Ypapantì. Rallis Kopsidis, XX sec.
Cattedrale greco cattolica della Santissima Trinità,
Atene
La festa del 2
febbraio nella tradizione bizantina
Adorna il tuo talamo,
Sion, per accogliere Cristo.
La tradizione bizantina, ed anche le altre liturgie cristiane, celebra come una grande
festa il quarantesimo giorno dopo la nascita di Cristo, cioè la sua
presentazione al tempio, a partire dalla lettura della pericope evangelica di
Lc 2, 22-40. Già la peregrina Egeria, nella seconda metà del IV secolo, ci
parla di questa celebrazione a Gerusalemme, presso la basilica dell’Anastasi
(Risurrezione), e paragonandola quasi alla festa di Pasqua ci dice che: “valde
cum summo honore hic celebrantur… cum summa laetitia ac si per Pascha…”. Nel
V-VI secc. la festa si celebra già ad Alessandria, ad Antiochia e a
Costantinopoli e, alla fine del VII secolo viene introdotta a Roma da papa
Sergio I (687-701). In tutte le liturgie cristiane, oltre a celebrare il fatto
evangelico narrato a Lc 2, la festa del 2 febbraio ha un senso fortemente
pasquale, e ne è un annunzio evidente.
Nella
tradizione bizantina la festa del 2 febbraio porta come titolo “Ypapantì” che
possiamo tradurre come “Incontro”, in quanto i testi liturgici sottolineano
fortemente, a partire dalla narrazione evangelica, l’incontro tra la vecchia
umanità rappresentata da Simeone ed Anna, e la umanità nuova, rinnovata e
redenta presente nel Dio che si è fatto Bambino neonato ed oggi è presentato al
tempio del Signore. Un incontro che diventa preannuncio, profezia di
quell’altro definitivo incontro tra la vecchia e la nuova umanità, tra il
vecchio Adamo ed il nuovo Adamo, incontro che avverrà il Sabato Santo quando
Cristo, scendendo nell’Ade prenderà per mano Adamo ed Eva e li riporterà nel
paradiso. Allo stesso modo che oggi il Bambino di quaranta giorni incontra ed è
preso nelle braccia di Simeone, lì Cristo stesso incontrerà e prenderà per mano
Adamo ed Eva.
I tropari
della festa del 2 febbraio nella tradizione bizantina sono opera dei grandi
innografi bizantini: Romano il Melodo (+556), Andrea di Creta (+740) e Cosma di
Maiouma (+794). Del primo innografo, Romano il Melodo, abbiamo un kontakion
intero di 18 strofe, di cui uno dei tropari è stato integrato nei testi della
festa e durante la sua ottava: “Tu che con la tua nascita hai santificato il grembo verginale, e hai
benedetto le mani di Simeone, come conveniva, ci hai prevenuti anche ora con la
tua salvezza, o Cristo Dio. Dà dunque pace alla città tra le guerre e rafforza i re che hai amato, o solo amico
degli uomini”. Il tropario mette in evidenza come la nascita di Cristo e la sua
presentazione al tempio sono fonte di santificazione di quelle realtà umane che
ne sono il mezzo, cioè il grembo verginale di Maria e le mani di Simeone, e per
l’umanità intera sono anche fonte di salvezza. Da questa salvezza ne scaturisce
il dono della pace.
Mi
soffermo in modo speciale su qualche tropario della festa. Di Andrea di Creta
ne abbiamo diversi, ed accenno soltanto a due di essi: “Colui che è portato dai cherubini e celebrato
dai serafini, presentato oggi nel sacro tempio secondo la Legge, ha per trono
le braccia di un vegliardo; per mano di Giuseppe riceve doni degni di Dio…
Simeone, accogliendo il compimento dell’oracolo che aveva ricevuto, benedice la
Vergine Madre di Dio Maria, simbolicamente predicendole la passione di colui
che da lei era nato…”. Si tratta di un testo in cui l’autore mette in luce
una cristologia fortemente calcedoniana, sottolineando la vera divinità e la
vera umanità di Cristo, Verbo di Dio incarnato. Sono delle immagini poetiche
volutamente contrastanti che il teologo poeta adopera per celebrare il mistero
centrale della nostra fede, cioè l’incarnazione. Fortemente toccante l’immagine
delle braccia del vegliardo che diventano trono della gloria di Dio. In un
altro dei tropari della festa, lo stesso Andrea di Creta, a partire
dall’esortazione di Cristo nel vangelo di Giovanni su cosa significa il leggere
e lo scrutare le Scritture, la propone indirizzata a tutta la Chiesa che deve
leggere le Scritture sempre come preannuncio e presenza già del mistero
dell’incarnazione: “Scrutate le Scritture, come disse nei vangeli il Cristo Dio nostro: in esse, infatti, noi lo troviamo
partorito e avvolto in fasce, allevato e allattato, circonciso e portato da
Simeone, non in apparenza né come in una visione, ma in verità apparso al
mondo…”. Nelle Scritture troviamo annunciato, presente in modo reale e non in
apparenza il mistero avveratosi in Cristo.
