Oggi l’umanità è intagliata nel sigillo
della divinità.
Inno I Sulla Natività di Cristo di
sant’Efrem il Siro[1]
In queste righe voglio fare una lettura
ed un commento del primo inno Sulla Natività di sant’Efrem il Siro[2].
Si tratta di un testo poetico molto lungo, di 99 strofe, in cui troviamo con
una bellezza e profondità uniche, cantato il mistero centrale della nostra
fede: l’incarnazione e la nascita nella carne del Verbo eterno di Dio.
Divido il testo in diverse sezioni di
strofe, a partire dalla tematica sviluppata in esse. L’incarnazione del Verbo
eterno di Dio, ed anche la sua nascita, è il filo conduttore dell’inno,
sviluppato a partire dall’annuncio e dalle profezie che Efrem trova nei diversi
personaggi e fatti dell’Antico Testamento. I gruppi di strofe in cui dividiamo
la presentazione sono: 1-11; 12-60; 61-81; 82-96; 97-99.
Strofe 1-11.
Le prime undici strofe sgranano diverse
profezie veterotestamentarie sulla nascita del Verbo di Dio incarnato. Notiamo
da subito che la prima strofa e l’ultima dell’inno 1 e 99, iniziano con due termini
sinonimi quasi uguali: “questo giorno / oggi[3]”
Nei testi di Efrem, e poi in quelli della tradizione liturgica siriaca ed anche
bizantina, il termine “oggi” ha una forza quasi epicletica nel testo e quindi
nella celebrazione liturgica in quanto fa presente la realtà del mistero che si
celebra. Infatti, i verbi adoperati assieme al “oggi” sono sempre in presente o
in passato perfetto ad indicare la realtà che avviene in modo compiuto in quest’oggi.
1.Questo giorno ha fatto gioire, Signore,
i re, i sacerdoti e i profeti,
poiché in esso si compirono le loro parole,
avvennero proprio tutte.
Nell’ordine non dei libri biblici
neppure se vogliamo cronostorico, troviamo come prima profezia quella che è “cristologica”
per eccellenza, sia nella tradizione patristica che liturgica in Oriente ed in
Occidente, cioè Is 7,14:
2.La vergine infatti ha oggi partorito
l’Emmanuele a Betlemme.
La parola proferita da Isaia
È divenuta oggi realtà.
Poi Efrem fa passare davanti gli occhi
del lettore, quasi sfogliando il testo biblico, diversi di coloro che sono profeti
della nascita di Cristo, presi da personaggi oppure da libri biblici che
diventano profezia: i Salmi, Michea, Giacobbe, Salomone nel libro dei Proverbi.
3.Là è nato colui
che nel Libro enumera i popoli[4].
Del salmo cantato da Davide
c’è oggi il compimento.
5.Ecco, una stella da Giacobbe,
è sorto un capo da Israele.
Della profezia proferita da Balaam
c’è oggi la spiegazione.
8.L’albero della vita[5]
fa giungere la speranza ai mortali.
Della parabola celata di Salomone
c’è oggi l’interpretazione.
Strofe 12-60.
Questo è il gruppo più numeroso di
strofe, ed elenca tutta una serie di personaggi e di fatti veterotestamentari
che preannunciano cristologicamente la nostra salvezza. Quasi ad indicare la
“cadenza” cristologica di tutte le strofe, le tre prime di questa sezione, da
12 a 14, presentano nei primi due versetti il fatto antico, e negli altri due
versetti il fatto odierno, introdotto appunto con un “oggi”[6]
con la forza di attualizzazione che questo termine ha. Come vediamo nella
strofa 14, Efrem spesso fa il parallelo tra Adamo e Cristo e tra Eva e Maria;
la prima partorisce il peccato, la corruzione, e la seconda partorisce il Salvatore.
12.Poiché il re era celato in Giuda
lo rubò Tamar dai suoi fianchi.
Oggi si è levato lo splendore
della bellezza di cui lei ha amato il
nascondimento.
13.Rut si era messa a giacere presso Booz
poiché aveva visto celato in lui il farmaco
della vita.
