Concelebrazione
profetica? Sogno?
Chiamati a
coccolare la speranza cristiana
Il viaggio di papa Leone XIV in Turchia e Libano ci ha fatto
vedere e vivere dei momenti in se stessi icone quasi di un sogno. Sogno? Forse,
ma sicuramente icone di speranza cristiana. Sognare è umano, sperare è
cristiano. Nei giorni del viaggio orientale di papa Leone, abbiamo vissuto e visto
immagini, discorsi, dichiarazioni, anche sguardi e soprattutto celebrazioni -è forse
ancora troppo osato dire “concelebrazioni”?-, che ci hanno permesso di sognare?
Ma il sogno è “come l’erba che passa…, svanisce al risveglio…”. Di
sperare certamente, perché siamo cristiani e dobbiamo vivere questa virtù teologale
che ci configura, ci fa appunto cristiani. La fede è un dono che abbiamo ricevuto
ed accolto dal nostro battesimo, la carità è una grazia che accogliamo e
viviamo nel seno della Chiesa, la speranza è un regalo dal Signore che dobbiamo
curare, quasi coccolare nella vita di ogni giorno. Mi azzardo a dire che il
primo viaggio apostolico di colui che come vescovo di Roma ha preso il nome del
grande teologo del concilio di Calcedonia del 451, ha coccolato la nostra
speranza. Icone di questa, diciamolo “quasi concelebrazione” tra i capi delle
Chiese cristiane di oriente e di occidente, di tradizione latina, greca,
siriaca, copta, armena, etiopica, Chiese quasi chiuse in compartimenti stagni
per moltissimi secoli, e che attorno alla celebrazione dei 1700 del concilio di
Nicea hanno tolto qualsiasi barriera che potesse ancora dividerle tra di loro.
Concelebrazione profetica? Sogno? Certamente speranza
cristiana. Da quando sono arrivato all’Esarcato Apostolico in Grecia, quasi
dieci anni fa, due composizioni iconografiche hanno attirato in modo speciale
la mia attenzione: i quattro Padri della Chiesa che si trovano nell’affresco
del cattino absidale della mia cattedrale della Santissima Trinità ad Atene, e inoltre
i sei Padri della Chiesa che si trovano in un altro cattino absidale, quello di
un’altra delle nostre chiese, nella parrocchia dei santi Pietro e Paolo a
Giannitsà al nord della Grecia. Sono delle icone di speranza certamente, icone
che, nella bellezza e la serenità degli sguardi di coloro che sono lì rappresentati
alimentano, hanno cura, coccolano la nostra speranza.
Celebrando
la Divina Liturgia in ambedue le chiese sopra accennate, ho visto sempre quelle
composizioni iconografiche come una profezia della piena comunione tra le
diverse Chiese cristiane di Oriente e di Occidente, è come se, celebrando in
quei luoghi santi, mi fosse già dato di vivere in anticipo quella comunione
piena che ci porterà un giorno attorno all’unico altare, e alla comunione al Corpo
e al Sangue del Signore che crea in noi qualcosa di nuovo, “…ed essi siano
purificazione dell'anima, remissione dei peccati, unione nel tuo Santo Spirito,
compimento del regno dei cieli…” come afferma Giovanni Crisostomo
nell’epiclesi della sua anafora.
Qualche dettaglio di queste due composizioni iconografiche,
che trovate riprodotte in fondo a queste mie brevi pagine. Inizio dalla chiesa dedicata
ai santi Pietro e Paolo a Giannitsà, che è la parrocchia più antica
dell’Esarcato, fondata nella seconda metà del XIX secolo. Celebrando la Divina
Liturgia e quindi guardando ad oriente, appaiono allo sguardo del celebrante
sei Padri della Chiesa; a destra tre della tradizione orientale greca: i santi
Giovanni Crisostomo, Basilio ed Atanasio, e a sinistra altri tre Padri, questi
della tradizione occidentale latina: i santi Gregorio Magno, Agostino ed
Ambrogio. Loro hanno in mano dei rotoli aperti con dei testi scritti in greco
tutti e sei, che contengono dei brani presi dalle preghiere delle liturgie di
san Giovanni Crisostomo, di san Basilio e dei Doni Presantificati.
