sabato 9 maggio 2015

        Permeati da Cristo nella celebrazione dei Santi Misteri.
A proposito della lettera apostolica Orientale Lumen  a vent’anni dalla sua pubblicazione.

Il 2 maggio 1995, ricorrenza festiva di sant’Atanasio il Grande, patriarca di Alessandria, papa san Giovanni Paolo II segnava la lettera apostolica Orientale Lumen (OL) per la ricorrenza centenaria di un’altra lettera apostolica, l’Orientalium Dignitas di papa Leone XIII. A vent’anni di distanza, vorrei accennare ad alcuni aspetti importanti di OL, soprattutto nella sua prima parte. Nell'introduzione il papa accenna ai motivi della lettera: il centenario dell'Orientalium Dignitas di Leone XIII; la constatazione dei passi fatti in questi cento anni, passi verso la conoscenza e l'incontro tra Oriente ed Occidente. OL mete in evidenza come a partire dalla Pentecoste avvenuta a Gerusalemme, “madre di tutte le Chiese” –ed è questa un’espressione è importante in bocca al vescovo di Roma-, tutte le Chiese cristiane, nella loro autenticità e pluriformità, ritrovano la forza dello Spirito per la ricerca costante dell'armonia tra di esse. OL insiste nel fatto della necessità della piena comunione tra i cristiani che nasce dalla loro chiamata a predicare Cristo agli uomini: “Le Chiese di Oriente e di Occidente sono chiamate a concentrarsi sull'essenziale, cioè il cedere il passo al ravvicinamento e alla concordia…”.

Nella prima parte del testo, il papa sottolinea la necessità da parte dell’Occidente di conoscere l'Oriente cristiano, conoscerne la sua esperienza di fede, il mistero della sua vita in Cristo. Ed accenna alla diversità e complementarità tra Oriente ed Occidente, in tanto che hanno indagato la stessa verità rivelata, lo stesso mistero a partire da metodi e prospettive diverse. Da parte dell'Occidente bisogna ascoltare le Chiese dell'Oriente, bisogna avvicinarsi a queste Chiese, alla loro tradizione; Oriente ed Occidente sono un mosaico opera della mano del Creatore. Il papa fa notare come l'Oriente mette in evidenza la partecipa­zione del cristiano alla natura divina mediante la comunione al mistero della Santa Trinità. Questa comunione si realizza attraverso la liturgia, specialmente l'eucaristia. Ed in questo cammino di divinizzazione, OL propone il modello dei martiri, dei santi e della Madre di Dio: ”In questo cammino di divinizzazione ci precedono coloro che la grazia e l'impegno nel cammino del bene ha reso "somigliatissimi" a Cristo: i martiri e i santi. E tra questi un posto tutto particolare occupa la Vergine Maria, dalla quale è germogliato il virgulto di Jesse. La sua figura è non solo la Madre che ci attende, ma anche icona della Chiesa, simbolo e anticipo dell'umanità trasfigurata dalla grazia”.

OL poi dedica tutto un paragrafo alla trattazione del tema della Tradizione: l’importanza del rapporto tra presente, passato e futuro. L'Oriente offreun forte senso di continuità, dalla tradizione all'attesa escatologica. La tradizione come patrimonio della Chiesa di Cristo, memoria viva del Risorto incontrato e testimoniato dagli apostoli che hanno trasmesso il ricordo vivente ai loro successori, in linea ininterrotta che è garantita dalla successione apostolica, attraverso l'imposizione delle mani, fino ai vescovi di oggi. Tradizione ancora vista da OL come memoria del Risorto, che mantiene la Chiesa vegliante nella memoria di Cristo Sposo; la Tradizione quindi è la memoria viva della Sposa conservata eternamente giovane dall'Amore che la inabita. E OL insiste nell'in­serirsi nella Tradizione della Chiesa in quanto memoria, e nel mostrare agli uomini la bellezza di questa memoria -di questa Tradizione-, la forza che viene dallo Spirito che ci fa testimo­ni, figli di testimoni, cioè radicati in una schiera di martiri, di santi, che ci hanno preceduto e con cui siamo, in questa memoria, legati.

