L’inizio dell’anno
liturgico nella tradizione bizantina.
Oggi la creazione canta
la discesa di Dio tra gli uomini.
La giornata di preghiera per la cura
del creato, indetta per il 1 settembre da papa Francesco, coincide, nella
tradizione liturgica bizantina, con l’inizio dell’anno liturgico. Nella centralità
della Pasqua, che per tutte le Chiese cristiane di Oriente e di Occidente è la
festa più antica e più importante ed è all’origine delle altre feste liturgiche,
la tradizione bizantina ha fissato in questo primo giorno di settembre l’inizio
del ciclo delle grandi feste e più precisamente dell'anno liturgico. È il mese
delle ultime raccolte e dell’inizio della preparazione per un nuovo ciclo della
vegetazione; ed è un momento propizio quindi per ringraziare Dio per la sua
provvidenza verso tutta la creazione e soprattutto per l’opera della sua
redenzione in Cristo. E in questo stesso senso la celebrazione di questo inizio
di anno celebra Cristo, Figlio e Verbo di Dio, incarnatosi per portare tutte le
cose all’unità e riconciliare tutti gli uomini in se stesso. Vorrei proporre di
vedere questo mistero centrale della nostra fede a partire da due momenti
liturgici della tradizione bizantina: in primo luogo le odi (cantici biblici e
poetici) del cànone del mattutino delle domeniche; e quindi la festa del 1
settembre. Nello stesso 1 settembre la Chiesa bizantina celebra la festa di san
Simeone Stilita, vissuto in Siria nel V secolo come monaco e solitario su una
colonna.
La tradizione bizantina, nel suo canto
alla creazione, che è opera delle mani del Signore, parte dal misero della
morte e risurrezione di Cristo, che è visto come una nuova creazione, un
riportare l’uomo, creato a immagine di Dio, alla sua primitiva bellezza. Le odi
domenicali negli otto toni in cui esse si dividono nella tradizione bizantina,
sono dei testi che risalgono direttamente a san Giovanni Damasceno (VIII sec.),
oppure a lui vengono attribuiti. Mi soffermo soltanto in alcuni tropari delle
odi settima ed ottava di questi testi domenicali, odi poetiche che commentano
appunto i cantici veterotestamentari di Dn 3,16-24;e Dn 3,57-88. Sono dei testi
che mettono in luce come la lode della creazione intera sgorga dalla passione,
morte e risurrezione di Cristo, mistero che rinnova l’uomo e la creazione intera:
“Tu che col tuo volere fai tutte le cose e le trasformi, e con la tua passione
volgi l’ombra di morte in vita eterna, o Verbo di Dio, noi tutte, opere tue, incessantemente
quale Signore ti celebriamo e ti sovresaltiamo per tutti i secoli… Dal tuo
fianco trafitto le gocce di sorgente divina del tuo sangue vivificante, o
Cristo, stillando a terra conforme all’economia hanno riplasmato i nati dalla
terra…”. Ulteriormente viene sottolineato come è nel grembo di Maria, quasi un
nuovo paradiso e una nuova fornace, dove l’uomo in Cristo viene riplasmato e
ricreato: “Noi fedeli ti contempliamo, o Madre di Dio, quale spirituale
fornace: come salvò i tre fanciulli, così colui che è sovresaltato ha interamente
riplasmato me, l’uomo, nel tuo grembo, lui, il Dio dei padri…”. Ed è quindi la
la creazione stessa che diventa partecipe, con l’umanità, al mistero della
redenzione; il velo del tempio si squarcia di fronte alla croce di Cristo ed il
sole si oscura e si avvolge di tenebra di fronte alla passione di Cristo. La
tomba di Cristo, infine, diviene più bella dal paradiso stesso: “La tua tomba,
sorgente della nostra risurrezione, o Cristo, si è rivelata portatrice di vita,
più bella del paradiso, più splendete di qualsiasi talamo regale”. Il mistero
dell’incarnazione del Verbo di Dio, la “discesa di Dio” come la canta la liturgia
bizantina, è la causa e la sorgente della lode degli angeli dei fanciulli nella
fornace, immagine dell’umanità e di tutta la creazione: “Il glorioso
annientamento, la divina ricchezza della tua povertà, o Cristo, rende attoniti
gli angeli che ti vedono inchiodato sulla croce… Il fuoco ebbe paura un giorno
a Babilonia di fronte alla discesa di Dio. Per questo i fanciulli, quasi
danzando in un prato, salmeggiano: Benedetto tu, o Dio, Dio dei padri nostri”.
