L’Annunciazione nell’innografia
di Efrem il Siro
Oggi esultano la preghiera
ed il Vangelo
La festa
dell’Annunciazione della Santissima Madre di Dio e sempre vergine Maria, è una
delle poche feste che troviamo lungo la Quaresima nelle tradizioni liturgiche
orientali. Si tratta di una delle antiche feste cristiane, e ne abbiamo
testimonianze nei testi patristici e liturgici orientali. Allo sviluppo di
questa festa contribuirono le omelie patristiche di tendenza antiariana che
cercavano di sottolineare, accanto all’umanità di Cristo, anche la sua divinità
eternamente sussistente in Dio; ed anche l’omiletica di origine siriaca.
Efrem il
Siro commenta la pericope dell’annunciazione dell’incarnazione del Verbo di Dio
del vangelo di Luca sia nel Commento al Diatessaron, sia anche nella raccolta
di inni sulla Natività del Signore. Di questa raccolta appunto vorrei
soffermarmi nel secondo degli inni, un testo di ventitré strofe, dove il poeta
siriaco canta il mistero dell’incarnazione del Signore e dell’annuncio fatto da
Gabriele a Maria. Già nella prima strofa del poema, la parola di Efrem è una
lode, unita a quella delle schiere celesti, per il mistero del Verbo che nell’incarnazione
redime il genere umano: “Della schiera celeste inviata per la lode, del tempo
illustre segnato per la redenzione… me ne rendo anch’io partecipe nell’amore e
mi allieto. Voglio lodarlo con canti puri… rendere gloria a quel bimbo che ci
ha redenti”. Le profezie veterotestamentarie Efrem le vede applicate a Cristo
stesso che nella sua incarnazione si manifesta come re, sacerdote ed agnello; inoltre
troviamo anche dei riferimenti molto evidenti di carattere sacramentale al
battesimo, al perdono dei peccati e all’eucaristia.: “La cetra dei profeti che
l’annunciarono… l’issopo dei sacerdoti che lo amarono… il diadema dei re… sono
di quel Signore dei vergini, la cui madre è anch’essa vergine. Poiché è re, ha
dato a tutti la regalità; poiché è sacerdote, ha dato a tutti il perdono; poiché
è l’agnello, distribuisce a tutti il cibo”. E in questa strofa Efrem collega la
forma maschile e femminile del termine siriaco “vergine” in riferimento e a
Maria, e a quei uomini e donne che nella verginità erano consacrati al Signore.
Diverse volte
lungo l’inno Efrem farà riferimento alla vera divinità e vera umanità di Cristo
con l’immagine della paternità divina e la maternità umana: “Degna di memoria
la madre che l’ha generato, degno di benedizioni il seno che l’ha portato, come
pure Giuseppe, per grazia chiamato padre del Figlio vero –il cui Padre è
glorificato…”. In due strofe Efrem mette la parola nelle labbra di Maria stessa
per cantare nella prima il mistero dell’incarnazione del Verbo: “Mi ha fatto
gioire perché io l’ho concepito; mi ha magnificato poiché io l’ho generato. Nel
suo paradiso vivente io sto per entrare e dargli lode nel luogo dove Eva fallì…
Di me si è compiaciuto, al punto da essergli madre, poiché l’ha voluto, e da
essermi figlio, poiché gli è piaciuto”. E quindi, in un’altra strofa, Efrem
pone sempre in bocca di Maria, la lode della madre che è anche la lode della
Chiesa: “Con la bocca dei miei martiri io rendo grazie per aver accolto il
bimbo, figlio dell’Invisibile uscito alla visibilità. Su una cima eccelsa mi
sollevi con i miei santi, per rendere gloria… a colui che si chinò e si fece
piccolo nella mangiatoia”.
Efrem presenta
ancora il tema della buona novella, l’annuncio fatto dagli angeli agli uomini,
e lo fa con l’immagine dell’unica sorgente che è Cristo stesso e delle dodici
sorgenti che ad essa attingono e che sono gli apostoli annunciatori del vangelo:
“Voci celesti ti hanno annunciato ai terrestri; orecchie celesti ti hanno
bevuto nel buon annuncio. Sorgente nuova che i celesti hanno aperto per i
terrestri assetati di vita… Oh fonte non gustata da Adamo! Dodici sorgenti
parlanti essa ha aperto, che hanno riempito di vita il mondo”. Efrem accosta le
immagini di Cristo nuovo Adamo nato dalla vergine ad il primo Adamo fatto dalla
terra vergine; e ritorna al tema della doppia consustanzialità del Verbo di Dio
incarnato: “Tu, mio Signore, spiegami come e perché ti sia piaciuto levarti per
noi da un grembo vergine. È stato forse come il tipo del puro Adamo, che da una
terra vergine, non ancora lavorata, fu formato?... Egli (Cristo) fu così figlio
per Giuseppe senza seme, come fu figlio per sua madre, senza uomo”.
Nella seconda
parte dell’inno Efrem introduce già il tema dell’annunciazione, e si sofferma
nell’atteggiamento di preghiera con cui Maria accoglie l’annuncio di Gabriele,
e mette in risalto il legame tra la preghiera e la gioia dell’accoglienza della
buona novella: “Cosa faceva, colei che era casta, nel momento in cui Gabriele, il
messaggero, volando discese presso di lei? Lo vide nel momento della preghiera,
perché anche Daniele aveva visto Gabriele durante la preghiera. Preghiera e buona
novella, sua parente, è giusto che esultino vicendevolmente, come Maria ed
Elisabetta sua parente”. Ed Efrem presenta una serie di esempi biblici di
questo rapporto tra preghiera ed annuncio di salvezza: la fine del diluvio, la
preghiera di Abramo, la preghiera del centurione. Quindi anche quella che è la più
grande delle notizie –ed Efrem la chiamerà “la notizia delle notizie”-, trova
Maria orante: “Tutte le buone notizie giungono al porto della preghiera. La notizia
delle notizie, causa di tutte le gioie, trovò Maria in preghiera”. E quasi per pudore
dell’incontro di Gabriele con Maria, presenta l’arcangelo come un vegliardo il
cui aspetto non doveva turbare Maria: “Gabriele, come un vecchio nobile e grave
entrò e la salutò, affinché lei non tremasse, affinché la giovane modesta, alla
vista di un volto giovane, non si rabbuiasse”. Infine Efrem, con delle immagini
molto belle, presenta i tre personaggi a cui Gabriele viene mandato: Daniele,
Elisabetta e Maria: “A due casti vegliardi e alla vergine, solo ad essi fu
mandato Gabriele con le buone notizie… Uno generò la rivelazione della parola
di Dio, l’altra la voce del deserto e la vergine il Verbo dell’Altissimo”. L’inno
si conclude con la ripresa del tema della kenosi del Verbo di Dio nella sua
incarnazione: Colui che riempie l’universo si fa piccolo fino a essere
contenuto nel grembo di Maria: “…restrinse se stesso fino a riempire il piccolo
grembo di Maria. Poi come un seme nel nostro giardino e un piccolo raggio per la
nostra pupilla, sorse, si diffuse e riempì il mondo”.
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