quasi opposte e contrastanti da una parte la sterilità di Anna, e dall’altra la verginità di Maria. Essa è la porta che guarda all’oriente e, nell’incarnazione del Verbo di Dio diventa il libro in cui la Parola viene scritta nella carne umana: “Questo è il giorno del Signore, esultate, popoli: poiché ecco, il talamo della luce, il libro del Verbo della vita, è uscito dal grembo; la porta che guarda a oriente è stata generata, e attende l’ingresso del sommo sacerdote, lei che in­tro­duce nel mondo, sola, il solo Cristo, per la salvezza delle anime nostre”. La porta di cui parla Ezechiele è presentata e cantata dalla liturgia come immagine dell’incarnazione del Figlio di Dio, unica porta per cui Lui entra nel mondo: “Anche se, per divino volere, famose donne sterili hanno generato, pure, al di sopra di tutti i loro figli, divinamente risplende Maria, poiché, prodigiosamente partorita da madre sterile, ha partorito nella carne il Dio dell’universo, da grembo senza seme, oltre la natura: unica porta dell’Uni­ge­nito Figlio di Dio, che attraver­sandola l’ha custodita chiu­sa, e tutto dispo­nen­do con sapien­za come egli sa, per tut­ti gli uomini ha operato la salvezza”. I testi liturgici, servendosi della stessa immagine della porta, dopo il contrasto, la utilizzano per mettere in parallelo sterilità e verginità, di Anna e di Maria: “Oggi le porte sterili si aprono e ne esce la divina por­ta ver­ginale. Oggi la grazia comincia a dare i suoi frutti, ma­nifestando al mondo la Madre di Dio, per la quale le cose ter­restri si uniscono a quelle celesti, a salvezza delle anime nostre”.
Il testo di Ezechiele è usato ancora dai testi dell’ufficiatura della festa con una lettura collegata sia alla verginità di Maria sia all’incarnazione del Verbo di Dio: “Il profeta ha chiamato la santa Vergine porta invalicabile, custodita per il solo Dio nostro: per essa è passato il Signore, da essa procede l’Altissimo e la lascia sigillata, liberando la nostra vita dalla corruzione. Il nesso stretto tra liturgia e professione di fede lo troviamo in uno dei testi del vespro che con delle immagini poetiche di straordinaria bellezza canta Maria come luogo dell’incarnazione del Verbo, luogo della congiunzione delle due nature in Cristo:“Venite, fedeli tutti, corriamo verso la Vergine, per­ché ec­co, nasce colei che prima di essere concepita in seno è stata predestinata ad essere Madre del nostro Dio; il tesoro della verginità, la verga fiorita di Aron­ne, che spunta dalla radice di Iesse, l’annuncio dei profeti, il germoglio dei giusti Gioacchino e Anna nasce, e il mondo con lei si rin­nova. Essa è partorita, e la Chiesa si riveste del proprio de­co­ro. Il tempio santo, il ricettacolo della Divinità, lo stru­mento verginale, il talamo regale nel quale è stato portato a compimento lo straordinario mistero della ineffabile unione delle nature che si congiungono in Cristo: adorando lui, celebriamo l’immacolata nascita della Vergine.
I testi della liturgia odierna inoltre sottolineano sia la preghiera di Gioacchino ed Anna nell’angoscia per la loro mancanza di discendenza, sia la grande gioia per la nascita di Maria: “Sterile, senza prole, Anna batta oggi gioiosa le mani, si rivestano di splendore le cose della terra, esultino i re, si allie­tino i sacerdoti tra le benedizioni, sia in festa il mondo intero: perché ecco, la regina, l’immacolata sposa del Padre, è germogliata dalla radice di Iesse. Non partoriranno più figli nel dolore le donne, perché è fiorita la gioia, e la vita degli uomini abita nel mon­do. Non saranno più rifiutati i doni di Gioacchino, perché il lamento di Anna si è mutato in gioia ed essa dice: Rallegratevi con me, tutti voi del po­polo eletto Israele: poiché ecco, il Signore mi ha donato la reggia vivente della sua divina gloria, per la comune letizia, gioia e salvezza delle anime nostre. La festa della Natività di Maria mette in luce sia la preghiera e il gemito di Gioachino ed Anna ascoltati dal Signore, sia anche l’inizio della salvezza che ci viene da colei che porta il frutto vivificante per i cristiani, Cristo Verbo di Dio incarnato.




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