Per quanto riguarda l’inizio del nuovo
anno liturgico bizantino, i testi della liturgia di questo giorno mettono in
risalto diversi aspetti. In primo luogo il nuovo anno è visto come una nuova
creazione e quindi si mette in evidenza la figura di Cristo come creatore; la
benedizione di Cristo sul nuovo anno è vista come l’azione della sua mano
creatrice e provvidente sul mondo e sulla Chiesa stessa: “Tu che hai creato
l’universo con sapienza, Verbo del Padre che sei prima dei secoli, e formato
tutta la creazione con la tua parola onnipotente, benedici la corona dell’anno
della tua benignità… Creatore e Sovrano dei secoli, Dio dell’universo, benedici
questo ciclo annuale… Tu, congiunto al santo Spirito, Verbo senza principio e
Figlio, con lui creatore e artefice di tutte le cose visibili e invisibili,
benedici la corona dell’anno… per intercessione della Madre-di-Dio e di tutti i
tuoi santi…”. Alcuni dei testi liturgici riecheggiano la pericope evangelica di
Lc 4,16-22 e introducono anche il tema di Cristo come maestro per la sua
Chiesa: “Tu che un tempo sul monte Sinai hai scritto le tavole della Legge, tu
stesso, nella carne, hai ricevuto a
Nazareth un libro profetico da leggere, o Cristo Dio, e apertolo insegnavi ai
popoli che in te si era compiuta la Scrittura”. Sulla scia della figura di
Cristo maestro, i testi indicano come lo è anche nella preghiera della Chiesa:
“Appresa la preghiera dal divino insegnamento a noi impartito da Cristo stesso,
gridiamo ogni giorno al Creatore: Padre nostro, che dimori nei cieli, donaci il
pane quotidiano, senza far conto delle nostre colpe”. Quindi alcuni dei testi
dell'ufficiatura ancora invocano la protezione del Signore per tutta la
creazione da lui fatta: “Tu, o Re, tu che sei e rimani per i secoli senza fine,
ricevi la preghiera dei peccatori che chiedono salvezza, e concedi, o amico
degli uomini, fertilità alla tua terra, donando climi temperati, per
l’intercessione della Madre di Dio… Artefice di tutto il creato, che hai posto in
tuo potere tempi e momenti, benedici la corona dell’anno della tua benignità,
Signore, custodendoci nella pace…”.
I Padri della Chiesa, da Oriente ad
Occidente, da Efrem a Basilio al Crisostomo ad Ambrogio e ad Agostino, contemplando
e cantando il mistero della creazione, cantano Colui che ne è l’Artefice; la
voce dei Padri diventa la lira della lode al Creatore, e all’opera delle sue
mani, di cui ne è la primizia l’uomo fatto a sua immagine e somiglianza, che
per la passione, morte e risurrezione di Cristo viene riportato alla primitiva bellezza,
viene ricondotto alla pace e la riconciliazione con il suo Creatore, con il
creato e con l’altro, suo fratello, come lo canta il Damasceno la notte
pasquale: “Giorno della
risurrezione! Irradiamo gioia per questa festa solenne e abbracciamoci gli uni
gli altri. Chiamiamo fratelli anche quelli che ci odiano: tutto perdoniamo per
la risurrezione, e poi acclamiamo: Cristo è risorto dai morti, con la morte ha
calpestato la morte, ed ai morti nei sepolcri ha elargito la vita”.