Oggi si è compiuto il suo voto,
poiché dalla sua discendenza si è levato
l’onnivivificante.
14.Adamo aveva posto la corruzione
sulla donna uscita da lui.
Oggi ella ha sciolto la sua corruzione
partorendogli il Salvatore.
Alcuni dei diversi personaggi
veterotestamentari che vengono elencati:
Adamo. Strofe 14-16.
Bella l’immagine della strofa 15: il parto di Adamo ed il parto verginale di
Maria. La creazione della donna dal costato di Adamo è vista da Efrem come un
parto.
15.Un uomo che mai partorisce
ha partorito la madre Eva.
Quanto più si crederà alla figlia di Eva
che senza uomo ha partorito un figlio!
16.Una terra vergine aveva partorito
Adamo, capo della terra.
Una vergine oggi ha partorito
l’Adamo capo del cielo.
Verga di Aronne.
Strofa 17.
17.La verga di Aronne è germogliata,
un legno secco ha fruttificato.
Il suo simbolo[7]
oggi è stato spiegato:
è il grembo vergine, che ha partorito!
Noè. Strofe 22-24.
Faccio notare la strofa 22 con il passaggio da “santi/casti” a “fornicatori”,
coloro che si danno alla lussuria, e poi in Cristo il ritorno alla
“santità/castità/purezza” [8].
Nella strofa 23 è bello il parallelo dei due fratelli che “non guardando” il
padre ubriaco e nudo, “guardano” verso Cristo.
22.Noè vide i figli di Dio,
i santi, che improvvisamente si erano dati alla
lussuria,
e attese il Figlio santo,
grazie al quale sarebbero stati santificati
e fornicatori.
23.I due fratelli che coprirono Noè
guardavano verso l’Unigenito di Dio,
che sarebbe venuto a coprire la nudità
di Adamo ubriacatosi d’orgoglio.
24.Sem e Jafet, misericordiosi,
attesero il Figlio misericordioso,
che sarebbe venuto a liberare Canaan
dalla servitù del peccato.
Notiamo come in diverse delle strofe si
insiste nel fatto che i personaggi dell’AT “attendono/guardano verso” Cristo
che viene: “I due fratelli che coprirono Noè guardavano verso l’Unigenito di
Dio… attesero il Figlio misericordioso”.
Interessante l’espressione usata da
Efrem per Melchisedek come “vicario”, la cui traduzione letterale dal siriaco
sarebbe “luogotenente” [9].
25.Melchisedek attendeva lui.
Il vicario fissava lo sguardo
per vedere il Signore del sacerdozio,
il cui issopo sbianca la creazione.
Efrem torna ancora in altre strofe al
tema “lussuria/castità”, benché come indicavamo il termine siriaco usato sia letteralmente
“santità[10]”. Sarà un tema
che riemerge in tutta l’opera di Efrem che la vede, la santità/castità come un
dono del Signore: “Guardò verso il Signore delle nature, che avrebbe dato
una castità che non è della natura”.
26.Lot aveva visto i sodomiti
pervertire la retta disposizione di natura.
Guardò verso il Signore delle nature,
che avrebbe dato una castità che non è
della natura.
Efrem prosegue ancora con la scia di
personaggi dell’AT, cogliendo profezie cristologiche anche in figure e fatti
non sempre evidenti a un primo sguardo o lettura.
Caleb. La spia di
Nm 13,23, che porta il grappolo di uva, e che diventa profezia del grappolo che
è Cristo stesso; inoltre, il grappolo appeso sulla stanga può essere anche
letto come immagine di Cristo appeso sulla croce:
30.Caleb la spia portò
il grappolo sulla stanga e venne.
Attendeva di vedere il Grappolo
il cui vino ha consolato la creazione.
Mosè, Elias ed Enoch.
In tutti e tre personaggi troviamo il tema dell’ascensione verso la gloria di
Dio. Attesa di Cristo a cui guardano salendo in cielo. Mosè ed Elia vedranno il
Cristo inoltre nella trasfigurazione. La vita stessa dell’uomo come un cammino,
una salita verso la visione di Dio che avviene in cielo in modo pieno.
