venerdì 17 febbraio 2023

 


Sant’Efrem il Siro

Cattedrale Santissima Trinità

Atene

 

Lettera pastorale

Quaresima 2023

          Carissimi,

          Le prime quattro domeniche del Triodion ci hanno portato per mano, guidati dal Vangelo, all’incontro con il Signore. Adesso, all’inizio del nostro cammino quaresimale, che quest’anno è drammaticamente segnato dal terribile terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria, due paesi fratelli nella fede e nelle nostre origini cristiane, ed anche dal drammatico prolungarsi della guerra in Ucraina, paese pure fratello nella fede e diventato da più di due decenni paese di origine di una parte importante del nostro Esarcato, voglio proporvi una rilettura, o forse un re incontro, con un testo che segnerà tutto il nostro cammino quaresimale nella tradizione bizantina. Si tratta della “Preghiera di Sant’Efrem”, che ripetiamo nelle diverse ore dell’ufficiatura. Diverse volte mi è stato chiesto di parlare su questo testo, breve, quasi sintetico, profondamente evangelico. È un testo che è attribuito a sant’Efrem il Siro (+373), questo grande padre della Chiesa siriaca, un padre che è stato anche accolto e stimato nelle altre tradizioni cristiane.

          La tradizione bizantina si compiace a ripetere questa preghiera, direi a lasciarla cadere su di noi affinché penetri il nostro cuore, e scandisca tutto il nostro cammino quaresimale, tutta la nostra vita cristiana. Vi propongo la preghiera di Sant'Efrem come tema di riflessione all'inizio di questa Quaresima. Proponendovela vi propongo di prendere in mano, di avvicinarvi di nuovo al Vangelo come cammino quaresimale.

          Il testo come lo troviamo nelle ore della Grande Quaresima bizantina è come segue:

 

Signore e Sovrano della mia vita, non darmi uno spirito di pigrizia, d'indolenza, di superbia, di vaniloquio.

Κύριε, κα Δέσποτα τς ζως μου, πνεμα ργας, περιεργας, φιλαρχας, κα ργολογας μ μοι δς.

 

Dà a me, tuo servitore, uno spirito di sapienza, di umiltà, di pazienza e di amore.

Πνεμα δ σωφροσύνης, ταπεινοφροσύνης, πομονς κα γπης, χρισα μοι τ σ δούλ.

 

Sì, Signore e Re, dammi di vedere i miei peccati e di non condannare mio fratello, perché sei benedetto nei secoli. Amin.

Να, Κύριε Βασιλε, δρησα μοι το ρν τ μ πτασματα, κα μ κατακρνειν τν δελφν μου, τι ελογητς ε, ες τος αἰῶνας τν αἰώνων. μν.

 

Signore e Sovrano della mia vita... Signore e Re. La preghiera mette al centro della nostra vita Dio, e lo presenta come Colui che ne è Signore, come Colui che ne è fonte di speranza, soprattutto fonte di fiducia. Quando diciamo: Signore e Sovrano della mia vita..., riconosciamo in Lui la fonte di questa vita e rinnoviamo la nostra fiducia in Lui: Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore... (Mt 11,28-29).

 

Quattro vizi nella prima invocazione di questa preghiera: pigrizia, indolenza, superbia, vaniloquio. Il testo inizia con una richiesta forte e chiara: “non darmi…”; una richiesta che ci vuole svegli, vigilanti come se fossimo dei monaci che vegliano nella notte, di fronte alla possibilità di lasciar da parte sia Dio che il fratello, di dimenticare sia Dio che il fratello, di atrofizzare la nostra capacità di amare, di me­ravigliarci, la nostra capacità di gratuità. I contrari di questa pigrizia-indolenza potrebbero essere la gratuità-meraviglia di fronte a Dio e di fronte al fratello. La preghiera prosegue col desiderio di allontanarci, ancora, dalla superbia, dal vaniloquio, in fondo da quelle situazioni che possono fare di Dio e del fratello un semplice oggetto e in quanto tale può essere disprezzato -superbia; oppure da quelle situazioni-parole che creano vuoto attorno a noi: il vaniloquio, cioè le parole vuote o che creano vuoto, attorno a noi ed attorno agli altri. Tutti sappiamo, e siamo sufficientemente intelligenti e svegli per vedere che ci sono delle parole, dei commenti, delle battute che creano vuoto attorno a noi ed attorno agli altri.

