sabato 24 dicembre 2016

La festa del Natale, professione di fede di Giuseppe
Avvolto in fasce Colui che è la Vita.
          L’ufficiatura bizantina celebra la figura di san Giuseppe, lo sposo della Madre di Dio, la domenica precedente il Natale ed in quella immediatamente dopo. Diversi dei tropari di questi giorni, e la stessa icona della festa di Natale presentano la figura di Giuseppe sotto diversi aspetti, ma in modo speciale come uomo della confessione di fede, che è la fede della Chiesa. Molti dei tropari della festa hanno un carattere possiamo dire chiaramente “dogmatico”, e diventano delle brevi e poetiche professioni di fede: il Verbo del Padre, a lui coeterno, prende forma di servo dalla santa Vergine Maria. Il primo tropario del vespro del giorno di Natale, ad esempio, opera di Germano di Costantinopoli (VIII sec.), sviluppa tutto il mistero della nostra redenzione mettendo insieme i primi capitoli della Genesi con i testi paolini delle lettere ai Filippesi e agli Efesini dove l’apostolo annunzia appunto la redenzione di Cristo: “Venite, esultiamo per il Signore, esponendo questo mistero. Il muro di separazione che era frammezzo è abbattuto; la spada di fuoco si volge indietro e i che­ru­bini si ritirano dall’albero della vita: e anch’io godo del pa­radiso di delizia, da cui ero stato scacciato per la disub­bidienza. Poiché la perfetta immagine del Padre, l’im­pronta della sua eternità, prende forma di servo, procedendo da Madre ignara di nozze, senza subire mutamento: ciò che era è rimasto: Dio vero; e ciò che non era ha assun­to, divenendo uomo per amore degli uomini. A lui accla­mia­mo: O Dio che sei nato dalla Vergine, abbi pietà di noi”.
          Questa professione di fede, viene messa anche in bocca a Giuseppe in alcuni dei tropari. Lui è la figura umile, discreta, messa in un angolo della scena nell’icona stessa, in atteggiamento pensieroso, quasi dubbioso di fronte all’accaduto, di fronte ai due grandi misteri che lo sorpassano: la verginità di Maria e soprattutto la vera incarnazione del Verbo di Dio; questa figura umile e discreta diventa tipo del cristiano, di ognuno di noi che guidati e ammaestrati dalla Chiesa, di cui la Madre di Dio è tipo e figura, confessiamo la nostra fede, feriti tante volte dal dubbio, confermati dalla fiducia di Maria, della Chiesa stessa. In molti dei tropari che troviamo in questi giorni natalizi, prima e dopo la festa, Maria diventa verso Giuseppe, verso ognuno dei cristiani, la guida nella fede, quasi la pedagoga che lo prende (ci prende) per mano e lo (ci) conduce alla fede.