34.Lui Elia bramava
e poiché non vide il Figlio sulla terra,
credette e continuò a purificarsi
per poter salire a vederlo in cielo.
35.Lui videro Mosè ed Elia.
Il mite ascese dalle profondità,
e lo zelota scese dall’alto:
videro il Figlio nel mezzo.
53.Enoch aveva bramato lui,
e poiché non lo vide sulla terra
accrebbe la fede e fu trovato giusto,
così da potere salire a vederlo in cielo.
Le strofe 38-40 sono come una specie di
“pausa di riposo” fatta da Efrem, quasi a dire la sua insufficienza nel lodare
e nel narrare le opere di coloro che profetarono il Cristo nell’AT.
38.Chi mi porterà al termine della conta
di tutti i giusti che attesero il Figlio,
il cui numero non può essere limitato
dalla nostra debole bocca?
40.Chi saprebbe glorificare
il Figlio di verità che si levò per noi,
lui che i giusti bramavano
vedere nelle loro generazioni?
Dopo la pausa delle strofe 38 a 40, dalla
strofa 41 Efrem riprende la presentazione di personaggi dell’AT, ricominciando
da capo, da Adamo stesso. L’attesa ed il desiderio di Adamo verso il Cristo diventano
per lui pegno del suo ritorno in paradiso. In paradiso inoltre c’è anche
l’albero della vita che per Efrem spesso è profezia e prefigurazione dell’altro
albero che è la croce di Cristo.
41.Adamo attese lui,
poiché è lui il Signore del cherubino,
e lui solo avrebbe potuto farlo entrare e
abitare
sotto i rami dell’albero della vita.
Noè-Diluvio. L’arca
è simbolo della Chiesa che accoglie tutti.
45.Anche l’arca degli animali,
il suo tipo guardava verso il nostro
Signore,
che avrebbe costruito la santa Chiesa
nella quale trovano rifugio le anime.
47.La terra che il diluvio annegò,
il suo silenzio invocava il suo Signore.
Egli scese e aprì (le fonti) del battesimo,
mediante il quale (gli uomini) sono stati
tirati su
fino al cielo[11].
Efrem sottolinea come l’attesa di tutti
i personaggi dell’AT verso il Signore, è anche essa un dono dello Spirito
Santo.
51.È lo Spirito Santo che in loro,
quietamente contemplando per loro
li spingeva a vedere, grazie a lui,
il Salvatore che essi bramavano.
52.L’anima dei giusti percepì
il Figlio, il farmaco della vita,
e desiderò che nei propri giorni
egli venisse ed essa potesse gustarne la
dolcezza.
Abramo e Isacco.
Loro due attendono il Figlio, con ansia, e il termine usato è “bramare”. Inoltre,
Isacco salvato dall’essere offerto in sacrificio, strofa 60, è tipo della
salvezza adoperata da Cristo; il suo essere salvato, risparmiato, è
pregustazione di quello che Cristo stesso opera in noi.
59.In Spirito Abramo percepì
che la nascita del Figlio era lontana.
Per sé bramò
almeno di vedere da lontano il suo giorno.
60.Di vederlo bramò Isacco,
che gustò il sapore della sua redenzione.
Se il suo segno salvava così
quanto più egli avrebbe salvato nella sua
verità.
Queste venti strofe hanno come filo
conduttore l’antitesi sonno-veglia, dormire-vigilare, e quindi la presenza dei
“vigilanti” che sono gli angeli. Nella letteratura siriaca i vigilanti sono
anche i monaci, i “veglianti”. Per Efrem Cristo è il Vigilante per eccellenza,
colui che ci sveglia dal sonno.
61.I vigilanti oggi sono nella gioia,
poiché è venuto il Vigilante a farci
vegliare.
Chi dormirà in questa notte
nella quale veglia l’intera creazione?
62.Poiché Adamo aveva introdotto nella
creazione
il sonno della morte mediante i peccati,
scese il Vigilante a svegliarci
dal torpore del peccato.
63.Non stiamo svegli come gli avidi,
che si lambiccano per il denaro dato a
prestito,
e moltiplicano le veglie notturne
per calcolare capitale e interesse.