I vizi elencati nella preghiera di Sant’Efrem sono: pigrizia, indolenza, superbia e vaniloquio. Essere liberati –ed il testo è una preghiera quindi coinvolgiamo il Signore affinché ce ne liberi- da una pigrizia al livello più concreto e materiale del dare una mano agli altri. Da una indolenzain dolens- che può andare dall’ignorare l’altro, al disprezzo dell’altro, a un non voler vedere colui che ci sta accanto o che non ci sta accanto perché cerchiamo di evitarne anche la vicinanza fisica. Da una superbia che va legata e deriva dall’indolenza. Se non soffro per / con l’altro, allora posso disprezzarlo. Cerchiamo nella nostra vita cristiana di ogni giorno di evitare atteggiamenti, parole che non creano comunione tra di noi. Da un vaniloquio che è vuoto e che soprattutto crea vuoto, attorno all’altro e attorno a noi stessi. Che il nostro parlare non crei mai il vuoto, la lontananza, il disinteresse attorno a noi ed agli altri. Che il nostro parlare crei sempre comunione.

 

Quattro virtù: spirito di sapienza, di umiltà, di pazienza e di amore, che sono un riflesso delle Beatitudini proposte dal Signore nel Vangelo di Mt 5,3-11; virtù che costituiscono un'unità, che sono i tratti principale dell'icona di Cristo stesso, e che sono la cornice della vita di ogni cristiano. Chiedere al Signore –sempre è Lui che è coinvolto- uno spirito di sapienza che ci dia di saper parlare ed agire nel modo giusto, un parlare ed agire che siano sapienti, con la sapienza del Vangelo. Uno spirito di umiltà che ci configuri con Colui che umiliò sé stesso fino alla morte. Umiltà che nell’ogni giorno delle nostre vite, in famiglia, in diocesi, vorrà dire sì un confrontare, un condividere, ma anche un accettare che non sempre ho ragione, che si può sbagliare. Uno spirito di pazienza come contrapposizione all’indolenza di cui abbiamo parlato sopra nella prima parte delle richieste. Uno spirito di amore, che soprattutto crei amore. Sono quattro virtù evangeliche, cristologiche, cristiane: sapienza, umiltà, pazienza, amore. Quattro virtù che diventano la vera icona di Cristo stesso e ci fanno, ci configurano a sua immagine.

 

         La terza domanda riassume quello che è stato proposto nelle altre due: vedere, essere svegli potremo tradurre, per vedere i propri peccati, non in una contemplazione sterile della propria miseria ma perché in essa attua salvificamente la croce di Cristo. Poi, l'attenzione al fratello -il non condannarlo dice il testo di Sant'Efrem-, sia a causa della superbia, del dominio, del disprezzo...; sia a causa del vaniloquio, cioè tutto quello -parole o fatti- che potrebbe creare vuoto, lontananza verso il fratello, oppure degli altri verso di lui. Ci sono delle vane parole che feriscono per sé stesse, e delle vane parole che direi “per gioco di bigliardo” anche feriscono colpendo o servendosi dei terzi.

         Vedere i propri peccati e non condannare il fratello… Vedere che nel nostro cammino come cristiani, come sacerdoti non ci valgono soltanto le nostre forze ma la misericordia e la grazia del Signore. Chiedetelo al Signore nella preghiera che vi faccia chiaroveggenti non nel vedere i difetti degli altri -in questo tutti siamo purtroppo tropo esperti-, ma nel vedere lì dove forse io stesso non vivo secondo il Vangelo e dove appare il proprio peccato.

Non condannare il proprio fratello, accettare che è diverso, che forse tante volte non andiamo d’accordo con lui in tutto. E questo in famiglia, in diocesi, coi sacerdoti, col vescovo… Accettare che io e lui, io ed il fratello, possiamo sbagliare e sbagliamo sicuramente. Accettare che c’è sempre un cammino evangelico di riconciliazione e di perdono fino a settanta volte sette… Se dimenticassimo queste cose, se non le accettassimo, il nostro cuore sarebbe chiuso al Vangelo.

 

All’inizio della Quaresima la liturgia ci ha proposto la figura di Adamo cacciato dal Paradiso, di Adamo che geme, che piange, che si lamenta a causa del Paradiso chiuso. La stessa liturgia, però, ci presenta un Adamo -qualsiasi uomo- non chiuso in se stesso ma che nella speranza comincia un cammino che lo porterà di nuovo al Paradiso, le cui porte saranno aperte il mattino di Pasqua.

