Lettera Pastorale per la Quaresima 2019
Le cinque vie della
riconciliazione con Dio
Dalle «Omelie» di san
Giovanni Crisostomo, vescovo.
Volete che parli delle vie della
riconciliazione con Dio? Sono molte e svariate, però tutte conducono al cielo.
La prima è quella della condanna dei propri peccati. Confessa per primo il tuo
peccato e sarai giustificato. Perciò anche il profeta diceva: «Ho detto:
Confesserò al Signore le mie colpe, e tu hai rimesso la malizia del mio peccato».
Condanna dunque anche tu le tue colpe. Questo è sufficiente al Signore per la
tua liberazione. E poi se condanni le tue colpe sarai più cauto nel ricadervi.
Eccita la tua coscienza a divenire la tua interna accusatrice, perché non lo
sia poi dinanzi al tribunale del Signore.
Questa è dunque una via di remissione,
e ottima; ma ve n’è un’altra per nulla inferiore: non ricordare le colpe dei
nemici, dominare l’ira, perdonare i fratelli che ci hanno offeso. Anche così
avremo il perdono delle offese da noi fatte al Signore. E questo è un secondo
modo di espiare i peccati. «Se voi in fatti perdonerete agli uomini le loro
colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi».
Vuoi imparare ancora una terza via di
purificazione? E quella della preghiera fervorosa e ben fatta che proviene
dall’intimo del cuore.
Se poi ne vuoi conoscere anche una
quarta, dirò che è l’elemosina. Questa ha un valore molto grande.
Aggiungiamo poi questo: Se uno si
comporta con temperanza e umiltà, distruggerà alla radice i suoi peccati con
non minore efficacia dei mezzi ricordati sopra. Ne è testimone il pubblicano
che non era in grado di ricordare opere buone, ma alloro posto offrì l’umile riconoscimento
delle sue colpe e così si liberò dal grave fardello che aveva sulla coscienza.
Abbiamo indicato cinque vie di
riconciliazione con Dio. La prima è la condanna dei propri peccati. La seconda
è il perdono delle offese. La terza consiste nella preghiera. La quarta nell'elemosina. La quinta nell'umiltà.
Non stare dunque senza far nulla, anzi
ogni giorno cerca di avanzare per tutte queste vie, perché sono facili, né puoi
addurre la tua povertà per esimertene. Quand'anche ti trovassi a vivere in
grave miseria, potrai sempre deporre l’ira, praticare l’umiltà, pregare
continuamente e riprovare i peccati, e la povertà non ti sarà mai di intralcio.
Ma che dico? Neppure in quella via di perdono in cui è richiesta la
distribuzione del denaro, cioè l’elemosina, la povertà è di impedimento. No. Lo
dimostra la vedova che offrì i due spiccioli.
Avendo dunque imparato il modo di
guarire le nostre ferite, adoperiamo questi rimedi. Riacquistata poi la vera
sanità, godremo con fiducia della sacra mensa e con grande gioia andremo
incontro a Cristo, re della gloria, e conquisteremo per sempre i beni eterni,
per grazia, misericordia e bontà del Signore nostro Gesù Cristo.
Uno dei bei testi di
San Giovanni Crisostomo, che poi è entrato nella grande maggioranza delle
tradizioni cristiane di Oriente e di Occidente, è l’omelia sulle Cinque vie
della riconciliazione con Dio. Un testo in cui il Crisostomo presenta al
suo uditorio, le vie per la riconciliazione col Signore, che è a sua volta
riconciliazione con l’altro. È un testo bello, chiaro, di un predicatore che si
trova davanti al suo gregge, un gregge che sicuramente ha i suoi problemi, i
suoi limiti, ma che ha le sue grandezze, le sue cose belle e positive, e,
soprattutto un gregge che, come tutti noi, è stato battezzato in Cristo ed è
stato redento dal sangue di Cristo. Vi propongo, in questi giorni all’inizio della
Grande Quaresima, di leggere il testo del Crisostomo e di cercare direi di
sentirlo, di ascoltarlo nella propria vita. D’altronde l’omelia, non è altro
che una rilettura dei capitoli 5 e 6 del vangelo di Matteo. Le cinque vie che
san Giovanni Crisostomo ci propone, sono delle vie, degli aiuti possiamo dire, che
ci faranno vivere la Quaresima in modo direi molto cristiano. In fondo riprendono
il filo conduttore delle pericopi evangeliche delle quattro domeniche
dell’inizio del Triodion.
Giovanni Crisostomo propone cinque vie
che il cristiano ha in mano per riconciliarsi con Dio. Alla conclusione della
breve omelia dice:
Abbiamo indicato
cinque vie di riconciliazione con Dio, la prima è la condanna dei propri
peccati, la seconda è il perdono delle offese, la terza consiste nella
preghiera, la quarta nell’elemosina, la quinta nell’umiltà.
La prima è la condanna dei propri
peccati. Si può dire anche la confessione dei propri peccati affinché
il Signore misericordioso li perdoni. Una confessione in primo luogo della sua
misericordia; confessare che Lui ci ama, ci perdona, ci salva; questo è il
cammino quaresimale cristiano. Confessare, riconoscere i propri peccati per
diventare, per essere coscienti che abbiamo bisogno di lui, che non siamo, non
saremo mai, autosufficienti; forse è questo il primo peccato di cui dovremo
accusarci: la tentazione ad essere autosufficienti, il credere che possiamo
prescindere in tutto da Dio, e degli altri, dei fratelli.
