giovedì 29 gennaio 2015

La festa dell’Ingresso del Signore nel tempio negli inni di Efrem il Siro
Oggi Simeone raccoglie il frutto dell’albero della vita
Efrem il Siro canta la pericope evangelica della presentazione di Gesù nel tempio di Lc 2,22ss in alcuni dei suoi inni della raccolta sulla Natività di Cristo. Ci soffermiamo in due inni di questa collezione, il XXV ed il VI. Nel primo il poeta teologo canta la Chiesa come luogo dell’adunanza dei fedeli per la celebrazione del mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio. Lungo tutto il poema Efrem mette in parallelo Maria e la Chiesa; quanto è prefigurato e profetizzato dell’una avviene anche nella vita dell’altra. Tutte le strofe del poema iniziano con la frase: “Beata sei tu, o Chiesa…”, e nelle due prime troviamo quasi una presentazione della situazione liturgico architettonico della celebrazione: “Beata sei tu, o Chiesa, poiché risuona in te la grande festa, la solennità del Re… Beate le tue porte, aperte ma non piene; i tuoi atri, spaziosi ma non sufficienti alla folla… Beata sei tu, o Chiesa, poiché nelle tue solennità i vigilanti gioiscono in mezzo alle tue feste… per tutta la notte i vigilanti danno gloria… Beati i tuoi canti, seminati, mietuti e raccolti nei granai del cielo. La tua bocca è un incensiere e i tuoi canti aromi esalanti nelle solennità”. L’accenno ai vigilanti nel contesto del vangelo di Luca è riferito ai pastori senz’altro, ma anche ai cristiani veglianti nella preghiera.
         La profezia di Is 7,14, Efrem la applica a Maria nella concezione del Verbo di Dio nel suo grembo, e anche alla Chiesa in cui avviene pienamente anche il significato salvifico del nome “Emmanuel” –Dio è con noi. Cristo concepito nel grembo di Maria, e concepito anche nel cuore della Chiesa; i fedeli in essa vengono mescolati, fatti partecipi della natura divina di Cristo: “Beata sei tu, o Chiesa: di te gioisce Isaia con la sua profezia: «Ecco, la vergine concepirà e partorirà» un bimbo, il cui nome è un grande simbolo. Oh il significato svelato nella Chiesa! Due nomi mescolati che divengono uno: «Emmanuel». «El» è sempre con te, poiché ti ha mescolata alle sue membra”. Poi in diverse delle strofe Efrem continua la lettura ecclesiologica di alcune profezie veterotestamentarie. Fa inoltre un parallelo tra Betlemme e la Chiesa; la prima significa “casa del pane”, la seconda custodisce la parola, ed i sacramenti: “Beata sei tu, o Chiesa… Beati i tuoi montoni marchiati col tuo marchio, le tue pecore custodite dalla sua parola. Tu, o Chiesa, sei la perenne Betlemme, poiché in te c’è il pane della vita”. Infine le profezie di Daniele ed i salmi di Davide trovano nella Chiesa il loro compimento: “Beata sei tu, o Chiesa: ecco gioisce di te Daniele che aveva indicato che il Cristo glorioso sarebbe stato ucciso… Beata sei tu, o Chiesa: sulla propria cetra canta di te il re Davide”.