Per quanto
riguarda i quattro Padri della Chiesa rappresentati nella cattedrale della
Santissima Trinità ad Atene vediamo, guardando a destra del celebrante: i santi
Basilio Magno e Gregorio Magno. A sinistra invece troviamo i santi Giovanni
Crisostomo e Ambrogio di Milano, tutti e quattro sono dei santi a cui le
diverse tradizioni ecclesiali attribuiscono la paternità su dei testi
eucologici delle loro tradizioni liturgiche.
Concelebrazione profetica? Sogno, potrebbe dire qualcuno? Un’utopia
irrealizzabile potrebbe anche sembrare? Celebrando i Santi Misteri lungo dieci
anni come vescovo di questa piccola Chiesa orientale cattolica che è l’Esarcato
Apostolico in Grecia, mi piace immaginare, sognare, sperare -il che è sempre una
virtù cristiana-, che un giorno, quando il Signore vorrà e come il Signore
vorrà, potremo concelebrare una unica Divina Liturgia attorno all’unico altare,
cristiani che ci abbeveriamo a quelle cinque sorgenti che hanno dei nomi di
città che ci portano agli albori e ai primi secoli della fede cristiana: Roma,
Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, sorgenti che sgorgano già
dall’inizio con delle acque che hanno la freschezza ed il sapore latino, greco,
siriaco, copto, armeno, etiopico… La stessa acqua viva, lo stesso Vangelo di
Cristo con dei sapori diversi.
Mi chiedo di nuovo: è questo soltanto un mio sogno che un
giorno si avverrà, forse, ma molto in là, oltre ai nostri giorni e ai nostri desideri?
È una speranza veramente cristiana, e di questo ne sono sicuro. Mi piace
pensare che già oggi, di fronte a queste icone dei santi Padri, posso, possiamo
concelebrare se non altro idealmente, nella speranza, un unico sacrificio,
quello di Cristo e quello delle Chiese cristiane. L’Esarcato Apostolico in
Grecia ha voluto essere dall’inizio fino ai nostri giorni profezia di questa
unica concelebrazione attorno ai Santi Misteri. Una profezia soltanto iconografica?
Una profezia ecclesiologica? Certamente, come direi lo è stata la
concelebrazione a Nicea qualche giorno fa, ed anche nella chiesa di san Giorgio
al Fanar a Costantinopoli, la domenica 30 novembre, presieduta dal patriarca
ecumenico Bartolomeo I, concelebrando con altri patriarchi e rappresentanti di
quelle cinque fonti sopra accennate, alla presenza, che aveva un qualcosa di
sorpresa ma soprattutto orante di papa Leone XIV. Come se lui sapesse di far
presente lì, nella sua persona e in quel momento i due grandi Leone Magno ed
Agostino.
A Giannitsà l’affresco è più pieno, più coraggioso si
potrebbe dire: i sei Padri della Chiesa, latini ed orientali, concelebrano già adesso
attorno all’unico altare: Giovanni Crisostomo, Basilio, Atanasio, Ambrogio,
Agostino e Gregorio Magno, e senza nessun tentennamento per la presenza
agostiniana in quel affresco. La cattedrale della Santissima Trinità ad Atene è
più “sobria” in presenza iconografica, quasi non osasse ancora… Ad ogni modo sempre
nell’abside della cattedrale ad Atene, ma in uno dei lati dell’abside troviamo
anche come “icone concelebranti” Agostino di Ippona, Atanasio, Efrem di Nisibi,
Leone Magno... Non dico nascosti, ma come se aspettassero quel giorno, quando
il Signore ce ne farà dono, di essere attorno all’unico altare.