          Giuseppe è presentato sempre come un uomo aperto al mistero di Dio. In tutti i tropari che parlano di lui, il suo dubbio e quindi la sua professione di fede sono in rapporto alla vera incarnazione del Verbo di Dio: “Celebriamo, o popoli, le festività vigilari della Natività di Cristo: e sollevando l’intelletto, saliamo con la mente a Betlemme e con i pensieri dell’anima contem­plia­mo la Vergine che si appresta a partorire nella grotta il Signore dell’universo e Dio nostro; Giuseppe, considerando la grandezza delle meraviglie di Dio, pensava di vedere un semplice uomo in questo bambino avvolto in fasce, ma dai fatti com­prendeva che egli era il vero Dio, colui che elar­gi­sce alle anime nostre la grande misericordia”. Due dei tropari sembrano riportarci alla festa dell’Ingresso della Madre di Dio nel tempio, riprendendo uno dei titoli che in quella festa riecheggiava spesso: Maria diventata tempio di Dio: “Inneggiando alla Vergine che portava in seno il Verbo sempiterno, il giusto Giuseppe esclamava: Ti vedo divenuta tempio del Signore, perché tu porti colui che vie­ne a salvare tutti i mortali e a rendere templi divini, nella sua misericordia, coloro che lo cele­brano…. Non affliggerti, Giuseppe, osservando il mio grem­bo: vedrai infatti colui che da me nascerà e ti rallegrerai, e come Dio lo adorerai”.
          Betlemme, il luogo della nascita di Cristo, diventa una chiesa, e la nascita stessa del Signore quasi una liturgia dove si congiungono, in un’unica celebrazione la Natività di Cristo e la sua Pasqua. E di questa liturgia la mangiatoia ne diventa l’altare e allo stesso tempo la tomba di Cristo, e le fasce, chiamate in modo bello “teofore”, la testimonianza della sua risurrezione: “Su, Betlemme, prepara ciò che serve al parto; vieni Giuseppe a farti registrare con Maria; santissima è la mangiatoia, teòfore le fasce: la vita, in esse avvolta, spez­zerà le catene della morte, strin­gendo i mortali per renderli in­corruttibili, o Cristo, Dio nostro”.
          Il dubbio di Giuseppe, che tante volte è quello dell’umanità intera, viene messo in primo piano, come nell’icona stessa: “…Maria, che è questo fatto che io vedo in te? Non so che pensare nel mio stupore e la mia mente è sbigottita… In luogo di onore, mi hai por­tato vergogna; in luogo di letizia, tristezza; in luogo di lode, biasimo… Ti avevo ricevuta irreprensibile da parte dei sa­cerdoti, dal tempio del Signore: ed ora che è ciò che vedo? La risposta al dubbio di Giuseppe, viene messa in bocca di Maria, messa in bocca della Chiesa: “O Vergine, quando Giuseppe saliva verso Betlemme ferito dal dolore, tu gli dicevi: Perché, vedendomi incinta, sei cupo e turbato, ignorando del tutto il tremendo mistero che mi riguarda? Deponi ormai ogni timore, e considera il prodigio: Dio, nella sua misericordia, discende sulla terra, nel mio grembo, e qui ha preso carne…”.
       Infine in diversi dei tropari scopriamo in modo molto bello come la risposta di fede di Giuseppe, e anche quella di ognuno dei cristiani, poggia sulle profezie veterotestamentarie a cui lui attinge quasi ne facesse una lettura liturgica: “Di’ a noi Giuseppe, come conduci incinta a Be­tlemme la Vergine che hai presa dal santo dei santi? Ci risponde: Io ho esaminato i profeti, e, ricevuto il responso da un angelo, sono persuaso che, in modo inesplicabile, Maria genererà Dio: per adorarlo verranno magi dall’oriente e gli ren­de­ranno culto con doni preziosiGiuseppe ha visto chia­ramente compiute le predizioni dei profeti…”. E Giuseppe, testimone della vera nascita del Verbo di Dio incarnato, ne diventa annunziatore anche ai profeti che l’hanno preceduto e quindi profetizzato: “Annuncia, Giuseppe, i prodigi al padre di Dio Davide: tu hai visto la Vergine incinta, insieme ai magi hai adorato, con i pastori hai glorificato, da un angelo hai avu­to la rivelazione… Sei divenuto pari in onore a tutti gli angeli, i profeti e i martiri, o beato, e vero consorte dei sapienti apostoli: con loro dunque, sempre ti proclamiamo beato e veneriamo, o Giuseppe, la tua sacra memoria”.
       Giuseppe, in un angolo dell’icona, nella discrezione è anche potente intercessore: “La tua memoria invita alla letizia tutti i confini della terra, e li induce a lodare il Verbo che ti ha glorificato. Tu che stai con franchezza presso il Cristo, intercedi incessantemente per noi… Tu hai custodito la pura che custodiva integra la verginità, e dalla quale si è incarnato il Verbo Dio, con­servandola vergine dopo la sua nascita ineffabile: insieme a lei, o teòforo Giuseppe, ricordati di noi”.



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