 

Come accennavo all’inizio, quest’anno l’inizio delle domeniche del Triodion e della Quaresima stessa coincide con il drammatico terremoto in Turchia e Siria, ed il primo anniversario della guerra fratricida ed ingiustificabile, come tutte le guerre, in Ucraina. Voglio incoraggiarvi tutti, fedeli greci, ucraini e caldei, che fate parte del nostro Esarcato, alla solidarietà verso questi due luoghi di sofferenza, di distruzione e di morte. Una solidarietà avvenuta dal primo momento della guerra in Ucraina, da parte di tanti e tanti fedeli dell’Esarcato e non, cattolici ed ortodossi della Grecia che hanno dato generosamente delle loro cose affinché fossero inviate ai luoghi di guerra. Una solidarietà fraterna, veramente cristiana che mi ha veramente toccato e per cui ringrazio tutti. Ed ancora in queste ultime settimane una solidarietà verso la Turchia e la Siria, quest’ultima paese di origine o di passaggio di molti dei nostri fedeli della comunità caldea del nostro Esarcato, paesi la cui storia è segnata dalle comuni radici cristiane. Assieme ai vescovi cattolici della Grecia, cerchiamo di far arrivare i nostri aiuti materiali alle persone terremotate, oltre alla comunione nella sofferenza e soprattutto nella preghiera.

 

         Concludo lasciandovi un testo degli Apoftegmi dei Padri:

Si racconta di due amici che camminavano insieme per il deserto. A un certo punto litigarono e uno schiaffeggiò l’altro. Colui che fu schiaffeggiato si sentì ferito nel suo orgoglio, ma non disse niente e scrisse sulla sabbia: “Oggi il mio migliore amico mi ha schiaffeggiato”. Continuarono a camminare finché trovarono una oasi e lì decisero di fare un bagno. Colui che era stato schiaffeggiato si trovò ad essere inghiottito dall’acqua e dal fango fino a quasi annegare. L’amico però gli salvò la vita. Allora colui che era sfuggito alla morte scrisse su una pietra: “Oggi il mio migliore amico mi ha salvato la vita”. L’altro gli chiese: “Ma perché quando ti ho schiaffeggiato hai scritto sulla sabbia ed adesso che ti ho salvato la vita scrivi sulla roccia?” L’altro rispose: “Quando qualcuno ti fa del male o ti ferisce, dobbiamo scriverlo sulla sabbia affinché lì il vento del perdono possa cancellare e portare via quello che abbiamo scritto. Ma quando qualcuno ci fa del bene, lo dobbiamo incidere sulla roccia affinché mai possa essere cancellato.

+P. Manuel Nin

Esarca Apostolico

 


 

ΠΟΙΜΑΝΤΙΚΗ ΕΠΙΣΤΟΛΗ

ΣΑΡΑΚΟΣΤΗ 2023

 

Πολυαγαπημένα μου Αδέρφια,

     Οι πρώτες τέσσερες Κυριακές του Τριωδίου μας οδήγησαν, χέρι χέρι με το Ευαγγέλιο, στη συνάντησή μας με τον Κύριο. Τώρα στην αρχή της σαρακοστιανής μας πορείας η οποία εφέτος είναι δραματικά σημαδεμένη από τον τρομερό σεισμό που έπληξε την Τουρκία και την Συρία, δύο χώρες αδελφικές στην πίστη και στις χριστιανικές τους ρίζες, σημαδεμένη από το την τραγική προέκταση του πολέμου στην Ουκρανία, αδερφικής μας χώρας στην χριστιανική πίστη, η οποία πριν από περισσότερο από δύο δεκαετίες έγινε σπουδαίο μέρος της Εξαρχίας μας, θέλω να σας προτείνω μια νέα ανάγνωση, ή μία νέα συνάντηση, με ένα κείμενο, το οποίο θα χαρακτηρίσει την σαρακοστιανή πορεία μας στη βυζαντινή μας πορεία. Πρόκειται για την “Προσευχή του Αγίου Εφραίμ", την οποία επαναλαμβάνουμε στις διάφορες ώρες της θείας λατρείας. Πολλές φορές μου ζητήθηκε να μιλήσω γι' αυτό το κείμενο, που είναι σύντομο, σχεδόν συνθετικό, βαθιά ευαγγελικό. Είναι ένα κείμενο που αποδίδεται στον Άγιο Εφραίμ τον Σύρο (+373), τον μεγάλο αυτόν πατέρα της συριακής Εκκλησίας ένας πατέρας που έγινε δεκτός και εκτιμήθηκε και στις άλλες χριστιανικές παραδόσεις

 

Η βυζαντινή παράδοση χαίρεται να επαναλαμβάνει αυτή την προσευχή, θα έλεγα ότι χαίρεται να την αφήνει να πέφτει επάνω μας, για να διεισδύσει στην καρδιά μας, να φωτίζει όλη τη σαρακοστιανή μας πορεία, όλη τη χριστιανική μας ζωή. Σας προτείνω την προσευχή του Αγίου Εφραίμ ως θέμα στοχασμού στην αρχή αυτής της Σαρακοστής. Προτείνοντάς την σας προτείνω να πάρετε στα χέρια σας, Να πλησιάσετε και πάλι το ιερό Ευαγγέλιο, ως πορεία για τη μεγάλη σαρακοστή. Το κείμενο, όπως το βρίσκουμε στις ώρες της βυζαντινής Μεγάλης Σαρακοστής, έχει ως εξής:

     Κύριε, κα Δέσποτα τς ζως μου, πνεμα ργίας, περιεργείας, φιλαρχίας κα ργολογίας μή μοι δς.