         La Chiesa ancora viene presentata come luogo e ricettacolo delle Sacre Scritture ed anche il luogo dove esse vengono interpretate: “Beata sei tu, o Chiesa… In te i profeti stanchi hanno trovato riposo… Beati i suoi libri, dispiegati nei tuoi templi, e le solennità sfavillanti nei tuoi santuari…”. Dopo le profezie dell’Antico Testamento, la Chiesa viene presentata come luogo della pienezza delle beatitudini evangeliche; Efrem ne enumera dieci, facendo un’aggregazione tra Mt 5 e Lc 6: “Beata sei tu, o Chiesa, per le dieci beatitudini, donate dal nostro Signore. Simbolo pieno: al dieci sono infatti appesi tutti i numeri, perciò le dieci beatitudini ti hanno resa perfetta… O beata, da ogni beatitudine coronata, anche su di me lancia una beatitudine!”. Betlemme e Maria, piccole ed umili, diventano abitazione e dimora del Signore per la sua incarnazione e la sua nascita: “Beata sei tu, Betlemme: fortezze e potenti città ti hanno invidiato. Maria come te l’hanno invidiata donne e vergini figlie di nobili. Beata la fanciulla degna di essere la sua abitazione, e il borgo degno di essere sua dimora. Una fanciulla indigente ed un piccolo borgo lui si è scelto per farsi umile”. E quasi senza soluzione di continuità troviamo nella strofa 13 il fulcro di tutta la cristologia di Efrem: il Figlio eterno del Padre che nasce nel tempo: “Beata sei tu, Betlemme: in te ebbe inizio il figlio che è nel Padre dall’eternità… Colui che in te si è sottomesso al tempo, è prima del tempo… In te cominciò a belare l’agnello di Dio, che in te ha saltellato e nella tua mangiatoia è stato piccolo, pur distendendosi su tutte le creature ed adorato in ogni direzione”. Nella penultima delle strofe troviamo il riferimento a Lc 2, 22ss nell’anziano Simeone, che è chiamato beato per il suo portare, offrire Cristo al Padre: “Beato il sacerdote che, nel santuario, ha offerto al Padre il figlio del Padre; frutto raccolto dal nostro albero, pur provenendo direttamente dalla divina maestà”. Efrem vede il portare da parte di Simeone del bambino Gesù come un raccogliere il frutto dall’albero, visto costui come luogo dell’umanità di Cristo. Il tempio dove Cristo entra è il tempio dal velo strappato nella crocifissione da Cristo stesso: “Nel tempio lo Spirito attendeva con ardore il suo ingresso e quando fu crocifisso uscì, strappando il velo”.
         Nell’inno VI della stessa collezione, Efrem dedica tre strofe ai due anziani, Simeone ed Anna, che ricevono Cristo nel tempio e gli cantano delle nenie che diventano, ambedue, vere e proprie confessioni di fede: “Nel tempio santo Simeone lo portava cantandogli una nenia: «Sei venuto, o clemente, tu che hai clemenza della mia vecchiaia e fai entrare le mie ossa in pace nello sheol. Grazie a te risusciterò dal sepolcro al paradiso»”. Efrem quindi presenta Anna che bacia in bocca il bambino, come Isaia fu toccato sulle labbra dal carbone ardente: “Lo abbracciò Anna e lo baciò sulle sue labbra. E lo Spirito si posò sulle sue labbra come fu con Isaia… E Anna cantò una nenia: «O figlio di condizione regale, figlio di condizione vile, in silenzio ascolti, invisibile vedi, nascosto intendi. Dio figlio d’uomo sia gloria al tuo nome»”.



sabato 3 gennaio 2015

L’Epifania del Signore in un’omelia siriaca anonima del VI secolo
Oggi il Giordano avvolge il Signore Onnipotente
         Una raccolta di omelie siriache anonime risalenti al VI secolo, contiene tre discorsi, due più lunghi ed uno più breve, sulla festa dell’Epifania Il secondo di questi testi, partendo della vicinanza tra il Natale e l’Epifania, “Da una festa all’altra, il Signore conduce il suo gregge spirituale…”., racchiude quasi una raccolta di bellissime immagini parallele delle due feste accennate. In primo luogo l’autore propone ambedue feste viste come nascite e come manifestazioni del Verbo di Dio incarnato: “Nella prima festa, la creazione ha ricevuto il Creatore dal seno della Vergine, e nella festa odierna la sposa riceve lo sposo dal seno del battesimo… Nella prima nascita, è stato generato dalla Vergine, e nella festa odierna è stato generato dal battesimo”. Il battesimo di Cristo quindi viene messo in parallelo alla sua nascita da Maria. E il testo prosegue con delle immagini che costituiscono una vera e propria captatio benevolentiae dell’uditorio: “Al posto delle braccia della Vergine, ecco i flutti del Giordano lo abbracciano; al posto delle ginocchia, oggi lo portano le onde del fiume; al posto dei panni, le acque lo avvolgono… Oggi lui apre il battistero per santificare i nuovi nati”. Per l’autore dell’omelia nel Natale Cristo si presenta piccolo, debole neonato, mentre nella festa odierna si presenta come uomo maturo: “Dalla grotta dove è nato, oggi il Giordano riceve il Signore onnipotente; dalla mangiatoia che lo ha ricevuto neonato, oggi il Giordano lo riceve nella forza dell’età adulta”. E troviamo anche un bel parallelo tra i personaggi presenti sia a Natale –Giuseppe e gli angeli che lo vedono neonato-, che al Battesimo –Giovanni e la voce del Padre che lo manifestano Signore e Figlio di Dio: “Quando è nato (il Signore), c’era Giuseppe che aveva cura della sua piccolezza, qua Giovanni figlio di Zaccaria sta alla sua presenza con timore. Lì, gli angeli glorificavano la sua nascita; qua il Padre che dal cielo dice: «Costui è mio Figlio»”. E ancora vediamo altri personaggi che nel parallelo presentato dall’autore mettono in risalto la vera umanità di Cristo nella sua nascita, e la vera divinità manifestata nel suo battesimo: “Lì, Anna la profetessa annunciava la salvezza ai figli di Gerusalemme; qua lo Spirito Santo che lo dichiara al mondo come «Figlio dell’Altissimo». Lì i pastori cercavano il luogo della sua nascita; qua la moltitudine che si domanda: chi è costui davanti al quale Giovanni si fa piccolo?”.