64.Il ladro è vigile e riflette,
lui che ha scavato in terra e ha nascosto
il proprio sonno.
La sua veglia è tutta per questo:
moltiplicare il pianto di chi dorme!
65.Sta sveglio anche il mangione,
che stramangia e poi sta male.
Star sveglio è il suo tormento,
poiché lui non sopporta la moderazione.
66.Sta sveglio anche il mercante;
di notte affatica le sue dita
a calcolare quanto gli è fruttata la sua
mina,
e se il suo spicciolo è raddoppiato o
triplicato.
69.È Satana, fratelli miei, che insegna
una veglia al posto della veglia,
a dormire nelle cose buone
e ad essere svegli e vigilanti per quelle
odiose.
70.Anche Giuda Iscariota
rimase sveglio tutta la notte…
72.Anche i farisei, figli della tenebra,
vegliarono tutta la notte…
Dalle strofe 73 a 81 Efrem presenta una
esortazione alla veglia, alla vigilia in questa notte di luce. Veglia fatta
nella verità e non nell’inganno.
73.State svegli, voi, come luci,
in questa notte di luce,
poiché anche se nero è il suo colore
(esteriore),
essa risplende per la sua forza
(interiore).
76.Non cadiamo dunque in errore, miei
carissimi,
riguardo al nostro vegliare:
chi non veglia nel modo dovuto,
la sua veglia è indebita.
77.Chi non veglia in purezza,
la sua veglia è sonno.
E chi non veglia in castità,
anche il suo vegliare è contro di lui.
Dalle strofe 76 a 81 torna con gli
esempi di coloro che vegliano nella falsità e non nella verità.
79.L’iracondo, se sta sveglio,
dall’ira è intorbidato il suo vegliare…
80.Se il chiacchierone veglia
la sua bocca è un canale di vanità…
Strofe 82-96.
Dalle strofe 82 a 96 Efrem enumera tutta
una lista di virtù ed atteggiamenti propri dei cristiani.
Purezza-Limpidezza. Sono due
termini in siriaco sinonimi ma che vengono usati diciamo in un percorso in
crescita, di salita; il termine purezza indica un grado iniziale, mentre che il
termine limpidezza arriva quasi al livello della perfezione. Cristo è il vero
puro, il vero limpido.
82.Limpida fu la notte nella quale si manifestò
il Limpido venuto a renderci limpidi.
Non introduciamo nella nostra veglia
nulla che possa intorbidirla.
83.Il sentiero dell’orecchio diventi
limpido,
la vista dell’occhio pura,
il pensiero del cuore santo,
e l’eloquio della bocca sia passato al
filtro.
Diverse volte Efrem nei due primi
versetti di ogni strofa dà un esempio biblico, mentre che gli altri due
versetti li applica alla vita cristiana o alla vita e all’agire nostro come
cristiani.
84.Oggi Maria ha nascosto in noi
il lievito della casa di Abramo.
Amiamo dunque i poveri,
come Abramo amò i bisognosi.
85.Oggi ha fatto cadere in noi il fermento
della casa di Davide, il clemente.
Ciascuno sia misericordioso con il proprio
prossimo,
come fu il figlio di Iesse con Saul.
In Cristo dobbiamo vivere senza
amarezza e con umiltà. Cristo è presentato come colui che è mite ed umile.
88.Questa è notte di riconciliazione,
non vi sia chi è adirato o rabbuiato.
In questa notte, che tutto acquieta,
non vi sia chi minaccia o strepita.
89.Questa è la notte del Mite,
non vi sia amaro o duro.
In questa notte dell’Umile,
non vi sia altezzoso o borioso.
Nelle strofe 90 a 96 Efrem elenca una
serie di buone opere da farsi, a partire dal “oggi” della nascita di Cristo.
90.In questo giorno[12]
di perdono
non vendichiamo le offese.
In questo giorno di gioie
non distribuiamo dolori.
92.In questo giorno della venuta
di Dio presso i peccatori,
non si esalti, nella propria mente,
il giusto sul peccatore.
94.In questo giorno, nel quale si è fatto
povero
per noi il Ricco,
anche il ricco renda partecipe
il povero della sua tavola.