     Πνεμα δ σωφροσύνης, ταπεινοφροσύνης, πομονς κα γάπης, χάρισαί μοι τ σ δούλ.

     Ναί, Κύριε Βασιλε, δώρησαί μοι το ρν τ μ πταίσματα, κα μ κατακρίνειν τν δελφόν μου, τι ελογητς ε, ες τος αἰῶνας τν αώνων. μήν».

 

Κύριε, κα Δέσποτα τς ζως μου... Κύριε κα Βασιλε. Η προσευχή βάζει τον Θεό στο επίκεντρο της ζωής μας, και τον παρουσιάζει ως τον Κύριο, ως την Πηγή της ελπίδας μας, προπάντων την Πηγή της εμπιστοσύνης μας. Όταν λέμε: "Κύριε, κα Δέσποτα τς ζως μου...", αναγνωρίζουμε ότι Αυτός είναι η πηγή αυτής της ζωής, και ανανεώνουμε την εμπιστοσύνη μας σ' Αυτόν: "Ελάτε σε μένα, όλοι εσείς, που είστε κουρασμένοι και καταπιεσμένος και εγώ θα σας ξεκουράσω. Πάρτε τον ζυγό μου επάνω σας και μάθετε από μένα ότι είμαι πράος και ταπεινός στην καρδιά...” (Μτθ. 11, 28-29).

 

Στην πρώτη επίκληση αυτής της προσευχής διακρίνουμε τέσσερα ελαττώματα: αργία, περιέργεια, φιλαρχία και αργολογία. Το κείμενο καταλήγει με μία αίτηση δυνατή και καθαρή "μή μοι δς..."˙ αυτή η αίτηση μας θέλει άγρυπνους, αγρυπνούντες σαν να ήμασταν μοναχοί μπροστά στην δυνατότητα να εγκαταλείψουμε τόσο τον Θεό, όσο και τον πλησίον μας, να λησμονήσουμε τόσο τον Θεό, όσο και τον αδερφό μας, να αφήσουμε ατροφική την ικανότητά μας να αγαπούμε, να θαυμάζουμε, την ικανότητά μας στην δωρεάν προσφορά μας. Τα αντίθετα αυτής της αργίας θα μπορούσαν να είναι ο θαυμασμός μπροστά στον Θεό και μπροστά στον αδερφό μας. Η προσευχή συνεχίζει με την επιθυμία να απομακρυνθούμε ακόμα από το την υπερηφάνεια, την αργολογία, δηλαδή από τις καταστάσεις εκείνες που μπορούν να θεωρήσουν το Θεό και τον αδελφό ως απλά αντικείμενα, τα οποία μπορούν να περιφρονηθούν (υπερηφάνεια)˙ ή ως καταστάσεις-λέξεις που δημιουργούν κενό γύρω μας: την αργολογία, δηλαδή άδειες λέξεις, που δημιουργούν το κενό γύρω μας, και γύρω από τους άλλους. Όλοι γνωρίζουμε και είμαστε αρκετά έξυπνη έξυπνοι και ξύπνιοι για να δούμε ότι υπάρχουν λέξεις σχόλια, "εξυπνάδες" που δημιουργούν το κενό γύρω μας γύρω μας, και γύρω από τους άλλους.

Τα ελαττώματα που αναφέρονται στην προσευχή του Αγίου Εφραίμ είναι: αργία, περιέργεια, υπερηφάνεια και αργολογία. Ζητούμε να απελευθερωθούμε, και ο Κύριος να μας βοηθήσει σ' αυτήν την απελευθέρωση, από μια οκνηρία σε συγκεκριμένο και υλικό επίπεδο, μια οκνηρία στην παράστασή μας προς τους άλλους. Από μια περιέργεια που οδηγεί στην άγνοια του άλλου, στην περιφρόνηση του άλλου, στην αδιαφορία για να τον συνάνθρωπό μας, αποφεύγοντας κάθε φυσική αλληλεγγύη μαζί του. Να απελευθερωθούμε από μια υπερηφάνεια, που συνδέεται και προέρχεται από την περιέργεια. Αν δεν υποφέρω για τον άλλο, ή με τον άλλο, τότε το περιφρονώ. Στην καθημερινή χριστιανική μας ζωή ας προσπαθήσουμε να αποφύγουμε καταστάσεις, λόγια που δεν δημιουργούν αδελφική κοινωνία μεταξύ μας. Να απελευθερωθούμε από μια αργολογία που είναι άδεια, και προπάντων δημιουργεί το κενό γύρω από τον άλλο, και γύρω από τον εαυτό μας. Είθε η ομιλία μας να μη δημιουργεί το κενό, την απομάκρυνση, την αδιαφορία γύρω μας, και γύρω από τους συνανθρώπους μας. Είθε η ομιλία μας να δημιουργεί πάντοτε αδελφική κοινωνία.