         L’autore introduce poi il tema della santificazione delle acque adoperata da Cristo nel suo battesimo, in vista al battesimo dei cristiani stessi; e il testo dell’omelia riecheggia quasi il testo liturgico della consacrazione dell’acqua che il giorno dell’Epifania si celebra nelle liturgie orientali: “Oggi nel Giordano appare l’Unigenito di Dio; oggi il Santo è venuto a santificare per noi le acque del perdono; oggi è venuto a preparare il grembo in vista a una rinascita della creazione che ne ha bisogno… Le acque, grazie al battesimo del nostro Salvatore, hanno ricevuto il dono di purificare corpo e anima”.
         L’omelia prosegue con il rapporto tra il battesimo e il mistero stesso della redenzione: Cristo viene al battesimo per essere tra gli uomini, in mezzo a loro: “Il Santo è venuto al battesimo senza averne bisogno; è venuto al Giordano, per essere in mezzo alla folla dei peccatori. Dio in mezzo agli uomini e non lontano da loro; il Giusto tra i peccatori; l’Altissimo in mezzo agli orgogliosi e non separato da loro”. E il testo prosegue elencando tutta una serie di fatti voluti dal Signore, presentati quasi in forma liturgica, parallela al testo della benedizione delle acque: “Tutto quello che (il Signore) vuole, lo ha fatto in cielo ed in terra: ha abitato in mezzo alle assemblee celesti… è disceso per abitare nel seno della Vergine e nato uomo… neonato, bambino, adolescente, sottomesso ai genitori… sceso nelle acque per santificare i peccatori… camminato sulle acque che lo sorreggono… Il raggio dell’essenza del Padre oggi è sceso nel grembo delle acque…”. E l’autore enumera, quasi contrapponendoli, una lunga serie di fatti che portano alla lode ed alla meraviglia di fronte a loro: “Di che cosa meravigliarsi? Del fatto che il Dio onnipotente nasca piccolo bambino, o del fatto che il Figlio dell’Altissimo sia annoverato tra i peccatori? Del fatto che abbia rivestito le membra (umane) nel seno della Vergine, o che oggi le onde del Giordano l’abbiano avvolto? Del fatto che i panni l’abbiano avvolto, oppure che oggi sia sceso nudo nelle acque?”. L’Epifania quindi come manifestazione della piena divinità di Cristo, corroborata dalla voce del Padre: “Fino ad oggi lui appariva schiavo della legge; oggi si manifesta come colui che scrisse la legge; oggi la voce del Padre lo proclama non schiavo ma libero… oggi si manifesta Figlio del Re”. L’autore infine paragona la discesa di Cristo nelle acque del Giordano al lavoro di una fonderia del ferro: “Lui è venuto a istallare una fonderia nelle acque, per mescolare lì e fondere lo Spirito col fuoco, ed impegnarsi a togliere la ruggine dei vecchi utensili, e rifondere in essi l’immagine che si era insudiciata… E per rinnovare quest’immagine Gesù mette la fornace nelle acque, e mescola lo Spirito ed il fuoco nel seno delle acque; il fuoco per purificare, lo Spirito per rafforzare”.