Un altro
dei tropari della festa è di Cosma di Maiouma. Si tratta di un testo che poi è
entrato nella liturgia romana fino ai nostri giorni nella festa del 2 febbraio
nel canto: “Adorna, thalamum tuum, Sion…”. Si tratta, come spesso capita
nei testi delle liturgie orientali, di un intreccio di citazioni bibliche
implicite ed o esplicite, prese spesso dai salmi. È un tropario che parla di
Maria, la Madre di Dio, con dei titoli presi dai testi veterotestamentari, e ad
essa attribuiti in tutte le tradizioni cristiane di Oriente e di Occidente,
come porta, trono, nube…: “Adorna il tuo talamo, o Sion, e accogli il Re Cristo; abbraccia Maria, la celeste porta, perché essa è
divenuta trono di cherubini, essa porta il Re della gloria; è nube di luce la
Vergine perché reca in sé, nella carne, il Figlio che è prima della stella del
mattino. Simeone lo prende tra le braccia e annuncia ai popoli che egli è
Signore della vita e della morte, il Salvatore del mondo”.
Altri dei
tropari, infine, si trattengono a lungo nel mettere in evidenza, da un punto di
vista cristologico, il contrasto o quasi la tensione, tra Colui che ha dato la
legge e Colui che ne ubbidisce il comando; l’uno e l’altro si manifestano in
modo pieno in Colui che per noi si è fatto uomo: “Accogli, Simeone, colui che Mosè vide in
precedenza, nella caligine, quando gli dava la Legge sul Sinai, e che ora,
divenuto bambino, si assoggetta alla Legge. Questi è colui che ha parlato
mediante la Legge; questi è colui di cui è detto nei profeti, colui che si è
incarnato per noi e ha salvato l’uomo… L’Antico di giorni, divenuto bambino
nella carne, è portato al santuario dalla Madre Vergine per compiere quanto era
dichiarato dalla propria Legge… La Madre ignara di nozze, portando al tempio
colui che prima dei secoli dal Padre è rifulso, e alla fine dei tempi, da
grembo verginale, presentava colui che sul monte Sinai aveva dato la Legge, e
ora ubbidiva al comando della Legge, al giusto e anziano sacerdote, al quale
era stato vaticinato che avrebbe visto il Cristo Signore”.
La festa del 2 febbraio ci fa pregustare già la Pasqua. L’incontro odierno tra l’anziano Simeone ed il Bambino neonato, tra l’umanità invecchiata e quella rinnovata e ricreata in Cristo, è prefigurazione di quell’incontro definitivo tra il vecchio ed il nuovo Adamo, tra il redentore ed il redento. “…cum summa laetitia ac si per Pascha…”, riprendendo Egeria.
Η ΥΠΑΠΑΝΤΗ ΤΟΥ ΚΥΡΙΟΥ ΣΤΗ ΒΥΖΑΝΤΙΝΗ ΠΑΡΑΔΟΣΗ
«Κατακόσμησον
τόν νυμφῶνα σου Σιών»
Η βυζαντινή παράδοση, όπως και οι άλλες
χριστιανικές λατρείες, τελεί ως μεγάλη γιορτή την τεσσαρακοστή ημέρα μετά τη
γέννηση του Χριστού, δηλαδή την παρουσίαση του Ιησού στον Ναό, σύμφωνα με την
ανάγνωση της ευαγγελικής περικοπής Λκ.2, 22-40.