 

Οι τέσσερες αρετές: πνεύμα σωφροσύνης, ταπεινοφροσύνης, υπομονής και αγάπης, αντανακλούν τους Μακαρισμούς τους οποίους οι προτείνει ο Κύριος στο κατά Ματθαίον Ευαγγέλιο, Μτθ. 5, 3-11: οι αρετές αυτές αποτελούν μια ενότητα, χαρακτηριστική της εικόνας του ίδιου του Χριστού, και είναι η κορνίζα της ζωής κάθε χριστιανού: είναι οι αρετές που αναφέρονται από τον Άγιο Εφραίμ: σωφροσύνη, ταπεινοφροσύνη, υπομονή και αγάπη. Ζητούμε από τον Κύριο (αυτός είναι πάντοτε ο δωρητής), να μας δώσει ένα πνεύμα σωφροσύνης, το οποίο μας αξιώνει να μιλούμε και να πράττουμε με τον σωστό τρόπο, να μιλούμε και να πράττουμε με σωφροσύνη, και με τη σοφία του Ευαγγελίου. Ένα πνεύμα ταπεινοφροσύνης, που μας εξομοιάζει με Εκείνον, ο οποίος εταπείνωσε τον εαυτό του μέχρι θανάτου. Μια ταπεινοφροσύνη η οποία στην καθημερινή μας ζωή, στην οικογένεια, στην εκκλησιαστική μας επαρχία, σημαίνει ασφαλώς μια στην σύγκριση, μια μοιρασιά, αλλά και την αναγνώριση ότι δεν έχουμε πάντοτε δίκιο, ότι ενδέχεται να κάνουμε λάθος.

Ένα πνεύμα υπομονής ως αντίθεση στην περιέργεια για την οποία μιλήσαμε στο πρώτο μέρος των αιτήσεών μας. ΄Ενα πνεύμα αγάπης το οποίο προπάντων να δημιουργεί αγάπη. Είναι τέσσερες ευαγγελικές, χριστολογικές και χριστιανικές αρετές: σωφροσύνη, ταπεινοφροσύνη, υπομονή και αγάπη. Τέσσερες αρετές, οι οποίες γίνονται αληθινή εικόνα του ίδιου του Χριστού, και μας εξομοιώνουν με αυτήν την εικόνα.

     Η τρίτη αίτηση συνθέτει αυτά που προτάθηκαν στις δύο πρώτες αιτήσεις: "του ρν τ μ πταίσματα", να είμαστε άγρυπνοι, μπορούμε να πούμε, για να βλέπουμε τα αμαρτήματά μας, όχι με μια στείρα θεωρία της αθλιότητάς μας, αλλά με μια σωτηρία εκπλήρωσης του Σταυρού του Χριστού. Έπειτα, η προσοχή στον αδερφό μας, "να μην κατακρίνω τον αδερφό μου" λέει το κείμενο του Αγίου Εφραίμ, είτε με την υπερηφάνειά μου, με την κυριαρχία μου, με την περιφρόνησή μου... είτε με την ματαιότητα των λόγων μου, δηλαδή όλων εκείνων, (λόγων και έργων), που θα μπορούσαν να δημιουργήσουν ένα κενό, μία απομάκρυνση από τον αδελφό μου, η των άλλων συνανθρώπων μου προς τον αδελφό μου. Υπάρχουν λόγια μάταια, που μόνα τους τραυματίζουν τον συνάνθρωπό μας, και άλλα λόγια τα οποία θα έλεγα, τραυματίζουν "από σπόνδα του μπιλιάρδου", χρησιμοποιώντας τρίτους για τον τραυματισμό που προκαλούν.

Να βλέπουμε τα πταίσματά μας και να μην κατακρίνουμε τον αδελφό μας... Να βλέπουμε ότι στην πορεία μας ως χριστιανοί, ως ιερείς δεν ισχύουν μονάχα οι δυνάμεις μας, αλλά και η ευσπλαχνία και η χάρη του Κυρίου μας.