96.Questo è il giorno che ha aperto per noi
la porta dell’alto alle nostre preghiere.
Anche noi apriamo le porte
a quelli che chiedono, che hanno sbagliato
e poi hanno supplicato.
Strofe 97-99.
Nelle strofe 97 a 99, che sono le
conclusive dell’inno, Efrem riprende il tema centrale di tutto il testo, cioè l’incarnazione
del Verbo e Figlio di Dio.
97.Il Signore delle nature oggi
si è trasformato contrariamente alla
propria natura.
Non ci sia dunque troppo difficile
invertire la nostra volontà malvagia.
98.Il corpo è legato alla sua natura
e non può accrescersi o rimpicciolire.
Ma la volontà ha il potere
di crescere in tutte le dimensioni.
99.Oggi si è impresa sé stessa
la divinità nell’umanità,
affinché anche l’umanità
fosse intagliata nel sigillo della divinità[13].
1.Questo giorno ha fatto gioire, Signore,
i re, i sacerdoti e i profeti,
poiché in esso si compirono le loro parole,
avvennero proprio tutte.
99.Oggi si è impresa sé stessa
la divinità nell’umanità,
affinché anche l’umanità
fosse intagliata nel sigillo della divinità.
+P.
Manuel Nin
Esarca
Apostolico
[1] Per una ottima traduzione di tutti gli
inni di sant’Efrem Sulla Natività di Cristo, cf., I. De Francesco (a cura di), Efrem il
Siro, Inni sulla Natività e l’Epifania, Paoline, Milano 2003.
[2] I.
De Francesco, Efrem il Siro, Inni sulla Natività e l’Epifania,
Paoline, Milano 2003, pp. 111-136.
[3] In siriaco rispettivamente: “ܗܢܐ ܝܘܡܐ / ܝܘܡܢܐ”.
[4] Cf., Salmo 86, 5-6: “Si dirà di Sion: "L'uno e
l'altro in essa sono nati e lui, l'Altissimo, la mantiene salda. Il Signore
registrerà nel libro dei popoli: “Là costui è nato”.
[5] Cf., Pr 13,12. L’immagine dell’albero
della vita, sia nel paradiso sia nel Golgota, sarà molto presente nei testi di
Efrem.
[6] Come indicato sopra, nella tradizione
liturgica bizantina, come in quella siriaca, troviamo tantissimi testi
liturgici introdotti con σήμερον
oppure col ܝܘܡܢܐ.
[7] Il termine siriaco “ܐܪܙܐ”
significa anche “mistero”, ed è usato anche in riferimento ai “santi misteri”
nella celebrazione eucaristica.
[8] Nella tradizione siriaca il termine
“santità” indica anche “castità”, e sono termini sinonimi che spesso vengono
abbinati ed accostati a livello semantico. Nella strofa 23 “santi” e “santificati”
hanno la stessa radice siriaca “ܩܕܫ”.
[9] In siriaco troviamo la forma “ܢܛܪ ܕܘܟܬܐ”, che letteralmente
sarebbe “il custode del luogo”.
[10] Il termine siriaco usato per castità è “ܩܘܕܫܐ”.
[11] In questa strofa troviamo evidente il
parallelo simbolico tra il diluvio ed il battesimo cristiano. Anche con l’immagine
della strofa 45 tra l’arca e la Chiesa.
[12] Il termine siriaco usato è “ܒܗܢܐ ܝܘܡܐ” (in questo giorno…
oggi), che si ripete nelle strofe successive.
[13] Scrivo qua la strofa intera in siriaco. La
radice siriaca “ܛܒܥ”
significa letteralmente “sigillare, imprimere, immergersi, intagliare”. Il
sigillo, l’icona dell’umanità nuova in Cristo entra nel sigillo reale della
divinità.
ܝܘܡܢܐ ܛܒܥܬ ܢܦܫܗ
ܐܠܗܘܬܐ ܒܐܢܫܘܬܐ
ܕܬܨܛܒܬ ܐܦ ܐܢܫܘܬܐ
ܒܓܘ ܛܒܥܗ ܕܐܠܗܘܬܐ