L’iconografia
del nostro Esarcato volutamente non dico “osa” ma certamente propone
un’iconografia della piena comunione tra Oriente ed Occidente, quell’icona ecclesiologica
“osata” proporre già nel viaggio apostolico di Leone XIV.
+P. Manuel Nin
Esarca
Apostolico
¿Concelebración profética? ¿Sueño?
Llamados a mimar la esperanza cristiana
El viaje del Papa León XIV a Turquía y Líbano nos hizo ver y experimentar momentos en sí mismos, casi iconos de un sueño. ¿Soñar? Quizá, pero sin duda iconos de la esperanza cristiana. Soñar es humano, esperar es cristiano. En los días del viaje oriental del Papa León, hemos vivido y visto imágenes, discursos, declaraciones, incluso miradas y, sobre todo, celebraciones —¿quizá sigue siendo demasiado atrevido decir "concelebraciones"?-, que nos han permitido soñar? Pero el sueño es "como la hierba que pasa de largo..., desaparece cuando despiertas...". Tener esperanza, sin duda, porque somos cristianos y debemos vivir esta virtud teológica que nos configura, nos convierte en cristianos. La fe es un don que hemos recibido y acogido de nuestro bautismo, la caridad es una gracia que acogemos y vivimos en el seno de la Iglesia, la esperanza es un don del Señor que debemos cuidar, casi mimar en la vida cotidiana. Me atrevo a decir que el primer viaje apostólico del hombre que, como obispo de Roma, tomó el nombre del gran teólogo del Concilio de Calcedonia en 451, ha mimado nuestra esperanza. Iconos de esta, digamos que es una "casi-concelebración" entre los jefes de las Iglesias cristianas de Oriente y Occidente, de tradición latina, griega, siríaca, copta, armenia, etíope, iglesias casi cerradas en compartimentos herméticos durante muchos siglos, y que alrededor de la celebración del 1700 aniversario del Concilio de Nicea eliminaron cualquier barrera que aún pudiera dividirlas entre ellas.
¿Concelebración profética? ¿Sueño? Sin duda, la esperanza cristiana. Desde que llegué al Exarcado Apostólico en Grecia, hace casi diez años, dos composiciones iconográficas han llamado mi atención de manera especial: los cuatro Padres de la Iglesia que aparecen en el fresco del ábside de mi Catedral de la Santísima Trinidad en Atenas, y también los seis Padres de la Iglesia que están en otro ábside, la de otra de nuestras iglesias, en la parroquia de los Santos Pedro y San Pablo en Giannitsà, en el norte de Grecia. Sin duda son iconos de esperanza, iconos que, en la belleza y serenidad de las miradas de quienes están representados allí, nutran, cuidan, miman nuestra esperanza.
Celebrando la Divina Liturgia en ambas iglesias mencionadas anteriormente, siempre he visto esas composiciones iconográficas como una profecía de plena comunión entre las distintas Iglesias cristianas de Oriente y Occidente, es como si, celebrando en esos lugares santos, ya me hubiera dado para vivir por adelantado esa plena comunión que algún día nos traerá alrededor del único altar, y a la comunión con el Cuerpo y la Sangre del Señor que crea algo nuevo en nosotros, "...y que sean purificación del alma, remisión de pecados, unión en tu Espíritu Santo, cumplimiento del reino de los cielos..." como afirma Juan Crisóstomo en la epíclesis de su anáfora.
Algunos detalles de estas dos composiciones iconográficas, que podéis encontrar reproducidos al final de estas breves páginas mías. Comienzo con la iglesia dedicada a los santos Pedro y Pablo en Giannitsà, que es la parroquia más antigua del Exarcado, fundada en la segunda mitad del siglo XIX. Celebrando la Divina Liturgia y mirando hacia Oriente, seis Padres de la Iglesia aparecen ante la mirada del celebrante; a la derecha tres de la tradición griega oriental: los santos Juan Crisóstomo, Basilio y Atanasio, y a la izquierda otros tres padres, estos de tradición latina occidental: los santos Gregorio Magno, Agustín y Ambrosio. Sostienen rollos abiertos con textos escritos en griego, los seis, que contienen pasajes tomados de las oraciones de las liturgias de San Juan Crisóstomo, San Basilio y los Dones Presantificados.