Στην προσευχή σας προς τον Κύριο ζητάτε το δώρο της διαύγειάς σας, όχι στα ελαττώματα των άλλων, (στην οποία διαύγεια δυστυχώς όλοι είμαστε υπερβολικά έμπειροι, αλλά την διαύγεια προς τα δικά μας ελαττώματα, εξαιτίας των οποίων δεν ζούμε σύμφωνα με το Ευαγγέλιο, αλλά με τα δικά μας αμαρτήματα.

Να μη κατακρίνω τον αδελφό μου", σημαίνει να δέχομαι ότι ο αδελφός μου είναι διαφορετικός, ότι πολλές φορές δεν συμφωνούμε σε όλα μαζί του. Και αυτό συμβαίνει στην οικογένεια, στην εκκλησιαστική μας επαρχία, με τους ιερείς, με τον Επίσκοπο... Πρέπει να δέχομαι ότι εγώ και εκείνος, εγώ και ο αδερφός μου, ενδέχεται να σφάλουμε και ασφαλώς σφάλουμε. Πρέπει να δέχομαι ότι υπάρχει πάντοτε μια ευαγγελική πορεία συμφιλίωσης και συγνώμης, μέχρι εβδομήντα φορές επτά... Αν ξεχνούσαμε αυτά τα πράγματα, αν δεν τα αναγνωρίζαμε, η καρδιά μας θα έμενε κλειστεί στο Ευαγγέλιο.

     Στην αρχή της Σαρακοστής η θεία λατρεία μας πρότεινε τη μορφή του Αδάμ, διωγμένου από τον Παράδεισο, του Αδάμ που θρηνεί και κλαίει και παραπονείται για τον κλεισμένο Παράδεισο. Η ίδια θεία λατρεία, όμως, μας παρουσιάζει τον Αδάμ, (τον κάθε άνθρωπο), όχι κλειστό στον εαυτό του, αλλά μέσα στην ελπίδα μιας πορείας, η οποία τον οδηγεί και πάλι στον Παράδεισο, του οποίου οι πόρτες θα ανοίξουν το πρωί του Πάσχα.

Όπως υπενθύμισα στην αρχή, εφέτος οι πρώτες Κυριακές του Τριωδίου και της Σαρακοστής συμπίπτουν με τους δραματικούς σεισμούς στην Τουρκίας και την Συρία, και με την πρώτη επέτειο του αδελφοκτόνου και παραλόγου πολέμου όπως όλων των πολέμων στην Ουκρανία.

Επιθυμώ να ενθαρρύνω όλους τους πιστούς, Έλληνες, Ουκρανούς και Χαλδαίους, που ανήκετε στην Εξαρχία μας, να καλλιεργείται την αλληλεγγύη σας προς τους δύο αυτούς τόπους του πόνου, της καταστροφής και θανάτου. Να καλλιεργείτε την ίδια αλληλεγγύη που δείξατε από την πρώτη στιγμή του πολέμους στην Ουκρανία, όλοι εσείς οι πιστοί μέσα και έξω από την Εξαρχία, Καθολικοί και Ορθόδοξοι της Ελλάδας, οι οποίοι προσφέρετε τις δωρεές σας, για να σταλθούν στους τόπους του πολέμου. Ήταν μια αδελφική αλληλεγγύη, αληθινά χριστιανική, η οποία αληθινά με συγκίνησε, και για την οποία όλους σας ευχαριστώ. Και ακόμα κατά τις τελευταίες αυτές εβδομάδες η σκέψη μου βρίσκεται στην Τουρκία και στη Συρία, τόπους προέλευσης πολλών πιστών μας, της χαλδαϊκής κοινότητας της Εξαρχίας. Μαζί με τους Καθολικούς Επισκόπους της Ελλάδας, προσπαθούμε να στείλουμε τα υλικά μας βοηθήματα προς τους σεισμόπληκτους, μαζί με την αδερφική κοινωνία μας στον πόνο, και προπάντων στην προσευχή μας.

 Καταλήγω με ένα κείμενο, από τα αποφθέγματα των Πατέρων:

Δύο φίλοι περπατούσαν μαζί στην έρημο. Σε ένα ορισμένο σημείο μάλωσαν μεταξύ τους Και ο ένας σκαμπίλισε τον άλλο. Αυτός που σκαμπιλίστηκε αισθάνθηκε τραυματισμένος στην υπερηφάνειά του, αλλά δεν είπε τίποτα˙ μονάχα έγραψε πάνω στην άμμο: "Σήμερα ο καλλίτερός μου φίλος με σκαμπίλισε". Συνέχισαν την πορεία τους, μέχρις ότου βρήκαν μια όαση και αποφάσισαν να κάνουν ένα μπάνιο. Εκείνος που είχε σκαμπιλιστεί έπεσε σε βρώμικα λασπώδη νερά, και κινδύνευε να πνιγεί. Αλλά ο φίλος του έτρεξε και του έσωσε τη ζωή. Τότε αυτός που σώθηκε έγραψε πάνω σε μια πέτρα: "Σήμερα ο καλλίτερος φίλος μου μου έσωσε τη ζωή". Τότε ο άλλος τον ρώτησε: "Γιατί όταν σε σκαμπίλισα το έγραψες πάνω στην άμμο, και τώρα που σου έσωσα τη ζωή, το έγραψες πάνω στο βράχο στον βράχο;" Ο άλλος απάντησε: "Όταν κάποιος σου κάνει κακό ή σε πληγώνει, πρέπει να το γράφουμε στην άμμο, έτσι ώστε ο άνεμος της συγνώμη να το σβήσει και να εξαφανίσει αυτό που γράψαμε. Αλλά όταν ο άλλος σου κάνει το καλό, πρέπει να το γράφουμε πάνω στο βράχο, έτσι ώστε να μη μπορεί να σβηστεί".

 +Π. Εμμανουήλ

Αποστολικός Έξαρχος

domenica 5 febbraio 2023

 


Sacrificio di Abramo

Cattedrale della Santissima Trinità

Atene

 

Le domeniche pre-quaresimali nella tradizione bizantina

Il Signore vuole la salvezza di tutti gli uomini, perché per noi si è incarnato

Uno dei Detti dei Padri del Deserto recita: “Uno dei padri raccontò che vi era un monaco molto laborio­so, che indossava una stuoia. Si recò un giorno da abba Ammone. L’anziano lo vide vestito da una stuoia e gli disse: «Questo non ti giova a nulla». L’altro gli domandò: «Sono preso da tre pensieri: se vagare nel deserto, se andare in terra straniera dove nessuno mi conosca, o se invece chiudermi in una cella, non rispondere a nessuno, e mangiare un giorno sì e un giorno no». Abba Ammone gli disse: «Nessuna di queste tre cose ti giova. Rimani piuttosto nella tua cella, mangia un po ogni giorno, medita incessantemente nel tuo cuore la parola del pubblicano, e potrai salvarti».

Quest’anno 2023 la celebrazione della Pasqua, nei due calendari orientale ed occidentale, ha una settimana di differenza, ed anche l’inizio del periodo pre-quaresimale e quaresimale, si vede scandito da una settimana, tra le domeniche 29 gennaio e 5 febbraio. Con la pericope del pubblicano e del fariseo inizia nella tradizione bizantina il periodo liturgico che porta il nome di Triodion, e che conta dieci domeniche prima della Santa Pasqua; si tratta del periodo liturgico che ci porterà alla celebrazione sacramentale della Passione, della Morte e della Risurrezione del Signore. Periodo liturgico e libro liturgico con lo stesso nome, Triodion, dalle tre odi che vengono cantate nell’ufficiatura del mattutino. Vorrei soffermar­mi un attimo nelle quattro prime domeni­che del Triodion, quelle che precedono l’inizio della Grande Quaresima. Anche la tradizione latina ha avuto un periodo simile con le domeniche di Septuagesima, Sexagesima e Quinquagesima.

L’inizio del Triodion non è l’inizio di un periodo per sé, che ha una autonomia all’interno dell’anno liturgico, quindi della vita della Chiesa e di ogni cristiano, ma è l’inizio di un periodo che ci deve portare alla Santa Pasqua. Tutto quello che verrà vissuto, celebrato, assunto -tutto l’aspetto penitenziale che si sottolineerà nella Grande Quaresi­ma, deve portare, deve guardare sempre alla Pasqua del Signore. La liturgia è sempre un luogo teologi­co, cioè un luogo dove Dio parla, dove Dio ci parla; la liturgia, poi, è un luogo anche pedagogi­co, e ciò nel senso più letterale del termine, cioè quel mezzo, che ci porta verso la nostra piena configurazio­ne col Signore che si è incarnato, che è morto e che è risorto. Quest’anno poi l’inizio del Triodion si trova vicino anche della festa del 2 febbraio, la festa dell’Incontro del Signore, che è una festa che ha un senso fortemente pasquale. Infatti, il tropario della festa si conclude con la frase: “…ci conceda anche il dono della risurrezione.”, che ci fa guardare già verso la Pasqua. Esaminando un po in dettaglio le quattro domeniche pre-quaresimali dell’inizio del Triodion, vediamo che portano dei nomi diversi legati o alla pericope evangelica letta, oppure a qualche aspetto celebrato in esse: la domenica del fariseo e del pubblicano, la domenica del figlio prodigo, la domenica del giudizio finale o del carnevale ed infine la domenica dei latticini, chiamata anche di Adamo ed Eva. Sono delle domeniche in cui i brani evangelici ci propongo dei punti importanti nella nostra vita come cristiani.

