Il Natale nella tradizione bizantina
Oggi nasce dalla Vergine l’albero della vita
La solennità del Natale nella tradizione
bizantina è scandita da una lunga serie di tropari che glossano e cantano il
mistero centrale della nostra fede cristiana: l’Incarnazione del Verbo eterno
di Dio dallo Spirito Santo e dalla Santa Vergine Maria. Sono dei tropari
appartenenti all’opera innografica dei grandi poeti teologi bizantini, da
Romano il Melodo (+555), a Germano di Costantinopoli (+733), a Giovanni
Damasceno (+749), a Giuseppe l’Innografo (IX secolo) fino all’innografa
Cassianì (IX secolo). I testi liturgici in primo luogo mettono in risalto come
il Dio Creatore del cielo e della terra, è anche il Dio che si incarna, che si
fa uomo, si fa piccolo: “Oggi nasce dalla Vergine colui che tiene in sua mano
tutta la creazione. È avvolto in povere fasce come un mortale, colui che è per
essenza intoccabile. Viene deposto in una mangiatoia, il Dio che in principio
ha fissato i cieli. Si nutre di latte dalle mammelle, colui che nel deserto ha
fatto piovere manna per il popolo. Invita i magi lo sposo della Chiesa. Prende
i loro doni il Figlio della Vergine…”. È questo un tropario che servendosi di
immagini contrastanti sottolinea il farsi piccolo, la kenosi, del Verbo di Dio
fattosi uomo. Molti dei testi liturgici mettono in parallelo la creazione
dell’uomo e della donna nel libro della Genesi con l’opera della redenzione
adoperata attraverso l’incarnazione e la nascita di Cristo; in modo speciale
uno dei testi del vespro, che rapportiamo per intero, canta la salvezza dei
padri caduti nel peccato e sciolti dal vincolo antico: “Rallégrati,
Gerusalemme, fate festa, voi tutti che amate Sion. Oggi è stato sciolto
l’antico vincolo della condanna di Adamo; ci è stato aperto il paradiso; il
serpente è stato annientato: ora infatti egli ha visto colei che un tempo aveva
ingannata, divenuta Madre del Creatore. O abisso della ricchezza, della
sapienza e della scienza di Dio! Colei che aveva procurato la morte ad ogni
carne, come strumento del peccato, è divenuta primizia della salvezza per tutto
il mondo mediante la Madre di Dio, poiché da lei nasce bambino il Dio perfettissimo:
con la sua nascita egli sigilla la verginità di lei, con le fasce scioglie le
catene dei peccati, e sana con la sua infanzia le penose doglie di Eva. Danzi
dunque tutta la creazione ed esulti, perché il Cristo è venuto per richiamarla
dall’esilio, e salvare le anime nostre”. La nascita di Cristo quindi è
paragonata all’apertura del paradiso che era chiuso dal peccato; Maria è
presentata come nuova Eva e con due immagini antitetiche il tropario mette in
evidenza quel che avviene per la nostra salvezza: nascita/verginità, legame con
le fasce/libertà dai peccati.
Maria è presentata come colei da cui
viene la natura umana del Verbo di Dio incarnato, come colei che fa presente
l’umanità salvata e santificata e ne è lei stessa dono a Dio: “Che cosa ti
offriremo, o Cristo? Tu per noi sei apparso, uomo, sulla terra! Ciascuna delle
creature da te fatte ti offre il rendimento di grazie: gli angeli, l’inno; i
cieli, la stella, i magi, i doni; i pastori, lo stupore; la terra, la grotta;
il deserto, la mangiatoia: ma noi ti offriamo la Madre Vergine…”. Diversi dei
tropari fanno un bel paragone tra l’Eden che era stato chiuso a causa del
peccato e la grotta di Betlemme, luogo che “apre” di nuovo le porte del Regno
grazie alla Vergine Maria che partorisce colui che è il Salvatore dell’uomo: “Celebriamo, o popoli, la Natività di Cristo: e
saliamo con la mente a Betlemme e contempliamo nella grotta il grande mistero:
si è aperto infatti l’Eden, perché Dio viene da Vergine pura, perfetto nella
divinità e nell’umanità. Acclamiamo dunque: Santo Dio, Padre che non ha
principio; Santo forte, Figlio incarnato; Santo immortale, Spirito Paraclito, Trinità
santa… Ecco che il Figlio e Verbo di Dio Padre viene per essere partorito
dalla fanciulla ignara d’uomo, secondo il beneplacito di colui che lo ha
impassibilmente generato, e con la sinergia del santo Spirito. Prepàrati,
Betlemme, apri la porta, o Eden: poiché Colui “che È” diviene ciò che non era,
e l’artefice di tutto il creato viene plasmato: lui che elargisce al mondo la
grande misericordia”. Notiamo in questo testo la bella lettura in
chiave trinitaria che l’autore fa del Trisagio.
Ancora il parallelo tra la prima e la
seconda creazione, quella avvenuta nell’Eden e quella che avviene a Betlemme, lo
troviamo in altri testi natalizi della tradizione bizantina: “Prepàrati,
Betlemme: si è aperto per tutti l’Eden. Prepàrati, Efrata, perché dalla
Vergine è fiorito l’albero della vita nella grotta. Davvero il suo grembo è
divenuto spirituale paradiso in cui si trova la pianta divina: mangiando di
questa vivremo, non moriremo come Adamo. Nasce Cristo, per far risorgere
l’immagine un tempo caduta”.
Ci
troviamo di fronte a dei testi di una bellezza e profondità uniche che in prima
persona coinvolgono tutta la creazione, angeli e uomini, popoli e la terra
tutta, per accogliere nella gioia Colui che nasce dalla Vergine Madre:
“Prepàrati, Betlemme, tieniti pronta, grotta, e anche tu mangiatoia, accogli il
Dio incircoscrivibile… Danza Isaia, accogli il Verbo di Dio: profetizza alla
Vergine Maria che il roveto arderà, ma non sarà consumato dal fulgore della
Divinità… Prepàrati, o grotta, perché viene l’agnella, portando in seno il
Cristo… Inchinandosi davanti a lui come serva, La Madre lo ha adorato, dicendo
a colui che porta fra le braccia: Come sei stato seminato in me? Come in me sei
stato generato, mio Redentore e Dio”.
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