lunedì 8 settembre 2014

Inni di Giorgio Warda per la celebrazione della beata Vergine Maria.
Oggi nasce l’albero dal frutto meraviglioso…
          Giorgio Warda è uno dei principali innografi della tradizione ecclesiale e liturgica siro orientale, vissuto tra a fine del XII e l’inizio del XIII secolo ad Arbela, nell’attuale Iraq. Il nome Warda (che significa rosa in siriaco) è un soprannome legato alla raccolta delle sue composizioni poetiche presenti nei libri liturgici siro orientali. Si tratta di poemi teologici molto spesso in forma di omelie metriche per le feste liturgiche del Signore, della Mare di Dio e dei Santi. Presentiamo per la festa della Natività della Madre di Dio due dei suoi inni dedicati a Maria. Queste righe vogliono essere anche una forma di preghiera e di vicinanza umana e cristiana a tanti cristiani della tradizione siro orientale e delle altre tradizioni cristiane sofferenti e martirizzati nel Prossimo oriente cristiano.
          I due inni a Maria che presentiamo si trovano, per intero oppure frammentari, nei libri liturgici siro orientali nelle feste di Maria. Giorgio Warda inizia questi due inni riconoscendo la propria indegnità per lodare sia Cristo sia sua Mare; Giorgio è consapevole che lodando Maria loda Colui che da Lei è nato: “Eccomi sommerso dai flutti in fondo ad un mare di iniquità…ma come Pietro, o Gesù, io ti supplico… spalma sugli occhi della mia mente la salva pura della tua bocca vivificante… Chi racconterà i prodigi del Signore? Chi può narrare di questa castissima e pura, di questa santa e santificata, abitacolo, tempio e tabernacolo, torre, palazzo e trono del Dio sempre vivo?”.
          In primo luogo Giorgio passa in rassegna i nomi dati a Maria nei testi veterotestamentari; e propone una lettura della Scrittura in chiave cristologica o soteriologica. È notevole tutto l’accostamento che Giorgio fa tra i primi capitoli della Genesi con Adamo ed Eva nel paradiso e l’inizio della redenzione in Maria: “Adamo è nato dalla terra e alla terra è ritornato; da Maria nacque il Signore di Adamo e divenne per amore figlio di Adamo… La potrei paragonare al giardino dei quattro fiumi? Ma da Maria è zampillata una fonte che quattro bocche hanno sparso, la quale inebriò tutta la terra… Lei è l’albero stupendo che produsse il frutto meraviglioso… Lei è l’arca fatta di carne in cui riposò il vero Noè… Lei è la roccia senza fessura… Lei è il roveto che era arso dal fuoco, dove abitò per nove mesi il fuoco incandescente…”.
          I testi dei profeti, specialmente Isaia e Ezechiele offrono all'autore delle immagini che lui, seguendo tutta la tradizione esegetica dei Padri, applica a Maria: “Lei è la vergine che Isaia predisse come Madre del Signore, il Figlio dell’Altissimo…Lei è la radice di Iesse… Lei è quella porta del Signore, attraverso la quale nessun mortale entrò e per la quale entra ed esce solo il Signore…”. Giorgio procede poi facendo un ritratto quasi fisico di Maria, lodandone i diversi sensi e collegandoli al mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio: “O seno che nessun uomo conobbe… diventato tempio per il Figlio… I suoi occhi quanto semplici perché guardavano il Sole degli angeli… Orecchie beate che udirono le parole dell’arcangelo… O labbra dolcissime che baciarono la carne del Verbo… O sacro petto dove il Figlio dell’Altissimo attingeva il cibo… O mani e ginocchia fatte di carne invidiate dai serafini e dai carri dei cherubini…”. E riprendendo l’immagine di Mt 13,45 del mercante di perle preziose, conclude Giorgio il suo primo inno: “O commerciante poverissima, e povera ricchissima, che hai comperato la Perla che ha arricchito tutta la creazione”.
          Nel secondo degli inni Giorgio riprende il parallelo tra i primi capitoli della Genesi e Maria, incentrandolo questa volta con la figura di Eva di cui Maria diventa la vera e propria plenitudine: “Il frutto che Eva non ha trovato, Maria l’ha portato e nutrito; per mezzo del frutto desiderato Maria trovò il frutto e lo donò a tutti. Eva non potò trovare il frutto che Maria trovò in se stessa… Eva non seppe fuggire il male ed attirò la maledizione… Maria fu esenta dalla colpa e meritò la liberazione per il mondo intero…”. E l’autore prosegue, proponendo un’esegesi assai originale, con la lista che quasi enumera senza commento di ventidue versetti salmici che lui applica a Maria. Ne diamo qua soltanto un campione, ma si tratta sicuramente quasi di un unicum nell'esegesi siro orientale di testi veterotestamentari: “A lei convengono i ventidue salmi cantati da Davide. Il primo canta la sua perfezione e la sua purezza; il terzo la sua persecuzione; il quarto la sua pace… il quarantaseiesimo la proclama abitacolo di colui che tutto santifica, ed il quarantottesimo tempio del Figlio dell’Altissimo… il novantunesimo parla della veglia degli angeli sul suo corpo… poi il lungo salmo centodiciottesimo che, descrivendo le vie di perfezione con la divisione alfabetica è tipo della scala della perfezione… tutti versetti che si applicano a Maria… Tutti questi salmi, benché trattino dei giusti, possono essere applicati a lei e cantando di lei e su di lei”.
          Ai nostri fratelli cristiani, siriaci orientali ed occidentali, copti, armeni, melchiti, maroniti, latini, martiri perseguitati per la loro fede, ma che fedeli a questa fede canteranno la Natività della Vergine Maria. A loro la nostra preghiera e la nostra vicinanza sempre.

P. Manuel Nin
Pontificio Collegio Greco
Roma



Nessun commento:

Posta un commento