En cuanto a los cuatro Padres de la Iglesia representados en la Catedral de la Santísima Trinidad en Atenas, vemos, mirando hacia la derecha del celebrante: los santos Basilio Magno y Gregorio Magno. A la izquierda, por otro lado, encontramos a los santos Juan Crisóstomo y Ambrosio de Milán, los cuatro santos a quienes las diferentes tradiciones eclesiales atribuyen la paternidad en textos eucológicos de sus tradiciones litúrgicas.
¿Concelebración profética? ¿Sueño, podría decir alguien? ¿Podría parecer también una utopía inalcanzable? Celebrando los Santos Misterios durante diez años como obispo de esta pequeña Iglesia Católica Oriental que es el Exarcado Apostólico en Grecia, me gusta imaginar, soñar, esperar —que siempre es una virtud cristiana— que algún día, cuando el Señor quiera y como él quiera, podremos concelebrar una única Divina Liturgia alrededor del único altar, cristianos que beben de esos cinco manantiales que llevan el nombre de ciudades que nos llevan al amanecer y al comienzo del mundo. primeros siglos de la fe cristiana: Roma, Constantinopla, Alejandría, Antioquía y Jerusalén, mantienen desde el principio aguas que tienen la frescura y sabor del latín, griego, siríaco, copto, armenio, etíope... La misma agua viva, el mismo Evangelio de Cristo con diferentes sabores.
Me pregunto de nuevo: ¿es esto solo un sueño mío que algún día se hará realidad, quizás, pero mucho más allá, más allá de nuestros días y nuestros deseos? Es una esperanza verdaderamente cristiana, y estoy seguro de ello. Me gusta pensar que ya hoy, delante de estos iconos de los santos Padres, podemos, podemos concelebrar, aunque solo sea idealmente, con esperanza, un único sacrificio, el de Cristo y el de las Iglesias Cristianas. El Exarcado Apostólico en Grecia ha deseado ser, desde el principio hasta la actualidad, una profecía de esta concelebración única en torno a los Santos Misterios. ¿Una profecía meramente iconográfica? ¿Una profecía eclesiológica? Sin duda, como diría que fue la concelebración en Nicea hace unos días, y también en la iglesia de San Jorge en el Fanar de Constantinopla, el domingo 30 de noviembre, presidida por el patriarca ecuménico Bartolomé I, concelebrando con otros patriarcas y representantes de las cinco fuentes mencionadas anteriormente, en la presencia, que tuvo cierta sorpresa pero sobre todo la oración, del Papa León XIV. Como si supiera que estaba haciendo que los dos grandes León el Grande y Agustín estuvieran presentes allí, en su persona y en ese momento.
En Giannitsà el fresco es más completo, más valiente, se podría decir: los seis Padres de la Iglesia, latinos y orientales, ya concelebran alrededor del mismo altar: Juan Crisóstomo, Basilio, Atanasio, Ambrosio, Agustín y Gregorio Magno, y sin dudarlo alguno gracias a la presencia agustiniana en ese fresco. La Catedral de la Santísima Trinidad en Atenas es más "sobria" en presencia iconográfica, como si aún no se atreviera... En cualquier caso, siempre en el ábside de la catedral de Atenas, pero en uno de los lados del ábside también encontramos a Agustín de Hipona, Atanasio, Efrem de Nisibis, León el Grande como "iconos concelebrantes" ... No digo oculto, sino como si esperaran ese día, en que el Señor nos lo conceda, para estar alrededor del único altar.
La iconografía de nuestro Exarcado deliberadamente no dice "atreverse", pero ciertamente propone una iconografía de plena comunión entre Oriente y Occidente, que el icono eclesiológico "se atrevió" a proponer ya en el viaje apostólico de León XIV.
+P. Manuel Nin
Exarca
Apostólico