Ήδη η προσκυνήτρια Εγερία, στα μέσα του 4ου
αιώνα, μας μιλά για τη γιορτή αυτή στην Ιερουσαλήμ, στη βασιλική της Ανάστασης,
και την συγκρίνει σχεδόν σαν τη γιορτή του Πάσχα γράφοντας σε λατινική γλώσσα: «τελείται η γιορτή με υπέρτατη τιμή…. και με
υπέρτατη χαρά, σαν να ήταν το Πάσχα….». Κατά τον πέμπτο και έκτο αιώνα η
γιορτή τελείται ήδη στην Αλεξάνδρεια, στην Αντιόχεια και στην Κωνσταντινούπολη
και στα τέλη του εβδόμου αιώνα η γιορτή εγκαινιάζεται στη Ρώμη, από τον Πάπα
Σέργιο Α’ (687-701). Σε όλες τις χριστιανικές λατρείες, πέρα από τον εορτασμό
του ευαγγελικού γεγονότος, που περιγράφεται στο Λκ.2 , η γιορτή της δευτέρας
Φεβρουαρίου έχει ένα δυνατό πασχαλινό νόημα και αποτελεί ένα φανερό προάγγελμα
του Πάσχα.
Στη βυζαντινή παράδοση η γιορτή της δευτέρας Φεβρουαρίου ονομάζεται «Υπαπαντή»· μία λέξη την οποία μπορούμε να την ερμηνεύσουμε «Συνάντηση». Πραγματικά τα λειτουργικά κείμενα υπογραμμίζουν έντονα, βασιζόμενα στην ευαγγελική διήγηση, τη συνάντηση της παλιάς ανθρωπότητας, εκπροσωπούμενης από τον γέροντα Συμεών και την Άννα και την νέα ανθρωπότητα, ανανεωμένη και λυτρωμένη από τον Θεό, ο οποίος έγινε νεογέννητο βρέφος, και σήμερα παρουσιάζεται στον Ναό του Κυρίου. Είναι μία συνάντηση η οποία γίνεται προάγγελμα και προφητεία μίας άλλης οριστικής συνάντησης μεταξύ της παλαιάς και νέας ανθρωπότητας μεταξύ του παλαιού Αδάμ και του νέου Αδάμ, μίας συνάντησης που θα γίνει κατά το Μεγάλο Σάββατο, όταν ο Χριστός κατεβαίνοντας στον Άδη, θα πάρει από το χέρι τον Αδάμ και την Εύα, και θα τους οδηγήσει στον παράδεισο. Με τον ίδιο τρόπο με τον οποίο σήμερα το τεσσαρακονθήμερο Βρέφος συναντιέται και σηκώνεται από τα χέρια του γέροντα Συμεών, κατά το Μεγάλο Σάββατο ο Χριστός θα συναντήσει και θα σηκώσει στα χέρια του τον Αδάμ και την Εύα.
Τα τροπάρια της γιορτής της δευτέρας Φεβρουαρίου κατά τη βυζαντινή παράδοση είναι έργα των μεγάλων βυζαντινών υμνογράφων: του Ρωμανού του Μελωδού (+556) του Ανδρέα της Κρήτης (+740) και του Κοσμά του Μαϊουμά (+794). Από τον πρώτο υμνογράφο, τον Ρωμανό τον Μελωδό, έχουμε ένα ολόκληρο κοντάκιο, δεκαοχτώ στροφών, από το οποίο ένα τροπάριο ενσωματώθηκε στα κείμενα της γιορτής και της ογδοάδας ημερών που επακολουθεί: «Ὁ μήτραν παρθενικὴν ἁγιάσας τῶ τόκω σου, καὶ χείρας τοῦ Συμεὼν εὐλογήσας ὡς ἔπρεπε, προφθάσας καὶ νὺν ἔσωσας ἡμᾶς Χριστὲ ὁ Θεός. Ἀλλ' εἰρήνευσον ἐν πολέμοις τὸ πολίτευμα, καὶ κραταίωσον Βασιλεῖς οὓς ἠγάπησας, ὁ μόνος φιλάνθρωπος». Το τροπάριο υπογραμμίζει με ποιον τρόπο η γέννηση του Χριστού και η παρουσίασή του στον Ναό αποτελούν την πηγή του εξαγιασμού των ανθρωπίνων εκείνων πραγματικοτήτων που είναι τα μέσα αυτού του εξαγιασμού· δηλαδή της παρθενικής μήτρας της Μαρίας και των χεριών του Συμεών· αυτές οι ανθρώπινες πραγματικότητες αποτελούν επίσης την πηγή της σωτηρίας για όλη των ανθρωπότητα. Από αυτήν την σωτηρία αναβλύζει και το δώρο της ειρήνης.
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