lunedì 23 dicembre 2024

 

Cristo Emmanuel


Alcune riflessioni nella Vigilia di Natale.

Il giorno 24 dicembre, vigilia del Santo Natale, la tradizione bizantina celebra le Grandi Ore, cioè le normalmente cosiddette “ore minori” di prima, terza, sesta e nona, prendono il titolo di “grandi” o “regali”. “Grandi” perché hanno dei salmi propri e delle letture sia dell’Antico Testamento sia del Nuovo Testamento e queste nei testi paolini e nei vangeli. “Regali” perché in queste Ore, attraverso gli antichi testi dei salmi e dei profeti si annuncia l’incarnazione e la nascita di Colui che è il Verbo eterno di Dio, il Re e Signore.

È un giorno tradizionalmente di digiuno e di preghiera, e soprattutto di annuncio di Colui che oggi –con tanti “oggi, σήμερον, hodie” sparsi nei testi liturgici- nasce, si fa uno di noi, si fa piccolo come noi. Il vangelo dell’ora terza contiene questo versetto: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. La nascita di Cristo è motivo di gioia, ma di una gioia che non è legata a un sentimento o sentimentalismo a fior di pelle, ma legato a un fatto concreto che segnerà tutta la nostra vita come cristiani: “…troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”.

Questo bambino che oggi, con gioia e speranza Maria e Giuseppe depongono in una “mangiatoia”, sarà lo stesso che un altro giorno, un altro “oggi, σήμερον, hodie” verrà deposto in un’altra “mangiatoia”, quel sepolcro che lo custodirà per tre giorni. Un vecchio professore romano quando faceva gli auguri per il Natale amava ripetere: “Buon Natale. Cristo è risorto!”. L’incarnazione del Verbo eterno di Dio ci collega, ci porta già alla sua stessa risurrezione dai morti il terzo giorno. Natale e Pasqua sono strettamente collegati, anche dall’iconografia stessa, orientale e occidentale, che ci mostra il bambino neonato avvolto in fasce e deposto in un sepolcro. Sant’Efrem il siro si compiacerà a “giocare” -sia simbolicamente sia, e soprattutto, teologicamente- con i nomi di Maria e Giuseppe alla nascita di Cristo, e di nuovo Giuseppe e Maria alla sua sepoltura e risurrezione.

Accingiamoci a vivere questo Natale, in primo luogo, con gioia -e non, come accennavo sopra, una gioia superficiale, ma una gioia fondata ed incarnata unicamente in Colui che oggi nasce, oggi si fa piccolo come uno di noi, cammina con noi-, ed anche con fede e speranza. Fede in Colui che con noi cammina, che ci sorregge, che tante e tante volte ci porta sulle spalle di buon Pastore, che non si stanca di farci ricominciare, di spingerci a rialzarci. Speranza che l’annuncio del Vangelo di Cristo porti sì la riconciliazione e la pace in tante e tante parti del nostro mondo martoriato dalla guerra -Ucraina, Terra Santa…-, ma soprattutto speranza che il Vangelo di Cristo metta radici nel profondo del nostro cuore e ci faccia uomini e donne di comunione, di perdono e di riconciliazione. Lasciamo che il Vangelo penetri nel profondo del nostro cuore, di ognuno di noi come vescovo, come sacerdoti, come suore, come fedeli laici, e ci faccia veramente cristiani, e insisto uomini di comunione, di perdono e di riconciliazione. Evangelizzato il nostro cuore, potremo evangelizzare anche gli altri.

“…troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Chiediamo a questo Bambino fasciato e deposto nella mangiatoia che ci faccia vivere sempre come uomini del Vangelo, di comunione, di perdono e di riconciliazione.

Buon Natale. Cristo è Risorto!

+P. Manuel Nin

Esarca Apostolico


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