Per ben otto paragrafi OL tratta il tema del monachesimo, oppure se si vuole contempla la vita monastica come tipo e modello della vita cristiana. Sottolinea la centralità del monachesimo in Oriente, sicché diventa punto di riferimento per tutti i cristiani. E qui troviamo uno dei paragrafi centrali del documento che giustifica appunto la trattazione della vita monastica in OL: “I forti tratti comuni che uniscono l'esperienza monastica d'Oriente e d'Occidente fanno di essa un mirabile ponte di fraternità, dove l'unità vissuta risplende persino più di quanto possa apparire nel dialogo fra le Chiese”. E OL mette in evidenza tre aspetti fondamentali del monachesi­mo cristiano: esso è luogo della lode di Dio, luogo della carità, e luogo della ricerca di Dio. Tre aspetti proprio in questa progressione: al monaco viene chiesta per primo la lode, il ringraziamento a Dio, poi la carità verso il fratello, quindi il terzo aspetto, forse quello più importante, che è alla base dei due primi: la ricerca di Dio. La vita del monaco quindi presentata come centrata tra due poli: l'ascolto della Parola di Dio -qui il termine "ascolto" va al di là della semplice audizione e diventa una assimilazione del monaco alla parola-, e l'eucaristia. La Parola è nutrimento della vita del monaco, la Parola lo configura a Cristo, perché la Parola è Cristo. Questo ascol­to/assimilazione della Parola avviene specialmente nella liturgia, attraverso i testi biblici ed innografici che sono una parafrasi del testo sacro. L'eucaristia è l'altro asse della vita del monaco, eucaristia come luogo dove la Parola si fa carne, luogo della piena configurazione con Cristo -la partecipazione ai santi misteri ci fa consanguinei di Cristo-, luogo anche escatologico in quanto anticipa l'appartenenza alla Gerusalemme celeste. Come conseguenza, in questo paragrafo la vita monastica viene presentata come la vita cristiana nella sua pienezza liturgica: un'unica dimensione celebrativa, dall'ascolto della Parola, alla comunione coi santi misteri. La liturgia quindi vista come luogo della piena divinizzazione dell'uomo e del creato. Nella liturgia, dunque, il creato trova il suo senso pieno, il creato viene permeato da Cristo e proprio allora ne sgorga la sacramentalità della Chiesa. In questo punto, quindi, il documento integra un aspetto essenziale della liturgia, sia quella delle Chiese di Oriente che quella delle Chiese di Occidente, cioè la sua dimensione di bellezza: “In questo quadro la preghiera liturgica in Oriente mostra una grande attitudine a coinvolgere la persona umana nella sua totalità: il mistero è cantato nella sublimità dei suoi contenuti, ma anche nel calore dei sentimenti che suscita nel cuore dell'anima salvata. Nell'azione sacra anche la corporeità è convocata alla lode, e la bellezza, che in Oriente è uno dei nomi più cari per esprimere la divina armonia e il modello dell'umanità trasfigurata, si mostra ovunque: nelle forme del tempio, nei suoni, nei colori, nelle luci, nei profumi...”.

Un ultimo aspetto della prima parte di OL che vorrei mettere in evidenza è il sottolineare come questa configurazione con Cristo avviene attraverso un processo di conversione a partire da un triplice dono di Dio: il dono delle lacrime, il silenzio ed il distacco dall'orgoglio: “…nella coscienza del proprio peccato e della lontananza dal Signore, che si fa compunzione del cuore, simbolo del proprio battesimo nell'acqua salutare delle lacrime; nel silenzio e nella quiete interiore…”. OL mette in luce ancora un aspetto centrale per la conoscenza dell’Oriente cristiano, cioè il fatto che esso ha mantenuto sempre l'unità tra la spiritualità e la teologia. Quest'unità viene sottolineata particolarmente nel monachesimo in tanto che vita teologica, cioè l'appartenenza alla propria vita delle verità della fede; quest'unità si realizza per mezzo della configurazione a Cristo. Unità tra teologia e spiritualità che sbocca anche in un'antropologia molto positiva, legata al mistero dell'incarnazione. E in questo contesto OL sottolinea ancora il luogo del silenzio come via per percepire il mistero di Dio. Questo silenzio è necessario come via per la teologia, per la preghiera, per la predicazione, per l'impegno nel mondo, per l'uomo cioè per ascoltare l'altro.

Abbiamo messo in evidenza alcuni aspetti soltanto della prima parte della lettera OL. Un testo che vent’anni fa, e anche oggi continua a far vedere come “le parole dell'Occidente hanno bisogno delle parole dell'O­riente perché la Parola di Dio manifesti sempre meglio le sue insondabili ricchezze”.


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