L’Ascensione del
Signore nell'ufficiatura bizantina
Sulle spalle del buon
Pastore
L’Ascensione del Signore, celebrata il
quarantesimo giorno dopo la Risurrezione del Signore è una delle grandi feste
dell’anno liturgico. Egeria nella seconda metà del IV secolo parla di una
celebrazione il quarantesimo giorno dopo Pasqua ma che si fa a Betlemme e non
sul monte degli ulivi da dove il Signore ascende in cielo; quasi ad evidenziare
mettendole in parallelo la nascita del Verbo di Dio incarnato e la sua
glorificazione in cielo. Uno dei tropari dell’ufficiatura bizantina per questa
festa recita: “Prendendoti sulle spalle, o Cristo, la
natura che si era smarrita, sei asceso al cielo e l’hai presentata a Dio Padre”.
Tutta la liturgia dell’Ascensione nella tradizione bizantina si muove attorno a
questi due punti fondamentali: l’incarnazione del Verbo di Dio, la sua kenosi,
il suo farsi piccolo, uno di noi; e quasi in parallelo la sua Ascensione alla
destra del Padre che ha come conseguenza la glorificazione della natura caduta
dell’uomo, di Adamo e di tutto il genere umano glorificato col Figlio alla
destra del Padre.
I tropari
dell’ufficiatura del vespro, già dall'inizio, mettono in luce i diversi aspetti
che verranno sottolineati lungo la liturgia della festa. In primo luogo
l’Ascensione di Cristo collegata con il dono dello Spirito Santo: “Il
Signore è asceso ai cieli per mandare il Paraclito nel mondo… Signore, quando gli apostoli ti videro
sollevarti sulle nubi, tra i lamenti
dicevano: O Sovrano, non lasciare orfani i tuoi servi… mandaci, come hai promesso, lo Spirito
santissimo…”. In secondo luogo la gioia delle schiere celesti (gli
angeli) e delle schiere degli uomini (gli apostoli) per l’Ascensione di Cristo
nella carne: “Signore, alla tua ascensione restarono attoniti i cherubini, vedendo venire
sulle nubi te, Dio, che siedi su di loro… Contemplando la tua esaltazione sui
monti santi, o Cristo, noi cantiamo la luminosa figura del tuo volto…, glorificando
la tua gloriosa ascensione”. Infine la confessione
della vera incarnazione del Verbo di Dio e quindi la piena redenzione del
genere umano: “Il Signore è asceso ai cieli, che hanno preparato il suo
trono, le nubi il carro su cui salire; stupiscono gli angeli vedendo un uomo al
di sopra di loro. Il Padre riceve colui che dall'eternità, nel suo seno dimora…
Signore, compiuto il mistero della tua economia… te ne sei andato oltre il
firmamento del cielo. O tu che per me come me ti sei fatto povero, e sei asceso
là, da dove mai ti eri allontanato…”. E ancora
quasi a ribadire la doppia natura del Verbo incarnato, troviamo in un altro dei
testi: “Tu
che, senza separarti dal seno paterno, o dolcissimo Gesù, hai vissuto sulla
terra come uomo, oggi dal Monte degli Ulivi sei asceso nella gloria: e
risollevando, compassionevole, la nostra natura caduta, l’hai fatta sedere con
te accanto al Padre”. Diversi dei tropari
sottolineano questa piena glorificazione della natura umana assunta da Cristo,
alla destra del Padre.
Due altri
dei tropari del vespro hanno un particolare interesse da sottolineare: “Sei stato
partorito, come tu hai voluto; ti sei manifestato, come avevi stabilito; hai
patito nella carne, o Dio nostro; sei risorto dai morti e hai calpestato la
morte; sei asceso nella gloria, tu che tutto riempi, e ci hai mandato lo
Spirito divino affinché celebriamo e glorifichiamo la tua divinità”. Si tratta proprio di una confessione di fede, quasi
una formula di un simbolo che riassume tutta la professione di fede cristiana:
il Verbo di Dio che si incarna, nasce, patisce, muore e risorge; quindi ascende
in cielo e manda il dono dello Spirito Santo. Il secondo tropario recita: “Mentre
tu ascendevi, o Cristo, dal Monte degli Ulivi, le schiere celesti che ti
vedevano, si gridavano l’un l’altra: Chi è costui? E rispondevano: È il forte,
il potente, il potente in battaglia; costui è veramente il Re della gloria. Ma
perché sono rossi i suoi vestiti? Viene da Bosor, cioè dalla carne. E tu, dopo
esserti assiso in quanto Dio alla destra della Maestà, ci hai inviato lo
Spirito santo per guidare e salvare le anime nostre”. Troviamo messo ben in in evidenza, come accennavamo all'inizio,
il rapporto stretto tra l’abbassamento, l’incarnazione del Verbo di Dio, e la sua
glorificazione, la sua Ascensione ai cieli. E un rapporto che viene fatto a
patire della lettura, quasi teatrale, di due testi biblici che troviamo spesso
adoperati nella liturgia, cioè il salmo 23 e Is 63.
I due temi
dominanti di tutta la festa, cioè la redenzione e il dono dello Spirito Santo gli
ritroviamo ancora in altri momenti dell’ufficiatura: “È
asceso Dio tra le acclamazioni, il Signore, al suono della tromba, per
risollevare l’immagine caduta di Adamo e inviare lo Spirito Paraclito a
santificazione delle anime nostre”. La vera
incarnazione del Verbo di Dio, la sua natura umana che ha sofferto, è morta ed
è risorta, viene oggi glorificata alla destra del Padre: “Al
Cristo che ascende glorioso sulle spalle dei cherubini, e con lui fa sedere
anche noi alla destra del Padre, cantiamo, popoli tutti, un canto di vittoria,
perché si è reso glorioso”.
L’Ascensione del Signore non è una sua
separazione, un suo allontanarsi da noi. Nella sua carne glorificata noi
saliamo già in cielo con lui alla destra del Padre; e grazie al dono dello
Spirito Santo lui, il Signore, rimane accanto a noi, non lontano da noi: “Compiuta l’economia a nostro favore, e congiunte a quelle
celesti le realtà terrestri, sei asceso nella gloria, o Cristo Dio nostro,
senza tuttavia separarti in alcun modo da quelli che ti amano; ma rimanendo
inseparabile da loro, dichiari: Io sono con voi, e nessuno è contro di voi”.
Questo aspetto della redenzione della
natura umana lo troviamo in modo speciale nell'ufficiatura del mattutino della
festa, con delle immagini poetiche e teologicamente molto belle e profonde: “O
tu che sei asceso su una nube luminosa e hai salvato il mondo, benedetto tu
sei, o Dio, Dio dei padri nostri. Prendendoti sulle spalle, o Cristo, la natura
che si era smarrita, sei asceso al cielo e l’hai presentata a Dio Padre. O tu
che sei asceso con la carne al Padre incorporeo, benedetto tu sei, o Dio, Dio
dei padri nostri. Sollevando la nostra natura, messa a morte dal peccato, tu l’hai
portata, o Salvatore, al Padre tuo”. E ancora in altri tropari troviamo
riassunta tutta la teologia della festa: “Visibilmente è stata innalzata fino all'alto dei cieli la magnificenza di colui che si è fatto povero nella carne,
e la nostra natura decaduta ha l’onore di assidersi accanto al Padre.
Celebriamo una festa solenne, tutti concordi esplodiamo in acclamazioni, e
gioiosi battiamo le mani.”
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