La domenica del fariseo e del pubblicano con la pericope evangelica di Lc 18,10-14, sottolinea l’atteggiamento di umiltà, necessaria alla vita di ogni cristia­no, la confessione sì del proprio peccato ma soprattutto la confessione della grandezza di Dio nell’amore. Il vangelo pure sottoli­nea un altro atteggiamento, quello del non disprezzo del fratello; il fariseo nel Vangelo non viene giustificato, e questo non per il fatto di gloriarsi delle sue osservanze religiose, ma nel momento in cui dice: “...ti ringrazio perché non sono come lui...”. Uno dei tropari del mattutino di questa domenica mette in luce il tema del pentimento del peccatore e la grande misericordia del Signore, che scaturisce dalla sua stessa incarnazione: “Come il pubblicano, offriamo gemiti al Signore, e gettiamoci ai suoi piedi quali peccatori davanti al Sovrano: egli vuole infatti la salvezza di tutti gli uomini e concede la remissione a tutti quelli che si pentono, perché per noi si è incarnato, lui che è Dio, coeterno al Padre”.

La domenica del Figlio prodigo in Lc 15,11-32, mette in luce il tema del pentimento e dell’amore fiducioso nel Padre misericordioso, ma anche il possibile rifiuto di accogliere il pentimento del fratello peccatore che si converte e torna alla casa paterna. Il kontakion del mattutino mette in bocca di ognuno di noi le parole del figlio prodigo per l’essersi allontanato da Dio, quasi fosse lo stesso allontanamento di Adamo dal paradiso, “dalla gloria paterna”: “Mi sono stoltamente escluso dalla tua gloria paterna e ho dissipato nel male la ricchezza che mi avevi trasmes­so; per questo a te le parole del figliol prodigo: Ho peccato davanti a te, padre pietoso: ricevimi nella penitenza, e trattami come uno dei tuoi mercenari”.

La domenica del giudizio finale, con la lettura della pericope Mt 25,31-46, sottolinea la necessità -la centralità- dell’amore verso il Signore che si fa presen­te nel fratello che soffre, che è malato, che è prigionie­ro. Uno dei tropari del mattutino ancora propone una lettura molto cristiana del fatto stesso del digiuno e dell’astinenza, lettura che dovrebbe segnare tutto il percorso quaresimale: “Il profeta Daniele, divenuto uomo prediletto, contemplando la sovrana autorità di Dio, così gridava: La corte si assise e i libri furono aperti. Bada, anima mia: digiuni tu? Non usare perfidia col prossi­mo. Ti astieni dai cibi? Non giudicare il fratello, perché tu non venga mandata al fuoco a bruciare come cera, ma il Cristo ti faccia piuttosto entrare nel suo regno senza impedimenti”.

Infine, la domenica dei latticini, chiamata anche di Adamo ed Eva, con la lettura di Mt 6,14-21, ci ricorda la necessità del perdono dell’altro prima di qualsiasi preghiera, prima di qualsiasi digiuno; e l’importanza che la preghiera esteriore, il digiuno esteriore sia riflesso di una preghiera e di un digiuno nel profondo del cuore. Due dei tropari del mattutino danno la chiave di lettura di questa domenica ormai alle porte del periodo quaresimale: “Guida di sapienza, elargitore di prudenza, educatore degli stolti e protettore dei poveri, conferma, amma­estra il mio cuore, o Sovrano; dammi tu una parola, o Parola del Padre, poiché, ecco, io non trattengo le mie labbra dal gridare: O misericordioso, abbi misericor­dia di colui che ha prevaricato! …Sedette un tempo Adamo e diede in pianto davanti al paradiso di delizie, battendosi il volto con le mani… Partecipa, o paradiso, al dolore del padrone divenuto povero, e col fruscio delle tue foglie supplica il Creatore che non mi chiuda fuori. O misericordioso, abbi misericordia di colui che ha prevaricato!

          All’inizio abbiamo citato il testo dai Detti dei Padri perché, assieme ai tropari citati indicano il senso più profondo di queste dieci settimane che ci porteranno alla Risurrezione del Signore: “…digiuni tu? Non usare perfidia col prossi­mo. Ti astieni dai cibi? Non giudicare il fratello…”. “Rimani nella tua cella, mangia un po ogni giorno, medita incessantemente nel tuo cuore la parola del pubblicano, e potrai salvarti”.