La seconda via è il perdono delle
offese, cioè anche il non ricordare le colpe dei nostri nemici; è un
tema che nasce dal Vangelo stesso e si trova quindi presente in tutta la letteratura
spirituale da Oriente ad Occidente. Il perdono dell’offesa, il non condannare
l’altro –lo ripeteremo spesso nella preghiera di sant’Efrem durante la
Quaresima. Guardate che questa sarà la pietra angolare della nostra vita
cristiana: accettare il perdono e darlo. Accettare il perdono da Dio e
dal fratello, e questo delle volte ci chiederà una buona dose d’umiltà, perché
accettarlo è ammettere in qualche modo che abbiamo sbagliato, che abbiamo
peccato. E, legato allo stesso tema, il non ricordare le colpe degli altri, il
ricordo dei mali subiti.
La terza via consiste nella
preghiera. Preghiera fervorosa, ben fatta, che viene dal profondo del
cuore. E una preghiera per noi, per la nostra vita, ma anche e soprattutto una
preghiera per gli altri, per la Chiesa, per il mondo.
La quarta via consiste nell’elemosina.
Il dare gratuitamente, con compassione nel senso più forte del termine, cioè
dando qualcosa che ci faccia uscire da noi stessi, uscire dal nostro utile
soltanto, e ci porti a compatire con gli altri, a condividere quello che siamo
e viviamo.
La quinta via consiste nell’umiltà.
Collegata questa quinta via con la quarta; umiltà come atteggiamento di
accoglienza del dono; del dono di misericordia e di perdono di Dio, del dono
dell’amore e della compassione dell’altro.
Vi propongo questo
testo del Crisostomo -e proponendolo non vi propongo altro che il discorso
della montagna del capitolo 5 del Vangelo di Matteo. Sono cinque vie che
dovrebbero configurare il nostro vivere quaresimale, configurarci a Cristo
Signore. La dimensione penitenziale che spesso si dà alla Quaresima non avrà
-non ha- nessun senso se non come preparazione alla Pasqua: la penitenza, il
digiuno, le altre forme di privazione guardano non a se stesse ma alla Pasqua
di Cristo.
Giovanni Crisostomo non ci propone
altro che vivere la Quaresima –tutta la nostra vita cristiana con un
atteggiamento di sincerità e di verità come cristiani, per arrivare a
configurarci con Cristo stesso. Quello che viviamo e il come lo viviamo in
questo periodo deve rispondere a qualcosa che è radicato nel più profondo del
nostro cuore; altrimenti le pratiche che osserveremo potrebbero diventare vane.
Ricordate l’ammonimento che troviamo in uno dei tropari del mercoledì della
settimana dei latticini: “Digiunando dai cibi, anima mia senza purificarti
dalle passioni, invano ti rallegri per l’astinenza, perché se essa non diviene per
te occasione di correzione, sei in odio a Dio come menzognera e ti rendi simile
ai perfidi demoni che non si cibano mai”.
Giovanni Crisostomo ci propone come
terza via “una preghiera fervorosa, ben fatta, che viene dal profondo del
cuore”. E se un seme nasce dalla terra, dal cuore della terra, è perché
qualcuno, il vento, il contadino, l’ha gettata lì; la preghiera deve nascere
dal profondo del nostro cuore, e questo perché qualcuno la introduce lì e noi
tutti l’accogliamo. E questo qualcuno è il Signore stesso per mezzo della
preghiera della Chiesa. Una preghiera che non sarà mai qualcosa di soggettivo,
bensì molto oggettivo, datoci dalla Chiesa stessa.
In questo momento che inizieremo il
nostro cammino quaresimale, vi chiedo di essere uomini e donne di preghiera, una preghiera personale, che rafforza il vostro rapporto personale e filiale con
Dio. E una preghiera comunitaria, ecclesiale, frequentando la liturgia della
nostra Chiesa, nella nostra cattedrale della Santissima Trinità, a Giannitsà, a
Kifissià, a Nea Makri. Sentendoci tutti pietre vive dell’Esarcato. Una
frequentazione della liturgia che è necessaria perché è anche una pedagogia per
tutti noi nel quotidiano imparare il cammino della preghiera. Quindi vi esorto
a una preghiera personale, a una preghiera comunitaria / ecclesiale. E anche in
questi momenti della storia che ci tocca di vivere, una preghiera per tutta la
Chiesa: per i vescovi, per i sacerdoti, per tutti i fedeli, affinché il cammino
quaresimale di quest’anno ci porti a vivere nella plenitudine la Santa Pasqua.
Concludo lasciandovi un testo degli
Apoftegmi dei Padri che riprende lo spirito dell’omelia del Crisostomo che vi
ho proposto all’inizio.
Si racconta di due amici che camminavano insieme per il
deserto. A un certo punto litigarono e uno schiaffeggiò l’altro. Colui che fu
schiaffeggiato si sentì ferito nel suo orgoglio, ma non disse niente e scrisse
sulla sabbia: “Oggi il mio migliore amico mi ha schiaffeggiato”. Continuarono a
camminare finché trovarono una oasi e lì decisero di fare un bagno. Colui che
era stato schiaffeggiato si trovò ad essere inghiottito dall’acqua e dal fango
fino a quasi annegare. L’amico però gli salvò la vita. Allora colui che era
sfuggito alla morte scrisse su una pietra: “Oggi il mio migliore amico mi ha
salvato la vita”. L’altro gli chiese: “Ma perché quando ti ho schiaffeggiato
hai scritto sulla sabbia ed adesso che ti ho salvato la vita scrivi sulla
roccia?” L’altro rispose: “Quando qualcuno ti fa del male o ti ferisce,
dobbiamo scriverlo sulla sabbia affinché lì il vento del perdono possa
cancellare e portare via quello che abbiamo scritto. Ma quando qualcuno ci fa
del bene, lo dobbiamo incidere sulla roccia affinché mai possa essere
cancellato.