La festa dell’Ingresso
del Signore nel tempio negli inni di Efrem il Siro
Oggi Simeone raccoglie
il frutto dell’albero della vita
Efrem il
Siro canta la pericope evangelica della presentazione di Gesù nel tempio di Lc
2,22ss in alcuni dei suoi inni della raccolta sulla Natività di Cristo. Ci soffermiamo
in due inni di questa collezione, il XXV ed il VI. Nel primo il poeta teologo
canta la Chiesa come luogo dell’adunanza dei fedeli per la celebrazione del
mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio. Lungo tutto il poema Efrem mette in
parallelo Maria e la Chiesa; quanto è prefigurato e profetizzato dell’una
avviene anche nella vita dell’altra. Tutte le strofe del poema iniziano con la
frase: “Beata sei tu, o Chiesa…”, e nelle due prime troviamo quasi una presentazione
della situazione liturgico architettonico della celebrazione: “Beata sei tu, o
Chiesa, poiché risuona in te la grande festa, la solennità del Re… Beate le tue
porte, aperte ma non piene; i tuoi atri, spaziosi ma non sufficienti alla folla…
Beata sei tu, o Chiesa, poiché nelle tue solennità i vigilanti gioiscono in
mezzo alle tue feste… per tutta la notte i vigilanti danno gloria… Beati i tuoi
canti, seminati, mietuti e raccolti nei granai del cielo. La tua bocca è un
incensiere e i tuoi canti aromi esalanti nelle solennità”. L’accenno ai vigilanti
nel contesto del vangelo di Luca è riferito ai pastori senz’altro, ma anche ai
cristiani veglianti nella preghiera.
La profezia di Is 7,14, Efrem la
applica a Maria nella concezione del Verbo di Dio nel suo grembo, e anche alla
Chiesa in cui avviene pienamente anche il significato salvifico del nome “Emmanuel”
–Dio è con noi. Cristo concepito nel grembo di Maria, e concepito anche nel
cuore della Chiesa; i fedeli in essa vengono mescolati, fatti partecipi della
natura divina di Cristo: “Beata sei tu, o Chiesa: di te gioisce Isaia con la
sua profezia: «Ecco, la vergine concepirà e partorirà» un bimbo, il cui nome è
un grande simbolo. Oh il significato svelato nella Chiesa! Due nomi mescolati
che divengono uno: «Emmanuel». «El» è sempre con te, poiché ti ha mescolata
alle sue membra”. Poi in diverse delle strofe Efrem continua la lettura ecclesiologica
di alcune profezie veterotestamentarie. Fa inoltre un parallelo tra Betlemme e
la Chiesa; la prima significa “casa del pane”, la seconda custodisce la parola,
ed i sacramenti: “Beata sei tu, o Chiesa… Beati i tuoi montoni marchiati col
tuo marchio, le tue pecore custodite dalla sua parola. Tu, o Chiesa, sei la
perenne Betlemme, poiché in te c’è il pane della vita”. Infine le profezie di
Daniele ed i salmi di Davide trovano nella Chiesa il loro compimento: “Beata
sei tu, o Chiesa: ecco gioisce di te Daniele che aveva indicato che il Cristo
glorioso sarebbe stato ucciso… Beata sei tu, o Chiesa: sulla propria cetra
canta di te il re Davide”.
La Chiesa ancora viene presentata come
luogo e ricettacolo delle Sacre Scritture ed anche il luogo dove esse vengono
interpretate: “Beata sei tu, o Chiesa… In te i profeti stanchi hanno trovato
riposo… Beati i suoi libri, dispiegati nei tuoi templi, e le solennità
sfavillanti nei tuoi santuari…”. Dopo le profezie dell’Antico Testamento, la
Chiesa viene presentata come luogo della pienezza delle beatitudini
evangeliche; Efrem ne enumera dieci, facendo un’aggregazione tra Mt 5 e Lc 6: “Beata
sei tu, o Chiesa, per le dieci beatitudini, donate dal nostro Signore. Simbolo
pieno: al dieci sono infatti appesi tutti i numeri, perciò le dieci beatitudini
ti hanno resa perfetta… O beata, da ogni beatitudine coronata, anche su di me
lancia una beatitudine!”. Betlemme e Maria, piccole ed umili, diventano
abitazione e dimora del Signore per la sua incarnazione e la sua nascita: “Beata
sei tu, Betlemme: fortezze e potenti città ti hanno invidiato. Maria come te l’hanno
invidiata donne e vergini figlie di nobili. Beata la fanciulla degna di essere
la sua abitazione, e il borgo degno di essere sua dimora. Una fanciulla
indigente ed un piccolo borgo lui si è scelto per farsi umile”. E quasi senza
soluzione di continuità troviamo nella strofa 13 il fulcro di tutta la
cristologia di Efrem: il Figlio eterno del Padre che nasce nel tempo: “Beata
sei tu, Betlemme: in te ebbe inizio il figlio che è nel Padre dall’eternità…
Colui che in te si è sottomesso al tempo, è prima del tempo… In te cominciò a
belare l’agnello di Dio, che in te ha saltellato e nella tua mangiatoia è stato
piccolo, pur distendendosi su tutte le creature ed adorato in ogni direzione”. Nella
penultima delle strofe troviamo il riferimento a Lc 2, 22ss nell’anziano
Simeone, che è chiamato beato per il suo portare, offrire Cristo al Padre: “Beato
il sacerdote che, nel santuario, ha offerto al Padre il figlio del Padre;
frutto raccolto dal nostro albero, pur provenendo direttamente dalla divina
maestà”. Efrem vede il portare da parte di Simeone del bambino Gesù come un
raccogliere il frutto dall’albero, visto costui come luogo dell’umanità di
Cristo. Il tempio dove Cristo entra è il tempio dal velo strappato nella crocifissione
da Cristo stesso: “Nel tempio lo Spirito attendeva con ardore il suo ingresso e
quando fu crocifisso uscì, strappando il velo”.
Nell’inno VI della stessa collezione,
Efrem dedica tre strofe ai due anziani, Simeone ed Anna, che ricevono Cristo
nel tempio e gli cantano delle nenie che diventano, ambedue, vere e proprie
confessioni di fede: “Nel tempio santo Simeone lo portava cantandogli una
nenia: «Sei venuto, o clemente, tu che hai clemenza della mia vecchiaia e fai
entrare le mie ossa in pace nello sheol. Grazie a te risusciterò dal sepolcro
al paradiso»”. Efrem quindi presenta Anna che bacia in bocca il bambino, come
Isaia fu toccato sulle labbra dal carbone ardente: “Lo abbracciò Anna e lo
baciò sulle sue labbra. E lo Spirito si posò sulle sue labbra come fu con Isaia…
E Anna cantò una nenia: «O figlio di condizione regale, figlio di condizione
vile, in silenzio ascolti, invisibile vedi, nascosto intendi. Dio figlio d’uomo
sia gloria al tuo nome»”.
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